…uno tra i più talentuosi protagonisti del barocco italiano ha vissuto a Messina?

Caravaggio in un celebre ritratto d’epoca

 Forse non tutti sanno che la città di Messina può vantarsi di essere stata, anche se per un breve periodo, la casa di Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio.

Ma cosa spinge il geniale pittore lombardo a stabilire la sua dimora a Messina? Prima di rispondere, bisogna fare delle premesse.

Caravaggio ebbe un’ indole violenta, oggi lo si definirebbe una testa calda. Non stupisce infatti che la sua vita sia stata un susseguirsi di risse, denunce e processi. Momento cruciale è quando, nel maggio del 1606, a Roma, ferisce mortalmente un nobile romano. Per sfuggire alla pena capitale, ossessionato dalla paura della morte, il pittore passerà il resto della sua breve vita -morirà quattro anni dopo, a soli 38 anni– scappando dalle guardie del Papa.

Prima si rifugia a Napoli, poi a Malta. Inizialmente viene accolto nell’ ordine dei Cavalieri di Malta, poi, a causa di una rissa, viene imprigionato dall’Ordine stesso. Grazie all’aiuto della famiglia Colonna, riesce ad evadere e fugge in Sicilia. Dopo essere stato a Siracusa ospite del pittore Mario Minniti (amico e forse anche amante) i due approdano nella città di Messina. Caravaggio vi si ferma per meno di un anno (dalla fine del 1608 fino all’estate successiva), ma è un periodo particolarmente fecondo per la sua produzione artistica.

Ma quindi, perché proprio Messina?

Perché la città offre tutto quello che un artista potrebbe desiderare. In quel tempo a Messina, grazie alla grande crescita economica e alla presenza del suo porto, si sviluppa una borghesia mercantile cosmopolita con un grande senso estetico. Caravaggio, infatti, trova subito diversi committenti, disposti a tutto pur di avere un suo quadro. C’è anche da dire che la protezione di persone potenti, come l’arcivescovo di Messina, e la possibilità di approfondire la conoscenza delle opere di Antonello, potrebbero aver influito sulla sua scelta.

Purtroppo,  nonostante il periodo messinese sia stato piuttosto proficuo, sono pochi i quadri certamente attribuibili alla permanenza del pittore in città.

“La resurrezione di Lazzaro” (a sinistra) e “L’adorazione dei pastori” (a destra). Messina, Museo Regionale.

Sicuramente in quei mesi Caravaggio dipinge “La resurrezione di Lazzaro” e “L’adorazione dei pastori”, opere che è possibile osservare al Museo Regionale. Curioso il fatto che, mentre nella maggior parte delle tele prodotte in quel periodo ricorrono temi come morte e penitenza, gli unici due dipinti sicuramente messinesi hanno come soggetto la vita.

C’è da dire che “La resurrezione di Lazzaro” è protagonista di uno degli aneddoti più noti della vita dell’irrequieto pittore, avvenuto al momento della consegna del dipinto. Sembrerebbe infatti che, a seguito di una critica mossa da un accompagnatore del committente, Caravaggio abbia preso a colpi di pugnale la tela con veemenza. Dopo essersi ricomposto egli si rivolse al committente, dicendogli di non preoccuparsi, in quanto presto avrebbe sostituito la tela appena distrutta con un’altra migliore.

È bello pensare che Caravaggio, il pittore della luce, tra gli artisti italiani più apprezzati al mondo, osservando il sole che emerge dallo Stretto ed illumina la città di Messina, come tutti quelli che giornalmente vedono tale spettacolo, sia rimasto a bocca aperta.

Renata Cuzzola

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  1. By Ottavio Leoni – milano.it, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=331612
  2. Ph: Giulia Greco

Mediterraneo luoghi e miti. Capolavori del Mart al Museo di Messina.

Mettiamo da parte la solita frase “a Messina non c’è niente” e la critica per qualunque attività o iniziativa che venga promossa.
Un’ oasi bella e permanente c’è : il Museo Interdisciplinare Regionale recentemente inaugurato con l’ espansione dei locali.
Dobbiamo aspettare Aprile per poter fruire della esposizione completa delle opere del nostro museo ma una visita oggi è più che opportuna.


mediterraneo-messina_mostra-1newIn questa cornice incantata, nei locali della Filanda Barbera-Mellinghoff, è in esposizione temporanea la mostra “Mediterraneo luoghi e miti. Capolavori del Mart”.

Si conferma la collaborazione con il Mart (Museo di arte moderna di Trento e Rovereto) che già l’anno scorso aveva esposto qui “L’invenzione Futurista. Case d’arte di Depero”.
La mostra si dipana in una serie di opere eseguite nel ‘900 e declina i temi fondamentali del XX secolo e il legame con il Mediterraneo : dall’archeologia passando per l’amore, il cibo fino alla migrazione. L’allestimento stesso è diviso per tematica.
Ci accolgono le foto di Mimmo Jodice, segue De Chirico, ci sono Carrà, Boetti e i suoi arazzi, Sanfilippo, ci sono le donne di Massimo Campigli col suo tratto geometrico quasi infantile ma profondamente incisivo nel nostro “io” e c’è Renato Guttuso.

E’ una mostra di altissimo livello e lo spettatore si perde in questo viaggio per il Mediterraneo con piacere, sarà scosso e portato a riflettere su ieri ed oggi : d’altronde l’arte, spesso, ha anche questo fine.
Come tutte le cose belle purtroppo ha una fine : avete tempo fino a giorno 5 Marzo 2017 per andare a visitare questa esposizione.
Cogliete la palla al balzo e vedete tutto il museo, non usate la scusa che la nuova area non è totalmente aperta.

A Messina ci sono attività, c’è la bellezza e l’ arte. Il museo ne è l’esempio principale.
Impariamo a vivere questa realtà, a rispettarla e ad esserne curiosi.

Qui gli orari di ingresso: 

Chiuso il lunedì. 

Da martedì a sabato dalle 9 alle 19 (ultimo ingresso 18.30). 

Domenica e festivi dalle 9 alle 13 (ultimo ingresso alle 12.30)

Arianna De Arcangelis

Il Museo Interdisciplinare Regionale di Messina: un viaggio nello scrigno della memoria.

 

img_0001Generalmente siamo abituati a pensare ai musei storici come a dei luoghi un po’ noiosi ed asettici dove vengono esposti dipinti, sculture e altre opere d’arte, come testimoni silenti dell’arte e della cultura di un determinato periodo e contesto storico dal quale, per i più svariati motivi, inevitabilmente si trovano ad essere strappate.

Si potrebbe pensare a un museo storico un po’ come ad uno zoo: specie se espone pezzi antichi, ci troviamo dentro opere d’arte che, seppure si trovino lì talvolta per motivi di forza maggiore, in un certo senso sono state portate via dal loro habitat naturale, dal contesto in cui si trovavano. Gli artisti e artigiani del passato lavoravano per delle committenze, pubbliche o private, e le loro opere erano pensate per essere collocate in luoghi di culto, piazze, edifici pubblici, residenze private: in poche parole, per essere fruite in modo diverso da quello che il museo, in quanto tale, ci propone.

Ma a Messina è diverso. É diverso perché, per via delle vicissitudini storiche che hanno caratterizzato la città, questo “habitat naturale” delle opere d’arte semplicemente non esiste più, perchè guerre, bombardamenti e terremoti lo hanno spazzato via: la stragrande maggioranza dei luoghi in cui si trovavano le sue opere d’arte è stata distrutta, rasa al suolo, cancellata.

Il Museo quindi, tornando alla nostra metafora, cessa di essere uno zoo per diventare una riserva naturale: l’unico posto nel quale la memoria della cultura e dell’arte della Città può continuare a vivere e tramandarsi.

È con queste premesse chiare in mente che possiamo accingerci a varcare le soglie del Museo Interdisciplinare Regionale di Messina, che proprio in questi giorni, a partire da venerdì 9 dicembre 2016, è assurto agli onori della cronaca per via della (purtroppo ancora parziale) apertura della nuova struttura espositiva.

Museo dalla antichissima tradizione, il suo primo nucleo nasce addirittura nel 1806 dalla convergenza di alcune collezioni d’arte private e di proprietà del Senato della città, promossa dalla Reale Accademia Peloritana. La sua struttura attuale, però, si sviluppa a seguito del Terremoto del 1908, quando la spianata del SS. Salvatore dei Greci (che prende il nome dall’antico monastero che vi si trovava), diventa uno dei punti in cui vengono depositate, in magazzini affittati alla bisogna, le diverse opere d’arte e i frammenti architettonici strappati alle macerie. È proprio lì, nella ex Filanda Barbera-Mellinghoff, che vennero organizzate le prime esposizioni come sede provvisoria. Anche se il primo progetto per una sede definitiva risale al 1912, e i lavori destinati alla realizzazione della struttura odierna (che ancora attende di essere inaugurata, essendo ancora sotto forma di “cantiere aperto”) sono iniziati ormai oltre 30 anni fa, fino a quest’anno la sede delle esposizioni è rimasta sempre quella provvisoria, cioè appunto la Filanda: solo a partire da venerdì scorso, dopo lo spostamento delle opere, è stata destinata a esposizioni temporanee.

 

Oggi il Museo definitivo, che una volta completato (presto, ci auguriamo) sarà, coi suoi oltre 4000 metri quadri di spazio espositivo, il secondo più grande del Meridione dopo Capodimonte, accoglie una collezione eterogenea ed impressionante, per quantità e qualità, di materiale storico e artistico. Aprono le danze gli ambienti esterni, sede, insieme al cortile interno dell’ex Filanda, di significative ricostruzioni di elementi architettonici provenienti da chiese e monumenti della Messina pre-terremoto: una sorta di monumentale Cimitero degli Elefanti per la città che fu. Fornitissima anche la sezione archeologica, che raccoglie reperti greci e romani, molti dei quali provengono da scavi cittadini; il suo pezzo forte è indubbiamente il Rostro di Acqualadroni, il “becco” di bronzo di una nave da guerra romana.

Clou dell’esposizione sono sicuramente le ampie sale dedicate a quelli che furono i veri secoli d’oro dell’arte e della cultura messinese, vale a dire Cinquecento e Seicento. Si inizia con l’eleganza e la semplicità del primo rinascimento di Gagini e Andrea Della Robbia, per arrivare poi al grande Polidoro Caldara da Caravaggio, allievo di Raffaello che trascorse i suoi ultimi anni a Messina e vi lasciò opere importantissime come la sua magnifica Adorazione dei Pastori. Si raggiungono poi gli spazi dedicati al Manierismo, stile che a Messina trovò una delle sue più piene ed interessanti manifestazioni; a farla da padrone sono ovviamente le opere scultoree del Montorsoli e di Andrea Calamech con il genero Rinaldo Bonanno e la sua bottega, oltre a una notevole collezione di tele e tavole dello stesso periodo, tutte poste sotto lo sguardo benevolo del montorsoliano Nettuno e di Scilla, rimossi dalla famosa fontana a seguito dei danni subiti nel 1848 e finalmente sottratti alle ombre e all’oblio dei magazzini.

 

Il viaggio prosegue attraverso il tempo, dal Manierismo si passa al primo barocco e una serie di dipinti da autori di scuola caravaggesca (assolutamente notevoli quelli di Alonso Rodriguez e di Mario Minniti, che del maestro bergamasco fu amico, probabilmente modello e, secondo certe tendenze di gossip storico, amante) fanno da necessario preludio alla sala che espone i due capolavori messinesi dell’ultimo Caravaggio, l’Adorazione dei Pastori e la Resurrezione di Lazzaro.

Mancano ancora all’appello i due dipinti di Antonello da Messina , cioè il Polittico di San Gregorio e la Madonna con bambino; si auspica che trovino collocazione al più presto, insieme ai dipinti di scuola antonelliana e a tutte le altre opere di epoca medievale, come i meravigliosi dipinti di maestri fiamminghi quattrocenteschi e cinquecenteschi, che fino a qualche mese fa erano alla Filanda. Così come si aspetta ancora una degna collocazione per tantissimi pezzi minori, inclusi i pezzi di oreficeria, di arte sacra e la sontuosa Carrozza Senatoria, che ancora attendono di essere offerti agli sguardi stupiti del pubblico. C’è, insomma, ancora tanta strada da fare: ma siamo sicuri che il risultato sarà all’altezza delle aspettative, e che il Museo Regionale potrà finalmente diventare, come nelle intenzioni dei suoi ideatori, lo scrigno della memoria della cultura messinese.

Gianpaolo Basile

Ph: Giulia Greco