“Gran Mirci” a Messina

Chi accede a Palazzo Zanca, sede del Municipio di Messina, ha modo di osservare l’epigrafe in bronzo “Gran Mirci”, ripetuta cinque volte sui cancelli d’ingresso dell’edificio.

Ma in quanti conoscono il significato nascosto dietro quest’antica iscrizione?

La leggenda

Per risalire all’origine della formula occorre andare molto indietro nel tempo.

Corre l’anno 379 d.C. e l’imperatore Teodosio I, prossimo alla morte, decide di suddividere il governo del suo vasto territorio fra i due figli. Assegna, rispettivamente, la parte orientale al primogenito, Arcadio, e quella occidentale al secondo, Onorio.

Questa decisione decreta in modo irreversibile la fine dell’Impero Romano, che non sarebbe mai più tornato ad essere governato da un unico sovrano.

Miniatura n° 32 dalle cronache di Costantino Manasse, con gli imperatori Arcadio, Onorio e Teodosio I – Fonte: wikipedia.org

Di questa divisione approfittano i barbari, già presenti ai confini dell’impero.

L’assedio

Nel 407, Arcadio, già alle prese con una pericolosa instabilità politica, si trova attaccato dai Bulgari.

Questi, con alla testa un certo Assariele, si erano ribellati e avevano preso d’assedio la città greca di Tessalonica, l’odierna Salonicco, costringendo l’Imperatore a lasciare Costantinopoli.

La battaglia infuria nel borgo per un’intera giornata e l’Imperatore e la sua intera cavalleria sono costretti a retrocedere.

Ad Arcadio, in condizioni di prigionia, impotente di fronte all’aspro degenerarsi del conflitto, non resta che richiedere soccorso. Invia messaggi d’aiuto a Taranto, a Brindisi, alla Puglia e ai veneti, ma nessuno di essi intende intervenire.

Si rivolge così, in un ultimo tentativo, a Messina, nota all’epoca come la florida città “dove il più famoso arsenale del Mediterraneo ritrovavasi“.

Il porto di Messina in un dipinto di Juan Ruiz risalente al 1748 – Fonte: pinterest.it

La svolta

All’arrivo delle richieste di aiuto da parte dell’Imperatore, lo stradigò Metrodoro decide di agire in favore di Costantinopoli, armando a proprie spese quattro navi. Successivamente, a lui si unisce Aristide, cavaliere messiene, che ne arma due, Messina che ne arma sette, Reggio e Trapani con una nave e Siracusa con tre.

Con un totale di diciotto navi, sventolanti la bandiera messinese, la flotta capitanata dallo stradigò fa rotta verso l’Oriente.

Sbarcati sulle coste di Tessalonica e annientate le imbarcazioni dell’esercito nemico, Metrodoro e i suoi, con l’aiuto dei tessalonicesi usciti dalla città, decimano i Bulgari, uccidendo lo stesso Assariele.

In tal modo, non solo i messinesi liberano Arcadio dall’assedio, ma riescono persino a riconquistare Costantinopoli, restituendola all’Imperatore.

Di fronte ad una tale prova di valore, ammirato e riconoscente, Arcadio conduce con sé nella capitale lo stradigò e i suoi uomini. Qui, in presenza della sua corte e del popolo, elegge Messina città principale dell’Impero, al pari di Costantinopoli, rivestendola col titolo di Protometropoli della Sicilia e della Magna Grecia e conferendole il “Comando e Governo perpetuo” della Sicilia.

Inoltre, le viene riconosciuto il diritto di fregiarsi dello stesso vessillo imperiale: la croce aurea in campo rosso, tutt’oggi presente nello scudo stemma del Comune di Messina.

Per lasciare ricordo a tutta l’umanità, Arcadio fa scolpire sulla facciata della chiesa di Santa Sofia la formula “Pollè charis te Messene“, che durante l’occupazione angioina sarebbe diventata “Gran Mirci a Messina“, quindi “Molte Grazie a Messina“.

Epigrafe “Gran Mirci” sui cancelli di Palazzo Zanca – Fonte: Messinaierieoggi.it

La versione francese: da “Mirci” a “Merci

Sono diverse le versioni di questa storia che smentiscono l’epopea di Metrodoro.

La leggenda dell’assedio di Tessalonica, infatti, non sembra avere delle basi storiche. Durante il regno di Arcadio non vi è mai stato, effettivamente, un assedio della città, né, tantomeno, una conquista di Costantinopoli.

Per alcuni studiosi, sembra chiaro il riferimento della formula alla tradizionale alleanza fra Messina e i francesi

Alleanza che risale all’epoca delle Crociate e che si protrae alla sanguinosa Guerra dei Vespri Siciliani, durante la quale, sempre secondo gli stessi storici, Messina pare abbia risparmiato gli Angioini, concedendo loro la fuga. 

Da qui, “Merci” a Messina.

 

Valeria Vella

Fonti: 

wikipedia.org/Stemma_di_Messina

mutualpass.it/gran-mirci-

letteraemme.it/gran-merce-a-messina-la-scoperta-a-castanea/

Messina manifesta: commercianti e artisti scendono in piazza pacificamente

Sulle note di “We Will Rock You” e “The Show Must Go On” dei Queen ha avuto inizio la Manifestazione Popolare Pacifica, svoltasi il 30 ottobre presso Piazza Unione Europea, con lo scopo di dar voce al popolo messinese e, soprattutto, a coloro i quali sono stati costretti a cessare temporaneamente le proprie attività commerciali a causa del nuovo Dpcm.

“Il popolo fino ad oggi ha dimostrato profondo rispetto per le normative anti covid, ma adesso è stanco di essere preso in giro. In questo momento ci stiamo unendo. Oggi Messina c’è!” Queste le parole di Daniele Zuccarello, promotore dell’evento.

Locandina dell’evento

Centinaia di persone tra ristoratori, rappresentanti del mondo dello spettacolo, dello sport e dell’animazione hanno manifestato contro il Governo per la carenza di misure di sostegno a favore delle attività penalizzate, nel peggiore dei casi chiuse, a causa dell’emergenza sanitaria Covid.

Oltre ai commercianti, anche famiglie e giovani hanno preso parte alla manifestazione; ogni intervento, seppur molto sofferto, non ha visto la rabbia dei cittadini sfociare in atti di violenza, come è accaduto in altre città. Gli organizzatori della manifestazione, infatti, hanno sottolineato di essere contro ogni forma di violenza e vandalismo.

Parole forti ai microfoni, piene di preoccupazione, rabbia, insofferenza. I lavoratori sono stati costretti a mettere le loro attività in sicurezza per poter riaccogliere i clienti, e ora che sono obbligati a chiudere nuovamente i battenti, non hanno la certezza che riceveranno un sostegno economico. L’unica certezza, in questo momento, è che in molti non ricaveranno nulla dalla loro professione.

I cittadini, in merito a questo problema, hanno avanzato la proposta di posticipare l’orario di chiusura oltre le 18:00, orario imposto dal nuovo Dpcm.

La manifestazione si è conclusa con un gesto simbolico: liberare in piazza palloncini tricolore in simbolo di unità.

Foto di Corinne Marika Rianò

Meno di 24 ore dopo, anche gli artisti messinesi, nelle categorie di attori, musicisti, danzatori, cantanti, insegnanti di musica, canto, teatro e danza, sono scesi in piazza spontaneamente e liberamente, per chiedere a gran voce la revisione delle misure restrittive imposte dal Governo. Il Municipio si veste di nero insieme agli artisti: “La compostezza e il rigore sono i principi di questa manifestazione in piazza – afferma Mariapia Rizzo – vestiti di nero, non in segno di lutto ma per suggerire il buio delle nostre arti e l’invisibilità che sembra caratterizzarci. Il nostro settore è al silenzio. E di questo silenzio vogliamo rendere partecipi tutti“.

I luoghi della cultura, ad eccezione dei musei, sono stati chiusi da ormai una settimana.

Locandina dell’evento

Tra i manifestanti: i Magazzini del Sale, On Stage, Clan Off Teatro, Oltredanza, Compagnia delle Arti Visive e tante altre realtà messinesi che rischiano di spegnersi.

“Se è vero che il nostro lavoro è nutrimento dell’anima, è pur vero che esso è anche un’ importante risorsa economica per la Nazione. Siamo lavoratori e produttori di reddito. Rivediamo se necessario i protocolli di sicurezza. Se sarà il caso, ci adatteremo a norme ancora più restrittive, ma non lasciateci morire. Questa manifestazione, nata da un impeto spontaneo, non ignora peraltro la necessità più generale di ripensare alla gestione di una intera categoria, reclamando a gran voce la necessità di rivedere il rapporto tra gli Enti pubblici e le realtà del territorio, ipotizzando che una gestione più coerente del danaro e delle risorse potrà consentire di superare questo difficile momento di crisi e gettare le basi per un futuro migliore.”

Diana Colombraro, Corinne Marika Rianò

Una finestra sui secoli: l’Antiquarium di Palazzo Zanca

img_9987Città dalla storia plurisecolare, più volte distrutta e ricostruita, Messina oggi sorge quasi interamente nella sua struttura moderna di città novecentesca. Eppure, nonostante questi continui cambi di volto, qualcosa resta ancora a preservare l’immagine della struttura urbana antica, ed è proprio sotto i nostri piedi. Sotto le fondamenta della città contemporanea giacciono infatti, sovrapposti e stratificati gli uni sugli altri, i resti delle costruzioni preesistenti. Poche pietre e reperti, che però, grazie al sapiente lavoro degli archeologi, diventano i silenti testimoni della continua evoluzione del tessuto urbano, dalla città greca e romana all’abitato medievale di epoca normanna, fino alla città cinque-seicentesca che ampliandosi e definendosi fino al XIX sec., verrà poi totalmente spazzata via dallo sguardo e dalla memoria dei cittadini dal terrificante sisma del 1908.img_9982

Nel cuore della città moderna, a due passi dal Duomo e da Piazza Antonello, con la grande facciata rivolta verso lo Stretto, si erge la massiccia mole novecentesca di Palazzo Zanca, sede del Municipio, grande “cervello” politico e amministrativo della città. Proprio nel cortile interno di questo edificio dei lavori, avvenuti nel 1976, rivelarono la presenza di materiale di interesse archeologico. Da allora, decenni di scavi si sono susseguiti dando alla luce un importante spaccato del tessuto urbano pre-Terremoto. Per consentire la fruizione al pubblico di questa area archeologica, è stato di recente allestito in una ala del palazzo un piccolo ma elegante museo archeologico, l’Antiquarium.

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L’ingresso all’Antiquarium si trova in prossimità di una delle facciate laterali di Palazzo Zanca, per la precisione quella rivolta verso piazza Immacolata di Marmo e il Duomo, da cui facilmente si può raggiungere anche grazie alle numerose indicazioni. L’accesso è gratuito ed aperto al pubblico quotidianamente dalle 9 alle 18 escluso le domeniche e i festivi. Appena entrati, ci accoglie un breve ma curatissimo percorso espositivo lungo il quale vengono presentati, in tre salette, reperti archeologici di provenienza messinese e mediterranea, principalmente vasi e suppellettili di uso quotidiano, che costituiscono il necessario preludio a ciò che il cortile ci mostrerà.

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Si accede dunque al cortile, dove l’area degli scavi ci appare come una arcana finestra sui secoli. “Tutto questo per qualche frammento di muro o di fondamenta?” potrebbe obiettare qualche lettore perplesso. Ma il fascino dell’archeologia è proprio questo: le pietre, quasi per definizione inerti e mute appunto “come una pietra”, in realtà parlano, nella misura in cui gli archeologi sanno interrogarle e “ascoltare” ciò che hanno da dirci, decifrando con la loro preparazione tecnica il loro linguaggio altrimenti incomprensibile. Cosa ci raccontano le pietre di Palazzo Zanca?

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Innanzitutto ci parlano di una città più antica, di epoca romana imperiale, presumibilmente frutto dell’espansione della preesistente città greca, quella Messana, per intenderci, per difendere la quale Roma sfidò per la prima volta la potenza cartaginese nella prima guerra punica. Sopra questi resti, databili fra il I e il IV sec. d.C., si innesta, a seguito del periodo di decadenza legato alle dominazioni bizantine e arabe, l’abitato medievale risalente al 1082, all’epoca del Gran Conte Ruggero, immediatamente successivo alla riconquista normanna della Sicilia. Come pagine scritte fittamente l’una sull’altra, si sovrappongono i vari strati costruttivi corrispondenti a diversi periodi storici: emergono via via dalla terra le tracce del consolidamento svevo e aragonese, fino ad arrivare alla struttura quattrocentesca che poi manterrà sostanzialmente invariato il suo tracciato fino all’Ottocento, e di cui si ha menzione nelle carte topografiche storiche, con il nome di Via della Neve e Vico della Neve.

Basta un po’ di fantasia, dunque, per viaggiare attraverso i secoli e vedere rinascere le strade e le case dell’antica Messina, immaginarci i suoni, i colori, la vita di tutti i giorni: ed ecco quindi che anche un piccolo museo archeologico con la sua piccola area di scavi può tramutarsi, per i visitatori interessati, nell’oblò di una meravigliosa macchina del tempo…

Gianpaolo Basile

Foto: Giulia Greco