Tyler Rake, l’arte dell’action movie

Dopo l’esperienza particolarmente fruttuosa ed efficace con il Marvel Cinematic Universe, i fratelli Russo e Chris Hemsworth tornano a collaborare per un action-thriller prodotto e distribuito dal colosso Netflix, che pare sia l’unico movie- brand a non aver subito le conseguenze economiche del coronavirus.

Fonte: www.allstreamingmovie.com

Chris Hemsworth, per i profani “Thor”, interpreta Tyler Rake un mercenario spietato, schivo e solitario impegnato in una difficile e pericolosa missione.

Tyler Rake (Extraction) rappresenta l’esordio registico di Steve Hargrave, che  aveva già lavorato con i fratelli Russo come direttore degli stuntman in Captain America: Civil War e Avengers: Endgame.

Anthony e Joe Russo compaiono invece in veste di produttori e direttori creativi della pellicola tratta da Ciudad, una graphic novel concepita proprio dalla creatività dei due fratelli.

Plus narrativo dello sceneggiatura del film è il racconto del passato di Tyler Rake segnato da una tragedia che lo ha portato all’elaborazione della solitudine come meccanismo di difesa.

Tyler viene incaricato di salvare Ovi, figlio del più grande signore della droga dell’India, rapito da Amir Asif boss del narcotraffico del Bangladesh.

Fonte: www.cinemasession.com

La complessità della missione costringerà il soldato Rake ad attingere tutte le abilità belliche e di combattimento dalla sua faretra di mercenario.

Dacca è controllata dai soldati di Asif, che controlla persino le autorità locali; ad avviluppare ulteriormente la vicenda action  è il mercenario incaricato (David Harbour, celebre per la serie tv mondiale Stranger Things) dal padre di Ovi di controllare Rake.

La costruzione delle scene in cui il protagonista, assieme al suo protetto, corre, fugge, guida in strade caotiche, spara, uccide e lotta incessantemente, è realizzata in modo da trasmettere una costante scarica di adrenalina che tiene col fiato sospeso lo spettatore, immerso negli inseguimenti e nelle sequenze d’azione.

Le rare occasioni di pausa e di rallentamento dall’azione incalzante e spasmodica, sono meccanismo narrativo che permette di approfondire il focus introspettivo del film sul rapporto tra il taciturno Rake ed il ragazzino, che stimola la coscienza del mercenario che si vede dunque costretto  a rivalutare quanto è accaduto sin qui nella sua vita.

www.homemovies.com

Chris Hemsworth è un protagonista azzeccato, credibile drammaticamente e fisicamente, che riesce ad aderire perfettamente al ritmo registico imposto dalle scene d’azione pregne di primi piani ed inquadrature a mezzo busto, che trasportano lo spettatore dentro le dinamiche con la sensazione di diventare protagonisti dell’esperienza visiva.

Acrobatismo muscolare e combattimenti dinamici fanno scorrere Tyler Rake con un ritmo battente, che esplode nella lunga scena di undici minuti realizzata come unico piano sequenza.

Dacca, viva, caotica e pulsante fa da sfondo sonoro e visivo alla velocità tipica dell’action movie.

Definire Tyler Rake un film sarebbe riduttivo; è piuttosto un prodotto d’intrattenimento eccitante ed appagante, confezionato come un giocattolo cinematografico che vuole squisitamente divertire e trascinare il fruitore, senza annoiarlo con fronzoli narrativi che esulerebbero dalla tipicità del genere.

Fonte: www.moviedescription.com

Tyler Rake è un lavoro energico che soddisferà i gusti degli action lovers, dando comunque modo anche al pubblico più eterogeneo d’esser coinvolto in un film che funziona nel contesto dell’entertainment.

Armi, lotta, sangue, inseguimenti e tanto altro a portata di telecomando.

Pronti per una serata scoppiettante?

Antonio Mulone

Il Coronavirus blocca Hollywood: tante le uscite in sala rinviate

Quelli che stiamo vivendo sono giorni surreali, infiniti, sospesi nel vuoto.

L’emergenza pandemica che investito l’intero globo ha prodotto delle conseguenze concrete anche sul mondo della settima arte e delle dimensioni professionali che vi ruotano attorno.

Produzioni in stand-by, riprese interrotte, set “smontati”, serie tv sospese, uscite nelle sale rinviate e non solo.

Qui vi proponiamo una rapida – ma intensa  – carrellata di ciò che ci aspetta una volta rientrata l’emergenza sanitaria!

NO TIME TO DIE

Fonte: ItaliaSera

Il titolo del venticinquesimo lungometraggio dedicato alle gesta di James Bond, beffardo ed attuale quanto mai, era indubbiamente tra le pellicole più attese.
Il film diretto da Cary Fukunaga, inizialmente previsto per aprile, è stato posticipato al 12 novembre 2020. Considerando l’imminenza del suo arrivo in sala, con Daniel Craig & Co. in rampa di lancio, lo spostamento degli eventi marketing e della campagna pubblicitaria creata attorno all’ultimo capitolo di 007 non sarà affatto indolore per le casse della Universal.
Questo slittamento potrebbe costare tra i 30 e i 50 milioni, basti pensare ai 5 milioni di dollari investiti nel Super Bowl di febbraio.

FAST & FURIOUS 9

Fonte: Comicus

Come insegna il buon vecchio Dominic Toretto: la famiglia prima di tutto. Del resto si sa: la famiglia va protetta, a qualsiasi costo.
Questa volta, però, Vin Diesel ha dovuto inserire la retromarcia.
La star americana, inizialmente, aveva rassicurato i fan della fortunata saga Fast & Furious, garantendo loro l’uscita regolare del nono attesissimo capitolo.
L’attore aveva anche rimarcato l’importanza del cinema come fonte di svago e di leggerezza in un momento delicato ed incerto come questo.
Purtroppo per i fan del cinema rombo e motori così non è stato, anche l’uscita di Fast & Furious è stato rimandato al 2 aprile 2021.

A QUIET PLACE 2

Fonte: Ansa

La prima pellicola è stata una delle sorprese del 2018.
Un dramma familiare che rende la narrazione tesa ed estremamente coinvolgente, ambientato in uno scenario post-apocalittico ispirato, visivamente potente e soprattutto credibile.
Il sequel, che era previsto per Aprile 2020, è la naturale conseguenza di un successo acclamato.
A Quiet Place 2 slitta a data da destinarsi, ad annunciarlo è stato Krasinski regista-attore-sceneggiatore con attraverso il suo account Instagram: “Le persone sostengono che il nostro film vada visto tutti insieme in sala. Ebbene, a causa delle mutevoli circostanze di ciò che sta succedendo in questo momento intorno a noi, questo non è chiaramente il momento giusto per una cosa del genere. Anche se eravamo estremamente entusiasti di farvi vedere il film al più presto, aspetteremo a distribuirlo, in modo che tutti possiamo vederlo insieme”.

BLACK WIDOW

Fonte: SkyNews

Anche un colosso come la Disney ha dovuto deporre le armi davanti al nemico invisibile coronavirus.
Dopo aver resistito sino all’ultimo, anche Black Widow viene travolto da questo ineluttabile effetto domino.
Il cinecomic dedicato ad esplorare le “ombre” affascinanti di Vedova Nera, interpretata dalla magnifica Scarlett Johannson quest’anno candidata a due premi Oscar, era previsto nelle sale italiane per il 30 aprile, ma è stato spostato a data da destinarsi.
Dunque anche i fan dei fumetti Marvel dovranno arrendersi all’idea di pazientare per vedere in sala il primo adattamento cinematografico sulla Vedova Nera.

AVATAR

Fonte: TgCom24

La produzione dei tre attesissimi sequel di Avatar, le cui riprese erano in corso in Nuova Zelanda, è stata “rinviata fino a nuovo avviso”.
Il cast e la troupe della saga creata e diretta da James Cameron sono tornati a Los Angeles.
La previsione, sebbene molto ottimistica, è quella di tornare negli studi di Wellington entro la fine dell’anno.
Pare quindi che il coronavirus abbia messo in ginocchio anche i “giganti blu” di Pandora, chissà ancora per quanto tempo.

MATRIX 4

Fonte: Ciak!

Anche la quarta pellicola dell’ormai storico “The Matrix” ha dovuto chiudere i battenti della produzione.
Conclusesi le riprese in quel di San Francisco, il progetto si è letteralmente arenato a Berlino, dove l’intera troupe si trova bloccata.
Non è ancora stata comunicata una data di uscita nelle sale dell’ultimo entusiasmante atto che vede di nuovo insieme Keanu Reeves e Carrie-Anne Smith.
Un po’ di pazienza, Neo sta per tornare nel cyber-spazio.

THE BATMAN

Fonte: Movieplayer

Le riprese del nuovo lungometraggio sull’ultimissima versione del celebre uomo-pipistrello della DC, già fermatesi per due settimane, sono state ulteriormente arrestate per ovvi motivi di sicurezza.
Il regista Matt Reeves ha confermato sul suo profilo Twitter la proroga dello stop: “Ci siamo fermati finché non sarà sicuro per tutti noi riprendere le riprese. Tutti sono al sicuro per il momento, grazie per averlo chiesto, e state al sicuro anche voi”.
The Batman aveva attirato i riflettori di Hollywood su di sè, soprattutto per la presenza di Robert Pattinson, ritenuto perfetto persino dall’ex Batman Ben Affleck.

Ai cinefili è chiesta in questo momento un po’ di pazienza.

Tutto è stato sospeso, nulla cancellato Il prossimi mesi saranno pregni di buon cinema, abbiate fiducia.

Antonio Mulone

Bryan Cranston, “una vita in parti”

Walter White, Hal , Lyndon B. Johnson e Dalton Trumbo sono solo alcuni dei caratteri affascinanti e complessi nei quali il leggendario Bryan Cranston, che oggi compie 64 anni, si è reincarnato.

Non è dunque un caso che l’attore, il quale sarebbe divenuto il professore di chimica più temibile del mondo, nasca nel 1956 proprio ad Hollywood (Los Angeles) culla della recitazione e dello show-business.

Ad inizio carriera, le attitudini attoriali di Bryan lo portano a prediligere sceneggiati comedy: infatti, il ruolo che gli conferisce una spolverata – seppur fugace – di notorietà è quello dei Hal Wilkerson nella sit-com televisiva Malcolm.

Fonte: Amazonphoto

Il ruolo di padre rimbecillito, ingenuo, distratto ed abbindolabile, mette in evidenzia il suo talento di fronte tutta l’America, che si appassiona velocemente alla serie.

La propensione per la recitazione comica viene certificata anche dalle prime candidature ai prestigiosi premi Emmy, che negli anni a seguire saranno letteralmente dominati.

Dopo il propulsivo successo comico maturano le prime esperienze drammatiche di rilievo nell’epico Salvate il soldato Ryan di Spielberg; seguono quelle in Drive di Refn, Contagion di Soderbergh, Rock of Ages di Shankman.

 

Nel 2008 scatta la scintilla che offre l’opportunità di accendere artisticamente la sua carriera: viene provinato e selezionato per ricoprire il ruolo di Walter White nella pluripremiata serie tv cult Breaking Bad.

Fonte: Wikisphoto

Come l’ha definita lo stesso Cranston, vestire i panni del professore di chimica malato di cancro è stata una “life-changing experience“, un’esperienza che gli ha cambiato la vita.

Cinque entusiasmanti stagioni (2008/2013), ormai consegnate ai posteri della settima arte, che gli hanno donato, il life-time role (ruolo della vita), concepito dalla penna e dalla mente geniali di Vince Gilligan, storico autore e produttore della serie.

Fonte: Fox

“Say my name”, “I am the one who knocks”, “Stay out of my territory”, “I won”, “I did it for me” sono solo alcune delle citazioni incastonate come diamanti in scene brillanti e mozzafiato hanno reso Breaking Bad la serie culto degli ultimi anni.

Walter White è uno dei personaggi più riusciti, complessi, affascinanti, emotivamente potenti, evoluti e profondi della storia della TV, per il quale l’interprete hollywoodiano ha ricevuto molteplici premi tra i quali quattro Emmy ed un Golden Globe.

Come Vince Gilligan spesso ha dichiarato nessuno sarebbe potuto “essere” W.White meglio di lui, nessuno sarebbe potuto essere un padre dolcissimo e premuroso nella sfera domestica e parallelamente divenire di stagione in stagione lo spietato re della metanfetamina (Blue Sky), meglio di lui.

Penserete legittimamente, solo se avete letto l’articolo con perspicacia, che possa essere difficile affrancare una carriera attoriale da un ruolo così ingombrante.

Non per Bryan Cranston, che presto mostra al mondo del cinema il suo talento camaleontico in Argo, pellicola diretta da B.Affleck vincitrice del miglior film agli Oscar del 2012. In The Infiltrator veste i panni di una spia-infiltrata nel mondo dei narcos. E ancora, interpreta magistralmente lo sceneggiatore baffuto Dalton Trumbo nell’omonimo biopic che gli vale la candidatura come miglior attore agli Oscar del 2016.

L’amore per la recitazione di Bryan Cranston non ha confini e lo spinge a modellare il suo talento artistico anche per i rinomati palcoscenici teatrali di Broadway nei quali si esibisce in All the way e Network, entrambe performance premiate con il Tony Award, celebre premio dedicato al mondo del teatro.

Chissà cosa avrà in serbo il futuro per l’attore americano, intanto gli auguriamo buon compleanno e mille altri intensi giorni da Walter White.

Caro Bryan, “You are the one who knocks”!

Antonio Mulone

Gabriele Muccino torna al cinema con “Gli anni più belli”

La dodicesima pellicola di Gabriele Muccino Gli anni più belli è la sintesi emotiva del percorso cinematografico del regista de La ricerca della felicità (2006), che torna al cinema con un racconto struggente di amicizia, di amore, di incontri, di comprensioni, che si adagia su un arco temporale di quarant’anni all’interno del quale i personaggi si evolvono.

L’epica del tempo e la sua esplorazione sono delle novità per il regista romano, ed è proprio attraverso la dimensione malinconica attribuita al tempo che Muccino dispiega il suo racconto. Dagli anni 70′ ai nostri giorni, dai sogni giovanili intrisi di ingenuità fino alle tristi consapevolezze dell’età adulta.

Fonte: l’opinionista.it

Gli anni più belli scardina con potenza narrativa la convinzione di avere il controllo della propria vita.

È il tempo che modella la nostra esistenza, è il tempo che scorre ineluttabile e ci modifica lentamente, ci fa accettare cose che parevano inaccettabili, ci disincanta per poi improvvisamente incantarci di nuovo facendoci sentire adolescenti anche quando non lo siamo più.

La vita ti scorre veloce davanti e realizzi quello che è accaduto nel frattempo; l’imprevedibilità del tempo ci sussurra che possiamo recuperare e rilanciare le nostre vite.

L’amore, l’attrazione verso l’altro, la voracità di emozioni sono il collante che intreccia le storie dei personaggi  e del loro vissuto nervoso.

Gli anni più belli raccontati da Gabriele Muccino, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Paolo Costella, sono quelli vissuti da Giulio (Pierfrancesco Favino), Gemma (Micaela Ramazzotti), Paolo (Kim Rossi Stuart), Riccardo (Claudio Santamaria), amici fin da adolescenti.

Il film è il racconto di storie singole che vivono di vita propria, ma che al tempo stesso non possono sopravvivere l’una senza l’altra.

Fonte: La Repubblica

I protagonisti, per quanto la vita provi a tenerli distanti, torneranno sempre alle loro origini.

Una gioventù vissuta in fretta, nel desiderio di diventare grandi il prima possibile, interpretata magnificamente Michaela Ramazzotti nei panni di Gemma, una ragazza piena di pazzie, paure, ansie e un’infinita voglia di ricomporre tutti i pezzi del puzzle che è la vita.

Subito dopo una fuggevole giovinezza, arriva l’apice, quell’effimero impalpabile istante di felicità a cui segue subito il declino, rappresentato da Claudio Santamaria, che interpreta Riccardo: un uomo alla disperata ricerca della propria strada, che insegue instancabilmente i propri sogni, anche quando questi rischiano di portare via la serenità che è riuscito a crearsi.

 

Pierfrancesco Favino nei panni di Giulio, rispettato avvocato di Roma, e Kim Rossi Stuart, nei panni del professore di lettere Paolo, completano il quartetto di personaggi.

Due vite apparentemente distanti, ma che si attraggono come poli opposti: quello ricco di una Roma bene, solo nell’apparenza, tormentata dalla ricerca assidua dell’amante migliore, del cliente più importante; e quello semplice di una Roma popolare, che sogna un lavoro a tempo indeterminato e una famiglia normale.

Fonte: Mediaset Play

L’ultima sceneggiatura del cineasta romano trova spazio anche per l’esordio attoriale di Emma Marrone che interpreta Anna, moglie di Riccardo, personaggio cucito sulla sua pelle.

Gli anni più belli è il frutto della maturazione cinematografica di Muccino in  23 anni di carriera, periodo nel quale il regista ha atteso pazientemente di approdare all’età (artistica) per poter osservare la vita da un posto di guida che gli permettesse di tenere le mani sul volante, gli occhi sulla strada ed un sguardo allo specchietto retrovisore.

 

Antonio Mulone

 

 

 

 

 

 

Momenti di trascurabile felicità

Noie, contrattempi e fastidi. Voto Uvm: 3/5

 

 

 

 

 

Tratto dall’omonimo libro “Momenti di trascurabile infelicità” è un diario delle noie, dei contrattempi e dei fastidi.

L’opera di Francesco Piccolo è il libro che tutti vorrebbero scrivere perché l’arte comunicativa dello sceneggiatore casertano è rendere la normalità, che talvolta diviene banalità, straordinaria attraverso una scrittura semplice ma arguta e soprattutto intrisa di leggiadra ironia, un’impresa letteraria notevole.

 

 

 

Daniele Luchetti e lo stesso Piccolo sono riusciti a rendere il film una creatura altra rispetto ai pensieri sparsi pubblicati nel libro del 2010, perché c’è un protagonista di nome Paolo che non ha sempre la stessa prospettiva di Piccolo, visto che è più indolente, un po’ mediocre, decisamente anaffettivo e più pigro, sebbene risulti simpatico e l’identificazione nel personaggio, a sua volta, immediata.

È un atto di coraggio che si rivela premiante, perché l’autore campano ha saputo estrarre l’anima e lo spirito dai suoi scritti, costruendo una storia leggera e profonda, elegante nella forma e sensibile nei contenuti.

In più il personaggio di Paolo (e l’interpretazione di Pif) aggiungono una nota di tenerezza e di bonaria indolenza “siciliana” che conquistano il pubblico.

 

 

Il resto del cast aggiunge freschezza (Thony nel ruolo delizioso della moglie, Angelica Alleruzzo e Francesco Giammanco in quelli dei figli) e proprietà tecnica (l’imprescindibile Renato Carpentieri, angelo custode di Paolo).

Una commedia semplice e spensierata che gioca ironicamente con la morte per far prendere coscienza delle cose realmente importanti della vita, troppo spesso non adeguatamente comprese e date per scontato.

L’autore premio Strega fotografa magistralmente “quei piaceri intensi e fuggevoli che punteggiano le nostre giornate, mettendo a nudo con spietato umorismo i lampi gioia, le emozione improvvise ed incontrollate con le quali prima o poi tutti dobbiamo fare i conti.

Comprendere la trasposizione cinematografica di Piccolo significa sapersi riconoscere ed accettare poichè si possiede il codice di se stessi, anche attraverso debolezze ed imperfezioni.

Antonio Mulone

 

Il primo Re

Film italiano che sfiora lo stile hollywoodiano. Voto UvM: 4/5

 

 

 

 

 

 

 

 

Con “Il primo re”, il regista Matteo Rovere ha avuto l’ardire di spingersi oltre, addentrandosi in territori  più vicini a quelli della fantascienza.

Snodo narrativo è la vicenda di Romolo e Remo, i due fratelli ai quali racconti mitici e testi storici fanno ricondurre la nascita di Roma nel 753 a.C.

 

 

Rovere si serve della Storia per infondere verità e credibilità ai personaggi e al mondo antico, selvaggio e repellente, che porta in scena.

L’uso del latino e di elementi scenografici aderenti alla realtà storica sono da intendersi come dettagli fondamentali per una messinscena che punta tutto il suo potenziale espressivo sull’immersione dello spettatore.

E Il primo re non si limita certo alla superficie del mondo che rappresenta; non è, cioè, un kolossal storico tradizionalista.

Il regista romano scomoda il passato per ripensare al presente, senza confinare la pellicola all’appartenenza ad un contesto temporale limitato dal ricordo storico.

 

 

“Il primo re” rappresenta il conflitto spirituale tra Romolo e Remo, rispettivamente l’uomo pio e rispettoso ed il rivoluzionario.

Accanto, trovano spazio anche spunti non meno significativi, come l’inscindibile rapporto tra uomo e natura o l’espressione di un istinto di sopravvivenza naturale nell’uomo.

Ci sono la furia e la veemenza visiva di The Revenant, la violenza brutale dell’uomo sull’uomo di Apocalypto, tutto focalizzato su una linea narrativa molto semplice di un fratello che ne protegge un altro in difficoltà mentre tutto il mondo complotta per dividerli perché “così vogliono gli dei”.

L’arte cinematografica italiana con “Il primo re” torna su parametri hollywoodiani, senza sforzi economici o imitativi, ma con l’efficacia comunicativa caratteristica di un lavoro brillante, firmato Matteo Rovere.

 

Antonio Mulone

 

Gli Oscar sotto i riflettori della polemica

L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences fa ancora una volta parlare di se.

L’associazione, madrina degli Oscar, ha rivisto la decisione, alquanto inconsueta, di assegnare quattro premi durante le pause pubblicitarie previste nel corso della cerimonia del 24 febbraio, in seguito alle critiche ricevute dai suoi membri.

I premi che sarebbero stati impropriamente oscurati dalle pause pubblicitarie erano quelli per la miglior fotografia, il miglior montaggio, il miglior trucco e il miglior cortometraggio.

La scelta aveva l’obiettivo di accorciare di un’ora la cerimonia, da sempre ritenuta pedante e lunga, ed era stata approvata dagli oltre cinquanta consiglieri dell’associazione, ma fin dall’annuncio tanti altri attori, registi e produttori, tra i quali Alfonso Cuaron, Martin Scorsese e Quentin Tarantino, avevano contestato l’oscuramento dei premi per categorie ritenute fondamentali per il cinema.

Hanno tuonato registi e addetti ai lavori, che ieri hanno inviato una lettera aperta per chiedere di rivedere quanto stabilito.
L’Academy non ha fatto attendere la sua risposta.

Nel comunicato stampa diramato dall’ente dello spettacolo preposto ai Premi Oscar si legge: “Desideriamo assicurare che nessuna categoria sarà presentata in modo da sminuire né i vincitori né i prodotti premiati.

Cambierà solo il tempo dedicato durante la diretta alla premiazione sul palco”. Non solo rassicurazioni, ma per difendersi l’Academy attacca “le informazioni non accurate e i post sui social media” e tutta la “catena di disinformazione che ha sconvolto tutti i membri dell’Academy stessa”.

“ I nostri produttori hanno tenuto in gran considerazione sia la tradizione del Premio Oscar sia il sempre crescente pubblico globale.

Siamo sinceramente convinti che sarete soddisfatti dallo show e non vediamo l’ora di festeggiare un grande anno cinematografico con tutti i nostri membri e con il resto del mondo”.

Quest’anno tra presentatori non pervenuti e varie polemiche interne, pare che la cerimonia dell’Oscar possa essere la più squallida di sempre.

D’altronde quando l’istituzione più autorevole con il compito di proteggere e custodire la bellezza cinematografica, la pone invece alla mercè dello show-business, allora non solo non si sta più rispettando lo spirito dell’Accademy, ma anche la solenne promessa di celebrare il cinema come arte collettiva.

Antonio Mulone

Oscar 2019: tutte le candidature!

“It’s party time” direbbero dall’altra parte dell’oceano.

E’ tempo di champagne, smoking elegantissimi e scollature da brivido lungo la schiena.

Le stelle più luminose di Hollywood, come ogni anno, stanno per tornare in scena per la 91° volta nella “notte degli Oscar” promossa dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che riunisce circa ottomila professionisti del settore (registi, attori, direttori della fotografia e costumisti, e così via).

La cerimonia dove saranno annunciati i film vincitori, si terrà il prossimo 24 febbraio nel magico Dolby Theatre di Los Angeles.

Allestito per l’evento, con il consueto eterno fascino, un “red-carpet” da sogno pronto ad accogliere e coccolare le celebrità più acclamate.

Dopo la rinuncia di Kevin Hart, in seguito al polverone di polemiche generatosi per via di alcune “uscite social poco garbate” contro la sfera omosessuale pubblicate dallo show-man nove anni fa, per la prima volta nella storia delle statuette cinematografiche più antiche del mondo, la serata non sarà presentata da nessun conduttore

Le pellicole più nominate sono: “La Favorita” di Lanthimos (tra cui le tre attrici Olivia Colman già Coppa Volpi e Golden Globe, Rachel Weisz e Emma Stone) e “Roma” di Cuaròn con ben 10 candidature (tra cui miglior film e miglior film straniero).

L’inatteso Black Panther, con sette nomination, rompe le rigide consuetudini hollywoodiane attraverso un cine-fumetto rivoluzionario per le tematica dell’eroe anti-razziale e l’efficacia comunicativa.

Sei candidature per “BlacKkKlansman” di Spike Lee che, dopo trent’anni di carriera, è riuscito finalmente ad essere nominato nella sezione miglior regista oltre che per miglior film.

Attesissimi “Green Book” di Ferrelly con Ali e Mortensen candidati come migliori attori e “Se la strada potesse parlare” di Jenkins.

“Bohemian Rapsody”, primo per incassi e gradimento emotivo da parte del pubblico, merito anche delle straordinarie musiche dei Queen, riceve 5 candidature tra le quali spiccano miglior film e miglior attore a Rami Malek che pare essere leggermente indietro al favoritissimo Willem Defoe protagonista della trasposizione cinematografica della personalità artistica complessa ed affascinante del pittore Vincent Van Gogh.

Binomio romantico di nomination nella sezione migliori attori per “A star is born” di e con Bradley Cooper e Lady Gaga, vincitori annunciati nella categoria di miglior canzone con la struggente Shallow.

Da segnalare sono le prestazioni attoriali del solito camaleontico Christian Bale in “Vice” e della straordinaria 72enne Glenn Close in “The wife”.

Sale l’ansia dei fan da tutto il mondo per la notte del cinema più attesa e sognata.

Saranno la potenza emozionale della settima arte, quel soffio di magia, l’incertezza e l’esclusività che vestono gli Oscar di un fascino intramontabile.

Del resto, il cinema, motore culturale di idee e sogni, è la reinterpretazione della vita.

Antonio Mulone

Ocean’s 8: il gruppo di ladre al femminile.

C’è chi lo definisce un sequel, chi uno spin off ma Ocean’s 8 è una storia a sé che di condiviso ci ha solo il cognome della capitana della associazione di ladre : Debbie Ocean la sorella di Danny.
Debbie Ocean è la cara Sandra Bullock la quale progetta da “5 anni, 8 mesi e 12 giorni” di rubare una collana di Cartier , la Toussaint, dal valore di 16 milioni di dollari durante l’annuale MET Gala al Metropolitan Museum.
Viene rilasciata e contatta l’amica di vecchia data Lou (Cate Blanchett) e con lei formano il team : Rose la stilista (Helena Bonham Carter), Daphne Kluger la star (Anne Hathaway),  l’hacker Nine/Eight Ball (Rihanna), Amita (Mindy Kaling) la contraffatrice, il palo Tammy (Sarah Paulson) e Constance (Awkwafina).

Dal predecessore assoluto Frank Sinatra alla trilogia di Clooney & co. il “brand” Ocean rientra nelle commedie brillanti con quel pizzico di azione che non guasta mai.
Questo film dal cast stellare, composto da attrici impeccabili, comiche (Mindy Kaling) e il pezzo da novanta dell’industria musicale che è Rihanna. La sceneggiatura è stata scritta da Gary Ross (che ha anche diretto il film) e Olivia Milch.

Il film è stato girato a New York nel periodo delle elezioni americane, implicitamente si potrebbe pensare a un prodotto creato solo ed unicamente per il vento di cambiamento che soffia in USA, per il movimento “Metoo”, per tutti gli argomenti “caldi” che hanno al centro la donna.
Ma la verità è che in un mondo migliore (forse quello che arriverà presto) l’idea e la creazione di un film dove il genere dei protagonisti viene invertito rispetto all’originale,  o che hanno al centro solo personaggi femminili , non dovrebbe essere una idea innovativa, una notizia clamorosa. Se non la decisione più naturale da seguire.

 

 

Una lettura del film in questo senso svilirebbe il lavoro compiuto dal cast e dalla troupe.
Il franchise Ocean’s ci racconta la storia di un gruppo di persone,  dei ladri, che lavorano sodo per raggiungere un obiettivo comune, irraggiungibile da sole.
Sono in genere film piacevoli per i personaggi, i dialoghi e dell’esecuzione complessiva, ma sarebbe noioso e fastidioso senza la dinamica collettiva dei suoi protagonisti.

Ocean’s 8 ha tutte le carte in regola per essere un buon prodotto, non ci resta che aspettare il 26 luglio per poterlo vedere in sala.

NB: in America nelle prime due settimane ha sbancato il botteghino, la prima settimana si è classificato al primo posto con 41.5 milioni e la seconda settimana al secondo posto con 19.5 milioni. Insomma chi dice che i film con protagoniste donne non portano denaro si sbaglia di grosso (per riprendere il discorso della Blanchett agli Oscar del 2014 quando vinse).

 

Arianna De Arcangelis

 

Fog: la tensione viaggia tra la nebbia.

John Carpenter è la prova che con un budget limitato e in poco tempo si possono creare dei piccoli capolavori. Fog, pellicola del 1980, viene considerata un’opera minore del regista, ma possiede tutti gli elementi che hanno fatto guadagnare al bravissimo Carpenter l’epiteto di maestro dell’horror classico.

La trama è piuttosto lineare. Antonio Bay, ridente cittadina portuale della California, si appresta a festeggiare il centenario della fondazione, ma la notte di vigilia, allietata dal programma radiofonico locale della speaker e guardiana del faro Stevie Wayne (Adrienne Barbeau, allora moglie del regista), una strana serie di eventi sconvolge la quiete: si sente bussare a diverse porte, orologi e congegni elettrici impazziscono, motori, fari e clacson delle automobili si accendono da soli e, soprattutto, tre marinai vengono uccisi a colpi di uncini e coltellacci mentre si trovano a bordo della loro barca dopo esser stati ammantati da una misteriosa nebbia molto fitta che nasconde al suo interno misteriosi ed inquietanti segreti.

Quella stessa notte arriva in città l’autostoppista Elizabeth (una giovanissima Jamie Lee Curtis) grazie ad un passaggio di Nick Castle (Tom Atkins), mentre il parroco della città, un alquanto alcolizzato Padre Malone (Hal Holbrook) scopre per caso un vecchio diario di suo nonno, padre fondatore di Antonio Bay. Il diario rivela al prete l’oscuro passato, fatto di tradimenti, cupidigia e inganni della città di Antonio Bay. L’indomani, durante i festeggiamenti per la ricorrenza, fa di nuovo capolino quella fitta nebbia, luminosa e assassina…

Il film certamente non brilla per gli effetti speciali o per i costumi, anzi, per certi aspetti i fantasmi portati dalla nebbia, che dovrebbero essere teoricamente l’elemento più spaventoso del film, se estraniati dal contesto risultano alquanto ridicoli. La bravura del regista si basa sulla capacità di creare un crescendo di tensione senza mostrare nulla di eccessivamente esplicito. Questa necessità, dettata inizialmente da un basso budget, diventa la chiave del successo del film, in quanto permette a Carpenter di sfoggiare le sue abilità tecniche. Sono due gli elementi alla base della tensione palpabile del film.

In primo luogo la colonna sonora. Per chi non lo sapesse, oltre ad essere un bravo regista, John Carpenter è un eccellente compositore. Il ritmo incalzante ed inesorabile del suo sintetizzatore scandisce abilmente i tempi del film, dando movimento ed enfasi ad una regia a volte troppo lenta. I toni drammatici della colonna sonora sono stemprati dai pezzi jazz che Stevie Wayne manda alla sua trasmissione radiofonica.

https://www.youtube.com/watch?v=yNSLaYJboPE

Ad ogni modo, come dice il titolo stesso, la vera protagonista del film è la nebbia. Essa diviene per gli spettatori proiezione delle paure inconsce dell’uomo nei confronti dell’ignoto. La nebbia origina dal mare e si infiltra lentamente e sinuosamente tra le case di Antonio Bay, portando con sé un crescendo di tensione e paura. La scelta di non entrare nel banco di nebbia con la macchina da presa, di non fenderla ma di lasciarsi travolgere (nessuna inquadratura da dentro il banco, sempre frontale o con intervento laterale) rende ancora maggiore l’impressione del pubblico di essere immerso nel film: tale impressione è così vivida da spingere gli spettatori più suggestionabile a voltarsi in dietro, per il timore che la nebbia sia uscita dallo schermo e stia per sorprenderli alle spalle.

L’assenza di elementi espliciti e crudi, la diabolica capacità di Carpenter di creare tensione con pochi ma efficaci elementi, rendono Fog il film perfetto per tutti coloro che vogliono approcciarsi all’horror classico, ma non amano lo spargimento di sangue.

Renata Cuzzola