La Casa dei Prosciutti

La notte era gelida e tranquilla, come tutte le notti d’inverno della Val Bodenco. Spighe di grano fluttuavano al vento, rami di pino scrosciavano lenti, fari e lampioni illuminavano i campi e in lontananza un borbottio si approssimava a rompere il silenzio. Le auto sfrecciavano sulla statale, schegge di luce apparivano e sparivano in un istante, poi il buio inghiottiva di nuovo rapido case, siepi e campagne. Il borbottio incombeva ormai su Verrosio, diecimila anime stagliate sulle rive del fiume Multro, attraversando il centro da un capo all’altro, fino a stazionare in cima ad un grande spiazzo nei pressi di una lussuosa villa con un grande cartellone che recitava “La Casa dei Prosciutti”

Qui una luce rossa intermittente iniziò a roteare e il borbottio che s’era fatto boato iniziò ad essere incessante. Un rumore metallico dilaniò la notte e una palla di fuoco si levò al cielo, richiudendosi in una nuvola di polvere grigiastra. Sotto questa non era rimasto altro che un monolite d’acciaio accartocciato tra i carboni ardenti dell’erba bruciacchiata. A quel punto la quiete era tornata su Verrosio. Ma non sarebbe durata a lungo, non sarebbe sopravvissuta all’alba, quando i primi raggi di sole avrebbero mostrato l’entità della devastazione notturna.

Carlo Motta per campare scriveva romanzi, e nel tempo libero si dilettava ad assicurare criminali alla giustizia. Quella mattina era ancora nel letto di casa sua e si era svegliato scarico, privo d’immaginazione e di voglia di vivere. La chiamata del procuratore Angelo Pastore, suo vecchio amico nonché accanito lettore delle sue opere, giunse come una benedizione ad evitargli l’ennesima giornata di autocommiserazione e cibo spazzatura.

Parcheggiò la sua Smart Fortwo bianca nei pressi della sontuosa villa “Casa dei Prosciutti” della famiglia Ferrucci, giungendo sul luogo dell’incidente a piedi dopo aver evitato come la peste ogni possibile contatto con forze dell’ordine e curiosi. Non che fosse una rinomata celebrità, ma il rischio che qualcuno avesse letto le sue opere e riuscisse a identificarlo, c’era. E lui voleva scongiurarlo in ogni modo.

L’elicottero su cui viaggiavano Emilio Ferrucci e il suo pilota era disteso su uno spiazzo erboso, terra e cenere ricoprivano tutto per metri e metri, mentre le lamiere del veicolo si erano conficcate nel terreno rendendo complicate le manovre di recupero dei corpi.

«Questi ricchi hanno ben poco rispetto per la propria vita» disse Motta osservando la scena con le mani in tasca «Perché mai tornare a casa in elicottero? Non sanno che sono delle dannate macchine infernali? Ah, quanti danni che fa l’hybris»

«Alla buon’ora» lo rimbrottò il procuratore Pastore allargando le braccia spazientito.

«Questo sarebbe?» domandò un carabiniere che stava parlottando con Pastore.

«Un ficcanaso» rispose Motta dando una pacca sulla spalla al milite prima di inoltrarsi verso il luogo dell’incidente.

«E’ un mio amico scrittore. Nel tempo libero ci aiuta con le indagini» si giustificò Pastore.

«E’ un do ut des» esclamò Motta mentre il carabiniere e Pastore lo seguivano. «Io do una mano al procuratore e lui in cambio mi fornisce materiale per le mie storie».

«Sta scherzando ovviamente» disse il procuratore sorridendo nervosamente.

«Oh, giusto Angelo, devo ripetere la storiella che faccio tutto questo per dovere civico».

«Siete sicuro che possa esserci utile?» domandò scettico il carabiniere al procuratore mentre i tre si incamminavano nella sterpaglia.

«Avete la mia parola».

Giunti sul luogo dell’incidente Motta si mise le mani ai fianchi, guardò verso la casa dei Ferrucci, poi verso la carcassa dell’elicottero e ancora una volta verso la casa

«Scommetto che il morto è uno dei Ferrucci»

«Acuto osservatore» disse sarcastico il comandante dei carabinieri

«Perché, è così ovvio?» chiese Motta irritato

«Siamo nella loro proprietà»

«Se per questo tutta Verrosio è una loro proprietà. No, dico che il morto è un Ferrucci perché tutto il paese è venuto qui a curiosare»

«Si» confermò già esausto il carabiniere «La vittima è Emilio Ferrucci, il proprietario della famosa azienda “La Casa dei Prosciutti”»

«E il pilota?»

«Come scusi?»

«Il pilota dell’elicottero. È sopravvissuto?»

«No ovviamente. È morto nello schianto»

«Allora ci sono due vittime»

«Certo ma…»

«Certo ma il povero disgraziato non conta. Intendevate questo?» lo incalzò Motta a muso duro

«Fa sul serio?» chiese il carabiniere guardando prima Motta e poi Pastore

«Sto scherzando» esclamò lo scrittore esplodendo in una fragorosa risata «Volevo solo fare un po’ di demagogia spicciola»

«Ah ecco» rispose sollevato il comandante sistemandosi il colletto della divisa

«L’altro dov’è?»

«L’altro?»

«Non sono i due fratelli a gestire l’azienda Ferrucci? Emilio e Romano»

«Romano Ferrucci è morto l’anno scorso» rivelò il carabiniere

«Ah, molto bene» esclamò sorpreso Motta portandosi le mani alla bocca con fare pensieroso «Andiamo»

«Andare? Dove? Non ci dice nulla sulla scena?» domandò allarmato il comandante

«Un elicottero è esploso in volo»

«In volo?»

«In volo» confermò Motta indicando la sterpaglia

«Aspetti, non è esploso dopo essere precipitato?»

«Oh, nient’affatto, basta guardare i resti dell’elica»

«E dove sono?» chiese il procuratore Pastore guardandosi intorno

«Non ci sono, per l’appunto» rilevò Motta «Se il velivolo si fosse schiantato l’elica sarebbe ancora qui intorno o addirittura ancora attaccata alla carcassa. Invece non c’è. L’elicottero è esploso in fase d’atterraggio, ma prima di toccare terra. E nella deflagrazione i detriti si sono sparpagliati in queste campagne»

«Allora non è un incidente. È un omicidio» esclamò sgomento il comandante dei carabinieri

«O un attentato» ipotizzò Pastore

«Un attentato? Oh no, no no, lo escludo» ribatté Motta

«Perché? I Ferrucci sono ricchi, potenti e molto odiati dopo quella storia della contaminazione degli affettati»

«La ritorsione del familiare di una vittima della contaminazione?» domandò il carabiniere

«Una vendetta»

«E perché non piazzarla all’ingresso della casa?» domandò Motta volgendo lo sguardo verso la sfarzosa villa dei Ferrucci «Perché ucciderne uno solo, quando il nostro terrorista avrebbe potuto ucciderli tutti? E come avrebbe piazzato la bomba sull’elicottero?»

«Magari si è infiltrato nella casa. Forse lavora lì dentro. Un cameriere, un autista, forse un conoscente del pilota»

«La domanda resta» si impuntò Motta con Pastore «Perché ucciderne uno solo quando poteva eliminarli tutti?»

«Era il capo dell’azienda, era un simbolo. Uccidere lui significa uccidere i Ferrucci»

«Ma ai tempi della contaminazione non era lui il capo, bensì il padre, Giovanni Ferrucci»

«Che è morto da anni» ricordò il comandante dei carabinieri

«E quindi di che razza di vendetta stiamo parlando? No, il nostro assassino non voleva uccidere un Ferrucci a caso o tutti Ferrucci, ma questo Ferrucci in particolare»

«Se non è la vendetta, allora il movente può essere passionale» disse Pastore

«Ma non diciamo sciocchezze!» esclamò Motta voltandosi di nuovo verso la scena dell’esplosione «Tuo marito o il tuo amante ti lascia e tu lo fai saltare in aria con dell’esplosivo? Un omicidio passionale richiede…passione! Insomma contatto fisico, se non addirittura visivo. Questo è un omicidio a distanza, compiuto con premeditazione, quindi a sangue freddo, e io conosco un solo movente più forte ma più razionale del sesso…»

«Il denaro» esclamò Pastore

«Esatto. Chi eredita tutta la baracca ora che Emilio è passato a miglior vita?»

«Sarebbe toccato al fratello minore, Romano»

«Che però è morto» disse il carabiniere

«E com’è morto?» domandò Motta

«Durante un lancio col paracadute, che però non si è aperto»

«Ma che famiglia sfortunata. Ancora una morte violenta, ancora un incidente…anzi, ancora un omicidio che si può camuffare da incidente»

«Allora anche Romano è stato ucciso?» chiese Pastore

«Probabile. Aveva figli?»

«Nessuno. C’era solo Lorenzo, ma è morto di overdose anni fa» li informò il carabiniere

«Quindi senza Emilio, Romano e Lorenzo, la società adesso appartiene alla vedova di Romano Ferrucci, cioè Amalia»

«Aveva il movente, aveva i mezzi e conosceva gli spostamenti sia del marito che di Emilio» affermò convinto il procuratore Pastore «Andiamo a prenderla»

Ritrovarono la signora Amalia seduta comodamente nella poltrona di casa sua, a disquisire in tono amabile con alcune giornaliste. Quando i carabinieri che scortavano Pastore e Motta le cinsero i polsi con le manette il suo volto divenne una maschera di cera, i suoi occhi si spensero mentre passavano in rassegna gli uomini che la stavano privando della libertà, ma nemmeno per un secondo ella perse la sua arrogante grandeur aristocratica. Entrò nella macchina della polizia come Maria Antonietta lo fece nella carrozza che l’avrebbe condotta sulla ghigliottina.

Non smise mai di proclamarsi innocente, e giurò che l’avrebbe ripetuto al processo. Un processo a cui però non arrivò mai. Si uccise mesi dopo tagliandosi i polsi con un cucchiaio di plastica accuratamente affilato. Quando Pastore chiamò Motta per informarlo della tragedia, questi era a casa sua, a scrivere la bozza di un giallo basato sulla vicenda di Emilio Ferrucci e della moglie intitolato “La Casa dei Prosciutti”.

«Povera donna» disse freddamente al telefono Motta a Pastore.

«Forse era davvero innocente».

«Forse. Ma tu ne sei certo, e hai i sensi di colpa».

«A differenza tua, ho una coscienza».

«Sei crudele».

«Per te questo è solo un gioco. Queste storie ti forniscono quei brividi che la tua creatività non riesce più a trasmetterti» disse furioso Pastore.

«Stai dicendo che sono uno scrittore fallito?»

«Sto dicendo che sei uno stronzo! Una donna è morta, Carlo, morta! E a te sembra non importare nulla…»

«Non me ne importa nulla perché non era una brava donna» si giustificò Carlo

«Come fai a dirlo?!»

«Una donna che aiuta il marito a fingere la propria morte, affinché questi elimini il fratello maggiore senza destar sospetti, non è poi una gran perdita per la società, ne converrai»

«Aspetta, cosa?»

«Sono abbastanza sicuro che Romano Ferrucci abbia ingannato anche lei, dopotutto»

«Romano Ferrucci? È Romano Ferrucci l’assassino di Emilio? Ma non era morto?»

«Chissà chi è morto davvero in quell’incidente col paracadute. Chissà se qualcuno è morto davvero quel giorno. L’unica testimone era Amalia. Ed ora anche lei è morta»

«Quindi Romano si mette d’accordo con la moglie, finge la sua morte e poi pianifica quella del fratello maggiore…» disse Pastore unendo i pezzi

«…la moglie eredita tutto e poi raggiunge il marito, con l’eredità dei Ferrucci, nel suo buon ritiro in chissà quale sfavillante isola caraibica» proseguì Motta «O almeno questo è il piano che Romano espone alla moglie per farle accettare il carcere. Lei era consapevole di finire tra i sospettati e di farsi pure qualche mese di galera, ma era certa che Romano sarebbe intervenuto per tirarla fuori. Una volta realizzato di essere stata ingannata, si è tolta la vita. Amava davvero Romano, a tal punto da diventarne complice. E non si è ammazzata per la reclusione, ma per aver compreso che il marito non l’aveva mai amata, che era stata solo una pedina nelle sue mani mentre lei gli era davvero devota»

«Una teoria affascinante, te lo concedo» rispose Pastore «Ma come la dimostriamo?»

«Dimostrare una teoria? Mio buon amico, questa è solo la trama del mio prossimo libro “La Casa dei Prosciutti”! Io non devo dimostrare niente, devo solo creare e scrivere. Ah già, e vendere. Dimostrare teorie è il tuo mestiere, non il mio. Io ti ho solo aiutato in cambio di una buona storia, come faccio sempre»

«E come trasformo la tua “buona storia” in un caso giudiziario? Come faccio ad incastrare Romano Ferrucci?»

«E dove sarebbe il divertimento se facessi io tutto il lavoro? Buona fortuna procuratore, sono certo che prenderai il tuo assassino. E chiamami se hai bisogno ancora di me. Sono sempre lieto di ascoltare una buona storia. Alla prossima!»

 

Giuseppe Libro Muscarà

Motta e la semplicità del presente

Un disco che segna la maturità artistica di Motta. In cui anche le più grandi fragilità vengono trasformate in punti di forza.  – Voto UVM: 5/5

Dopo tre anni dall’ultimo album Vivere o Morire e la partecipazione al Festival di Sanremo con Dov’è l’Italia, Francesco Motta torna sulla scena musicale con un nuovo album pubblicato con la Sugar Music il 30 aprile. Non ha più paura di invecchiare, e si interroga sul suo passato e sulla stranezza dell’uomo che non riesce a rendersi conto che i problemi dei vent’anni sono davvero molto più semplici di quanto si pensi.

Il suo nuovo album, Semplice, anticipato dal singolo E poi finisco per amarti, è completamente nudo, elettrificato, reale e soprattutto vivo. Ti trasmette quell’emozione che a volte solamente un live è capace di dare. Magari dentro una grande stanza illuminata con neon a luci rosse e blu, a metà tra una fabbrica e una chiesa, col rumore delle pennate sulle corde di una Stratocaster. Un viaggio nel mondo, o meglio: nella semplicità del presente. Il cantautore pisano ammette di aver fatto pace col proprio passato, tutt’altro che semplice, per concepire quest’album:

Ho scoperto che non sono Peter Pan

afferma in un’intervista, e lasciandosi alle spalle tutti i tormenti e le paure, ci regala dieci tracce di una nostalgica quotidianità in cui tutti noi possiamo ritrovarci, tra ricordi e calzini, sampietrini e caffè.

La ricerca dell’essenziale

Qualcosa di normale, la quarta traccia è, infatti, una richiesta d’aiuto; cantata con un filo di voce insieme alla sorella Alice (unico feat. dell’album), per provare a conquistare non tanto la normalità, ma il sogno di una normalità. Del resto è un pezzo nato prima di una pandemia, fra le campagne di Sacrofano e che vanta i consigli di De Gregori.

E alla fine non ho più paura di stare a guardare qualcosa di normale

È un disco con gli archi, molto arrangiato e soprattutto diverso dai capitoli precedenti: nudo e fragile. Motta sceglie di giocare con la scaletta:

Il forte dopo il forte resta forte, ma il forte dopo il piano diventa fortissimo

Un disco per nulla minimale, con arrangiamenti ricchi, non barocchi ma corposi. In cui al centro c’è la continua ricerca dell’essenziale: come dice Italo Calvino nelle Lezioni americane, c’è il pensiero di una leggerezza che non è quella di una piuma che cade ma di un uccellino che continua faticosamente a volare.

Motta in un gioco di luci

La stessa nostalgia la ritroviamo in Quello che non so di te, che per l’autore altro non è che un ritorno al passato, soprattutto musicale. Per un attimo vengono abbandonati gli strumenti protagonisti: il violoncello lascia spazio al rock, e il pezzo si sporca di new wave sfiorando le ombre dei Cure.

Anche in Regole del gioco sembrerebbe che Motta stia cercando di tornare nella sua comfort zone, un po’ come se fosse il seguito di Chissà dove sarai (Vivere o Morire). Ma continuando l’ascolto ci accorgiamo di avere davanti un autore più maturo, più attento ai dettagli e che in fin dei conti ci piace. Come dice nella canzone:

Sai che c’è? C’è che alla fine qui va tutto bene

Ma questo non è un viaggio di sola nostalgia. A te, la prima traccia dell’album, è un’aperta dichiarazione d’amore, verso gli altri e verso se stessi. Un brano in cui chitarre acide e melodie oniriche si scontrano, riportando alla mente i Velvet Underground. E mentre Via dalla luce è un notturno che si aggrappa al pianoforte, Semplice tiene echi africani in sottofondo, per concentrarsi sul flusso di coscienza.

Tutti hanno paura…

Avete presente quando provate un paio di jeans e vi sta stretto? Beh, a Motta invece quel barlume di esistenzialismo è sempre caduto alla perfezione, e in quest’album è ancora più evidente.

L’estate d’autunno e Dall’altra parte del tempo (ottava e nona traccia) ci trasportano in un universo parallelo in cui tempo e spazio vanno quasi ad annullarsi completamente, lasciandoci un pizzico di cupa e autentica disperazione.

Il cantautore di “Dov’è l’Italia”. Fonte: ilsussidiario.net

Ma Semplice è anche paura: paura di perdersi, paura del futuro. Quando guardiamo una rosa, scritta a quattro mani col cantautore calabrese Dario Brunori (in arte Brunori Sas), è una vera e propria conversazione non amorosa di sette minuti. Un dialogo tra due persone provenienti da tempi diversi, che mettono la paura al centro delle loro vite. La giusta conclusione che, inaspettatamente, dà vita ad una coda strumentale perfetta.

Parlami della paura di vivere insieme una vita sola

Semplice è un gioco di equilibri precari e per questo affascinanti. Un mondo in cui passato e futuro si intrecciano, dando vita a quella semplicità, quasi essenziale, del presente. Un disco che non si limita a raccontare storie ma che ci parla, dritto al cuore. Anche a detta dell’autore, è da ascoltare per intero perché «Il concetto di album è ancora importante». Solo così si potrà ottenere l’assoluta comprensione del semplice e dell’essenziale. 

Domenico Leonello

Film, serieTV, dischi, libri: le migliori uscite del 2018. La nostra selezione

La casa di carta, la ragazza con la leica, Freddie Mercury sul palco del live AID, Lady Gaga in veste di attrice e l’ex Beatle Paul McCartney.

12 redattori di UniVersoMe scelgono un disco, un film o un libro uscito nel 2018. La nostra selezione tra perle e grandi successi di pubblico.

 

 

BRANDI CARLILE – BY THE WAY I FORGIVE YOU

“By the way I forgive you” non è solo il titolo è il messaggio di fondo di questo album, per spiegarlo con le parole di Brandi “We chose to talk about finding a way to fundamentally forgive and accept life for being fucking hard.” . L’empatia ci rende umani ed è ciò che più serve oggi. I testi scritti dalla stessa Carlile e i gemelli Hanseroth sono caratterizzati da grazia, sensibilità e schiettezza e affrontano la dipendenza, le dinamiche familiari, la politica, l’identità ed il bullismo. La musica eleva la delicatezza dei testi, le chitarre vengono suonate con forza nei momenti necessari, accentuate dalla presenza dell’orchestra. Le canzoni si estendono fra una vasta gamma di stili e suoni, dalla grandiosità orchestrale di “The Joke” che ricorda la sua canzone più famosa “The Story”, al pop-folk di “Hold Out Your Hand” misto fra canzone popolare ed inno e la straziante ballata di piano “Party of One ” (di cui suggerisco la visione del bellissimo video). La voce della Carlile, con i suoi acuti ed imperfezioni, ti entra nel cuore ancora prima che tu possa capire cosa sta cantando. Questo disco è un trionfo. Le sei nomination ai Grammy 2019, incluso uno per l’album dell’anno, rendono Brandi Carlile la più nominata dell’anno e conferiscono (finalmente) il dovuto riconoscimento mondiale che si merita. • Arianna De Arcangelis

 

BRYAN SINGER – BOHEMIAN RHAPSODY

Sicuramente il film più atteso e apprezzato di questo 2018. Il documentario su Freddie Mercury e sui Queen. Dagli esordi al successo planetario. Rami Malek, nei panni del re del rock, fa sognare, totalmente coinvolto nel suo personaggio. Un film autobiografico sincero e potente come pochi, epico, assolutamente da non perdere! • Benedetta Sisinni

 

GREG BERLANTI – TUO, SIMON

Vincitore di numerosi premi tra i quali MTV Movie & TV Awards, Teen Choice Awards e People’s Choice Awards, “Love, Simon” (in Italiano “Tuo, Simon”) è un film di genere drammatico, commedia e sentimentale uscito nelle sale cinematografiche nel 2018 e diretto da Greg Berlanti. Il film è un adattamento cinematografico del libro ”Non so chi sei, ma sono qui” di Becky Albertalli e ha come protagonista Simon, un ragazzo omosessuale che, costretto a nascondere la sua omosessualità, inizia uno scambio di email con un altro ragazzo di nome Bram. Il film tratta argomenti molto attuali come il bullismo e la paura di non venir accettati dai familiari o dagli amici perché si è ”diversi”. Nonostante la leggerezza con cui vengono trattati questi temi faccia sembrare il film adatto più ad un pubblico di adolescenti, non ne è sicuramente sconsigliata la visione anche ad una platea più adulta. Dal film: “Non l’ho detto a nessuno. Dire al mondo chi sei è abbastanza spaventoso” • Beatrice Galati

 

 PAUL MCCARTNEY – EGYPT STATION

Le note partono nel bel mezzo di un stazione affollata e arrivano dirette a un presente che appare già quasi nostalgico. Dalla ballata che apre il disco ai ritornelli trascinanti e orecchiabili la voce increspata dagli anni non allontana dal traguardo di commuovere e divertire. Paul McCartney raccoglie 16 tappe di un viaggio immaginario: il passato e il presente, l’adesione ai tempi e la straordinaria, inalterata, abilità di songwriting. Egypt Station trova la sua dimensione nell’equilibro tra forza e fragilità. • Eulalia Cambria 

 

 HELENA JANECZEK – LA RAGAZZA CON LA LEICA

La ragazza con la Leica, libro di Helena Janeczek, scrittrice tedesca naturalizzata italiana che vive proprio in Italia dal 1983, le ha garantito la vittoria del Premio Strega e del Premio Bagutta. La protagonista, Gerda Taro, è la prima fotoreporter a morire in un teatro di guerra (con precisione, durante la seconda guerra mondiale). La sua storia, narrata in questa biografia, si intreccia con quella di due uomini e una donna. Nel corso del romanzo, i loro ricordi delineano la figura di Gerda ma sono anche lo strumento grazie al quale Helena Janeczek descrive la rovina di una generazione che si è vista troncare la giovinezza a causa della Seconda Guerra Mondiale, delle persecuzioni razziali, dei genocidi su base etnica. Nell’ultimo capitolo scrive: “per ritrovare qualsiasi cosa è necessario affidarsi alla memoria, che non è altro che una forma di immaginazione”, parole che spiegano perfettamente ciò che l’autrice ha voluto trasmettere. • Susanna Galati

 

MOTTA – VIVERE O MORIRE 

Vincitore come miglior disco dell’anno dell’ambita Targa Tenco, Francesco Motta riesce a conquistare critica e pubblico tra cantautorato italiano e indie rock. Nonostante l’indie sia un genere molto apprezzato in questi anni, Motta se ne discosta dimostrando originalità e competenza tecnica. Il suono si presenta minimale, con ritmi semplici a tratti tribali, la musica avvolgente con una voce che ci fa vivere e rivivere emozioni facendo emergere immagini e sensazioni rinchiuse in ognuno di noi. • Marina Fulco

 

LA CASA DI CARTA

Una delle serie più viste quest’ anno, tutti ne hanno parlato (o ne hanno sentito parlare). Avvincente, chiacchierata, interessante, su alcuni punti criticabile, ma indubbiamente affascinante. Soprattutto per la trama intrigante e l’idea di fondo: rapinare la zecca di Stato Spagnola. Si, ma con stile! Inevitabile appassionarsi alle vicende di questa banda dove il carisma non manca, partendo dal Professore, e chiedersi chi sono davvero i buoni e chi i cattivi. Voi da che parte state? • Serena Saveria Foti 

 

ANIMALI FANTASTICI – I CRIMINI DI GRINDELWALD

L’attesissimo sequel di Animali fantastici e dove trovarli è arrivato al cinema permettendo agli appassionati di Harry Potter, e non solo, di tornare a sognare tra magia e sorprendenti colpi di scena. Tra personaggi che piacevolmente riappaiono sullo schermo e nuove comparse, la storia diventa più complessa e il finale lascia gli spettatori a bocca aperta. Non rimane che aspettare il prossimo capolavoro firmato J.K. Rowling • Federica Cannavò

 

PAOLO GIORDANO – DIVORARE IL CIELO

Dover scegliere un libro, tra i tanti che leggo, è sempre doloroso. Eppure stavolta un po’ meno. Il fulcro di questa storia sono Teresa e Bern, la loro storia e i mille modi che trova l’amore di riconoscere e lasciarsi attrarre dal proprio magnete. Allo stesso modo il lettore dovrà lasciarsi trascinare dalle parole e parole, pagine su pagine, che solo Paolo Giordano riesce a riempire, ammaliandoti. “Il corpo è il veicolo fragile e forte della loro violenta aspirazione al cielo.” • Serena Votano

 

RUPERT EVERETT- THE HAPPY PRINCE

Il soggiorno di Wilde con il compagno Douglas nel 1807, il viaggio che fece scandalo nella società del tempo. Film che prende il nome da una raccolta di racconti dello scrittore irlandese e che propone la storia vera del protagonista-autore, il giovane scrittore Oscar Wilde appunto, che oltre ad essere conosciuto per i suoi romanzi fu anche oggetto di uno scandalo a causa del suo orientamento sessuale. Egli si nascose dietro un matrimonio con una giovane donna del suo tempo ma questa grande “recita” non ottenne grandi risultati. Fu perseguitato tanto da allontanarsi dalla famiglia e finire là dove tutto per lui era buio, nelle carceri tanto odiate. Il film ha incassato in Italia al Box Office 425 mila euro e ha ottenuto una candidatura agli European Film Awards. • Dalila De Benedetto

 

 BRADLEY COOPER – A STAR IS BORN

A distanza di quarantatre anni torna nelle sale il remake di ‘A Star is Born’ con protagonisti Bradley Cooper (Jackson Maine) e Lady Gaga (Ally). Il musicista di successo Jackson Maine scopre e si innamora di Ally, una ragazza acqua e sapone con un enorme talento. Il film ha ottenuto 4 candidature ai Golden Globes e tantissime altre nomination, mentre in Italia al Box Office ha incassato nelle prime nove settimane di programmazione 6,8 milioni di euro e 228 mila euro nel primo weekend • Andrea Sangrigoli

 

NICOLÒ GOVONI – BIANCO COME DIO

Bianco come Dio è un viaggio inaspettato, non soltanto attraverso i luoghi e i tempi della narrazione, ma rappresenta la possibilità inaspettata di un viaggio fuori e dentro noi stessi. Fuori e dentro il torpore delle convenzioni sociali alle quali sono rilegate le nostre anime. Nicolò racconta, in prima persona, del viaggio che ha rivoluzionato la sua vita e quella di decine di bambini in un orfanotrofio dell’India più rurale, dove inizialmente era giunto da volonturista, ma ben presto capisce che quel viaggio che sarebbe dovuto durare pochi mesi, in realtà era la sua meta, e il sorriso di quei bambini la sua missione. Bianco come Dio non è una comune storia di volontariato, ma ti spoglia di tutte le sovrastrutture mentali, disarma dagli alibi di impotenza e ti colpisce con la più oscura e disarmante verità. Quella che non passa attraverso i media, quella che non viene rappresentata, ma quella che Nicolò, poco più che ventenne, ha deciso di vivere e raccontare. Il romanzo, partito con autopubblicazione verso il viaggio della speranza, approda in Rizzoli e diventa un caso editoriale, riuscendo così a fare da fondo per la costruzione di una biblioteca per i bambini dell’orfanotrofio. • Giusi Villa

GRAFICA DI Giulia Greco