Alzheimer: approvato il primo farmaco specifico per la malattia

È di ieri, 7 Giugno 2021,  la fantastica notizia dell’approvazione, da parte dell’FDA (Food and Drug Admininistration), dell’Aducanumab (nome commerciale Aduhelm), il primo farmaco specifico contro l’Alzheimer.

Cos’è l’Alzheimer?

L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che causa demenza progressiva ed inarrestabile. Essa porta, a lungo andare, ad un’auto-insufficienza, determinando dopo 4-8 anni di malattia la morte per le precarie condizioni igienico-alimentari dovute all’allettamento.

Secondo i dati del Ministero della Salute, in Italia, il numero dei pazienti con demenza è di oltre 1 milione (circa 600.000 a causa dell’Alzheimer) e 3 milioni sono le persone coinvolte nella loro assistenza, con enormi conseguenze economiche e sociali.
Ma il problema non è solo italiano. Nel 2010, in tutto il mondo 35,6 milioni di persone erano affette da demenza.
Si stima inoltre un aumento del doppio nel 2030, del triplo nel 2050, con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno e con una sopravvivenza media, dopo la diagnosi, di 4-8-anni.

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Quali sono le cause della malattia?

L’eziologia della malattia non è ancora ben compresa. Si crede contribuiscano fattori ambientali, come evidenziato dal Global Burden of Disease (nello specifico, il particolato PM 2.5), fattori genetici come i geni presenilina-1 (PSEN1), presenilina-2 (PSEN2) e proteina precursore di beta-amiloide (APP), l’elevato stress ossidativo (ROS) causato da un eccessivo stato infiammatorio.

Il meccanismo attraverso il quale la malattia causa demenza consiste nella formazione di placche nel cervello, dette placche amiloidi, ed ammassi neurofibrillari. Essi si accumulano via via nel cervello, “intasandolo” ed impedendone il corretto funzionamento, conducendo infine a morte i neuroni.

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Le placche di beta-amiloide e gli ammassi neurofibrillari (costituiti da proteina Tau) sono dovuti ad un errato ripiegamento delle proteine, che normalmente hanno una conformazione ad alfa elica o a foglietto beta. Non essendo ripiegate bene, a causa di tutti i fattori di cui sopra, saranno difficili da smaltire per la microglia (insieme di cellule deputate alla “pulizia” del tessuto nervoso) e si accumuleranno sempre di più.

Come veniva curato?

Fino a ieri, la terapia della malattia si è basata su un approccio farmacologico ed uno psicosociale-cognitivo.

L’approccio psicosociale-cognitivo consiste in programmi di training cognitivo, basati sulla stimolazione cognitiva e comportamentale attraverso “esercizi mentali”. Effetti positivi sono dati pure dalla musico-terapia e arte-terapia, che influiscono positivamente sull’umore dei malati.

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L’approccio farmacologico consiste nell’uso di farmaci non specifici per il morbo di Alzheimer, ma in grado in generale di potenziare le rimanenti funzioni cognitive, ormai deficitarie. Si tratta di molecole come l’acetilcolina e gli inibitori dell’acetilcolina colinesterasi (che ne aumentano la concentrazione cerebrale), come la fisostigmina, la neostigmina ecc.
Altri farmaci utilizzati comprendono i glutammatergici, come la memantina.

Questi farmaci, seppur in grado di rallentare il declino della malattia, non ne modificano il decorso, purtroppo infausto.

Aducanumab, il nuovo farmaco

L’Aducanumab, (nome commerciale Aduhelm) è un anticorpo monoclonale diretto contro le placche di beta-amiloide che si accumulano nel cervello. Si somministra una volta al mese per via endovenosa.

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Rappresenta una svolta epocale, in quanto prima di ieri nessun farmaco era diretto a contrastare il meccanismo patogenetico della malattia. I farmaci precedentemente usati, infatti, avevano solamente un effetto non specifico, in grado di potenziare le funzioni  cognitive rimaste, ma non influenzavano il decorso finale dell’Alzheimer.

Vista lefficacia del farmaco, valutato in 3 studi che hanno coinvolto 3482 pazienti, l’FDA ha approvato con un protocollo di approvazione accelerato, usato quando si scopre un farmaco efficace per una malattia grave e pericolosa per la vita.

I pazienti infatti, tramite studi in doppio cieco e randomizzati, hanno mostrato una significativa riduzione dose e tempo-dipendente delle placche di beta-amiloide nei pazienti che ricevevano il farmaco, rispetto a quelli che assumevano il placebo.

Per tali ragioni ieri, 7 Giugno 2021, l’FDA ha autorizzato la vendita di questo prodigioso farmaco, prodotto dalla Biogen, che ha iniziato a svilupparlo nel lontano 2003.

Prospettive future

Grazie all’Aducanumab, probabilmente la storia naturale dell’Alzheimer potrà cambiare.

La speranza è che, grazie ad esso e a successivi farmaci, si riuscirà a far diventare l’Alzheimer una malattia cronica un po’ come il diabete.
C’è da considerare, infatti, che sebbene sia il primo farmaco diretto contro il meccanismo patogenetico, adesso si ha la prova che questo tipo di farmaci, ovvero gli anticorpi monoclonali, funzionano.

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Questo farà sì che altre aziende farmaceutiche spenderanno in ricerca per realizzare nuovi farmaci contro questa ed altre malattie neurodegenerative caratterizzate da meccanismi simili.

Si prospetta dunque un’epoca d’oro per la medicina odierna e futura. Grazie infatti ai calcoli dei super computer è ormai facile realizzare farmaci ad hoc contro un particolare bersaglio molecolare.

L’epoca della target-therapy è iniziata da pochi anni, ma già mostra le sue incredibili potenzialità. Presto molte malattie, finora incurabili, potranno avere nuove terapie.

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Un sincero grazie ai ricercatori che nel silenzio, ogni giorno, lavorano per noi e che, ormai spesso, ci omaggiano di queste fantastiche notizie.

Roberto Palazzolo

Musicoterapia, un farmaco senza effetti collaterali

Chi al mondo non conosce la musica?

Siamo proiettati sin dalle prime percezioni sensoriali a sentire suoni, melodie, che ci accompagnano poi per tutta la vita. Infatti se da principio nell’Antica Grecia la musica viene intesa come prodotto dell’arte di ideare e produrre, oggi di sicuro è molto più che una semplice arte, è una costante, una compagna quotidiana.

Provando ad analizzare la tua ”giornata tipo” ti accorgerai che è una stabile presenza. Già la sveglia, la mattina, parte con una fastidiosa musichetta, il più delle volte. Ma anche con le pubblicità, o nei bar, discoteche, supermercati, saloni di bellezza, in macchina, in chiesa, palestre, perfino aspettando di parlare con un operatore telefonico, ciò che ti accompagna è la musica.

Cosa ti succede quando ascolti la musica?

Premesso che sentire ed ascoltare sono due azioni differenti (essendo la prima prettamente involontaria e l’ascoltare qualcosa di più attivo), il suono come onda meccanica giunge a livello uditivo e da qui a livello cerebrale.

Le parti del cervello coinvolte dagli stimoli sonori sono numerose. L’ ascolto di un brano musicale, può indurre degli effetti biologici su tutto il corpo e in particolare su:

-Frequenza cardiaca e pressione sanguigna: la velocità del ritmo musicale agisce sul ritmo cardiaco aumentandolo ascoltando musiche veloci mentre diminuendolo con quelle più lente, allentando tensioni corporee, l’ansia e le preoccupazioni. Come se il cuore volesse andare a tempo.
-Temperatura corporea: la musica ad alto volume può alzare la temperatura di qualche grado .
-Respirazione: ascoltare una musica veloce rende il respiro più dinamico mentre i ritmi più lenti provocano un respiro più profondo inducendo uno stato di rilassamento.
-Regolazione degli ormoni dello stress: l’ascolto di musiche rilassanti diminuisce il rilascio di ormoni dello stress come la secrezione di cortisolo; la musica inoltre può regolare il rilascio di ossitocina che regola lo stress, l’ansia e gli stati motivazionali affettivi.

Tutto ciò si esplica concretamente nel potere della musica di calmare, eccitare, concentrare e anche curare.

La storia della musica come terapia

La storia della musicoterapia inizia già dal ‘500. Il suo beneficio nell’ascoltarla, o dal crearne e riprodurne aveva già portato a pensarla come uno strumento terapeutico.
I primi passi concreti però li avremo solo dopo la Seconda Guerra Mondiale in America. Infatti negli ospedali, casualmente si vide quanto la musica giovasse ai pazienti, grazie ad alcuni musicisti che volontariamente vi si recavano per allietare le giornate dei veterani degenti. Da questo piccolo gesto di altruismo, nasce la consapevolezza di quanto fosse importante e quasi necessario questo strumento, ma anche di come prima ci volesse una preparazione preventiva.
La figura del musicoterapista come professionista si deve a tre importanti figure: Ira Althshuler, Willem van de Wall e E. Thayer Gaston, padri della musicoterapia. Al giorno d’oggi ci sono numerose associazioni professionali della musicoterapia, tra cui vale la pena citare l’American Music Therapy Association (AMTA), nata nel 1998, che è attualmente la più vasta associazione di musicoterapia del mondo.

Applicazioni della musicoterapia

La musica può essere considerata un fattore motivante per quei pazienti restii a sottoporsi alla psicoterapia o farmacoterapia;
Gli obiettivi principali della musicoterapia sono:
– ridurre le tensioni
– rimuovere le inibizioni
– facilitare la comunicazione
– stimolare l’attività sociale e individuale
– istaurare un processo che faciliti e favorisca la comunicazione e l’espressione delle emozioni

Demenze

La musicoterapia in questi pazienti si è dimostrata essere uno strumento di comunicazione con il paziente. Soprattutto nell’ambito della Alzheimer, alcuni studi hanno dimostrato ottimi risultati con miglioramenti della
-memoria a breve termine, l’ascolto di un brano conosciuto o a cui si è affettivamente legati può rievocare con molta precisione un episodio della vita;
-orientamento spazio temporale;
-tono d’umore;
-senso di identità;
-competenze espressive e relazional
i;
riduzione dei livelli di cortisolo, e con esso dello depressione, stress e delle compromissioni cognitive che possono scaturire da un incremento di questo ormone.

Terapia palliativa del dolore

Si tratta di programmi terapeutici attuati per lo più in pazienti oncologici in fase terminale. In alcuni studi condotti su persone affette da carcinoma epatico, i risultati sono stati sorprendenti: nei giorni in cui i pazienti effettuavano questa terapia, e soprattutto mentre la eseguivano, non avevano avuto bisogno di somministrazioni di antidolorifici come la morfina che erano soliti prendere nei giorni pregressi. 

Autismo

Nell’ambito dell’autismo la musicoterapia non solo migliora il comportamento, ma influisce anche sulla forza delle connessioni tra le aree cerebrali. In questa patologia c’è uno squilibrio tra le varie connessione neuronali, che sono accentuate. L’ipotesi è che le capacità di comunicazione sociale diminuirebbero a causa di tutta la sovra stimolazione sensoriale. Mi spiego meglio: immagina di parlare con qualcuno, mentre grida, in una stanza con luci molto forti percepite come flash. Quanto saresti in grado di relazionarti adeguatamente in questa situazione? Effettuando la RM durante la musicoterapia si è valutata una diminuzione delle connessioni tra le aree uditive e visive, che può portare a miglioramenti delle abilità sociali.  È possibile che diminuendo i sintomi sensoriali, le abilità sociali migliorino.

In conclusione anche se ad oggi la musicoterapia non è di certo così ampiamente utilizzata, si auspica che in un futuro possa essere maggiormente applicata essendo una metodica a basso costo, che può giovare a chiunque.
Vorrei inoltre proporti di guardare un bellissimo film proprio su questo argomento che si chiama ”La musica che non ti ho detto” e di dedicare sempre del tempo a te stesso, magari chiudendo gli occhi per un po’, dimenticando i tuoi problemi e
ascoltando un po’ di sana, buona musica.

Sofia Turturici

Bibliografia

https://americanamusic.org/node/495
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22743206/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/14689332/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26417751/
http://tesi.cab.unipd.it/51115/1/porcu.elisabetta.1048659.pdf
https://www.stateofmind.it/2018/06/musicoterapia-demenze/