Il fragile “Universo” di Mara Sattei

Mara Sattei
Mara Sattei si rivela in “Universo”, viaggio all’interno dell’inconscio fatto di sogni, dubbi e speranze del passato, senza uscire però dalla sua zona comfort. – Voto UVM: 3/5

Mara Sattei si mette a nudo e, nel suo Universo, ci racconta la solitudine, quel senso di angoscia e di inadeguatezza che molto spesso accompagna le nostre vite. Ma ci parla anche dell’importanza della fede e di come conquistare questa consapevolezza sia il primo passo per riconciliarsi con le proprie fragilità.

“Bisogna prendersi dei momenti per sé stessi per capire chi siamo, da dove veniamo, cosa vogliamo dire e cosa vogliamo comunicare.” (Mara Sattei)

Il 9 aprile 2021 esce Scusa, il primo singolo ufficiale di Mara Sattei, prodotto dal fratello Tha Supreme. Un brano che rappresenta la forza gigantesca che una parola può avere, e con cui la cantante romana iniziò a dar vita al suo “mondo minimal”. Segue poi Ciò che non dici, pubblicato il 3 dicembre, e che vorrebbe essere un invito ad agire piuttosto che aspettare che accada qualcosa.

Finalmente il 14 gennaio arriva Universo, uno degli album più attesi dell’anno. Mara è una delle voci più originali del nuovo panorama musicale e questo disco ne è la dimostrazione. È come un viaggio, dentro l’anima di chi ha trovato nella musica “la strada per sentirsi libera”.

Copertina di Universo. Fonte: Columbia Records

Come dentro un teen drama

Non sempre è semplice attraversare i propri limiti e andare oltre le proprie paure. Ansia, solitudine e costante ricerca di libertà sono solo alcuni dei temi trattati all’interno dell’album. Non stupisce dunque il fatto che in alcuni momenti sembra quasi di ascoltare chiari riferimenti a storie adolescenziali. Ne sono un esempio Shot e Blu Intenso ft. Tedua, che sembra trovarsi particolarmente a suo agio all’interno del brano.

“Mi sono presa del tempo per capire su quale brano inserire dei featuring. E dovevano essere affini al mio mondo, altrimenti si rischiava troppo contrasto sulla scrittura del brano. Questa riflessione mi ha portato a scegliere anche artisti con cui non avevo mai collaborato, come Tedua.” (Mara Sattei in un’intervista su “Billboard”)

Si riconferma vincente la collaborazione con Flavio Pardini, in arte Gazzelle, con cui l’artista aveva già collaborato al singolo Tuttecose, una delle hit estive di quest’anno. Ad un primo ascolto Occhi Stelle sembrerebbe una classica canzone indie che non ha niente di nuovo da dire, ma nonostante tutto funziona piuttosto bene. Il ritornello risulta uno dei più orecchiabili dell’intero album e la firma di Gazzelle e del suo “sexy-pop” è più che evidente.

“Mentre in sottofondo passa il tuo ricordo
Perso, vagabondo, il mondo è capovolto
E sei tu come le stelle che non vanno giù
E io come le mutande che non togli più”

Miscela di dubbi e rimorsi

Inaspettato è invece il featuring con la cantante Giorgia, in Parentesi, che fa davvero da spartiacque all’interno dell’album, e in cui Mara finalmente ci dà una dimostrazione completa della sua intonazione precisa e della sua notevole estensione vocale. Per il resto il pezzo avrebbe tutte le carte in regola per partecipare ad un festival come Sanremo. Che sia davvero questo il brano scartato da Amadeus?

Insieme a quello di Giorgia, il featuring con Carl Brave, Tetris, sembrerebbe una delle canzoni più riflessive del disco. Che Mara fosse un’ottima liricista si era già intuito dai suoi precedenti lavori, soprattutto grazie a metriche serrate, neologismi e libertà di linguaggio, Sara Mattei (questo il suo vero nome) qui dà libero sfogo a dubbi e rimorsi del passato, facendosi sempre più piccola e vulnerabile e lasciando allo scoperto le proprie fragilità. Trova largo spazio anche il tema dell’amore, come in Cicatrici e in Sabbie Mobili, e infine il forte rapporto della cantante con la fede e con Dio:

“In Perle racconto proprio di quanto, a volte, ci si possa sentire avvolti da un contrasto; la conseguenza è la richiesta di aiuto. In questi momenti, io solitamente prego, nel brano lo dico esplicitamente. Nei periodi più bui ho sempre mantenuto un legame molto forte con la fede.”

 L’universo perfetto di Mara Sattei?

Ogni album ha i suoi alti e bassi e purtroppo, anche Mara alcune volte sembra non volersi proprio smuovere dalla sua comfort zone, costringendoci a dover skippare la canzone forse un po’ troppo “ritornellosa”. Purtroppo, all’interno di Universo questo accade e non si può non farci caso. Come in Antartide o in Tamigi, che pur essendo state “impacchettate” perfettamente dall’ormai noto fratello minore di Mara, tha Supreme, che si è occupato dell’intera produzione del disco, lasciano l’amaro in bocca, come se mancasse qualcosa.

In definitiva, l’album non è perfetto, ma funziona. Tutti noi possiamo ritrovarci in almeno una di queste canzoni perché ognuno ha i propri punti deboli, le proprie vulnerabilità. L’obiettivo di questo disco sembra proprio quello di buttarle fuori, come in un lungo flusso di coscienza, e trasformarle in punti di forza. Siamo esseri fragili, “facili alla rottura”, ma non per questo soli.

Domenico Leonello

“Disumano” di Fedez: un album che promette molto ma trasmette poco

Nonostante la presenza di pezzi molto validi, l’album risulta sconnesso ed è facile perdercisi dentro – Voto UVM: 3/5

Fedez torna in scena e sceglie di farlo in grande: arte, pubblicità che segue un concept ben preciso, donazioni, t-shirt e denuncia sociale. Soprattutto denuncia sociale, secondo quanto sostenuto dal rapper stesso.

L’ultimo album di Fedez, Disumano, è uscito venerdì 26 novembre su Amazon, IBS e Feltrinelli Store. Al momento l’album e il vinile sono disponibili in abbinamento ad un gadget  t-shirt Uniqlo, calzini Pixel Sucks, portachiavi Santoni o freesbee Versace; le card Panini invece risultano terminate.

In pochissimi giorni il disco si è posizionato al primo posto nella classifica FIMI e nel giro di una settimana è stato certificato disco d’oro.

Uno dei poster usati da Fedez per la sua “campagna elettorale”. Fonte: Instagram @fedez

Una macedonia poco riuscita

L’album segue uno stile tipicamente elettropop, con un sound che ricorda gli anni 80 e 90. Alcune canzoni hanno una base trap, altre sono ballad e quasi tutte hanno ritornelli orecchiabili.

Della denuncia sociale tanto pubblicizzata da Fedez stesso c’è poco. L’album segna sicuramente un ritorno alle origini dell’artista ma è un qualcosa di “leggero leggero” (per citare una canzone nell’album) se così si può definire. Andiamo con ordine.

L’album contiene venti canzoni. Per alcuni sono tante, altri hanno apprezzato. Le canzoni si suddividono in quattro parti e, già dalla lettura dei titoli sul retro del disco, si capisce che qualcosa non va: sembrano disposte a casaccio. In ogni parte sono presenti cinque canzoni diverse l’una dall’altra; sarebbe stato meglio forse disporre in ogni parte canzoni con lo stesso tema o comunque simili.

Se il lancio pubblicitario dell’album aveva seguito un filo logico facendo la caricatura di una campagna elettorale, l’album sceglie (spero volutamente) di essere un po’ confusionario. Se si ascoltano le canzoni singolarmente, sono tutte stupende, sia quelle destinate a diventare hit, sia quelle che non lo diventeranno. Ogni singola canzone sembra corrispondere all’esigenza di abbracciare tutti i gusti più disparati dei fan e non di Fedez. Tuttavia è proprio questo il problema dell’album.

“Disumano”: disco e card Panini. Fonte: amazon.it

In molti sostengono che se Disumano avesse avuto meno canzoni, sarebbe stato più coerente e facile da ascoltare, togliendo magari i singoli già usciti come Mille o Bimbi per strada, uno dei singoli usciti nel 2020 e che in molti non si aspettavano di trovare nell’album. Sarò di parte, ma personalmente ho apprezzato molto la presenza del brano in questo album, forse perché è una delle mie canzoni preferite.

  Tematiche importanti

Nonostante la frammentarietà, l’album è ricco di temi che riguardano la vita personale dell’artista, ma anche la sua vita social, quella che si pensa essere “sotto gli occhi di tutti”.

Fedez più volte si è espresso a favore di temi “politicamente corretti” e questo gli ha spesso procurato diversi grattacapi e denunce. Questo non ha fermato il rapper dal continuare ad esporsi e in molti si aspettavano che queste battaglie sarebbero state presenti anche nell’album. Le aspettative sono state un pochino deluse, eppure Disumano può essere definito un album quanto meno valido.

Quali sono i temi presenti nel disco? Proviamo ad analizzarli:

  • Denuncia sociale. Poca ma c’è. Attacchi a vari politici, primo fra tutti Renzi, ma anche Salvini e Meloni. Fedez attacca anche la Chiesa come istituzione politica più che religiosa. Vengono citati anche Federico Aldrovandi e Giulio Regeni, due ragazzi poco meno ventenni morti sotto le botte di chi avrebbe dovuto proteggerli: la polizia. Tutto ciò è contenuto soprattutto nel brano “Un giorno in pretura“, con toni duri e un beat pesante. È il brano più apprezzato dell’album ed effettivamente si capisce il perché. È un pezzo di critica sociale che centra il bersaglio, ma non è sostenuto da altri brani, per cui si perde in mezzo a tutto il resto.
    https://www.youtube.com/watch?v=KtEEYYThAg4
  • Amore, tanto amore. Per la moglie Chiara Ferragni e la figlia Vittoria, alla quale dedica un brano esclusivamente per lei, chiamato appunto Vittoria.
    https://www.youtube.com/watch?v=spPzq-6G3Lk&list=OLAK5uy_l4ZoneqSQfYJCbe8ugU8yN4zI_GVYt_xo
  • Malessere mentale. Fedez non ha paura di descrivere i suoi problemi attraverso la sua musica, anzi la usa per esorcizzarli. Attacca senza pensarci due volte tutti coloro che lo giudicano e che lo hanno tradito, facendo in alcuni casi i nomi ( J-Ax nello specifico). Non si vergogna a parlare di chi lo giudica solo perché condivide molto della sua vita personale e pensa quindi di sapere tutto di lui.
    https://www.youtube.com/watch?v=q_tn97D3Rfs&list=PLjcnaL80xEH4qhHnBho9JUcv0J4UgLpjt&index=20
  • Canzoni trash che non possono essere esattamente definite che avremmo potuto risparmiarci! ( La cassa spinge 2021)
    https://www.youtube.com/watch?v=VicDtBlB0Eg&list=PLjcnaL80xEH4qhHnBho9JUcv0J4UgLpjt&index=16

Tanti featuring

Fedez ha collaborato con molti artisti nella lavorazione del disco, alcuni già conosciuti nel panorama musicale italiano, altri no. Nove canzoni su venti sono featuring con artisti del calibro di Achille Lauro, Miss Keta, Tedua e Francesca Michielin. C’è anche Tananai, giovane esordiente indie uscito da Sanremo Giovani 2021.

Dargen D’Amico è una presenza costante in tutto l’album: appare in due brani come collaboratore e in moltissimi come produttore. Oltre a lui, l’album è stato prodotto anche da d.whale – già conosciuto nel settore per aver lavorato con Francesco Renga, Paola Turci e Nek fra gli altri.

Dargen D’Amico. Fonte: YouTube

L’impegno sociale

Una parte dei ricavi della vendita di Disumano e di tutto ciò che gli gravita intorno (come le statue che si vedono nella cover), è andata in beneficenza alla Fondazione Tog, un’associazione milanese che si occupa di riabilitazione di bambini affetti da patologie neurologiche complesse e che oggi ha in cura un centinaio di bimbi. Tramite Instagram il rapper ha fatto sapere:

Ho il sogno che la musica possa sostenere la partecipazione attiva delle persone. Voglio che questo disco sia parte di qualcosa che è davvero importante, la costruzione della nuova sede Tog. Grazie a chi ha creduto in questo progetto e a chi ci crederà. Non fermiamoci qui, continuiamo a sostenere questa preziosa realtà”.

Fedez consegna personalmente l’assegno di €200.000 ai bimbi in cura presso la Fondazione Tog. Fonte: Instagram @fedez

Tirando le somme

Fedez in questo disco mostra anche il suo lato “cantante” oltre che quello “rapper” e il risultato sembra piacere agli ascoltatori. Non si cimenta in acuti o in falsetti, ma la sua voce rimane riconoscibile, indice del fatto che almeno sotto questo punto di vista l’artista è in pace con sé stesso.

Personalmente l’album non mi è dispiaciuto. È facile apprezzarlo, ma la mancanza di un filo logico che collega tutto si sente. Rockol avverte in realtà una mancanza più grande e scrive:

“Disumano” arriva in modo frammentato e ripetitivo, a volte venato da ironia spicciola e adolescenziale, con momenti al limite del trash e un’intimità mai davvero profonda. È un po’ più a fuoco del predecessore “Paranoia Airlines”, ha alcune sonorità azzeccate e divertenti, ma vuole contenere troppi elementi con l’esito finale di risultare un album Frankenstein.

 

Sarah Tandurella

Marracash contro le maschere della società

Marracash ha ormai raggiunto la sua maturità artistica, e senza peli sulla lingua si fa psicanalista di una società ormai in frantumi. Voto UVM: 5/5

 

Noi, loro, gli altri è il riflesso di una società frammentata e caotica: un mondo in cui si rivendica il diritto all’identità, ma allo stesso tempo si perde la visione d’insieme.

Nel nuovo album Marracash sposta i riflettori dalla visione intima e introspettiva di Persona al mondo esterno, contro quel brutale Squid Game in cui ci troviamo costantemente immersi.

Oggi che tutti lottiamo così tanto per difendere le nostre identità
Abbiamo perso di vista quella collettiva
L’abbiamo frammentata
Noi, loro e gli altri
Noi, loro e gli altri
Persone
(“Cosplayer” )

È ancora presente quel senso di vertigine di una realtà fatta d’incertezze, in cui tutti abbiamo l’esigenza di indossare una o più maschere, perché in fin dei conti siamo solo degli attori in questo grande teatro che è la vita. In passato fu Pirandello a dire che ognuno di noi indossa delle maschere: una per la famiglia, una per la società e una per il lavoro, per poi riscoprirsi nessuno quando resta solo. È proprio da questo concetto che il rapper di Barona sembra partire per la costruzione del disco.

Metti una maschera sopra la maschera che già ti metti ogni giorno
(“Io” )

Lo scheletro dell’album

Il brano d’apertura, Loro, fa riemergere alcune ferite del nostro Paese come il caso Aldrovandi e la “macelleria messicana” della Diaz. Mentre Pagliaccio, una traccia dalla tecnica sopraffina, è un attacco ai nuovi rapper-clown e a quella “musica di plastica” contemporanea. Il tutto accompagnato dal campionamento di Vesti la giubba, un’aria dell’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Si prosegue con un pezzo sull’amicizia, Love con l’immancabile Gué e con il sample di Infinity di Guru Josh del 1990.

Marra in quest’album si dimostra più versatile che mai. I pezzi non seguono gli schemi standard. Non c’è necessariamente una strofa, seguita dal ritornello, poi da un’altra strofa e magari dall’outro.

“Ha stabilito un nuovo margine, una nuova ampiezza di comunicazione.”  ( Ernia su Marracash)

Ne è un esempio Noi, la ghetto story dell’album che trasforma il rapper in una sorta di cantautore urbano, un De André della Z Generation.

La sua versatilità emerge anche nel cantato, in particolar modo con Io, un brano intimo ed esistenzialista campionato su Gli angeli di Vasco Rossi, che riflette sempre sul concetto pirandelliano delle maschere.
Non è però l’unico pezzo introspettivo dell’album. Anche in Dubbi e in Nemesi (ft. Blanco), il rapper redivivo torna a dialogare con sé stesso, e lo fa in una maniera lucida e appuntita.

Frase di “Nemesi”. Dal profilo instagram di Marracash

Marracash non rappa: psicanalizza

Il rap nudo e crudo di Marracash torna con Cosplayer, che riassume perfettamente lo spaccato sociale che stiamo vivendo. In questo pezzo il rapper non risparmia nessuno, tanto meno il collega rapper-influencer Fedez che a detta di Marra «sposa la causa solo quando gli conviene», contrariamente a quanto invece farebbero lui o la sua ex ragazza.

“Non è una cosa personale. Io e lui abbiamo visioni della vita opposte e antitetiche. Lui rappresenta quelli che si impegnano oggi per una cosa e domani per un’altra senza avere credibilità, senza conoscere il problema. Io posso parlare di galera perché conosco chi ci è andato. Elodie può parlare di gay perché lo sono persone della sua famiglia.” (Marracash su Fedez)                        

Elodie torna poi ad essere la protagonista in Crazy Love, in cui Marra accompagnato da Mahmood (feat nascosto), racconta la loro storia d’amore ormai conclusa. Anche il video diventa un’opera di alto livello, in cui i due si uccidono, coverizzando la performance “Rest Energy” di Marina Abramovich, e chiudendo il loro rapporto nel modo più struggente possibile!

“Ci siamo conosciuti sul set di un video e abbiamo pensato che sarebbe stato bello chiudere il cerchio con un altro video.”  (Marracash a proposito della sua storia con Elodie)

A sinistra Marracash ed Elodie, a destra Marina Abramovich e Ulay. Fonte: informazione.it

Si raggiunge l’apice della perfezione con lo skit Noi, loro, gli altri, in cui Fabri Fibra (che contenderebbe a Marra il trono di king del rap) riassume in meno di un minuto il senso intero dell’album.

Il cerchio si chiude con Cliffhanger, una rappata potente e massiccia sopra un campionamento sorprendente de l’Aida di Giuseppe Verdi.

Le copertine: il cuore del concept

L’album è stato presentato con tre diverse cover, che rappresentano le tre dimensioni possibili.

Nella prima il rapper è insieme alla sua famiglia, oltre che alla manager e all’ex fidanzata Elodie, che gli è stata accanto durante la lavorazione.

Nella seconda è con i discografici, l’avvocato e il commercialista. E a differenza della prima si percepisce una certa tensione.

Nella terza lo vediamo da solo, mentre “gli altri” gli passano accanto.

L’uomo è costretto ad indossare le tre maschere pirandelliane proprio perché le dimensioni con cui entra ogni giorno in contatto sono tre: famiglia (noi), lavoro (loro) e società (gli altri).

L’unico punto in comune delle tre cover è la presenza costante di Marracash, di Fabio che ci vuole far capire che non si può scappare dal confronto con gli altri. L’uomo avrà sempre un legame con il prossimo.

Io so solo che volevo essere uno di loro
Per non essere come tutti gli altri
Ma nella vita mi è successo di essere
Sia noi
Che loro
Che gli altri

Domenico Leonello

Til It Happenes to You: una denuncia trasformata in arte

Domani 25 Novembre ricorre la giornata contro la violenza sulle donne e noi di Universome abbiamo deciso di parlarvene in diversi modi: attraverso la musica, il cinema e tanto altro.

La rubrica di recensioni oggi ve ne parlerà con una canzone: Til It Happenes to You dell’artista Lady Gaga. Per chi non lo sapesse, il brano è stato candidato agli Oscar 2016 come migliore canzone originale.

Immagine promozionale del brano. Fonte: facebook

Til It Happenes to You è un brano scritto da Lady Gaga assieme a Diana Warrren (compositrice), per il documentario The Hunting Ground (2015), che mostra le testimonianze in prima persona di studentesse universitarie vittime di violenze e molestie sessuali, nei campus statunitensi. Ragazze che hanno avuto il coraggio di denunciare gli orrori commessi sulla loro pelle e sulla loro psiche, riuscendo a far tacere quella vocina che diceva : “è tutta colpa mia”.

“Finchè non accade a te, non sai come ci si sente”

Ma torniamo a noi: la canzone non è solo una denuncia ma anche un inno a tutte quelle donne che hanno subito violenza.  E’ una ballata pop accompagnata da archi; la voce di Lady Gaga all’inizio è dolce, come se avesse timore a parlare dell’abuso, ma andando avanti diventa più grintosa e allo stesso tempo delicata col suo timbro indimenticabile e ci trasporta in un viaggio difficile da comprendere.

Solo chi ha subito un simile dramma può comprendere al 100% quel dolore che non ti lascia e rimane con te.

Dentro la violenza in bianco e nero

Il video musicale, disponibile su Youtube, è stato girato interamente in bianco e nero.

Nell’incipit compare la scritta in inglese: «Il seguente video contiene contenuti grafici che possono essere emotivamente inquietanti ma riflettono la realtà di ciò che accade quotidianamente nei campus universitari.»

Il videoclip è molto forte, mostra al telespettatore delle violenze sessuali e come vengono superate. Vediamo le storie di quattro ragazze in sequenza alternata: la prima è una studentessa che parla con un suo collega, quest’ultimo a poco a poco le si avvicina e la violenta. La seconda è una ragazza trans-gender, che va in bagno e dalla porta sbuca un ragazzo che l’afferra e la violenta; abbiamo altre due protagoniste dirette a una festa, che vengono drogate e intontite prima che i loro carnefici si fiondano su di loro, come fossero carne da macello pronta per essere venduta.

Scena tratta dal vidoclip del brano.

Il video non mostra solo questi atti codardi, ma ci presenta il coraggio di queste quattro giovani studentesse: infatti le ragazze esprimono le loro emozioni scrivendo parole positive sulla loro stessa pelle e chiedendo una mano ai propri amici: il primo passo per uscire dal tunnel. 

A fine video compare un’altra scritta in inglese :”Una donna universitaria su cinque sarà aggredita sessualmente quest’anno a meno che non cambi qualcosa”

L’urlo di Lady Gaga

Lady Gaga ha voluto urlare non solo il dolore di tante donne ma anche il suo! L’artista, infatti, a 19 anni, per vari mesi, è stata molestata verbalmente e fisicamente e infine è stata violentata; da questa violenza è rimasta incinta e per ovvie ragioni ha deciso di abortire.

Dopo la violenza subita, la cantante è stata abbandonata per strada da sola, inerme e incapace di reagire.  Il mostro è stato proprio il suo produttore, che l’aveva minacciata, dicendole : “Togliti i vestiti!”.

L’episodio di Lady Gaga non è il primo e per nostra sfortuna non sarà nemmeno l’ultimo: noi donne nel mondo del lavoro il più delle volte veniamo minacciate e molestate, come se il nostro corpo appartenesse agli altri e fosse lì a loro disposizione, secondo il loro credo. Proprio come quando a un colloquio chiedono: “Lei ha intenzione di avere figli?”

 Lady Gaga tuttavia dopo un po’ di tempo è riuscita a confessare il suo dolore e di come si sentisse sporca in seguito a quell’atto compiuto da un piccolo omuncolo. L’artista ha inoltre dichiarato di essere diventa autolesionista e di essersi chiusa in sé stessa dopo la violenza subita.

Lady Gaga alla trasmissione “Che tempo che fa”. Fonte: cinematographe.it

Ma la nostra cantate, proprio lei che con la sua umiltà e dolcezza ci ha emozionato a Che tempo che Fa, è riuscita ad andare avanti e tendere una mano verso quelle ragazze che hanno vissuto il suo stesso incubo. 

“Credo che la gentilezza sia davvero il sistema perfetto. Va in tutte le direzioni. Si muove tra me e te, ma non si muove in cerchio. Collega tutti.”

                                                                                               Alessia Orsa

 

Nella penna di Ariete

Ognuno di noi vive con la speranza di poter realizzare i propri progetti e c’è chi dice che siano sempre i sogni a mantenere viva la realtà.

Il successo di Ariete, cantante di punta dell’etichetta Bomba Dischi, conferma in qualche modo che ce l’ha fatta ed è riuscita a raggiungere la vita che desiderava da quando aveva solo otto anni e la musica era solamente un piccolo pensiero.

Poi inaspettatamente la scalata:  dalle audizioni di X Factor al successo ottenuto con il brano L’Ultima Notte che diventa protagonista anche della Serie Tv SummerTime, fino ai diversi successi post-estate.

In cima, ma partita dalla strada, dopo l’esordio con due album nel 2020 ( 18 anni e Spazio) e diverse collaborazioni musicali con vari autori, Ariete ci ha resi partecipi e a tratti anche protagonisti della lente con cui vede il mondo, le relazioni e il quotidiano.

Arianna del Ghiaccio, in arte Ariete. Fonte: billboard.it

Due brani per conoscere Ariete

1) L

L è l’ultimo brano di Ariete uscito un mese fa e disponibile su tutte le piattaforme musicali. Dopo il grande successo della hit estiva L’ultima notte, l’artista romana ritorna con un nuovo singolo dal sound e dal testo nostalgico, che ci fanno addentrare in una relazione d’amore terminata.

Le confessioni di Ariete sono molto chiare e mostrano tutta la fragilità di chi sente il cuore tagliarsi in due, lacerarsi, dopo una rottura non premeditata.

“Mi hai fatto credere di essere speciale per un giorno
Per un nanosecondo
Poi mi hai sparato un colpo”

Ariete non si nasconde, ma decide di aprire il brano nel migliore dei modi: sputando inchiostro e parole su carta, quasi come se fossero mine vaganti che colpiscono immediatamente le orecchie di chi ascolta.

“Se non mi guardo indietro giuro che poi torna tutto apposto
Ma non ne faccio a meno, quindi mi giro e muoio”

Quando una storia d’amore finisce rimangono i messaggi, le foto nel rullino del telefono, i piccoli dettagli sparsi per casa, quel loop in testa interminabile fatto di esperienze consumate insieme a quella persona speciale.

Rimane tutto, rimane anche il profumo nel corridoio, qualche filo di capello sul cuscino, l’eco dei sorrisi, la corsa verso la porta e l’abbraccio di ogni giorno. Insomma, diciamocelo, non è sempre facile inghiottire l’amaro o camminare ben eretti con la schiena senza voltarsi indietro e sperare in un ritorno.

Dal profilo instagram di @iosonoariete

Ancora una volta la musica di Ariete fa breccia nel raccontare l’amore tormentato di chi è disposto a morire in uno sguardo pur di sperarci ancora. È lo stesso amore di chi credendoci, vuol rischiare qualsiasi cosa per rivivere ancora quella sensazione, per mettere insieme i pezzi.

È questo quello che succede quando la musica riesce a raccontare qualcosa che ti appartiene: ti senti immersa in un fiume di parole e di annegare in domande troppo scomode a cui non vorresti mai dare una risposta definitiva.

“Quanto ho detto “Non lo faccio più, non ricado giù”
“Se non mi vuoi io non ti voglio”
E quanto ho detto “Non lo faccio più” e poi ci casco sempre”

In inglese di dice overthink e si traduce in pensiero eccessivo.

Spesso per sfuggire da queste ossessioni, ci si racconta delle piccole bugie. Ma, come un bambino durante i suoi primi passi, anche noi rischiamo spesso di cascare e di non riuscire a scorgere se non da molto lontano il punto previsto.

“Sei così lontana che non so nemmeno se ti ho persa”

Logo della cantante. Fonte: vinileshop.it

3) L’ultima notte

Se un giorno svegliandoti, per qualche strano evento, qualcuno dovesse riferirti che quella sarà l’ultima notte, sai già con chi la passeresti?

Sono sicura che ad ognuno di voi lettori sarà sorta una nuvoletta proprio sopra la testa, contenente il nome di una persona.
Ariete invece, ci ha scritto una canzone, intitolata appunto L’ultima notte e pensata in uno scenario molto comune: il mare.

“Non m′importa di niente, io l’ultima notte la passo con te, prendi da bere e portami dove vanno le stelle”

Questa canzone, oltre ad essere un brillante tormentone estivo, scelto anche da Cornetto Algida 2021 nel suo spot pubblicitario, è stata la colonna sonora della serie tv Summertime. Insomma, davvero un bel salto, che ha reso la giovanissima Ariete ancora più conosciuta.

Tra i giovani e non solo, il periodo estivo è il momento più atteso per aprirsi alle novità. È come una sorta di isola felice, fatta di cocktail, amici, serate, mare e nuove conoscenze. Sarà forse l’atmosfera, la voglia di vivere il qui ed ora, che ci fa provare ogni anno quel senso di pienezza e di estrema libertà. Spesso però, la magia che si prova dura il tempo di un solo attimo e rimane una chitarra e quattro note da consumare.

“E sparirà la sabbia si lascerà trascinare dal vento. È vuota quella piazza ricordo quando ci stavamo in cento”

Dalla videoclip di “L’ultima notte”. Fonte: youtube

Nel pop sound della sua camera

Si dice spesso che la musica abbia il potere di mantenere vivo un ricordo o una sensazione. E che spesso, i brani possano rievocare le stesse emozioni anche dopo mesi o anni. È come se ogni testo racchiuda un cassetto di immagini, un rullino di continui flash.

Concludo l’articolo con un breve passo di un’intervista rilasciata dall’artista su Le Rane.

“Quale pensi debba essere il ruolo della musica nella vita di una persona?
– Penso sia soggettivo. Senza io non vivrei, amo farla, viverla e ascoltarla, ma conosco anche gente che non ne ascolta e non è interessata. Per tanti è una valvola di sfogo, un luogo sicuro, ma ognuno la viva come vuole!”

Annina Monteleone

 

 

Flop: Salmo ritorna con il “disco peggiore”

 

L’album di cui avevamo bisogno, senza saperlo – Voto UVM: 5/5

Venerdì primo Ottobre alle ore 2:00 è uscito il nuovo album del rapper Salmo. Un disco che va a rompere la patina della società perbenista che vive solo all’interno dei social e potrebbe deludere – anzi pungere per i temi affrontati.

Dopo le polemiche dell’ultimo concerto tenuto ad Olbia, con migliaia di persone senza mascherine e green pass – un “ritorno al 2019” che ha scatenato la rabbia sui social – il rapper ritorna più forte di prima, fregandosene delle critiche dei perbenisti.

Il rapper Salmo. Fonte: rapologia,it

Salmo ritorna dopo il successo di Playlist ( 2018) che ha scalato le classiche e ottenuto cifre da record, affermandosi come uno dei dischi migliori italiani degli ultimi anni.

Flop è composto da 17 tracce e vi troviamo quattro featuring: La chiave con Marracash, Ghigliottina con Noyz Narcos, Yhwh con Guè Pequeno e, ultima ma non meno importante, la collaborazione con Shari in L’angelo Caduto.

Tematiche

Sì, penso sia inutile guardare un film o una serie TV
Quando mi basta il TG
Immagino te con un drink che sorridi
Perché tanto nella tasca hai tre

Dentro Flop, troviamo canzoni di riscatto che si allacciano al mondo reale, un mondo fatto di ingiustizie in cui chi non è nato con la “camicia” deve farsi strada da solo, ma anche canzoni polemiche nei confronti del materialismo. Nelle parole vediamo la rabbia che cresce piano piano, brano dopo brano: l’ascoltatore si ritrova proprio perché Flop descrive la nostra società attuale, quella “liquida”: una comunità fatta di immagine in cui “il senso” va a perdersi. Salmo ci parla della paura del fallimento, il terrore più grande dell’artista e di ognuno di noi, della paura di non essere abbastanza e la caduta dentro un tunnel in cui la luce è sempre più debole. 

Ogni brano ha una propria “personalità” che racconta una storia. In Flop, sedicesima traccia, Salmo rivendica il diritto di sbagliare e ammette come sia facile fare “flop”, anche nella musica e nell’arte.

È ok che ti ho deluso, è ok, ti faccio pena
È ok, sono un venduto, è ok, chi se ne frega

Interessante anche la traccia Marla: la protagonista rappresenta qualcosa che se ne va e ci fa sentire vuoti. Un punto in più va poi per le basi: Salmo spazia dal rap vecchia scuola all’indie rock e alla ballad romantica che sorprende il pubblico. Diciamocelo: pochi artisti riescono ad amalgamare tanti stili diversi in un solo disco senza sporcare il sound!

Titolo e copertina

Porta la musica e il vino e facciamo un’opera d’arte

Salmo sorprende tutti non solo musicalmente, ma anche artisticamente. La copertina del nuovo album è ispirata niente di meno che all’opera L’angelo Caduto del pittore francese Alexander Cabanel. Salmo interpreta Lucifero e assieme all’angelo caduto, il rapper sembra provare rancore e odio: lo sguardo ci trapassa e ci sentiamo giudicati, ma Lucifero/Salmo si  addossa un carico emotivo che a volte l’essere umano non riesce ad affrontare: la caduta e il timore di non essere abbastanza.

Salmo ci ha rivelato un lato che finora era stato nascosto; ci mostra una persona vera, fatta di emozioni e di debolezze. Sarà solo una strategia di marketing? Se così fosse, il rapper contraddirebbe il messaggio lanciato dal disco stesso che si rivolta contro la società dell’immagine e del successo a tutti i costi. 

Salmo in “caduta libera”. Fonte: rebelmag.it

Ed è proprio L’angelo caduto feat. Shari –  quattordicesima traccia – uno dei brani più struggenti e romantici del disco e della carriera di Salmo. Il brano è accompagnato dalla voce dolce di Shari, che dà quel tocco in più in una traccia in cui Salmo svela il suo lato più umano.

Volevo farti sapere che non sei sola
quando hai il cuore in gola
lo sarò al tuo fianco come una pistola
Copriti bene che fuori nevica ancora

Tu sei la canzone che non so scrivere, ricordati di me per sorridere

Perso nell’ignoto, dormo sopra un’altalena sospesa nel vuoto, hai
Visto un angelo nel mare, ma, eh
Devi scolpirlo se vuoi liberarlo

Flop, è questo è il titolo dell’ultimo “quadro” dell’artista. Un titolo strano ma che si va ad allacciare alle tematiche presenti nell’album, richiama l’attenzione dei fan e di certo non delude. 

                                                                                                                                             Alessia Orsa

V: Il viaggio apocalittico di Mannarino

Mannarino torna a galla più prepotente che mai in un disco curioso, stimolante, potente. – Voto UVM: 4/5

 

A quattro anni di distanza dal precedente album, il cantautore romano Mannarino torna con un nuovo disco dal titolo “V”, disponibile dal 17 settembre.

Prodotto dallo stesso artista e registrato tra New York, Los Angeles, Città del Messico, Rio De Janeiro, Amazzonia e Italia con il coinvolgimento di produttori internazionali, l’album è un invito ad appellarsi alla saggezza ancestrale degli esseri umani. Un disco che parla le lingue del mondo, intriso di suoni di foresta e voci indigene. Mannarino va alla ricerca della sorgente tribale dell’umanità, proposta come unico e potente antidoto contemporaneo alla brutalità del disumano.

Cover: la Donna Guerriera di Mannarino

La cover del disco raffigura una donna combattente, guerriera. L’immagine è l’unione di due elementi: la donna e la resistenza indigena fusi insieme in un’azione: quella di calarsi il passamontagna, o forse di toglierlo, immagine evocativa di un’entrata in azione, un’azione che è difesa non violenta, poetica e ispiratrice. Calarsi il passamontagna per andare in guerra o toglierlo per mostrare e difendere la propria identità? Un’immagine contemporanea che trova la sua forza in una nuova tribalità, allo stesso tempo antica e futura.

La voce delle canzoni

Ad anticipare l’album è stato il singolo Africa, con un arrangiamento ricco di strumenti etnici e cori dal gusto africano. Mannarino canta quasi sussurrando le parole che si rivolgono in maniera diretta a quella che lo stesso artista definisce un “richiamo all’irrazionalità misteriosa”.

In Congo, invece, la poesia si fa irriverente e affilata. Con i tratti di una favola moderna, l’artista romano racconta della paura dell’altro, dell’ultimo ricercato e dell’ultima principessa, in un paesino fotografato alla vigilia di Natale. Attraverso un sound tribale alternato ad alcuni accordi di chitarra, si crea una visione apocalittica, a tratti biblica che parte dai bassifondi per arrivare al cielo a smascherare la bugia di Dio.

Vengono nell’oblio e, mentre vengono, chiamano Dio
E Dio è solo un pezzo di carne legata allo spago
Fra la bocca dell’affamato e la mano del mago.

Canti di rabbia, di rivolta, di resistenza, d’amore sono lo strumento per superare l’idea di impossibilità, ingiustizia e delusione. La voce debole e isolata trova la forza di trasformarsi in grido di battaglia, di riscatto e speranza. È questo il significato di Cantaré: un inno alla voce per chi non ha voce!

Fiume Nero è una dichiarazione d’amore “alternativa”. Qui, ci si addentra nella giungla, nella carne viva dell’album: un luogo al di fuori delle leggi dello spazio e del tempo, dove l’umano si fa Dio e mischia l’acqua con la lava. Due corpi, due esistenze, due mondi si uniscono nell’infinito, fuori da qualsiasi tipo di convenzione.

In Agua e Amazònica, entrambe registrate nella regione del Tapajos, la voce delle donne indigene combattenti “As Karuanas” accompagna quella di Mannarino. La canzone è un grido calmo, bagnato di pianto, che vuole essere una chiamata al mondo ad aprire gli occhi, ricordando che l’attacco alla terra indigena e alle risorse naturali dell’Amazzonia si sta trasformando in un vero e proprio genocidio.

Mannarino: giocoliere di parole

Chiunque ascolti il cantautore romano è sicuramente a conoscenza della sua versatilità e del suo modo di giocare con le canzoni. Questa volta lo fa con Banca De New York, un esperimento ironico e allucinato, registrata tra Roma e Città del Messico. In questo pezzo l’artista è riuscito ad unire il registro più romanesco e radicale con un mondo sonoro acido e “trippy”, ispirato al Mississippi e ai campi di cotone. Originale anche se purtroppo, per tutta la durata della canzone – a tratti ridondante – ci si aspetta un exploit che sembra non arrivare mai.

Man mano che il disco scorre, si sente serpeggiare la crisi di un uomo e simultaneamente apparire l’immagine di una donna: la Dea ipnotica. In Vagabunda questa immagine esce fuori in maniera potente. Parla di un uomo che cerca rifugio e salvezza dalle sbarre del logos occidentale in una donna, personificazione dell’“eros”.

Romantica, Eretica, Erotica

È una giungla carnosa e ipnotica questa, dove la salvezza passa per il corpo e la sensualità viene dalla ribellione.

Cantare è una mossa politica!

Il viaggio continua con la canzone cosmopolita Ballabylonia, la storia di una donna Iracema, contemporanea e futura, che dalla giungla viene attirata dalle luci della grande città, della metropoli immersa in un nuovo villaggio: quello “globale”, come direbbe il sociologo McLuhan. Si accorge così di essere in un altro tipo di giungla, ma molto più pericolosa. Musicalmente Mannarino abbandona quasi del tutto i suoni ancestrali della natura, dando più spazio all’elettronica, rafforzando l’idea del passaggio della donna Iracema dal suo tranquillo villaggio alla nostra giungla post-moderna.

Con Bandida, ereditiera della patchanka di Manu Chao, ci ritroviamo davanti alla Donna indigena, ancestrale, forte, guerriera per natura, e ribelle per cultura. Questa immagine di donna è un’immagine umana che trova la sua corrispondenza più intima nel mistero della giungla: sono crollati i monoteismi, resta il mistero, l’animismo e la spinta vitale che ci porta tutti avanti. In testa, a guidare questa folla, c’è lei, colorata e furiosa.

La libertà che guida il popolo…

Lei è la fine del viaggio, l’epilogo ideale del disco. La crisi di un uomo di fronte all’immagine della donna rappresenta una crisi storica e sociale e la lotta di lei diventa un messaggio alle generazioni future.

Lei lasciò solo una scritta sul muro:                                                                                              “pagheranno caro, pagheranno tutto”                                                                                                voi picchiate duro                                                                                                                                aprite una breccia e vedrete il futuro

Adesso che il viaggio è finito e “Lei” non c’è più, ci restano i titoli di coda: Luna, una ballata struggente sulla separazione, sulla solitudine, e Paura, che rappresenta la presa di coscienza e il ritorno alla realtà. Due brani completamente in acustico, di estrema semplicità ma pieni di emotività, dalla voce calda, sicura e sussurrata.

Che io non ho paura alcuna, che io non ho paura.

È con queste semplici e struggenti parole che l’in-cantautore romano chiude il suo Viaggio. Un viaggio alla riscoperta della semplicità, della natura, della riconnessione con il proprio io, quello primordiale. Un viaggio fatto di storie: di battaglie babiloniche, fughe rivoluzionarie e amori fuorilegge, alla riscoperta di che cos’è davvero la paura.

Domenico Leonello

Chi siamo “Mentre nessuno guarda”?

È ad occhi chiusi che spesso succedono le cose migliori. La costruzione di un mondo interiore segue come unica regola quella secondo cui sei tu il conducente. Non esiste alcun mezzo o pensiero sbagliato per poter raggiungere la tua meta: l’unico vero errore è quello per cui ci priviamo di provare emozioni.

Esisti tu, il tuo mondo e ciò che desideri. Ed è così che un attimo dopo ti ci ritrovi proprio lì e pensi sia tutto così reale. Questo somiglia molto a quello che succede quando ascolti musica e ti immedesimi in un testo. Non importa quanto tu sia stanco o triste, energico o felice: ti lasci accompagnare da un flusso di emozioni che ti trascinano nell’esatto punto in cui vorresti essere.

Per oggi proviamo a chiudere gli occhi e , “mentre nessuno guarda”,  indossiamo le cuffiette per farci trasportare dal nostro nuovo compagno di viaggio: Mecna, classe 1987, rapper e cantautore italiano.

Mecna. Fonte: webl0g.net

Tra Demoni e Punti Deboli, sai già dove colpire

Mentre Nessuno Guarda è il suo quinto album, pubblicato il 16 ottobre 2020 per Virgin Records/Universal Music Italia. Uscito a meno di un anno di distanza da Neverland. All’interno troviamo 14 brani con diverse collaborazioni musicali.

La prima traccia che segna l’apertura dell’album è Demoni. Una penna leggera, intima, per alcuni versi anche provocatoria. Ma spesso chi provoca non vuole infastidire, ma solo riuscire nel suo intento di spronare l’altro.

Prenditi il tempo che serve, io starò qui
A bruciare con i miei demoni
Non c’è bisogno che torni da me
Sai che è facile a dirsi
Ma qui niente è come lo voglio io

Con le palpebre serrate, sembra che il mondo interiore si sgretoli ogni volta che i demoni entrano a far parte del tuo gioco.
E se il demone fosse proprio una persona? E se il suo veleno provenisse proprio da un sentimento marcito?
Tutto assume un altro sapore e l’atmosfera non è più piacevole perché dietro uno sguardo sembra celarsi qualche fiamma che sai non si spegnerà facilmente.

È semplice intuire che il brano successivo sia proprio Punto debole. Un feat con Guè Pequeno che sembra richiamare la trama del precedente. Il rapper in questione non ha mai negato la sua vita fatta di eccessi, tra droghe, donne e notti fino all’alba. Nel bene e nel male si mostra però sempre autentico, soprattutto quando scrive.

Ma quando l’amore colpisce, lo fa senza guardare in faccia nessuno e anche il più duro si scioglie dentro l’abbraccio della persona che sente di amare.

Ma per te resto astratto, Kandinskij
E vuoi addomesticarmi perché t’impaurisci

Kandinskij è stato il maggiore esponente della pittura astratta. Guè afferma di essere sfuggente, astratto e controverso, mentre dall’altra parte qualcuno minaccia di volerlo cambiare. Ma il cambiamento spesso è frutto di eperienze diverse e decisioni intime, lontane da qualsiasi forma di manipolazione che, al contrario, allontana e rende deleterio qualsiasi rapporto.

Opera di Kandinskij. Fonte: wassily-kandinsky.org

Ombre nello specchio

Capita di sentirsi Così Forte a tal punto da pensare di riuscire a stare

 … in equilibro sopra un filo che si spezza prima o poi
Ma se hai paura nel vuoto non ti ci metti proprio

E nonostante la consapevolezza di crolli emotivi, sai che spesso non c’è nessuno a reggerti, ma succede anche il contrario: che mentre cadi ti godi il panorama e conosci esattamente il giusto modo per atterrare. La scena in questione è la sintesi di quei momenti in cui capisci che hai imparato a cavartela puntando solo sulle tue forze e di riuscire, in qualche modo, ad amare l’asfalto prima ancora di planare in alto.

In Paura di Me, Mecna si domanda se sia davvero possibile far accadere qualcosa di importante in un secondo. Seppur la risposta non sia molto chiara, noi sappiamo come, al di là delle tempistiche, l’istinto giochi un ruolo fondamentale: basta un secondo per mischiare le carte e vincere una partita che non avresti mai pensato fosse tua.

Prendo una strada che non so dove mi porta
Mille domande senza neanche una risposta
Sembra strano, ma è come un viaggio e sono solo
Non so dove sei e dove sono

 

Mecna. Fonte: Rolling Stone

Ma in questo viaggio – per ora- mentale, pare ci sia l’eco di voci ormai lontane che vanno a comporre il testo di una canzone maledetta. Tra le righe la speranza di farcela e la dannazione.

Esistono davvero stati d’animo universali da indossare per ogni situazione?La risposta la ritroviamo in Non mi Va/Con Te

Ogni cosa ha il suo tempo
Ogni scelta ha il suo costo finché siamo convinti di quello che siamo
Può darsi che possiamo cambiare idea

È chiaro, condividere qualcosa richiede prima di tutto desiderio e cura da parte di entrambi, Mecna lo sa bene.

Se tu non fossi venuta a salvarmi non avrei capito niente di me

È qui che vediamo emergere il lato dolce che scaccia via le diverse dosi d’ansia e paure ossessive. Sembra che proprio alla fine della canzone, quei demoni di cui parlava nei testi precedenti siano diventati suoi amici: disturbano, dissanguano, ma permettono qualsiasi tipo di difesa nonostante sappiamo bene in quale posto abitino.

Non è la fine

Sei ancora a bordo? Quello che abbiamo intrapreso è stato un brevissimo viaggio nell’album Mentre Nessuno Guarda di Mecna. Forse ascoltandolo ti renderai conto di non essere poi così diverso da lui e inizierai a sentirti vicino al suo mondo: fragile ma schietto, pieno ma mai completo perché ogni volta aggiunge qualcosa in più senza togliere nulla di ciò che è già dentro.

Spesso, quando si parla di un cantante, si pensa sia necessario sviluppare una lunga lista di aneddoti biografici o varie curiosità. Ma anime come noi hanno bisogno di assaporare alcuni silenzi e sentire, invece, nello stomaco, alcune parole, al di là della storia di chi scrive.

Mecna  fuori dai suoi testi è un uomo, come tutti gli altri: attualmente vive a Milano, si è laureato con lode allo IED (Istituto Europeo di Design) di Roma e realizza diverse collaborazioni musicali, sempre raccontandosi nell’intimo.

Annina Monteleone

 

 

 

 

 

 

Banzai: il lato “arancio” di Frah Quintale

Un album non per i deboli di cuore, ma che in compenso lascia all’ascoltatore emozioni calde, come l’arancio  4.0 – Voto UVM: 4/5

Il colore arancione è un colore caldo, passionale, viene associato all’estate ed è l’unione tra il rosso e il giallo. Indica vitalità e amore, e proprio come l’arancione, il nuovo album di Frah Quintale è un viaggio d’amore e di passione, ma questi ultimi nascondono tanta sofferenza, sono sentimenti così grandi che trascinano noi esseri umani  in un mondo in cui tutti ci sentiamo al sicuro, ma viviamo con la paura costante di perderli. 

Frah Quintale durante un set fotografico per “Banzai (lato arancio)”  – Fonte: metropolitanmegazin.it

Banzai (Lato Blu) è stato pubblicato un anno fa, è molto più malinconico e nostalgico come il colore blu, un colore freddo a differenza dell’arancio. Lato Blu contiene 10 tracce in cui l’artista racconta le sue esperienze personali; è come una serie tv in cui pian piano scopriamo varie “puntate” della vita del cantante, esperienze che quasi tutti noi abbiamo vissuto o vivremo e ci rendono perciò partecipi del suo dolore.

Ma non stavamo parlando di Lato Arancio? Non preoccupatevi, ne parleremo, ma era giusto soffermarsi su Lato Blu prima: difatti quest’ultimo è la prima parte del progetto del rapper e bisogna ascoltarlo se si vuole seguire Lato Arancio, se si vuole capire fino in fondo il nuovo album. Due colori così diversi, uno freddo e uno caldo, ma che Frah Quintale ha unito quasi con un ponte.

         Con te ho smesso, però mi è rimasto il vizio
         E si capiva già la fine dall’inizio
         La pioggia e il cuore battono allo stesso ritmo
         E non lo vedi che ora scende a capofitto?

Banzai-Lato Arancio (2021)

Il 4 Giugno è uscito il terzo album del rapper Frah Quintale: il CD contiene dieci tracce e si va dal blues al pop, difatti il genere è contemporary R&B. C’era grande attesa per il nuovo album del rapper bresciano: dopo poche ore dalla pubblicazione, su varie pagine social comparivano i suoi testi e gli utenti postavano una storia condividendo la canzone da Spotify… Di certo l’album non è passato inosservato!

Lato arancio è il secondo atto del precedente Lato Blu, è come un film dei più grandi registi. Frah Quintale con la sua voce, i suoi testi e la sua musica ha incantato il pubblico, regalando cartoline immaginarie in cui l’ascoltatore si tuffa nei ricordi.

Le sigarette, l’umore tuo è un castello con le carte

Le dita gialle come luci dei semafori la notte

Le sigarette, l’umore tuo è un castello con le carte

 

Copertina ufficiale di “Banzai (lato arancio)”. Fonte: rockit.it

Come già citato sopra, l’album contiene dieci tracce: tutti i testi parlano di una metamorfosi, non solo dell’artista stesso ma di tutti noi: difatti Frah Quintale ha voluto sfruttare il tema del cambiamento che ha attraversato ognuno di noi da quando è scoppiata la pandemia, rendendoci persone nuove ma senza abbandonare il nostro vecchio stile.

I brani si alternano passando da un sound lento a uno stile più o meno ritmato. Interessante la traccia Chicchi di riso, con il featuring di Franco 126, l’unione dei due artisti è perfetta: due stili diversi ma allo stesso tempo simili.

Lato arancio, è “la parte” che completa l’anima del rapper: vediamo un’artista nuovo e più maturo nei suoi testi, ma la sua mano, quella che ci ha fatto innamorare, piangere e sognare è sempre li.

Il primo giorno di vacanze dopo
Metà dell’anno chiusi in casa
Ho lasciato scaricare il cellulare
E il mio orologio chissà dove
Godersi certi pomeriggi persi

Frah Quintale durante il set fotografico di Banzai (lato arancio). Fonte: hiphopstarztour.com

                                                                                                                       Alessia Orsa

NextGenerationME: Marco Germanotta, la musica per sentirsi vivo

Nuovo appuntamento con la rubrica “NextgenerationMe”: l’ospite di oggi è Marco Germanotta, giovane cantautore messinese classe 96’.

La musica invade la vita di Marco prestissimo. Già all’età di 5 anni studia chitarra classica per poi entrare nella relativa classe presso il conservatorio “A.Corelli” di Messina. Qui, nel 2019, riesce a conseguire la Laurea Magistrale proprio in chitarra classica.

Per esprimere la sua arte e il suo talento, però, la sola chitarra non è sufficiente, così decide di dar sfogo alla sua voce e pubblica nel suo canale Youtube, nel 2009, la sua prima cover “Gotta find you”.  Marco prosegue pubblicando numerose cover, sia da solista sia con le band “Noi4” e “Last5”.

Il supporto dei suoi fratelli è molto importante, soprattutto la collaborazione con Stefano (in arte “Syzer”).

Nel 2012 i suoi primi inediti riscuotono un buon successo e nel 2015 partecipa alle selezioni di X-Factor, arrivando fino ai boot camp. Nel 2016 ottiene un importante riconoscimento: il testo di un suo brano “L’agonia è di chi ancora non sente” viene pubblicato nella raccolta “CET scuola autori di Mogol”.

La sua attività musicale continua negli anni tra inediti e cover e il 27 Aprile pubblica il suo ultimo pezzo “Sentirmi vivo”, disponibile su tutte le piattaforme digitali. Marco sta attualmente lavorando al suo primo album.

Fin da bambino la musica ha fatto parte di te, ma quando hai capito che era il momento di dar sfogo alla tua voce?

Ho capito di dover dare sfogo alla mia voce quando le frustrazioni per varie vicissitudini nella mia vita si facevano più intense e l’unica cosa che mi venisse naturale fare era prendere una chitarra e cominciare a raccontare, aggiungendo delle note, quello che succedeva dentro di me.

Cosa rappresenta per te la musica?

 Per me la musica rappresenta quanto di più brutto e di più bello allo stesso tempo. È un mondo a cui mi affaccio principalmente per poter esprimermi; è un   mezzo per condividere, comunicare, sentirmi vivo.

Qual è il tuo rapporto con Messina?

Con Messina ho avuto un legame viscerale sin dall’infanzia. Tutto ciò viene fuori dal fatto di averne conosciuto le strade molto presto, probabilmente. Ho sempre voluto di conseguenza puntare a migliorarne tutto ciò che avrei potuto migliorare -entro i miei limiti-, ma non nascondo che ho sentito tantissime volte l’esigenza di “cancellarla” dalla mia memoria, in tutte le occasioni in cui percepivo il suo essere “poco accogliente” con gli artisti, cosa che mi faceva sentire un po’ solo.

Marco durante le riprese della cover “Superclassico”

Pensi che gli artisti del Sud abbiano meno opportunità di emergere? O l’avvento di internet, grazie a Youtube e ai social network, è riuscito a colmare questo gap?

L’avvento di internet non è riuscito sicuramente a colmare questo gap. Sicuramente però è uno strumento in più, di cui i ragazzi delle generazioni precedenti alla mia, non potevano far uso. Io, detto onestamente, collaboro con le persone con cui sto producendo musica attualmente proprio grazie al fatto di essere stato “scovato su Youtube”.

Poco più di 11 anni fa hai pubblicato il tuo primo video su Youtube e da quel momento hai maturato diverse esperienze: svariate cover, sia da solita sia con le band “Last5” e “Noi4”, i brani con tuo fratello Stefano “Syzer”, gli inediti e l’avventura ad X-Factor. Cosa ti hanno insegnato queste esperienze?

Queste esperienze mi hanno insegnato che c’è sempre da imparare, che ogni piccolo passo che muovi ha l’unica valenza di portarti verso la direzione, la dimensione, che ti è più congeniale. Sicuramente ho avuto tante e tante delusioni. Ma allo stesso tempo, devo dire, che ognuna di queste esperienze mi ha forgiato e mi ha indirizzato verso una forma, seppur ancora grezza, di autenticità.

“Sentirmi vivo”, il nuovo singolo di Marco, disponibile su tutte le piattaforme digitali

Poche settimane fa è uscito il tuo nuovo singolo “Sentirmi vivo”, com’è nato questo nuovo pezzo?

Questo pezzo è nato dalla voglia di esplodere, dopo i tanti e tanti mesi passati dentro casa a causa del Covid. Avevo voglia di catapultarmi in una dimensione caotica, in un palco enorme con tanta gente sotto. Così ho scritto “Sentirmi vivo”, per sognare un po’.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Al momento, l’unica cosa su cui sono concentrato, è il mio primo album. Ebbene sì, sto lavorando a quello.

 

 

Francesco Benedetto Micalizzi

 

Marco sui social:

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Il nuovo singolo “Sentirmi vivo”: www.youtube.com/

 

Tutte le foto sono state fornite dall’artista