#NextGenerationMe: The Whistling Heads tra rock e punk

Altro giro, altra corsa, stavolta per il ciclo di #NextGenerationMe passano dai microfoni di UniVersoMe i The Whistling Heads. Figli artistici del Retronouveau, Giuseppe Arnao (batteria), Samuele Costa (basso), Santino Mondello (chitarra) e Alberto Zaccaro (voce e chitarra) hanno fatto uscire il loro primo album rock punk l’1 settembre scorso, Dull Boy, uscito per Disasters By Choice, ma la loro storia comincia più lontano.

The Whistling Heads: «Siamo nati nel 2020 presso le sale prove di Messina»

«I primi due membri – dice Alberto – siamo stati io e Santino. All’inizio avevamo un altro bassista, ma quando è andato via è entrato Samuele, io e lui ci conosciamo da quando siamo piccoli. Dopo un po’ è arrivato un batterista con cui abbiamo fatto il primo concerto, ma quando è andato via è arrivato Ziffo. (Giuseppe Arnao)»

Ma come si capisce di essere una band, di voler fare le cose sul serio? La risposta dei ragazzi è che, nel loro caso, è avvenuto tutto velocemente e per caso subito dopo aver incontrato l’attuale batterista. È da quel momento, infatti, che hanno cominciato a scrivere i brani che sono stati raccolti in Dull Boy (eccetto Peaceful Warning, scritta prima) e il 5 agosto 2021 hanno debuttato al Retronouveau.

“What if we believe in something
that is not true”
(Peaceful Warning)

La chitarra di Alberto Zaccaro ©Giulia Cavallaro

Teste che fischiano a Messina

Alla domanda sulle ragioni del loro nome, la risposta è inattesa: «All’inizio l’idea del fischio era relativo alle chitarre – dice Giuseppe – ma poi per caso si è creata una connotazione molto più specifica nel nome. The Whistling Heads, letteralmente “teste che fischiano”, si rifà all’insulto messinese testa che frisca”.»

È conflittuale, però, il rapporto della band con la loro città, a tal punto da scegliere di trarre forza da un insulto prettamente locale. Alla domanda “Messina è un terreno fertile?“, infatti, le risposte fanno emergere una certa aridità della città. L’unico porto salvo – per la band – è proprio il Retronouveau, in cui li abbiamo seguiti durante una sessione di prove in preparazione al tour che hanno fatto dal 16 al 19 novembre tra Bologna, Genova, Milano e Rimini. 

Tra i primi a credere in loro c’è, infatti, proprio il direttore artistico del locale, Davide Patania: «Io lavoravo al Retro – dice Alberto – e ho detto a Davide che avevo una band, chiedendogli di farmi suonare. Lui ha stranamente accettato solo avendo ascoltato delle demo molto brutte, evidentemente ci aveva visto qualcosa

Cosa aspettarsi dai The Whistling Heads?

«Abbiamo un nuovo singolo – dice Samuele – che ha delle sonorità diverse dal disco, è già registrato e uscirà. I nostri piani, però, sono di andare all’estero, non di restare qua.»

Sembra non si fermino mai e, anche se appena tornati, sono già pronti a ripartire e far tremare tutti i locali d’Italia. Dove trovarli? Il 2 dicembre al Fanfulla di Roma, il 9 dicembre a Ragusa al The Globe e, per finire, proprio dietro casa, a Catania al Mono il 16 dicembre.

Non solo serietà: tra una chiacchiera e l’altra, ci raccontano anche un aneddoto direttamente da una data a Ragusa: «Stava cominciando il concerto, un momento di massima concentrazione, stavamo sistemando tutto. Si avvicina un signore – dice Alberto – e mi fa “Puoi fare gli auguri a mio cugino Stefano?”. Già gli altri stavano cominciando l’intro, io ero concentrato, ho detto di sì ma alla fine non ho fatto gli auguri.»

“I’m living the teenage cliché
Too young to understand all the
things you said”
(Teenage Cliché)

Da sinistra: Alberto Zaccaro e Santino Mondello ©Giulia Cavallaro

 

In conclusione, auguri Stefano, anche se in ritardo! E attenti a via Crocerossa, 33, sono arrivati i The Whistling Heads a rompere la monotonia!

 

Giulia Cavallaro

Prendetevi un momento di Relax: il ritorno di Calcutta

Relax
Calcutta torna a far parlare di se con uno sguardo più consapevole e fiducioso- Voto UVM: 4/5

Dopo 5 anni di silenzio ritorna il debutto, dal carattere epifanico, di Edoardo D’Erme, in arte Calcutta. Come lancio promozionale, ha deciso di stupire gli ascoltatori con l’occupazione di un palazzo della Darsena di Milano, immettendo sui balconi dell’edificio alcune lenzuola con la copertina del nuovo disco e un cartellone che recita: “Relax, fate con calma!”

Nel 2018 ci aveva lasciati con Evergreen, dallo stile confidenziale e di parole sussurrate all’orecchio, giungendo inaspettatamente a Relax, quasi come se in tutto questo tempo fingesse di non lavorare. Anche in questo caso, uno tra i più importanti autori della scena indie italiana, riesce a racchiudere canzoni che stanno bene insieme, che non “litigano” nello stesso contenitore.

Calcutta pubblica “Relax”, album con Bomba Dischi/Sony Music Store

Relax: si parte da uno sguardo nostalgico

Il disco, contenente 11 componimenti, esordisce con la traccia “Coro“, inno in cui percepiamo una certa solennità malinconica già dal primo suono, con una alternanza tra voce individuale e corale.

“Ti guardo mentre dormi
Abbandonata al vento
Sai ogni tanto ci penso
Che dolore”

La dimensione amorosa emerge nelle successive tracce, impregnate da vibes nostalgiche. Partendo dall’allontanamento fra due persone, si arriva quasi ad implorare soltanto un Giro con te prima dell’apocalisse e al tempo stesso a riconoscere questa non-sintonia che può emergere in un rapporto, definendolo Controtempo, finendo per comprendere a fondo la natura di lei.

Ma bastano per l’autore Due minuti per cambiare idea, e con tutt’altro animo subentra d’improvviso la paura di un incontro casuale definito “come un lampo sopra la città” verso una persona di cui ancora prova dei sentimenti. Questo timore di comunicabilità porta l’io alla fuga, destinando dunque i due a non incontrarsi, nonostante la persistente memoria del suo ricordo, sua fonte di salvezza ed evasione dalla mondanità.

“Come un lampo sopra la città
Ti ho vista in un angolo da sola nel traffico
Ma magari non eri neanche te
Io ho accelerato il passo per andare via
Il mio cuore è nel panico, la faccia d’intonaco
Ma magari non eri, magari non eri neanche te”

Un grido di dolore, si scaglia nel brano Tutti, un canto disperato non solo verso la fine di una relazione quanto la dimensione problematica innestata dal successo. L’inadeguatezza sociale ma anche il coraggio portano a ricordarci che “sembriamo tutti falliti“.

“E tu come stai? Che cosa fai?
Io coi piedi nel mare e soltanto a pensare
Che sembriamo tutti falliti, tutti falliti”

L’amore vive andando oltre anche al non esserci

Dopo Intermezzo3, dal ritmo elettrizzante, si apre il secondo momento del disco con il brano SSD, in cui eccezionalmente troviamo il riferimento verso la morte prematura della madre, menzionata precedentemente in brani come “Due punti” e “Sorriso (Milano Dateo)“. L’alterazione dell’umore, dato dall’assunzione di sostanze psichedeliche, lo porta a cantare di lei e a preferire la sua permanenza in una dimensione di oscurità.

“Con mia madre in LSD, uh
Anche se non è qui Perché non è qui
E sembra di non esserci
Sembra di non esserci
Sembra di non esserci
Sembra di non esserci
Perché non è, non è qui”

Dunque sembra esser costante la tematica dell’assenza e, in particolar modo, di chi lo riempie di solitudine che ritroviamo sia in Loneliness che Ghiaccioli. Adesso che l’autore rimane da solo, non gli resta che raccontare ogni tanto della donna amata, nonché tutto il tempo che gli resta da vivere.

Il disco volge verso  la fine con Preoccuparmi, esplicitazione del suo stare in pensiero nella quotidianità, portandolo al tormento continuo, tanto da non volersi più ritrovare in mezzo alla gente ma richiedendo ed evocando solamente il contatto della donna per alleviare l’inferno che ha dentro.

Calcutta, fonte: pagina Instagram @bombadischi

E non può mancare una velatura di Allegria

È evidente il desiderio del ritorno della persona in questione, enfatizzata nell’ultimo brano Allegria. Qui, tramite la metafora di una ruota che gira e di un interruttore non reattivo, si trasmette dunque la frustrazione e il senso di perdita, nel tentativo di riportare indietro la persona che si desidera.

Si scorge, nonostante tutto, anche un sapore agrodolce. Pur riconoscendo l’impatto emotivo, suggerisce che potrebbe comunque esserci una luce di speranza che gravita intorno a loro, anche se non è la stessa affinità che hanno sperimentato in passato. Con Allegria spera ardentemente di trovare ancora una volta la felicità.

“Allegria, perché tu te ne vai
Spezzandomi come pane carasau?
Se tu non torni qui
Se non ritorni qui da me
Se tu non torni qui, se non ritorni qui”

In conclusione, Relax è un album che nasce dall’isolamento dell’artista stesso dalla scena musicale ma che al tempo stesso riesce a sviluppare tematiche sempre attuali, mantenendo pienamente la sua cifra estetica, e confluendo in tal pensiero: seppur distanza fisica, la vicinanza emotiva non viene ad interrompere il legame tra due persone ma li connette l’uno con l’altra.

Stefy Saffioti 

Roger Waters e “Redux”, il nuovo sguardo al lato oscuro della Luna

Buono l’intento di Roger Waters per celebrare l’anniversario, però sarebbe stato meglio con un po’ più di “Musica” all’interno – Voto UVM: 3/5

 

Era il 1° marzo del 1973 quando nacque l’album che impresse il titolo di “geni musicali” sul volto dei Pink Floyd, The Dark Side Of The Moon. Una dimostrazione autentica e simultanea di tecnicismo e espressionismo. Accompagnata da testi liricamente di livello, con un concept sviluppato linearmente, da brano a brano: una visione della vita. Una, poiché risulta essere quella del bassista del gruppo, Roger Waters, il quale ha curato principalmente i testi di quell’album e di gran parte della discografia floydiana. 

La visione di Roger e la rottura con i Pink Floyd

Roger vedeva la vita come un loop gigantesco, una strada da percorrere in circolo. La vita si preannuncia dagli embrioni, dai battiti di piccoli cuori che crescono nell’utero delle loro madri. Si realizza poi di colpo alla nascita e si evolve in una corsa inesorabile scandita dalle lancette del tempo, diretta alla ricerca del successo e dell’autorealizzazione. Per poi passare a delle riflessioni senili sulla morte, nell’atmosfera eterea di un grande concerto nel cielo, e terminare in un’eclissi. Tutte le fasi scelte da Waters sono splendidamente descritte dai testi e dagli arrangiamenti musicali del gruppo, di David Gilmour, Richard Wright, Nick Mason e di Waters stesso. 

Tuttavia, la storia volle che il percorso personale di Roger dovesse allontanarsi da quella degli altri membri, un po’ per il carattere egocentrico che lo rappresentava, un po’ per screzi di natura artistica: dal 1983, anno di The Final Cut, Waters abbandona la band (che sotto la “guida” adesso anche vocale oltre che musicale di Gilmour, apre il suo periodo meno sperimentalista, musicalmente parlando, ma anche più versatile) e diventa cantautore solista.

Insoddisfatto? Auto-rimborsato dopo 50 anni

A cinquanta anni di distanza, quel disco è indiscussamente una pietra miliare del rock psichedelico, degli anni settanta, del 1900 e della musica in generale. Nessuno oserebbe toccarlo, modificarlo, usarlo per farci altra musica, magari con dei sample (i pochissimi casi sono sempre risultati criticabilissimi), se non il gruppo stesso. Ma a gran sorpresa è proprio Waters a voler ‘trafugare’ quell’antico tesoro. Per quale motivo? Avrà avuto il bisogno di svecchiarsi? O forse non è mai stato soddisfatto del vecchio progetto uscito?

Che abbia voluto aspettare davvero tanto solo per cacciarsi un sassolino dalla scarpa, sembra difficile da pensare, ma si parla pur sempre di Roger Waters. Dopo tutte le controversie con i membri della band, anche dopo il suo addio, è diventato famoso per la sua eccentricità.

The Dark Side Of The Moon “Redux”

Quello che Waters si è prefissato di fare è di tornare sui suoi passi, non tanto musicalmente in primo luogo, ma ideologicamente. La vita è ancora un circolo, una strada che il Roger Waters settantanovenne ha però percorso per gran parte ormai. The Dark Side of The Moon Redux lo fa percepire all’orecchio. L’atmosfera è delle più cupe, ma non è assolutamente triste, è più impregnata di nostalgia…dopotutto si guarda indietro di cinquanta anni. Redux ha lo stesso significato di ‘revival’, redivivo, ma ha potuto davvero dare nuova vita a un disco che probabilmente non morirà mai?

Roger waters
Cover di “The Dark Side of The Moon Redux”. Casa discografica: SGB Music LImited-Cooking Vinyl

Chirurgia plastica di un capolavoro 

Waters rimuove il carattere esplosivo da tutto l’album: eliminati gli assoli di chitarra (qualcuno l’avrebbe dato per scontato visto il rapporto con David Gilmour), le tastiere e le batterie sono spogliati completamente e rese quanto più essenziali possibile. Addirittura, non canta più i testi, si limita talvolta a sussurrarne le melodie principali, e interporli fra estratti recitati di sue poesie inedite.

Secondo Waters essi sono adatti a presentare ancora meglio l’album originale, pezzo per pezzo. A primo ascolto, viene spontaneo paragonarlo a un lavoro di Nick Cave and The Bad Seeds. Lo stile è molto vicino causa le parti recitative dei testi e l’impronta elettronica delle produzioni.

Il peso (indifferente) delle aspettative 

Ovviamente viene ancora più spontaneo paragonarlo all’originale: questo è un lavoro che, ed è molto probabile che l’autore stesso lo sapesse in partenza, storce il naso di tutti gli ammiratori del gruppo e delle sonorità del 1973, cresciuti con gli assoli di Gilmour e la potenza vocale del giovane Waters.

Ma se c’è una cosa che i fan hanno oramai compreso, è che Roger è un Liam Gallagher un po’ più pacato, ha sempre visto se stesso come fulcro creativo della musica dei Pink Floyd, quindi, in diritto di fare ciò che più gli aggrada con la sua musica. Si può quindi pensare che Redux sia solo il frutto dell’egocentrismo di un cantautore?

Tanta bellezza si è persa nella nuova versione, l’appiattimento musicale risulta essere fin troppo e Waters avrebbe potuto risparmiarne un poco; d’altro canto, ne acquista a livello poetico grazie alle aggiunte liriche (che tra l’altro illustrerà con un video su youtube). 

Tra Eclissi e Rinascita, un commento di Waters sul circolo della vita

C’era tutto questo bisogno effettivo di una rilavorazione del genere? Personalmente non direi, non è un disco per tutti e si sente. Probabilmente è indirizzato verso il pubblico che ha vissuto gli anni settanta da vicino, proprio perché fa leva sul fattore nostalgia. Un ragazzo adolescente di adesso, pur apprezzando la musica rock psichedelica che il gruppo proponeva cinquanta anni fa, sentirà il bisogno di ascoltare la prima versione di The Dark Side, più accattivante e meno monotona. Sebbene, preso senza paragoni annessi (cosa che consiglio caldamente per darne una giusta valutazione), ha il suo perché.

L’album è un continuo, è un lascito dell’autore, è un commento a fondo pagina scritto mezzo secolo dopo. E’ un anziano che sussurra che la vita è breve e che il tempo scorre. E’ la conferma che ci rivedremo tutti anche dopo cinquanta e più anni on the dark side of the Moon. 

 

Giovanni Calabrò

La sperimentazione di Annalisa: “E poi siamo finiti nel vortice”

Divertente nel complesso, il nuovo album di Annalisa prende ispirazioni da dive come Carrà e Rettore. Ma vorremmo sentire testi meno banali e più impegnati! – Voto UVM: 3/5

 

Nonostante la voce di Annalisa Scarrone non ci abbia mai lasciato in astinenza nelle ultime estati, la famosa cantante savonese non rilasciava un album da 2 anni. La sua ultima fatica E poi siamo finiti nel vortice (pubblicata lo scorso 29 settembre), sembra voler stabilire dei nuovi traguardi sulla sua figura di cantante pop semplice ma ricca di influenze. Dopo pezzi come Non so ballare e Alice e il blu, Annalisa sembrava essersi avvicinata all’hip hop più in voga nell’ultimo quinquennio (vedasi il mood dell’album Bye Bye).

Esattamente come questi ultimi prodotti musicali, questa nuova Annalisa vuole proporre qualcosa che va fuori dalla sua zona di comfort. Frutto di una musica ispirata al synthwave (o retrowave come alcuni vorranno), questo album punta tutto sulla sperimentazione. Escludendo alcuni brani come Mon Amour, tutte le canzoni si ispirano alla musica elettronica degli anni ’80, tornata in voga nell’ultimo decennio.

A rappresentare al meglio questo vortice servivano le vibes della musica wave? Andiamo a scoprire le tracce in maniera più dettagliata, così da dare ordine al tutto!

Cavalcando l’onda del successo

Come ha dichiarato la stessa cantautrice

“Per vortice intendo tutto l’insieme di emozioni che salgono e scendono e ti fanno sentire come dentro un vortice”

Sebbene le prime tracce dell’album (Ragazza sola, Mon Amour e Bellissima), siano già notoriamente conosciute al grande pubblico; il tema del nuovo lavoro di Annalisa, E poi siamo finiti nel vortice, si presenta abbastanza coerente in molti momenti delle altre sue tracce.

La copertina dell’album e i testi delle canzoni evocano più volte alcuni degli elementi chiave che hanno ispirato Annalisa durante l’elaborazione del suo nuovo progetto musicale. Da lei definito come:

“Una parte di sé che rivede in molte altre persone”

Il colore Indaco viene menzionato nel titolo della traccia in coda all’album. Questo, prodotto dell’unione tra blu e viola, viene associato alla spiritualità e alla meditazione, oltre che all’intuizione. Infatti, la traccia che chiude perfettamente il cerchio vuole ripercorrere quelle fasi dell’esistenza che comprendono l’ascesa di qualcuno che ha deciso di riprendere in mano la sua vita.

Viola, colore che ritroviamo nella copertina, si riferisce alla nuova carica di creatività e immaginazione che evidentemente ci restituisce una Annalisa rinnovata dal punto di vista artistico e forse anche personale (vedasi il suo profilo Instagram dove dichiara di aver trovato l’amore della sua vita e di averlo consolidato con il matrimonio).

Infine, viene citata più volte la dea Venere come riferimento alla forza motrice scaturita dall’amore che tutto muove, compreso l’evoluzione del proprio ego.

Il vortice come un loop di emozioni

Analizzando i testi possiamo distinguere 3 fasi: Bellissima e Indaco violento coincidono esattamente con la fine di una fase e l’inizio della rinascita che porterà a un turbinìo di emozioni ed esperienze atte a una maggiore consapevolezza di se stessi e l’apertura a nuovi cambiamenti. I momenti introspettivi aiutano a conoscersi meglio (come si evince da Ragazza sola), e di conseguenza nasce una curiosità verso il nuovo come se fossimo anime infantili (Bollicine).

La terza fase è quella soggetta alla vera tempesta che ognuno di noi può sentire dentro: la voglia di sperimentare e provare nuove sensazioni (come cantato in Euforia e Mon Amour) ci porta ad essere contraddittori (La crisi a Saint-Tropez), eppure, alla fine, quando si inizia a mettere a fuoco un pensiero o un’idea è lì che si riesce a dare il meglio di se (Gommapiuma, Aria, Stelle).

Annalisa si applica, ma potrebbe dare di più!

Questo album vuole non solo ribadire il talento della nostra cantante savonese ma ci auspichiamo che sia l’inizio di una florida linea artistica fatta di sonorità differenti dalla media italiana.

Ciò che un po’ stona è la banalità dei testi che irrompono in questa innovazione musicale e ciò lascia meno spazio alla sperimentazione. I testi sessualmente liberi, sebbene siano autoironici e divertenti nel complesso, scoraggiano ciò che per noi sarebbe potuto essere il riscatto del genere pop nel grande parco dell’industria musicale italiana.

In conclusione, il voto finale della redazione non vuole scoraggiare l’operato della nostra cara Annalisa ma vorrebbe spronarla: proprio come certi professori fanno dopo aver notato le potenzialità dei singoli studenti (cosa che la nostra Annalisa, laureata in fisica, dovrebbe sicuramente ricordare)!

 

Salvatore Donato

Noel Gallagher mostra se stesso in “Council Skies”

Il disco più maturo e più curato della carriera di Noel Gallagher. – Voto UVM: 5/5

 

Se si potesse tornare indietro nel tempo, sceglieremmo una data: 1995. Sono gli ultimi anni del ventesimo secolo, vanno ancora di moda i jeans Levi’s a gamba lunga, l’Ajax batte il Milan in finale di Champions (ci scuseranno i tifosi accaniti), e altri eventi particolari.

In ambito musicale, si affermano due band britanniche che daranno vita al movimento Britpop: i Blur (che torneranno con un nuovo album) e gli Oasis. La band, formata dai fratelli Liam e Noel Gallagher, ha coltivato una serie di successi finché non si è sciolta nel 2009.

Da lì, ognuno ha intrapreso una strada da solista. Liam è stato poco fortunato, al contrario Noel ha avuto maggior successo. Con la sua band High Flying Birds, il cantante ha pubblicato venerdì 2 giugno il suo quarto album in studio Council Skies, lontano dallo stile di Who Built The Moon (2017) che risulta essere il meno riuscito della sua carriera.

Struttura

L’album che vuole essere un omaggio a Manchester, sua città natale, è composto da 11 tracce (l’ultima è una bonus track, ma non troppo) e ruotano intorno ad un concetto cardine: la nostalgia.

L’artista ha dichiarato, in diverse interviste, di averlo scritto nel 2020, durante il periodo della pandemia in piena solitudine (in quel periodo si è anche separato dalla moglie Sarah MacDonald). Ha un tono molto riflessivo — quasi richiamando i toni di Chasing Yesterday (2015) — e cupo. Lo si evince non soltanto dalle chitarre leggere (che a volte regalano assoli decisi come in Easy Now e Pretty Boy), ma anche dalla scelta di inserire strumenti ad archi, trombe e vari. Risulta decisiva, dunque, la presenza del co-produttore Paul Stacey, collaboratore storico che è stato determinante per fare in modo che le tracce suonassero in modo lineare.

Non si può dire che sia un pandemic album (ci abbiamo fatto il tarlo), né tantomeno un disco rock pesante da digerire, tutt’altro. I continui richiami al passato e la profonda introspezione dei testi, mostrano un Noel Gallagher che spera di ritornare al mondo di prima, anche se è consapevole che niente sarà come prima:

I can lend you a dream
‘Til we meet again
I’m dead to the world
I don’t know where I’ve been (Dead To The World)

Noel Gallagher
Noel Gallagher. Fonte: 1057thepoint.com

Uno sguardo nostalgico

Nonostante la forza prorompente in I’m Not Giving Up Tonight, il coraggio di affrontare sé stesso in Open The Door, See What You Find (che probabilmente è la seconda parte di The Ballad Of The Mighty I in Chasing Yesterday), la malinconia si fa sentire molto. In Dead To The World, Noel affronta il tema della fine di una relazione ponendosi un passo indietro, come se cercasse di accettarla con la riserva di poter rimediare, consapevole che se decide di lasciare andare via tutto, potrebbe cadere in un sonno dogmatico abbandonando il mondo.

Questo senso ritorna in Trying To Find A World That’s Been And Gone Pt.1, la più significativa probabilmente del disco, dove si avverte la voglia di ritornare all’età dell’oro della musica e, probabilmente, della sua stessa vita:

You give me the will to carry on
In a place where I belong
As we try to find a world that’s been and gone
(Trying To Find A World That’s Been And Gone Pt.1)

La chitarra accompagna fino alla fine la canzone, e nel momento in cui irrompe la batteria, una nuova coscienza prende vita in Easy Now, posta non a caso al centro del disco. Le difficoltà, si sa, arrivano quando meno ce lo aspettiamo. Solo bisogna avere fiducia nel corso delle cose e trovare il coraggio di andare avanti, cavalcando la tempesta per arrivare alla destinazione, probabilmente la redenzione.

Quest’ultima, traspare maggiormente in We’re Gonna Get There In The End, le cui sonorità omaggiano lo stile dei Beatles (grande fonte di ispirazione per Noel).

La forza di andare avanti mostrando sé stessi

Noel Gallagher
Cover del dico “Council Skies”. Casa discografica: Gallagher Sour Mash Records.

La formula segreta che probabilmente rende la personalità dell’artista britannico e la sua musica così originale, di album in album, è quella di rimanere sé stesso.

Se già nell’album omonimo (Noel Gallagher’s High Flying Birds, 2011) e nel successivo Chasing Yesterday abbiamo visto una personalità esuberante e riflessiva, Who Built The Moon è stato una sorta di intervallo poiché ha voluto sperimentare nuovi sound, non ottenendo forse il risultato che si aspettava. Council Skies invece, sembra davvero il suo capolavoro non solo come artista, ma anche e soprattutto come uomo. Non è sempre facile, considerando che è rimasto radicato in un genere. Ciò nonostante, ha scelto di riattraversare le sue origini dalle quali è impossibile prendere le distanze, rimanendo coerente alla sua poetica.

Il rock non è ancora morto, e forse Noel Gallagher non ha intenzione di abbandonare la scena britannica, portando ancora avanti lo stile degli Oasis al di là delle spiacevoli vicende. Magari tornano, chissà. Nel frattempo, godiamoci questo viaggio introspettivo.

 

Federico Ferrara

Gazzelle, l’ultimo crepuscolare

Gazzelle
Gazzelle riprende in mano la sua solita “cinepresa”. Col nuovo album ci regala nuove storie del nostro teen drama preferito. Voto UVM: 4/5 (pacchi di fazzoletti per asciugarsi le lacrime)

 

Dal 2017, Gazzelle, all’anagrafe Flavio Bruno Pardini, attraverso la sua musica ama raccontarci storie, con delle intimissime inquadrature sulla quotidianità dei giovani, e in particolar modo della Gen Z.

Ricordate le polaroid, i risvoltini, le droghe leggere, l’amore disincantato, il darsi fuoco in diretta TV, il cantare male e tutti gli altri clichè indie italiani raccontati da Flavio, durante un probabile trip con un allucinogeno, in Superbattito?

Ecco, di sicuro non aspettatevi di trovare tutto ciò in Dentro (pubblicato per Maciste Dischi), che si presenta come il progetto più maturo dell’artista indie romano. Niente più flussi di coscienza senza un senso, parole a caso e allegorie di difficile comprensione. Gazzelle si racconta come mai prima d’ora.

Ha imparato ad usare la voce (non ho detto a cantare!) e ha deciso di raccontarci momenti più intimi, di vere e proprie crisi esistenziali. Quelle che prima o poi bussano alla porta di tutti.

Vorrei morire…ma non mi va

Hai presente quando perdi un amico? O meglio, hai presente quando perdi te stesso dentro un labirinto?
Questo è il leitmotiv del nuovo album di Gazzelle. Non più crisi adolescenziali da risolvere sballandosi un po’ con gli amici. Anche perché magari l’amico di una vita ora non c’è nemmeno più.

E forse dovrei farmi due chiacchiere
con un amico mio
Anche se lui è sparito
Oppure sono sparito io

E se questo è il sentimento che si ascolta nel brano d’apertura del disco, Qualcosa che non va, la voragine si espande sempre di più andando avanti, raggiungendo il culmine con E pure…, è qui che Flavio ci racconta lo schifo che si prova in certe situazioni.

Scelte sbagliate, sogni d’adolescenza buttati nel primo cassonetto solo perché si diventa “grandi”. E poi i rapporti che finiscono, senza un motivo, e dai la colpa al tempo. Così arrivano le crisi, i mental break down. E mentre sembra che tutto ti stia per crollare addosso, ti accorgi che il mondo continua, purtroppo, a girare.

“A volte, però, mi rendo pure conto che forse quella voragine fa parte proprio del pacchetto. Forse non è detto che vada riempita. Forse la puoi solo arredare, metterci dei fiori vicino. Chissà.” (Gazzelle ad un’intervista per Rolling Stone)

Flavio l’ha capito che in questo schifo ci siamo passati e continueremo a passarci tutti e decide di regalarci una canzone, per ricordarci che tutto questo prima o poi passerà…

E tutti i disastri, gli errori più grandi
I dolori giganti, il passare degli anni
Vedrai, con il tempo passerà

Conosciamo davvero Gazzelle?

Nonostante siano sentimenti ed emozioni che appartengono a Gazzelle come a Linus appartiene la sua coperta (Peanuts), è chiara la maturazione artistica del cantante romano, ormai trentenne.

La voragine in copertina è un viaggio alla scoperta di se stessi, in cerca di risposte alle mille domande, che forse, tutte queste risposte, non le avranno mai. Ed è questo uno dei grandi punti di forza di Gazzelle. È impossibile non immedesimarsi nelle sue canzoni.

Gazzelle
Cover “Dentro” di Gazzelle. Casa discografica: Maciste Dischi.

Chi almeno una volta nella vita non ha avuto un amore non corrisposto? Chi non ha mai avuto una delusione? Chi non ha mai provato nostalgia o malinconia scorrendo la propria galleria del telefono? Chi non ha mai ricercato sé stesso?

Timido al tal punto di indossare sempre gli occhiali da sole, per questa volta, le mura tra la vita pubblica e privata di Gazzelle sembrano quasi annullarsi. E forse, per la prima volta, in La prima canzone d’amore canta un amore felice, offrendo una sfaccettatura mai vista prima. È innamorato ed è felice e nonostante il suo essere riservato, lo sbandiera al mondo, senza paura, incarnando perfettamente il suo stile musicale: l’indie pop.

Questa parte di anima della quale dobbiamo prenderci cura è ben distante dalle canzoni presenti all’interno di Superbattito. Ormai, Flavio ha raggiunto una maturità diversa, ha preso consapevolezza delle sue poche ma buone amicizie, è saldamente legato alla città che gli ha dato i natali: Roma. Ed è grato, immensamente grato ai rapporti, alle relazioni, che probabilmente a fatica, è riuscito a consolidare.

Gazzelle piace proprio per questo, perché è come ognuno di noi. E la sua musica è capace prima di distruggere il cuore e poi di ripararlo, quasi contemporaneamente.

Dentro: Gazzelle ft. ???

Incredibili anche i featuring con cui Gazzelle ha scelto di collaborare. Torna per la seconda volta ThaSup in Quello che eravamo prima, dopo il successone di Coltellata nel precedente album OK.

ThaSup, al secolo Davide Mattei, riesce ad adattarsi su ogni beat, mantenendo perfettamente il suo stile e il suo flow anche in una canzone indie. Due generi molti diversi, ma che per la seconda volta si dimostrano compatibili e versatili. E come si soul dire, ci sarà un due senza tre? Chissà!

Il duetto con il giovanissimo cantante romano Fulminacci, pseudonimo di Filippo Uttinacci, riesce a stamparti immediatamente un sorriso in faccia. Sembra quasi una canzone che al primo ascolto senti già tua. Duo ironico e divertente, riesce a risollevare un po’ l’umore generale del disco con Milioni.

Ultimo feat, ma non per importanza, quello con Noyz Narcos, anch’egli romano. Esponente del rap criminal. Le due voci riescono a fondersi perfettamente nonostante uno stile diverso e personalità opposte. Una poesia, un po’ sui generis e quasi in modo underground, dedicata all’immensa Roma. Un rapporto difficile, fatto di odio e amore con la città eterna.

Che possa essere la canzone introduttiva il 9 giugno allo Stadio Olimpico? Stay tuned.

Written and directed by Flavio Pardini!

Gazzelle, il nostro ormai non tanto piccolo “cantautore di quartiere” ha un superpotere che lo accompagna ormai dal lontano 2017: saper creare forti immagini utilizzando solo le parole.

Basti pensare a Nero, Martelli, Tutta la vita, Però, solo alcune canzoni di Flavio che possono vantare quella potenza immaginifica che lo contraddistingue da tutti gli altri artisti della scena musicale italiana.

Da sempre, in ogni canzone, Gazzelle racconta delle storie. Quasi sempre d’amore, quasi sempre senza un lieto fine. Un po’ come se prendesse spunto dall’adolescenza di ognuno di noi.

“Ho già realizzato tanti sogni. Però forse mi piacerebbe scrivere una serie tv, dei romanzi. Il cinema mi attira, non come attore ovviamente, ma dietro le quinte.” (Gazzelle ad un’intervista per Rolling Stone)

E anche in quest’album, pur avendo preso le distanze dal Flavio del passato (Superbattito e Punk), non abbandona il suo stile, riprende in mano la sua solita “cinepresa” e ci regala nuove storie del nostro teen drama preferito.

Dentro è, dunque, la comfort zone perfetta in cui ripararsi, quasi come se fosse un ombrello. Un po’ come canta il collega e amico Coez:

adesso che il tempo si è fatto più bello…

Gazzelle continua a servirci, a farci sentire meno soli e meno tristi, accettando il dolore, la malinconia e i giorni no. E forse è proprio per questo che dovremmo solamente dirgli “Grazie”.

 

Giorgia Fichera
Domenico Leonello

“Elvis”: una nuova collana di ritratti musicali targati Baustelle

I Baustelle tornano tra di noi rinvigoriti di nuove idee, anche se senza la verve energica che li caratterizzava. – Voto UVM: 4/5

 

L’ultima volta in cui nei negozi di cd appariva un album del trio di Montepulciano, risale a cinque anni fa: L’amore e la violenza vol.1(2017), vol.2(2018). Un’attesa davvero lunga per una band tanto importante per l’indie italiano. Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini tornano nel 2023 con l’album Elvis. L’attesa risulta però essere stata di grande ispirazione creativa per i Baustelle, grazie anche alle parentesi solistiche rispettivamente con le due uscite Forever e Accade di Bianconi del 2020 e 2022, e con Psychodonna del 2021 della Bastreghi.

L’idea di partenza del progetto

E’ un album alquanto inaspettato per i fans, almeno per la parte più nostalgica e per quella che li ha conosciuti con le ultime uscite. I Baustelle guardano dentro loro stessi, dentro la formazione del loro sound. Scovano il glam rock, un po’di blues e di indie-rock americano, presupposto del loro indie primordiale italiano. Partendo dal “re” indiscusso degli anni ’60 e ’70 Elvis, passando da grandissimi esponenti dei vari generi come Lou Reed, David Bowie, Mick Jagger, trasportano nelle canzoni luci ed ombre delle figure più emblematiche dell’industria musicale attraverso un lavoro narrativo molto ricco.

Inconsueta è anche la scelta del sound usato per il progetto. Nonostante le influenze siano molto facili da carpire, il gruppo non vuole mimarne al 100% lo stile vintage e oltreatlantico. Pertanto si saldano bene nel tappeto sonoro tricolore, il quale ammortizza un po’ la durezza della musica d’influenza, creando qualcosa di molto più vicino al pop ma assolutamente indie e cantautorale.

Baustelle - "Elvis"
Cover di “Elvis”. Casa discografica: BMG

Le ombre

Ed è da questa scelta che prendono forma i ritratti dei vari protagonisti, sempre infusi degli eccessi rocker/stoner americani, come li hanno vissuti le più grandi stars. Abbiamo la drag queen Jackie; l’uomo che frequenta il Gran Brianza Lapdance Asso di Cuori Stripping Club e si innamora di una “Lolita“; la donna che in Cuore, cantata da Rachele solista, ripercorre la sua tumultuosa infanzia prima di gettarsi dal quinto piano di un palazzo col fine di una qualche espiazione.

La luce

Ho voluto usare la parola espiazione perchè il gruppo non si limita a dipingere la rovina ma anche il tentativo di porne moralmente rimedio. Aspetto molto interessante che ritroviamo in Il Regno dei Cieli, brano sorprendentemente dall’anima soul e adornato da un coro finale gospel. Un pezzo che ha il sapore dell’ultima disperata preghiera di una rockstar al culmine del suo squallore, non poteva che essere posto proprio prima di Cuore, il brano più psicanalitico, in fondo all’album.

Baustelle
Baustelle durante un live. Ph: Francesco Prandoni (@francescoprandoni)

I microtemi tricolori

Nel corso della loro narrativa, capita inoltre che i due cantautori cerchino di aggiungere delle digressioni completamente d’attualità. Ce ne si può accorgere nella prima metà dell’album, la meno profonda per così dire. La politica dell’anti-FOMO (Fear of Missing Out) che sta prendendo piede, in Andiamo ai Rave, la velata ostentazione antifascista in Milano è la Metafora dell’Amore sono l’easter-egg dell’album.

L’anima di Elvis

Elvis Presley stesso in carne e ossa, il panorama ribelle di quel tipo di vita che ha marchiato lui, chi come lui, e l’omonimo ultimo progetto dei Baustelle, nel suo interiore e nel suo esteriore, è riassunto dal primo singolo uscito, Contro il Mondo. Un pezzo che si erge a inno di vita e di morte di più di una generazione di ribelli, dagli anni sessanta ad oggi, un vero e proprio banger. Non ho dubbi nel dire che potrebbe diventare addirittura uno dei più iconici del gruppo per la bellezza del suo messaggio di libertà e gioventù.

 

Giovanni Calabrò

Madame: “L’Amore” tra sottomissione e dominanza

"L'Amore"
Questo concept album è di difficile immediata comprensione. Alcuni brani non perdono la  tipica schiettezza di Madame, forse un po’ too much. Ma le storie e le melodie sono interessanti, l’ascolto è doveroso. Voto UVM: 4/5

 

Saffo, dea dell’amore nell’antica Grecia, definiva l’amore come un sentimento dolceamaro. Una bufera che scende dalle montagne, una sottile ansia che divora l’anima lieve, una gioia sublime o un malinconico tormento. Ma questo sarà lo stesso amore che vuole narrarci Francesca Calearo, in arte Madame, attraverso la sua nuova opera musicale?

Dopo due anni dall’ultimo album, la giovane cantante vicentina torna con un concept album, dal titolo: L’Amore. Il disco è composto da 14 brani (più una bonus track “Tekno Pokè“) e non presenta dei featuring. Pubblicato lo scorso 31 marzo dalla casa discografica Sugar, prodotto grazie alla collaborazione di: Antonio Filipelli, Bias, Chris Nolan, Dardust, Dario Pruneddu, Gianmarco Manilardi, Iacopo Sinigaglia, Luca Faraone, Nazzaro e Shablo. La ventunenne sembrerebbe aver fatto già tanta strada, sia nell’ambito musicale che nella sfera personale. Ma questo viaggio, così intenso, starà prendendo le giuste destinazioni? Chissà, vediamolo insieme!

L’Amore di cui ci parla Madame, l’abbiamo già sentito?

L’amore è il tema per eccellenza, l’argomento degli argomenti. Narrato dai grandi lirici, poeti, letterati e cantanti, tra passato e presente. Ma Madame attraverso questo disco vuole porsi su un’altra prospettiva. Come ha dichiarato in un’intervista per Radio 105: 

Tutti parlano d’amore in varie forme, però è come se nessuno avesse mai intitolato un progetto proprio con: l’amore. Molto spesso questa è una parola inflazionata, che rischia di cadere nel banale. Io volevo darle quasi un colore diverso, anche se poi ho scelto il rosso. Volevo privarla di tutto ciò che le era stato affibbiato a livello di solito significato, per riempire questa parola con sensazioni diverse. Ho scelto il rosso per la copertina senza firme, titolo e nulla, perché l’amore è di tutti!

Immersi in una multivisione, porta se stessa e l’esperienza di più donne: la prostituta, la ninfomane, la potente, la sottomessa, l’amica e la bambina che impara dal suo maestro. Tutte queste donne vivono l’amore come: intimità, sesso, intensità, dolore, privazione, dipendenza, gioia e tanto altro. L’amore finora cantato, nella maggior parte dei casi, presenta una prospettiva maschile. Così Madame si è posta in un’ottica diversa, un po’ forse come fece ai suoi tempi la poetessa Saffo.

Molto spesso la sessualità femminile e il modo in cui le donne vivono l’amore è abbastanza taciuto o espresso male. Volevo dare un punto di vista più femminile, ma che poi in realtà reputo universale!

Una concept tracklist che mette da parte il flow e spinge sulle melodie

Madame qui non si presenta come con il precedente album tra flow e urban style, ma ci coinvolge in viaggio emotivo differente. Come se fosse una narratrice, ci sbatte in faccia crude verità sull’amore a tratti genuino, a tratti tossico, tra sottomissione e dominanza.

L’accurata tracklist parte con un pezzo dal sound un po’ tribale, dal titolo Come voglio l’amore. In questo brano fa un’elenco di vari tipi di uomini, anche loro per l’artista sofferenti e solitari. Poi Il bene nel male, singolo sanremese che ha preceduto l’album, in cui racconta la storia di una prostituta. Quest’ultima si innamora di un cliente, cercando di trarne da questo rapporto il ‘bene da qual male’. Purtroppo, a volte, l’amore è anche violenza domestica, difficile da sopportare e al tempo stesso d’ammettere.

Tra le mura di casa s’impara l’amore o s’impara una lezione!

Questa è quanto racconta Madame nel brano Quanto forte ti pensavo. Le soul vibes trasmesse dalla base, in pieno stile Piper Club anni ’60, inizialmente fanno un po’ perdere di vista il significato intrinseco. Lascio a voi l’ascolto qui giù!

Mentre Nimpha – La storia di una ninfomane è un racconto sulla sessualità (qui un richiamo all’antichità greca), una ricerca d’equilibrio tra passione e felicità. Invece, un manuale di pregiudizi quello riportato in Donna vedi. Qui Madame ritorna un po’ musicalmente al flow e l’urban, come anche in Pensavo a.

Arriva anche una dedica ad una donna per lei di fondamentale importanza, l’amica Matilde ‘sua primavera’, in Milagro. Brano che presenta una melodia di violini ipnotica ed emozionante. Sound che ritroviamo anche in Per il tuo bene.

Per quanto l’amore possa o non possa esistere, è la più bella delle bugie, il più studiato degli inganni, il più persuasivo dei discorsi.

Possiamo trovare anche alcuni interessanti sample. Come nel brano L’onda-la morte del marinaio, che sembrerebbe riprendere inizialmente il ritmo di Che il Mediterraneo sia, di Eugenio Bennato. O in La festa delle crude verità, con il brano di Angelo Branduardi, Alla fiera dell’Est.

Direi però basta con questi spoiler e lascierei a voi l’ascolto!

Ma quindi questo cambio, in parte, di registro ci piace?

E’ un disco difficile, un disco che ha bisogno di tempo per essere compreso a pieno. Sorprende, di certo, come una ragazza così giovane, possa far trapelare così tanta esperienza. Si sentono le fonti ispiratrici, che vanno da De Andrè a Battiato, insieme ad altri grandi autori del cantautorato italiano. Come afferma nella storyline del brano Avatar- L’amore non esiste:

Ho fatto un’esperienza che mi ha fatto uscire dal mio corpo. Mi ha fatto immergere nelle mie emozioni. Riflettere sull’esistenza e sull’amore. Forse tutto quello che conta non è ciò che esiste, ma ciò che si sente!

Proprio vero cara Madame! Molti brani colpiscono per la loro intensità emotiva e riflessiva. Ci chiediamo solo un po’ tutti il perché di quella bonus track! Del resto è un progetto degno di essere ascoltato, conduce ad un viaggio tra mistero e realtà.

I miei giochi di parole, il modo di pervertire le parole e le situazioni, sono per me una sfida con l’ascoltatore. Voglio mettermi li sul ring e sentire cosa arriva all’altra persona!

Madame si è messa su questo ring, quindi adesso tocca a te ascoltare e farle/farci sapere cosa ne pensi!

 

Marta Ferrato

Gli anni di Cristo: avere trent’anni secondo Mobrici

Un album che racconta emozioni, dubbi e difficoltà dell’avere trent’anni, e che pur essendo vario rimane fedele all’autenticità di Mobrici. Voto: 5/5

 

Due anni dopo l’esordio da solista con l’album Anche le scimmie cadono dagli alberi, Mobrici torna sulla scena musicale con Gli anni di Cristo, il suo nuovo progetto discografico uscito il 31 marzo scorso. Composto da undici tracce e anticipato da tre singoli, l’album è stato realizzato assieme al produttore Federico Nardelli (Maciste Dischi).

Ex frontman del gruppo musicale ormai sciolto Canova, Matteo Mobrici, dà alla luce un disco scritto interamente a cavallo dei suoi 33 anni, come suggerisce il titolo. Si tratta di un album che racchiude le esperienze di vita trascorse dall’autore nell’ultimo anno, nelle quali un’intera generazione può riconoscersi. Mobrici si fa, infatti, portavoce di tutti i suoi coetanei e non solo, esprimendo quegli interrogativi, quei dubbi, e quelle consapevolezze che tanto caratterizzano un’età critica come quella dei trent’anni.

Ricco di numerosi spunti di riflessione differenti sulla crescita e sul cambiamento, l’album è vario anche a livello sonoro, cambiando stato d’animo da una canzone all’altra, passando dal romanticismo, alla malinconia, alla spensieratezza.

Gli anni della maturità

Avere figli oggi o non averne mai nessuno?

E’ questa la domanda che si pone il cantautore in Figli del futurocanzone che con un ritmo allegro e coinvolgente affronta il tema delicato della genitorialità.

A trent’anni spesso succede di guardarsi intorno e vedere i propri amici e conoscenti mettere su famiglia. In un’epoca piena di instabilità, economica ed ambientale, ci si chiede se valga davvero la pena di mettere al mondo un figlio che erediterà un futuro ricco di incertezze. Mobrici in questo brano non riesce a trovare una risposta a questo quesito, e lascia trarre a noi le conclusioni, che lo ascoltiamo e ci balliamo su.

Luna è invece una canzone che nasce da un episodio realmente vissuto dall’artista:

L’anno scorso alla fine di un concerto ho incontrato una ragazza prima di tornare in albergo. Quando succede così ti aspetti che ti chiedano una fotografia o che ti facciano dei complimenti. Questa ragazza invece aveva degli occhi quasi commossi e mi aveva fermato solamente per dirmi che non ce la faceva più, che era stanca della vita che faceva. Subito dopo mi ha chiesto un abbraccio e se n’è andata. Fonte

E’ una traccia in cui in tanti possiamo immedesimarci: il sentirsi inadeguati e l’essere infelici della propria vita sono sentimenti comuni a molti, riassunti ad esempio nella frase “La festa è finita abbasso la vita”, un piccolo omaggio a Rino Gaetano e la sua Gianna. Il doversi confrontare con la propria vita è un tema affrontato anche in Revolver, canzone che prende il titolo dall’omonimo album dei Beatles, e che ricorda molto i brani dei Canova per le sonorità. E’ un brano dal testo significativo, in cui si chiede alla vita stessa di permetterci di poter vivere liberamente:

Vita mia, vuoi tu lasciarmi vivеre, vivere
O forsе sei proprio tu a farmi morire, morire?

Le canzoni d’amore di Mobrici: tra malinconia…

Dalle ballad delicate ai brani più movimentati da cantare a squarciagola, all’interno del disco non mancano le canzoni romantiche da dedicare, assieme a quelle che cantano di amori passati.

La traccia d’inizio è Sexe, un brano dal ritmo elettronico, dal testo diretto che entra in testa sin dal primo ascolto, così come Kaseirkeller, che con un testo ironico e a tratti cinico, racconta di una storia finita male. Anche questa volta il titolo è un riferimento ai Beatles, e più precisamente ad un locale di Amburgo dove il gruppo si esibiva prima di diventare famoso.

Ma tra le canzoni di questo genere la più incisiva è Luci del Colosseo, singolo uscito a Novembre 2022, che racconta di una storia d’amore a distanza sulla tratta Milano-Roma. Con una fusione tra suono synth ’80 e un’orchestrazione all’italiana, descrive alla perfezione le difficoltà del mantenere una relazione a distanza, e tutte le sensazioni che si provano con essa, come la mancanza della persona amata che a lungo andare si avverte sempre di più.

…e spensieratezza!

Tra le canzoni più emozionanti invece, per testo e melodia, vi è Amore mio dove sei, un duetto con il cantautore Vasco Brondi, primo ospite dell’album. Le voci dei due artisti suonano in perfetta armonia, e si rivolgono ad un amore che non esiste in quanto non si conosce ancora, ma che prima o poi arriverà, e quando lo farà accadrà in modo intenso e profondo, per concludere finalmente un percorso fatto di solitudine, dolore e delusioni.

Amore mio, dove sei?
Quante ne hai passate senza di me?
E quante volte al giorno hai pensato di piangere?

Chiude il disco in bellezza Stavo pensando a te (con Fulminacci), la versione dell’iconico pezzo di Fabri Fibra, già rilasciata nella primavera dello scorso anno. Nata tra i due in modo casuale, la cover è comparsa nella colonna sonora di Fedeltà, serie tv di Netflix Italia uscita il 14 febbraio 2022, e poi pubblicata il 1 Aprile seguente.

Capolavoro dal forte coinvolgimento emotivo, al suo interno riprende una delle frasi del ritornello di Ho Capito Che Non Eravamo dei Canova: Ciao, ciao, ciao, amore”, che ripetuta continuamente sul finale, contribuisce ad accrescere il senso di malinconia.  

Giulia Giaimo

“Innamorato”: la probabile redenzione di Blanco

Dirompente, innovativo e malinconico, ma non ancora pienamente maturo. Voto UVM: 4/5

 

Venerdì scorso è uscito il nuovo album di Blanco (al secolo Riccardo Fabbriconi) Innamorato, un anno dopo l’album d’esordio Blu celeste che ha scalato le classifiche anche grazie ai singoli già noti Notti in bianco e Ladro di fiori, con cui è entrato in modo dirompente nella scena musicale italiana.

L’album, prodotto interamente dal suo fidato collaboratore Michelangelo e anticipato dal singolo L’isola delle rose, presenta delle sonorità inedite, spaziando dal pop alternative a parti rap tipiche del giovane artista (ricordiamo che è nato il 10 febbraio del 2003).

Fare un disco così a vent’anni non è mai un’operazione semplice poiché, è molto facile scadere nella banalità e nella ridondanza dei concetti. Blanco invece, riesce a ribaltare questa prospettiva poiché ogni canzone rappresenta molteplici sfumature del suo carattere forte e sognatore e ancora una volta, ha deciso di mettersi a nudo.

Il concept dietro al disco

Se in Blu Celeste abbiamo visto il lato più esuberante di Blanco (salvo la title track dai toni molto malinconici), in questo disco l’atmosfera tenta di farsi più immersiva, sviscerando quelli che sono i pensieri di un giovane innamorato per l’appunto.

Tra la delicatezza e la sfacciataggine, Blanco affronta il tema della paura in più tracce, in particolare in Anima Tormentata e La Mia Famiglia dove da sfogo a pensieri prettamente tipici di un ragazzo che, avviandosi verso l’età adulta, cerca lecitamente di darsi delle risposte, confidando di potersi rifugiare all’interno del proprio nido nonostante riconosca di essere cambiato.

Chi lo sa
A cosa serve essere ricchi se la fedeltà e l’amore non lo compri
Mi chiedo chi lo sa
Chiuso in una stanza d’albergo
Chi lo sa
Che non è quello che volevo
Chi lo sa
Se questa vita è vera oppure artificiale
Non è naturale
(Anima Tormentata)

 

E io forse son già morto
Ma Milano dicono “Non è mai troppo”
Ma per me è già troppo
Accettare un compromesso
Di essere cambiato adesso
Sul finale, sul più bello
(La Mia Famiglia)

E l’amore? Sembra essere un’ancora di salvezza, un punto fermo nella vita del giovane artista che gli da la forza per vivere, anche se le incertezze non lo lasciano andare.

Una tra le tracce più incisive è Giulia, probabilmente dedicata alla sua ex alla quale sono precedute diverse canzoni del suo repertorio (Ladro di fiori, Sai cosa c’è, Finché non mi seppelliscono). Nonostante sia finita, Blanco decide di chiudere il cerchio di un rapporto vissuto probabilmente con passione, accettandone la fine in maniera consapevole e matura.

E dividiamoci le colpe
Sennò è una storia folle
Finita quasi a botte
Tutto tranne che dolce
(Giulia)

Mina: una presenza inaspettata

“Non l’ho mai vista, ma per quanto sembri assurdo sono più contento perché il rischio, quando conosci i tuoi idoli, è che un po’ ti caschino, perché capisci che sono persone normali, invece lei non l’ho mai vista, quindi per me resta una persona che non esiste.” (Fonte: fanpage.it)

Il brano con Mina probabilmente rappresenta la vera punta di diamante del disco. La voce graffiante di Blanco unita alla profondità della regina della canzone italiana donano un’atmosfera estremamente immersiva, a metà tra sonorità tipicamente retrò e odierne.

Come silloge di ciò, vi è il videoclip ufficiale su YouTube, il quale si presenta come un breve film noir in bianco e nero che sembra ricordare le atmosfere “hitchcockiane”, dove Blanco insegue una donna misteriosa rappresentata proprio da Mina, la grande assente della scena.

Ciò nonostante, il suo ritorno in questa traccia si fa sentire in maniera non indifferente.

Se non è sincero
Se l’amore è vero muori dentro
Un sentimento puro
No, non ha futuro se ti perdo
Darei la mia vita
Che non è infinita
A un prezzo onesto.

Un disco romantico ma malinconico

Da come si esprime musicalmente, Blanco ha un carattere “difficile da digerire” come dice in Lacrime di piombo. Eppure, in virtù di ciò, questa canzone mostra coraggiosamente il cuore del giovane artista, il quale esprime un pensiero che vorrebbe non accadesse mai: la fine di una storia e il timore di perdere i momenti felici senza soffrire.

Sarà banale forse, ma quando si è giovani è comune trovarsi impreparati dinanzi al vuoto lasciato da una persona, specialmente se vi era un legame amoroso non indifferente. Si evince, dunque, il leitmotiv del disco che possiamo trovare anche in altre canzoni (Scusa, Fotocopia, la già citata Giulia e Raggi del sole).

Ogni anno, ogni giorno, ogni mese che passerà
Ricorderò ogni “fanculo” come se fosse un “ti amo”
Regalato, poi abusato come se fosse un boato
E sono lacrime di piombo, che scendon sotto i Ray-Ban
Le asciugo e le nascondo, sorridendo a mia mamma
Ma passerà
(Lacrime Di Piombo)

Non sarà probabilmente l’album della maturità, però è chiaro che il suo ritorno dopo la polemica durante il Festival di Sanremo non passerà inosservato. Il giovane artista ha fame di riscatto ed è “innamorato” della musica, oltre che della vita. Questo non glielo si può contestare, almeno si spera!

 

Federico Ferrara