La passione per l’arte da Messina a Parigi

Conosciamo Serena Bucalo: responsabile del Dipartimento di conservazione e gestione delle opere di Yves Saint Laurent Paris.

Sono Roberta Leone, studentessa di Scienze dell’informazione attualmente in Erasmus a Parigi. Grazie alla redazione di UniversoMe ho avuto l’opportunità di incontrare Serena Bucalo e di visitare il museo di Yves Saint Laurent.

Serena Bucalo e Roberta Leone nel museo Yves Saint Laurent di Parigi

«La costante volontà di farcela mi ha spinto e mi spinge tuttora a lavorare e dedicarmi alla mia passione: l’arte». Conosciamo così Serena Bucalo, originaria di Messina, adesso responsabile delle collezioni della sede principale di Yves Saint Laurent a Parigi.

Serena è grata alla sua famiglia che le ha permesso di sviluppare l’amore per l’arte e per la cultura sin da piccola, per aver creduto in lei ed averla supportato nei suoi sogni dandole l’opportunità di svolgere degli studi che le hanno permesso di lavorare nel mondo dei musei.

Il suo percorso inizia proprio a Messina, laureata con il titolo Operatore dei Beni Culturali presso l’Unime che le ha fornito le basi per poter intraprendere questa strada nel mondo dell’arte. Supportata dalla madre originaria di Parigi, sceglie di specializzarsi presso l’Ecole du Louvre che le dà la chiave per entrare nel mondo del lavoro.

La sua carriera inizia al Musée d’Arts Décoratifs e dal 2013 ha occupato il posto di Conservatrice alla Fondazione Giacometti, grande scultore del XX secolo. «Mi ha permesso di mettere in pratica gli studi e di organizzare delle mostre sia in Francia che all’estero».

Gold: tema della mostra attuale (Ottobre 2022 – Maggio 2023)

Con tanta perseveranza e passione nei primi di Ottobre 2022 ottiene il ruolo di responsabile delle collezioni patrimoniali della sede ufficiale della grande azienda di moda a livello internazionale situata nella storica casa di Yves Saint Laurent nel XVI arrondissement di Parigi. 

«Ho lasciato Messina all’età di 26 anni ma ancora oggi mi sento tanto italiana ed ammetto che mi mancano i momenti di fine giornata passati al mare ed il calore messinese». Proprio per questo, lavoro permettendo, coglie spesso l’occasione per tornare nella sua città e dai suoi cari.

Serena ci saluta: «Se dovessi dare un consiglio ai giovani messinesi direi loro di non perdere l’entusiasmo e di rimanere appassionati persino nei momenti difficili perché la fatica e i sacrifici prima o poi verranno premiati».

Ringrazio la dottoressa Serena Bucalo per aver mostrato la sua disponibilità per un’intervista all’interno del museo.

Roberta Leone

Il coraggio di un uomo che ha trasformato la sua casupola in un Museo: Giovanni Cammarata, il “Puparo”

La casa Cammarata, la casa del cavaliere o semplicemente la casa del puparo è quanto rimane della casa monumentale di Giovanni Cammarata, artista di strada anzi “artista di Maregrosso”, come piaceva presentare se stesso.

Ma partiamo dalle origini.

Biografia

Giovanni Cammarata, conosciuto come “il puparo”, nasce a Messina il 29 giugno del 1914 nel quartiere della Palmara vicino al Cimitero. Sin da giovanissimo si interessa all’arte monumentale che lo porta a frequentare botteghe di grandi artisti occupati nel realizzare sepolcri commemorativi e le cappelle colossali del cimitero di Messina; oggi considerato uno dei più importanti cimiteri monumentali d’Europa ricco di opere d’arte invidiate dal resto del mondo.

Giovanni Cammarata
Giovanni Cammarata. Fonte: outsiderartsicilia.it

Negli anni si forma dapprima come cementiere impegnato a ricostruire la Messina post terremoto del 1908 secondo i criteri urbanistici antisismici moderni, con l’obiettivo di ripristinare la città del passato ricca di opere architettoniche e decorative della tradizione. Grazie a questi anni di formazione Giovanni scopre e affina la sua conoscenza artistica che gli tornerà utile qualche anno dopo.

Soldati italiani al fronte durante la seconda guerra mondiale. Fonte: GoConqr. Ph. Robert Capua
Soldati italiani al fronte durante la seconda guerra mondiale. Fonte: GoConqr. Ph. Robert Capua.

 

Ben presto, negli anni ’30, dovrà salutare i maestri bottegai perché chiamato ad arruolarsi come volontario durante la seconda guerra mondiale. Da questa guerra l’Italia ne esce sconfitta e lo stesso Giovanni, nel 1944,  verrà arrestato dagli inglesi e deportato nel campo di concentramento a Gaza.

Cammarata, costretto a scontare la sua pena detentiva nelle carceri asiatiche, inganna il tempo con ciò che gli riesce meglio fare: dare vita ad una fredda materia prima.

E’ proprio grazie alla costruzione di un castello in argilla che riuscirà a sbalordire le guardie, ammaliare le autorità e così ottenere la scarcerazione.

Il ritorno in patria e all’arte

Finita la guerra Giovanni emigra in Argentina tentando la fortuna, ma presto, nel 1955 , torna a Messina.

Via delle Belle Arti n°20. Fonte: Lettera Emme
Via delle Belle Arti n°20. Fonte: Lettera Emme

Fa la conoscenza di una bella e giovane donzella, Paola, e la sposa. Insieme a Paola e i tre figli vanno a vivere in quella che d’ora in avanti sarà battezzata dallo stesso Giovanni, Via delle Belle Arti n°20.

In poco tempo la dimora di Giovanni e Paola, sita in Via delle Belle Arti, diverrà una vivente galleria d’arte, fatta di storia e passione conosciuta negli anni come la casa del puparo.

Museo Cattolico Giovanni Cammarata

Opere di Giovanni Cammarata. Fonte: Le Scalinate dell'Arte. Credits: Dall'Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)
Opere di Giovanni Cammarata. Fonte: Le Scalinate dell’Arte. Credits: Dall’Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)

All’interno della sua casetta, si trovavano sculture colorate e fiabesche, ciottoli e vetri che immortalano sulle facciate di casa mosaici colorati.

Murales di Giovanni Cammarata. Fonte: istituto euro arabo. Ph. Sergio Todesco
Murales di Giovanni Cammarata. Fonte: istituto euro arabo. Ph. Sergio Todesco

L’artista trasformò l’ingresso di casa con figure rappresentanti l’antico Egitto, imprese eroiche della mitologia,  protagonisti omerici e illustrazioni sacre, un vero e proprio “Museo Cattolico Giovanni Cammarata”– così il cavaliere ( in onore delle armi) aveva ribattezzato la sua casa- con l’intenzione di risanare, trasformare quell’aria invasa dai rifiuti e poco illuminata, in una meta per turisti e in un mondo magico per  i più piccoli.

Giovanni combatte per difendere ciò che ama

L'interno della casa del Puparo. Fonte: Le Scalinate dell'Arte. Credits: Dall'Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)
L’interno della casa del Puparo. Fonte: Le Scalinate dell’Arte. Credits: Dall’Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)

Il sogno nel cassetto di Giovanni era quello di trasmettere agli altri il suo patrimonio artistico, proprio come fecero con lui i maestri delle antiche botteghe messinesi, e così maturò l’idea di istituire una scuola d’arte per i giovani. Ma il sogno di Giovanni non fu mai realizzato.

Purtroppo, negli anni ’70 si assiste ad un primo intervento regionale di sbaraccamento e il Cavaliere Cammarata riceve un duro colpo. La casa del Puparo occupa il suolo abusivamente e  gli viene ordinato di sgomberare l’area in cui ha abitato per oltre cinquant’anni ma, il coraggioso Cavaliere Giovanni, il Puparo, non cede e si batte; addirittura più volte si frappose tra la ruspa e le sue sculture vive, zampillanti di veemenza, intensità di affetti e di passioni.

Nel 2000 l’antropologo Sergio Todesco invita la Soprintendenza di Messina ad effettuare un’esplorazione fotografica delle opere di Giovanni Cammarata – ancora oggi queste foto fanno il giro del mondo – ma il tentativo del Dott. Todesco non andò a buon fine.

Ricognizione Fotografica, il Puparo e il suo castello. Fonte: Fonte: istituto euro arabo. Ph. Sergio Todesco
Ricognizione Fotografica, il Puparo e il suo castello. Fonte: Fonte: istituto euro arabo. Ph. Sergio Todesco

Qualche anno dopo, ormai alla soglia dei 90 anni, esattamente nel 2002, l‘associazione Mamertini si presenta a Giovanni offrendogli una tutela artistica. Ma il Puparo non arriva in tempo a godersi alcun intervento di salvaguardia,  morirà lo stesso anno e assieme a lui anche il suo museo; la casa verrà distrutta per fare spazio a quello che poi sarà il parcheggio di un esteso supermercato.

Iniziative in onore del Cavalier Puparo Cammarata

L’inatteso finale dall’amaro in bocca, ci descrive una pagina di storia del Puparo che ha combattuto per la sua arte e che lo vide sconfitto come il giorno in cui, al fronte combattente per l’Italia, venne arrestato. Sarà poi presto rivendicata dai numerosi interventi ed iniziative promosse per tenere in vita il suo ricordo.

Nel 2007, grazie alle manifestazioni del Machine Works e al Commissario Straordinario del Comune di Messina Gaspare Sinatra, si avvia un provvedimento di tutela contro i vandali per ciò che rimane nel marciapiede della zona, come testimonianza prepotente di una volontà che voleva a tutti costi proteggere l’arte da chi non la ama.

Nel 2011 un collettivo composto da sociologi urbani, storici d’arte e architetti  incrementa l’opera di tutela, proseguito nel 2012 dal collettivo Zonacammarata con l’associazione Lalleru, dando avvio ad un’opera di ricerca e divulgazione tra i cittadini attraverso convegni, lezioni e libri; a tutto ciò ha contribuito anche la scelta di stabilire nella Galleria d’Arte Moderna di Messina, due dei tre esemplari di giganti elefanti gialli costruiti dal puparo e ritrovati da Pier Paolo Zampieri e Mosè Previti.

Elefantini Gialli. Fonte: Osservatorio Outsider Art
Elefantini Gialli. Fonte: Osservatorio Outsider Art

Nel 2015 prendono avvio i lavori di restaurazione e nel 2016, grazie ai finanziamenti dell’Università di Messina, Zonacammarata e dell’Associazione Lalleru, si inaugura una campagna di Street Art con la realizzazione di quattro murales di artisti nazionali.

Mostra “Io Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso” a cura di Mosè Previti e Pier Paolo Zampieri. Fonte: Mutualpass
Mostra “Io Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso” a cura di Mosè Previti e Pier Paolo Zampieri. Fonte: Mutualpass

 

 

Di recente, nel 2019 il progetto “Dintorni – Luoghi Circostante per l’arte 2019” inaugura a Palermo una mostra “Io Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso” a cura di Mosè Previti e Pier Paolo Zampieri.

 

La tua arte è l’eredità di un mondo incantato

Ancora oggi passando da quella via si rimane catturati dagli ormai resti architettonici della casa del Puparo,  ornata dai murales, dai ciottoli e schegge di vetro colorate, da qualche castello ancora intatto che emula il ricordo di un giovanissimo Giovanni liberato dalle carceri asiatiche proprio grazie ad una scultura come quella.

Il Puparo. Fonte: LetteraEmme
Il Puparo. Fonte: LetteraEmme

Sicuramente il Cavaliere non avrebbe mai pensato un finale così drammatico per le sue creazioni, e chissà se invece sapeva bene che il popolo messinese non lo avrebbe mai dimenticato.

Cavaliere Cammarata,  la tua arte è un’eredità inestimabile senza tempo e attraverso essa, tu vivi ancora.

 

 

Elena Zappia

Fonti:

https://www.mutualpass.it/post/1082/1/a-palermo-la-mostra-io-sono-cammarata-giovanni-l-artista-di-maregrosso

http://www.lescalinatedellarte.com/it/?q=node/1764

 

Dalle macerie nascono musei

Messina, porta della Sicilia, città di sogni e cultura, nobiltà e borghesia, amore e fantasia, che si snodano tra i palazzi liberty; Messina, sviluppata tra il vivido profumo del mare e…. dell’amianto.

Sì, Messina odora ancora di abbandono e attende che le ultime pagine bianche vengano completate di una storia gloriosa.

Baraccolandia

La storia della baraccopoli messinese nasce e si sviluppa all’indomani di uno degli eventi sismici più catastrofici del XX secolo. Dal 1908 buona parte della popolazione messinese vive in pessime condizioni igienico-sanitarie e da ben 113 anni le baracche rimangono simbolo di una continua “lotta di classe”. 

Ad oggi, su una superficie comunale di 213,75 km², si contano circa 2500 famiglie locate in baracche; dal quartiere Annunziata fino al Rione Taormina abitano generazioni di prigionieri, in quella che loro stessi -ormai rassegnati- chiamano casa. 

E chissà se possa mai definirsi casa quella con un tetto in eternit, costruita accanto a discariche a cielo aperto e muffa per carta da parati. Sicuramente non lo è per chi dorme da trent’anni sotto un tetto gocciolante, non lo è per tutte quelle mamme, come Francesca, che convivono quotidianamente con la paura incessante che da un momento all’altro un animale selvatico possa attaccare i suoi figli, e non lo è per tutti i genitori che sognano una cameretta per i loro figli, forse, quella che loro stessi non hanno mai avuto.

La baraccopoli di Messina – Fonte: strettoweb.com

Qualcosa cambia…

Nel 2018, da poco eletto sindaco, Cateno De Luca ordina lo “sbaraccamento”.

Da città con un passato interminabile e  un presente arrendevole, Messina inizia a scorgere il primo spiraglio di luce illuminare un futuro concretamente realizzabile. Progettando demolizioni, rimozioni, smantellamento e risanamento, l’ultima tappa decisiva viene segnata dalla Ministra per il Sud e per la coesione territoriale Mara Carfagna.

L’Onorevole Carfagna nomina Commissario straordinario il prefetto di Messina Cosima Di Stani, e stanzia 100 milioni di euro, derivanti dal Fondo di sviluppo e coesione 2021 – 2027, per eliminare le baracche dalla città e offrire all’intera popolazione un alloggio decente, confortevole e idoneo a sopperire le primarie necessità di una famiglia media. 

Dalle macerie nascono i musei 

Durante i lavori di risanamento all’Annunziata, in presenza della Ministra Carfagna, del Sindaco De Luca, del Prefetto Di Stani e delle altre autorità competenti, il primo ottobre viene ordinata la sospensione dei lavori.

La ruspa, che sta spianando il territorio, interrompe la sua funzione per salvare una baracca di legnoL’ultima baracca sopravvivrà alle ruspe per diventare un qualcosa mai ideato prima.

Non l’avrebbe mai immaginato Letteria Donato che quella baracca, assegnata ai suoi nonni dopo il terremoto del 1908 e casa per tre generazioni, sarebbe diventata un museo.

Il museo della memoria” così lo definisce il sindaco della città, consegnando simbolicamente le chiavi della baracca alla Ministra Carfagna.

Consegna simbolica delle chiavi dell’ultima baracca di legno, presto “Museo della memoria”, alla presenza dell’onorevole Mara Carfagna e il sindaco Cateno De Luca – Fonte: 98zero.com

Letteria, rammentando i suoi ricordi, con fierezza dice: “Mio padre lo ha comunque custodito questo alloggio anche se non vi ha abitato nessuno da 26 anni. Siamo molto orgogliosi il ministro ha detto che si realizzerà qui un museo e lo trovo giusto per non perdere la memoria di quello che è stato“. 

Oggi, grazie a quest’evento inaspettato, possiamo dire che la memoria di Letteria Donato diventerà la nostra memoria e come dice Paulo Coelho: “Riusciamo a comprendere il miracolo della vita solo quando lasciamo che l’inatteso accada”.

 

Elena Zappia

 

Fonti:

https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Messina

http://VIDEO. Vivere fra muffa e amianto: “Mio figlio è morto sognando una cameretta”

https://www.repubblica.it/venerdi/2021/09/24/news/sbaraccopoli_alla_messinese-318595051/

https://www.ansa.it/sicilia/notizie/2021/10/01/a-messina-baracca-del-1908-diventera-museo_abc58704-031f-470a-a555-cbd34f916ac1.html

Immagine in evidenza:

Baracche nel rione Annunziata – Fonte: messina.gazzettadelsud.it

Un tuffo nella moda del passato: il Museo del Costume e della Moda Siciliana

La moda italiana è apprezzata in tutto il mondo perché dotata di un’eccellente sartoria, che lavora tessuti pregiati, e di stilisti dalle menti creative. Essa è una forma d’arte che rappresenta la storia, le tradizioni e le radici culturali di un popolo.

La moda è in continua evoluzione, e magari chi tra di noi è appassionato dell’argomento potrebbe aver avuto il desiderio di analizzare dal vivo i costumi siciliani del passato. Questo oggi è possibile grazie al Museo del Costume e della Moda Siciliana, situato a Mirto (ME).

logo museo mirto
Il logo del Museo del costume e della moda siciliana -Fonte: museodelcostumesiciliano.org

La location

Il museo consente di ammirare al suo interno una ricca collezione d’abiti tipici del modo di vestire nella Sicilia dei secoli precedenti, dai ceti più agiati alle classi popolari. È stato inaugurato nel 1993 all’interno dello storico Palazzo Cupane, di proprietà comunale, per volere di Giuseppe Miraudo, direttore del museo, il quale donò per primo parte della sua collezione privata di abiti e accessori.

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Esterno del Museo – Fonte: letteraemme.it

Lo stabile è diviso in sezioni in base all’epoca,  partendo dal basso, con la sezione di abiti popolari che comprende costumi etnici utilizzati durante le feste popolari e religiose. Vi sono esposti anche antichi strumenti per la lavorazione tessile e oggetti di uso casalingo.

 

Gli abiti

Al primo piano troviamo costumi d’abbigliamento tipici dello stile siciliano, datati dal XVIII al XX secolo.

Al secondo piano troviamo la biancheria intima con i famosi corpetti, costumi da bagno, corredi, capi infantili settecenteschi e abiti da sposa. Inoltre sono presenti anche pezzi di moda anni ’20 del ‘900.

Il museo è dotato di un cortile immerso nel verde.

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Abito in seta verde del 1860, primo piano del Museo – Fonte: letteraemme.it

Nell’ingresso del primo piano troviamo diversi abiti ottocenteschi borghesi di importanti famiglie sicule. Per esempio un abito in seta verde del 1860, capi in seta del 1870 donati da Ferlazzo Natoli di Patti, diversi corpetti, e un Frac maschile dello stesso decennio.

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Sezione abiti anni ’20 del Museo – Fonte: scomunicando.it

Il salone è utilizzato inoltre per conferenze e dibattiti. Nella sezione dedicata agli anni ’20 è presente un pezzo d’abbigliamento raro, un Fortuny recentemente restaurato dall’Istituto di Restauro del tessuto di Palermo.

Nella stessa sezione ci sono cinque abiti in tulle interamente ricamati con pailettes jees, un abito dal disegno futurista della famiglia Vilardi di Mirto, un vestito da sposa ricamato su tulle, diversi corpetti liberty, un abito laminato Florio, e due grandi vetrine donate dalla professoressa Teresa Pugliatti, contenenti cappelli e accessori del periodo.

Tramite le sue stanze il museo testimonia anche fatti storici: sono presenti, ad esempio, le camicie rosse dei “picciotti” garibaldini e gli abiti serali che le dame indossavano durante le serate danzanti organizzate dai “gattopardi” nei primi del ‘900.

 

Il contributo di Maria Grazia Cucinotta

Ha dato ulteriore lustro al museo Maria Grazia Cucinotta. L’attrice messinese, infatti, ha visitato lo stabile al termine delle riprese del film “Miracolo a Palermo”, di cui Miraudo è stato scenografo. La Cucinotta, accettando simbolicamente il ruolo di “madrina” a titolo gratuito, ha concesso di utilizzare la sua immagine, volutamente in abito d’epoca, così da divenire testimonial ufficiale.

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La nota attrice Maria Grazia Cucinotta come testimonial per il museo di Mirto – Fonte: palermotoday.it

 

Un tuffo nel passato!

Antecedentemente all’emergenza sanitaria il museo organizzava spesso sfilate ed ospitava eventi.

Nonostante questo momento di crisi e diffidenza sociale, lo stabile resta tutt’ora aperto al pubblico nel rispetto delle misure di sicurezza anti covid19. Nel frattempo è anche online, sul sito internet, il tour a 360 gradi del museo.

E a voi ha affascinato questo piccolo tuffo nella moda del passato? I nostri antenati si vestivano proprio così!

 

Diana Colombraro, Corinne Marika Rianò

 

Immagine in evidenza:

Il Museo del costume e della moda sicilia – Fonte: facebook.com/museomirto

La “Lupa” dello Stretto: tra scienza e mitologia

Uno scenario inquietante, una coltre di  fumo spettrale da film horror o apocalittico; questa la sensazione che si prova  a Messina, quando la “Lupa” arriva in città.

In realtà, ogni messinese che si rispetti non verrà spaventato o sorpreso da questo evento atmosferico. La“Lupa”, infatti, si presenta spesso nello Stretto di Messina, destando più meraviglia, per l’atmosfera che si viene a creare, che sconforto o paura.

Certamente questa volta si è presentata in anticipo rispetto alla norma. Il fenomeno ha origine, infatti, dall’aria calda-solitamente quella primaverile- che incontra una superficie più fredda come quella del mare del nostro Stretto. Questo incontro genera vapore acqueo in eccesso che si condensa formando quella che è a tutti gli effetti una fitta nebbia.

©Salvatore Nucera – “la Lupa” dello Stretto,  Messina 2021

Etimologia del nome

Come detto, la “Lupa” non è una novità per gli abitanti delle città dello Stretto; per questo non mancano di certo teorie e leggende concernenti sia la scelta del termine sia la sua origine vera e propria.

Il termine si pensa possa essere ricondotto al rumore emesso dalla “brogna”, una conchiglia che gli antichi marinai utilizzavano per segnalare la presenza della propria imbarcazione quando la visibilità in mare era molto scarsa a causa della “Lupa”. Il suono infatti era assimilabile a quello di un ululato potentissimo.

Un contributo interessante ci viene offerto dallo studio della Dottoressa Grazia Musolino, storica dell’arte e dirigente della Soprintendenza ai BB. CC. AA. del Museo di Messina. Il lavoro della Dott.ssa nasce dall’ accurata analisi di un quadro di Nunzio Rossi, esposto presso il Museo Regionale: la “Madonna della Lettera tra i Santi Pietro e Paolo”.

Un’ osservazione attenta del dipinto porta alla luce un particolare interessante: sullo sfondo del quadro, guardando la costa della Calabria, è possibile notare una venatura di colore bianco che sembra ricordare la sagoma di un lupo. Questa interpretazione è legata alla leggenda di Scilla.

“La Madonna della Lettera tra i Santi Pietro e Paolo” – Fonte: Mutualpass.it

 

La leggenda di Scilla

Scilla era una ninfa che abitava la sponda calabrese del nostro Stretto. Una sera, mentre si trovava in spiaggia, emerse tra le onde Glauco, una divinità con il corpo dalle sembianze metà umane e metà di pesce.

Glauco, innamoratosi immediatamente della ninfa si avvicinò a lei, ma questa, presa dallo spavento per le sue sembianze, fuggì immediatamente. Dilaniato dal dolore e dalla vergogna, Glauco decise di rivolgersi alla celeberrima maga Circe, chiedendole un filtro magico che potesse far innamorare Scilla di lui. La maga, però, desiderando l’amore di Glauco per sé, preparò una pozione magica, che versò in mare.

Quando Scilla si immerse in acqua si trasformò in un mostro con sei teste canine lungo il girovita e, per la vergogna, andò a vivere sotto uno scoglio, emettendo di notte spaventosi ululati, simili, appunto, a quelli di una lupa.

Scilla e Glauco – Fonte: colapisci.it

Tra scienza e mitologia

Spesso le narrazioni mitologiche trovano origine da fenomeni atmosferici come in questo caso. Infatti il forte rumore provocato dal vento che soffia tra i flutti e gli scogli del versante calabrese, ha dato origine al mito di Scilla.

Probabilmente la manifestazione di questo evento veniva associato alla comparsa della nebbia, che, creando non pochi pericoli per la imbarcazioni nello Stretto, costringeva i marinai ad utilizzare la “brogna” per indicare la loro posizione. Forse il pittore Nunzio Rossi nel suo dipinto ha voluto rappresentare  proprio la “Lupa”.

Una delle tante meraviglie che lo Stretto ci regala.

 

 

Emanuele Paleologo

 

 

Fonti :

letteraemme.it

mutualpass.it

centrometeosicilia.it

 

Immagine in evidenza:

©Salvatore Nucera – la “Lupa” dello Stretto,  Messina 2021

 

… a Messina c’è una casa rotante?

Siamo abituati a pensare al concetto di casa come ad uno spazio delimitato da quattro mura, dalle dimensioni variabili ma forme più o meno fisse, ancorate al terreno e – soprattutto – immobili.

E se non fosse sempre così?

Esistono nel mondo infatti case che non rispecchiano esattamente quest’idea. Un esempio del quale ho voluto parlarvi è quello delle case rotanti, che si presentano come un vero e proprio capolavoro di ingegneria: strutture dotate di un motore che permette loro di ruotare in modo da ricevere la luce solare dalla stessa finestra a tutte le ore del giorno, dall’alba al tramonto. Si tratta di una tipologia di case adottata in tutto il mondo, dall’Australia all’Italia, e ognuna nasce da un’idea e da necessità diverse, da un desiderio preciso del proprietario o dell’ingegnere che ha realizzato il progetto.

 

Villa Rotante di San Maurizio d’Opaglio – Fonte: valerossini.wordpress.com

Una delle più famose si trova in Australia e presenta una pianta ottagonale e un sistema alimentato da un motore elettrico che permette alla casa di girare a comando. In provincia di Verona invece troviamo ancora oggi Villa Girasole, costruita nel 1935 su progetto dell’ingegnere Angelo Invernizzi, che si mostra oggi come centro di ricerca sulle energie rinnovabili. Sempre in Italia, in provincia di Cuneo, troviamo un altro esempio di casa rotante, voluto dal proprietario stesso per poter ammirare diversi panorami sempre dalla stessa finestra, sfruttando appunto il momento (forza rotante) della casa.

Villa Girasole – Fonte: epdlp.com

Ma può un capolavoro di ingegneria nascondere anche un messaggio che poco ha a che vedere con progetti e necessità architettoniche?

La risposta a questa domanda la troviamo proprio a Messina, a pochi passi dalla strada Panoramica (località Faro superiore): esiste qui un esempio di casa nata da un vero e proprio gesto d’amore, una necessità di cura e premura, che la rendono più che una semplice, se pur già di per sé spettacolare, opera di ingegneria.

Dietro al progetto si nasconde infatti la storia di un marito che apprende la notizia della malattia della moglie, alla quale viene consigliato di trascorrere più tempo possibile al calore e alla luce del sole. La casa infatti nasce dall’idea dell’uomo, il signor Ganci, che lavora assiduamente al design, mettendo da parte i risparmi mese dopo mese e ordinando i migliori materiali anche da diverse città d’Italia, per far sì che la moglie abbia la possibilità di ricevere la luce e il calore del sole durante tutte le ore del giorno.

La casa, oltre ad essere esempio d’amore, di premura e di cura, mostra anche una differenza rispetto alle altre, che la fanno apparire unica: grazie al moto del vento o all’utilizzo di una manovella, gira su se stessa senza utilizzare un motore elettrico. Purtroppo la casa rimane poco conosciuta,  anche e soprattutto a Messina, città che l’ha vista costruire.

Casa rotante di Messina – Fonte: ilcarrettinonews.it

Rimasta incompleta, si cerca oggi di darle un valore e un utilizzo: la figlia del signor Ganci propone ad esempio di terminarla utilizzando fondi regionali per renderla poi un museo.

Ma l’idea sembra davvero così assurda?

La verità è che oggi l’idea di museo supera il passato e cerca di adattarsi alle necessità e al sentire del tempo: troviamo ormai musei in cui il messaggio contenuto nelle opere supera le opere stesse, in cui importante è la storia delle cose, il significato emotivo a cui sono legate. Bisognerebbe valorizzare e dare voce a tutto ciò che viene realizzato e che porta con sé una storia, che rischia invece di rimanere inascoltata e di finire con l’essere dimenticata.

Bisognerebbe valorizzare le cose belle, le cose vere, permettergli di rimanere, di diventare punti fermi di tutta la comunità. Noi, come redazione della rubrica Cultura locale, proviamo a mettere in luce queste storie poco conosciute che, a mio parere, andrebbero ascoltate e rese parte di un patrimonio culturale che vada al passo coi tempi, si evolva e non rimanga ancorato al passato, ma riceva nuova vita ogni giorno.

E se oggi ovunque nel mondo viene valorizzato ciò che appare unico, storico e significativo, sarebbe bene che la città riconoscesse ciò che di unico possiede e sappia darne valore, proprio perché – senza dubbio – l’unicità di questa storia merita di essere valorizzata.

Cristina Lucà

 

Fonti: 

https://www.ilmessaggero.it/casa/news/casa-news/case_girevoli/3684407.html

https://www.ilcarrettinonews.it/una-casa-nata-per-amore/ 

Immagine in evidenza: ilcarrettinonews.it

La Medicina di un tempo al Museo “Dott. Ottavio Badessa” territori da scoprire..

Fonte:©FilippoCeli, Museo di storia della medicina “Dr. Badessa”

Non operare mai per operare ma con la ben fondata giustificata speranza di poter giovare” così vi è scritto innanzi all’entrata di una sala operatoria del Policlinico Universitario Messinese, frase e massima a lui attribuita, fu del Bassini.

Bassini nel 1882 era il direttore della cattedra di patologia chirurgica presso l’Università di Padova e, successivamente, nel 1888 diviene direttore di quella di clinica chirurgica; cattedra che mantenne sino al 1919 e che gli portò tanti successi professionali. Bassini fu anche senatore del Regno d’Italia.

Una frase, logica ed esternata con il cuore, che colpisce i quanti ogni giorno, professionisti sanitari e utenza, solcano la linea di demarcazione tra le aspettative, le ansie e le paure di chi opera e di chi concorre al fregiarsi nell’essere “operato”. Un segno di quei medici che come molti dell’oggi, ancora danno valore al paziente in quanto essere umano e proprio simile, con la stessa umiltà che proprio dal Bassini arriva ai nostri medici nella quotidianità del presente sanitario. Eccoci a Messina, nella sua provincia più prossima, quella che oggi, sotto la guida e ottica della città metropolitana si appresta a diventare forcina di cultura e base operativa di crescita socioculturale, eccoci quindi a Villafranca Tirrena, comune della costa nord orientale tirrenica messinese, la Villafranca che da sempre e con orgoglio nutre nella cultura valori e sentimenti di pregio, terra natia di molteplici saggi e uomini di storia, storia di qualsiasi settore. Anche sanitario ed è qui che esiste qualcosa che ci riguarda da vicino, riguarda il corpo studentesco di medicina e chirurgia ma anche il dipartimento di medicina clinica e sperimentale in seno questi entrambi all’ateneo Peloritano.

Fonte: ©FilippoCeli, Museo di storia della medicina “Dr. Badessa”

Qualcuno diceva un tempo che “la funzione di un museo dovrebbe essere non quella di mostrarci delle cose, ma di permettere di vedere in noi stessi attraverso le cose, di misurarci in relazione agli oggetti esposti”.. ebbene è proprio quello che abbiamo fatto durante la nostra visita presso il Museo della Medicina di questa meravigliosa località in provincia.

Questo museo è dedicato alla memoria del Dottor Ottavio Badessa. Nato nel 1898 a Bauso, l’odierna Villafranca Tirrena, si laurea in Medicina a Napoli per poi frequentare la Clinica Ostetrica dell’Università di Messina ed essere, per circa trent’anni, medico condotto di Villafranca Tirrena. Professionista stimato e conosciuto, svolse la sua opera con tecnica e competenza molto avanzata per il tempo e l’ambiente in cui operava, rivelando sempre un’attenzione straordinaria per l’aspetto umano e le condizioni di vita di ciascun paziente. Lo ricordano ancora mentre si reca in visita agli ammalati spostandosi instancabilmente con il suo calesse che, proprio per questo, è stato scelto come simbolo del museo.”

Fonte: ©FilippoCeli, Museo di storia della medicina “Dr. Badessa”

Ad accoglierci i ragazzi del Servizio Civile UNPLI Pro Loco d’Italia (la sede della pro loco locale è all’interno del Palazzo museale) che lungimiranti nella spiegazione minuziosa di tutti gli strumenti al suo interno custoditi ci hanno spiegato che tutti gli oggetti esposti provengono dalla collezione privata del figlio, Dottor Paolo Badessa, già primario di ruolo di Anestesia e Rianimazione negli ospedali di Solleftea (Svezia), Niscemi (Caltanissetta) e Patti (Messina). Ancora durante la visita, i volontari SCU ci raccontavano che nel museo sono esposti numerosi strumenti medicali, perfettamente funzionanti, di ogni genere e specialità, raccolti con passione per oltre quarant’anni in molti paesi occidentali. E ancora che in memoria dell’opera di medico svolta dal padre, Dottor Ottavio Badessa, la collezione è stata donata alla città di Villafranca Tirrena perché fosse esposta in un museo aperto a tutti a beneficio della cittadinanza, dei visitatori e degli appassionati.

Il museo a Villafranca Tirrena si trova in via Rovere ed è il Museo della Medicina o chiamato Museo Badessa, aperto nel 2004 e ospitato all’interno di un palazzo in stile liberty.
Esso contiene duecento reperti risalenti al periodo compreso tra il settecento ed il 1940, la rarità e l’unicità delle collezioni rende il luogo di grande prestigio ed alto valore scientifico.
Spesso, alcuni degli strumenti contenuti, sono talmente fragili o deperibili che vengono conservati con la massima cura e attenzione, tra questi l’estrattore di calcoli vescicali costruito con crini di cavallo, per via delle sue caratteristiche oggi è possibile rinvenirne solo al Museo del Royal College of Surgeons, ed in questo di Villafranca.
Altro utensile deteriorabile è il pallone respiratore delle maschere di Ombredanne realizzato con le vesciche essiccate di maiale; nel museo della Medicina è possibile ritrovarne ben quattro esemplari.

Fonte: ©FilippoCeli, Museo di storia della medicina “Dr. Badessa”

Quanto è bello questo luogo, non è descrivibile se non andando a vederlo personalmente, specie per gli addetti ai lavori ma anche per i più curiosi della scoperta, quella scoperta genuina figlia della semplicità dell’uomo, nostalgia di un tempo ormai andato, della società antica e di ciò che furono gli attrezzi con i quali i nostri nonni, i nostri avi si curavano e cercavano di migliorarsi per migliorare, le proprie aspettative di vita e le proprie conoscenze, le stesse che oggi noi, su queste basi, ci soffermiamo umilmente alla conoscenza del curare per essere a nostra volta curati.

Cultura e sanità, un connubio imprescindibile, un intento di forze nella fede, questa scientifica.

“Ci sono infermieri che ti curano, altri, che si prendono cura di te, come alcuni medici vivono la professione per procurarsi il rispetto dei malati, altri rispettano i malati e vivono come uomini.”

Il Dott. Badessa era uno di questi.

Fonte: ©FilippoCeli, Museo di storia della medicina “Dr. Badessa”

                                                                                                                                                           Filippo Celi

“PICCOLO MUSEO DELLA MOTO” Unico nel suo genere nel Sud d’Italia

Fonte: Circolo “Alzatavola” Auto e Moto d’Epoca – Piccolo Museo della Moto

 

Ti arrampichi sul Colle Torace affacciato sulle Eolie e ti tuffi in un piccolo presepe in piena ebollizione questo è il Borgo di Castroreale (Me). Qui, da turista impegnato, vai a curiosare fra eccellenti monumenti d’arte ma c’è un misterioso rombo che ti affascina. E’ quello che proviene da un Club locale di innamorati di moto, presieduto da Enrico Munafò che fondò ben 24 anni fa il Circolo Auto Moto d’epoca “Alzavalvola”.

Successivamente, da visionario quale è, Munafò, fondò il Piccolo Museo della Moto. Un museo che non ha pari per la sua originalità : “Siamo 14 Soci proprietari di moltissimi pezzi rari, ma abbiamo la coperta Corta– ci dice Munafò –perché il locale disponibile è vasto, ma inadeguato per contenere tutto il parco dei mezzi. Dunque esponiamo i nostri tesori a turni che oscillano sui due mesi: le moto in lista di attesa soggiornano in garage e quando avviene il ricambio, va via una parte del nostro cuore.

In questo paradiso della moto c’è anche un esemplare che merita di pavoneggiarsi : è la Honda Transalp del viaggiatore in solitaria Ottavio Patanè, reduce (ne porta i segni ) del raid Sicilia– Mongolia e ritorno. Impresa protrattasi per settantacinque giorni, attraverso 24 paesi, percorrendo nel totale ben 27.500 chilometri, attraverso anche il deserto del Gobi. Patanè era solo, dormiva in tenda ma doveva duellare anche con problemi elettrici e meccanici per le pesanti escursioni termiche subite e per le condizioni non ottimali delle strade.

 

Fonte: Circolo “Alzatavola” Auto e Moto d’Epoca -Piccolo Museo della Moto

 

A questo si aggiungono altri esemplari considerati prototipi realizzati da Francesco Bella di Santa Lucia del Mela, definito “visionario“ il quale costruisce moto attorno ai motori. Citiamo alcuni, dunque, di questi capolavori presenti al Museo: la Lupara, cinque marce a presa diretta su piattaforma Guzzi Ercole; il leggendario motocarro della Guzzi di Mandello del Lario. Un altro importante pezzo è la “Barunissa“ considerato, da giurie mondiali esperte nel settore, una delle dieci moto più belle al mondo, dedicata a donna Laura appunto baronessa di Carini, con intarsi di legno e fili a treccia, costata al Bella ben 1.500 ore di lavoro.

Guardi questo” prosegue il Presidente dei patiti della moto d’arte rara “è un esemplare unico nel mondo: è la DKW 175 Luxus datata 1927 ed immatricolata nel 31. E sappia che la DKW è la bisnonna dell’Audi.”

Enrico Munafò ora è una valanga di informazioni. Ci presenta la Vespa inneggiata nel film “ Vacanze Romane”, le Lambrette osannate dal Quartetto Cetra, la Ganna 175 che fece la storia commerciale dell’ex muratore di Cittiglio (VA), Luigi Ganna, ciclista della prima ora nel secolo scorso, capace di investire in una fabbrica di moto i premi sudati anche in Sicilia su strade sterrate e con mezzi primordiali. Allora le moto avevano una caratteristica, i manubri molto ampi per favorire l’equilibrio – osserva Munafò – Ganna invece rispettava le proprie origini ciclistiche, dotando le proprie moto di un manubrio stretto a forma di corno di bue rovesciato a ricordo del manubrio della sua bici da corsa.

 

Fonte: Circolo “Alzatavola” Auto e Moto d’Epoca – Piccolo Museo della Moto

 

E non possono mancare tanti altri modelli quali Gilera. Guzzi, Mv Agusta, Bianchi, Capri, Ossa, Benelli, i famosi micromotori che rimisero in piedi un’economia totalmente distrutta dalla seconda guerra mondiale, velocizzando lo scambio di merci e aprendo nuovi mercati. Per non parlare di tutta la storia della famiglia Ducati dove il curatore ha allestito una apposita postazione che racconta le vicissitudini di questa famiglia di Borgo Panigale (Bo), in cui appunto troviamo la loro prima radio, successivamente il primo micromotore denominato “Cucciolo “ da dove parte la storia motociclistica appunto di questa famiglia.

Impossibile risulta allo scrivente raccontare e descrivere inoltre quanto materiale cartaceo, fotografico e oggettistica che si trova all’interno di questo scrigno che lo ha reso noto in tutta Europa con riconoscimenti importanti per la sua originalità. Non rimane altro che andarlo a visitare per toccare con mano.

Passione e studio per i quanti vorranno vedere con i propri occhi cosa di bello esiste nel messinese. Un connubio di arte motociclistica e culturale che noi di UniVersoMe abbiamo visitato e che merita davvero l’attenzione degli appassionati ma soprattutto dei quanti ancora oggi poco o nulla conoscono il territorio metropolitano.

 

Fonte: Circolo “Alzatavola” Auto e Moto d’Epoca – Piccolo Museo della Moto

                                                                                                                            

Filippo Celi

Il MuMe regala alle donne un percorso tutto al femminile

Venerdì 8 e sabato 9 marzo 2019.  Museo Interdisciplinare di Messina in accordo con l’associazione Guide Turistiche Eolie-Messina-Taormina, con a capo Cristina Leone, celebra la Festa della Donna organizzando un percorso tematico dedicato alla figura femminile.
L’evento intitolato “D d’arte” è stato progettato con l’intento di analizzare lo sviluppo della figura femminile nell’arte attraverso la descrizione di 12 opere selezionate. I visitatori, infatti, sono stati accompagnati dalle guide attraverso le collezioni museali, per osservare statue, dipinti e mosaici da una nuova prospettiva: come la donna sia stata protagonista, soggetto e musa ispiratrice nell’arte. Un tour tutto al femminile che si è snodato dalla sezione archeologica fino all’ultima tela scelta per il percorso: un ritratto di fine Ottocento.

 

Ѐ Costanza Rizzo, segretario dell’associazione Guide Turistiche Eolie-Messina-Taormina a spiegarci il perché di un percorso così singolare:

 

“L’idea nasce dal Presidente dall’associazione Cristina Leone. Da anni propone di fare questo tipo di percorso. Sia perché ci piace l’idea di celebrare la donna in modo diverso, infatti, organizziamo tantissime iniziative durante l’anno, sia perché volevamo mostrare alcune opere del Museo che vengono trascurate dai nostri visitatori. Il MuMe è famoso per Antonello, per Caravaggio, per il Montorsoli, ma moltissimi quadri, come il ritratto che fa da copertina alla nostra iniziativa, il ritratto della Donna in Nero, solitamente passano inosservati agli occhi dei visitatori, in quanto è esposto in una delle ultime sale. Proprio per questo abbiamo voluto portare alla ribalta una serie di opere meno note. Abbiamo scelto donne sante, martiri, tutte donne vittime di femminicidio. Infatti l’idea era quella di fare un parallelismo tra il femminicio oggi e quello nei secoli scorsi. Soprattutto perché le donne rappresentate all’interno delle nostre gallerie – dato che le collezioni presenti all’interno del Museo hanno pochi ritratti profani o semplicemente di donne reali- purtroppo raccontano spesso storie di martirii. Tali torture fungevano da esempio per le donne del tempo affinchè fossero dimesse, fossero umili, religiose. Noi abbiamo posto l’accento su questo. Esaltando la bellezza femminile e chiudendo il nostro tour con una donna aristocratica. Una donna consapevole, piena di sé, cinta in un abito mozzafiato che esalta la sua femminilità. Infatti, tengo a precisare che noi aderiamo all’iniziativa del posto occupato, e che, organizzando questa giornata, interamente dedicata alla donna, non intendiamo esaltare nessuna differenza di genere. Anzi. Organizzeremo una giornata tutta al maschile per la festa del papà perché abbiamo tantissime iconografie di uomini presenti all’interno delle sale. ”

 

Per la giornata dell’8 marzo è stato assicurato al gentil sesso, dalle 9 alle 18.30, l’ingresso gratuito, come disposto dall’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’identità siciliana. Affluenza stupefacente. Altissima. Molto più delle aspettative riposte. Affluenza di entrambi i sessi. Uomini e donne.

Il MuMe ha confermato, ancora una volta, gli obiettivi di impulso di crescita sociale e culturale del territorio aderendo al Progetto Nazionale dedicato alle vittime della violenza di genere riservando un Posto Occupato nelle sale museali, davanti al dipinto La Strage degli Innocenti, databile fra il 1609 e il 1610, del messinese Alonzo Rodriquez.

La scelta dell’opera, proposta dalla direttrice della struttura museale Caterina Di Giacomo è stata condivisa per il forte impatto emozionale da Maria Andaloro, ideatrice della significativa e importante iniziativa.

 

Gabriella Parasiliti Collazzo

Zeitspace | Un anno di pittura bastarda

SALA LETTURA
25 gennaio 2019, 18:00

Un anno di pittura bastarda

pittura e note di Gianfranco Anastasio

testo di Marco Bazzini

foto di Gerri Gambino

grafica di Laura Anastasio

Edizioni Sido, 2018

ZEITSPACE raccoglie segni, parole e immagini in un intreccio di linguaggi e sguardi che rendono conto di un anno di pittura. La formula meticcia del titolo riprende quello del ciclo di pitture di cui il libro/quaderno è opera conclusiva.

Con la partecipazione di:

Gianfranco Anastasio, artista

Marco Bazzini, curatore, presidente ISIA Firenze

Gerri Gambino, fotografo

Valeria Patrizia Livigni, direttrice del Polo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo

In occasione della presentazione, sarà allestita una striscia di “bastardi”, piccole tele dove il colore è il risultato di infinite mescolanze, quale “dispositivo” di accesso ai temi e agli esiti del quaderno.

INGRESSO LIBERO

Il MACRO si trova a Roma, nel quartiere Salario-Nomentano, in via Nizza 138.

Si può accedere al museo anche da via Reggio Emilia 54.