RiDE – il drammatico leggero della sensibilità di Valerio Mastandrea

 

L’opera prima è sempre un’emozione grande. Molti non sanno descriverla, altri pensano di aver fatto una stronzata – passatemi il termine, bonariamente – e Valerio Mastandrea, uno degli attori di punta della recitazione italiana contemporanea, ha sentimenti ingarbugliati tra loro riguardo la sua opera prima da regista: RiDE (si legge con pronuncia italiana per chi avesse il dubbio). UniVersoMe ha avuto l’ opportunità di incontrarlo al Multisala Iris di Messina, durante una tappa del suo tour per i cinema italiani “Esco in tour”.

 

©LauraLaRosa Chiara Martegiani e Valerio Mastandrea, Multisala Iris – Messina, Aprile 2019

 

Il film è il perfetto equilibrio tra un desiderio di svegliare le coscienze ed alleggerirle con il sarcasmo che contraddistingue il regista nelle proprie performance. La denuncia è quella delle morti bianche sul posto di lavoro: una critica sottile sugli atteggiamenti che socialmente riteniamo obbligatori quando subiamo un lutto, ma che Carolina – interpretata egregiamente da Chiara Martegiani – non riesce a rispettare. Il marito è morto da una settimana, e da una settimana lei non riesce a piangere. Neanche il figlio di 12 anni ci riesce. Lei prova in tutti i modi, fino a quando…
No fino a quando niente, qui non faccio spoiler. Vi consiglio di vederlo!

©LauraLaRosa, Valerio Mastandrea – Multisala Iris, Messina Aprile 2019

Intanto come avevo anticipato, Mastandrea e Martegiani erano presenti in sala: c’è stato un dibattito interessante tra il pubblico e i due attori. La sala si è perfettamente prestata per le domande, le foto e per la mia occasione di scambiare con loro qualche parola.

Prima ho incrociato Chiara, tra un complimento e l’altro, mi ha spiegato che la recitazione in Italia, specie per le donne, è una carriera molto precaria: le porte in faccia sono tante ma più per un modo di fare che per concreta mancanza di talento. La domanda mi è sorta spontanea:

Cosa consigli ai giovani aspiranti attori?

Eh… è una passione che si doma difficilmente, il lavoro è sempre una scoperta, bella o brutta che sia. Il mio consiglio è di puntate sui progetti, non bisogna smettere di creare, di informarsi e di continuare a crederci. Non è facile, queste cose non le dicono spesso, non sempre è questa realtà che traspare.

E distrutto dalla giornata becco Mastandrea, lo raggiungo con in mano un taccuino minaccioso che a mezzanotte – ammetto – avrebbe terrorizzato chiunque. Ma, come un cavaliere senza macchia e senza paura si è sorbito le mie domande con tanta gentilezza.

©LauraLaRosa Mastandrea e Giulia con il minaccioso taccuino – Multisala Iris, Aprile 2019

Il tuo debutto da regista esplode con un film ricco di ribellione e presa di coscienza, il cinema riesce a comunicare nella nostra società? Cioè quanto può influire, quanto è forte la sua risonanza?

Dovrebbe essere il compito del cinema raccontare la società e non solo, soprattutto le persone, mostrare la realtà attraverso le persone. Questo non significa che debbano essere girati film gravi, “pesanti” , anche una commedia può raccontare un sacco di cose. I generi cinematografici aiutano molto.

Ridere si può definire un inno alla libertà di soffrire? In un’intervista avevi spiegato che questi sono tempi in cui è difficile soffrire…

Certo, forse più al diritto. Ma non proprio di soffrire, persino stare male, non solo essere felici… male visto il bombardamento che subiamo costantemente di modelli di felicità. Ce l’hai Instagram te? Vedi quanto è felice la gente? D’estate, d’inverno. Se uno sta un po’ giù e vede la foto di un posto in cui non potrà andare, come si sente? Potrebbe soffrire, quindi la libertà di stare come ti pare è compromessa, e anche quella di soffrire. Come racconta la storia, la protagonista è una persona non riesce ad avere un rapporto con il proprio dolore, non ce la fa perché sta sotto i riflettori, perchè è tirata da una parte e dall’altra.

 

Foto del backstage di RiDE

 

Da un punto di vista tecnico la fotografia del film appare curata nei dettagli, a volte pecca nell’identità della stessa, ma sfrutta le inquadrature e i movimenti che accompagnano attori in campo. Quando hai iniziato a girare avevi già in mente le scene o si sono sviluppate durante?

Solo i grandi registi hanno in mente il film. Io, infatti, non avevo idea di nulla. Tante scene ed inquadrature sono venute naturali, nel cinema comunque ci sono delle immagini che se vogliono trasmettere un determinato significato, una specifica sensazione, vanno sincronizzate al movimento e all’ambiente in cui vengono girate. Io ho avuto una bella squadra con cui mi sono potuto confrontare, e menomale perché è stato il campo su cui mi sono soffermato di meno e mi dispiace adesso, riguardandolo ogni volta spunta qualcosa che avrei potuto fare diversamente, migliorare ecco. 

 

©LauraLaRosa, Multisala Iris – Messina, Aprile 2019

 

Anche se breve è stata un’intensa e divertente intervista – tra risate e sano sarcasmo non vedo l’ora di vedere cosa sfornerà di nuovo l’attore romano. Ha detto che ci vorrà tempo, si farà desiderare… ma per le domande rimaste in sospeso, caro Valerio, se ribeccamo.

 

 

Giulia Greco

 

 

 

Il ragazzo più felice del mondo

“Quando c’ho una storia per le mani e quell’entusiasmo lì io sono discretamente contento, era lui quando riceve i disegni, penso sia Gero quando troviamo l’idea giusta per far un corto. Penso che sia un fenomeno che si verifica ogni volta che la tua passione prende una concretezza e nel mio caso annulla tutto quello che c’è attorno”. Così esordisce Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, alla mia domanda su chi fosse questo famigerato ragazzo tanto felice.

Sabato 16 febbraio alla Multisala Iris di Messina è stato proiettato il film “Il ragazzo più felice del mondo” di Gipi. Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il film affronta vicende tratte da una storia vera: un fumettista, con un’innata passione per le riprese, decide di girare un documentario dai toni più leggeri che si focalizza in particolare su una domanda su cui oggigiorno in pochi si fermano a riflettere: “essere prima un uomo o un avvoltoio?”

Date del tour in Sicilia, con intervento di Gipi e Gero Arnone

Nel film vediamo un ragazzo, o meglio, quella di un ragazzo è la realtà in cui egli si rifugia; da 20 anni, reiteratamente, scrive ai suoi fumettisti preferiti elogiandoli. Tuttavia, c’è una peculiarità che accomuna queste lettere: a tutti viene recapitata la medesima, dallo stesso ragazzo, con la stessa età, gli stessi apprezzamenti, l’unica cosa che cambia è il tema del disegno che richiede, che naturalmente varia a seconda dell’artista.

Una delle lettere scritte dall’ammiratore

Gipi, insieme alla sua estroversa ed improvvisata troupe, parte all’insegna di un viaggio alla ricerca di quello che la nostra realtà –  ahimè – definirebbe tranquillamente uno squilibrato; incontrano sensitivi e grafologi i quali gli permettono di tracciare un profilo psicologico della preda perfetta.

Arrivati nella tanto attesa cittadina sul mare, casa del collezionista misterioso, Gipi sta per dare un volto al nostro fatidico ragazzo, ma c’è un problema: Gipi ci delude. Si ricorda di essere prima un uomo, e non un avvoltoio! Prende il suo pullman e sceglie di tornare sui suoi passi, decidendo di chiudere così il film.

“Per una volta ho voluto provare ad essere buono”, questa è la sua risposta alla domanda da parte di alcuni spettatori presenti in sala, forse anche un po’ delusi per un finale meno interessante delle aspettative.

Tutto sommato Gipi decide di lasciarci qualcosa. Ha conservato in una scatola tutti gli apprezzamenti di quell’ingannevole ammiratore, di un giudice che a volte può risultare distruttivo per un artista, che con le sue insicurezze, fa dello spettatore una droga quotidiana, quelle lettere che per il nostro caro regista erano divenute del tutto illusorie. Così facendo non ci ha lasciato qualcosa di effimero, non si è comportato da sciacallo e ha evitato di dare in pasto a noi, infami giudici, il piccolo uomo.

E allora mi riferisco a Te, piccolo uomo di questo film, che ti trovi tutti i giorni ad affrontare i postumi di quello che la vita ti ha riservato, sii ancora felice quando scrivi una lettera, sii felice con i tuoi disegni, non aver paura, continua a scrivere per sentirti più libero dalle costrizioni della vita. Fin quando ci saranno uomini che gioiranno per un messaggio trasmesso a pochi, più che per una cascata di “mi piace”, tu potrai continuare a gioire quando alla tua porta arriverà ancora un disegno.

Gipi, il tuo tuffo nel mondo dei buoni è riuscito, per questa notte potrai fare sogni tranquilli. In una piccola sala, come quella dell’Iris, non solo hai lanciato l’ennesimo film, ma con una buona dose di umiltà mista a spirito pratico hai anche lasciato un grande messaggio di tolleranza.

Mattia Castano