Paradiso, Contemplazione e Pace

Il declivio della catena montagnosa, dolcemente digradante verso il Faro, è popolato da villini deliziosi, mentre occhieggiano, tra il verde smeraldino dei vigneti e quello cupo degli agrumeti, le piccole case coloniche. E si traversa una serie di villaggetti, poveri ma gai e pittoreschi, dai nomi curiosi, taluno d’origine germanica che rimonta ad un’età cavalleresca come il Ringo, altri che riportano le tracce della dominazione araba come Ganzirri, alcuni di origine greca come Rodia e tanti altri di carattere soavemente religioso come Paradiso, Pace, Contemplazione…             

La Civiltà Cattolica, Volume 63, Edizione 1

È questo il panorama che si apre agli occhi degli osservatori, una volta superato il confine immaginario fra la parte più urbana di Messina e la riviera.

Collocate esattamente dopo le “colonne d’Ercole” ed estese fino al torrente Sant’Agata, si susseguono lungo tutta la costa, fra spiagge, barche di pescatori e i luoghi che accolgono la movida estiva messinese, le frazioni “ultraterrene” di Paradiso, Contemplazione e Pace.

Ma cosa si cela dietro questa artistica e particolare scelta di toponomastica?

Paradiso

 

Villaggio Paradiso
Villaggio Paradiso negli anni ’70. Fonte: https://pin.it/73oDjmx

 

Ebbene, la questione è molto più semplice di ciò che ci viene suggerito. Nessun intervento dantesco, né tantomeno divino, ha collaborato nell’attribuzione di queste denominazioni. L’edenica Paradiso, secondo un’ipotesi dell’erudito gesuita Placido Samperi, deve il suo nome a Villa Paradiso.

Una villa sontuosa, con tanta dovizia di copiose fontane, artificiose spalliere di mortine, gelsomini, limoni, arance e per l’abbondanza di ottimi frutti da meritare un tale nome.

Il cavaliere Raimondo Marquett fece edificare la magione su di un podere che aveva acquistato alle pendici dei monti Peloritani, nella contrada di Belviso.

Qui, dal 1648 fino alla sua morte, ne fu il duca per volere del re Filippo IV di Spagna. La residenza godette di un notevole prestigio: i viceré e altri ospiti illustri vi si recavano e vi soggiornavano con piacere prima dell’ingresso in città.

Al suo interno, Villa Paradiso nascondeva diverse meraviglie storiche, naturalistiche e artistiche: oggetti rari e bizzarri, come fossili, strumenti astronomici e apparati liturgici

Himera, romanzo dello scrittore locale Nando Romano, prende proprio spunto da questa sorta di wunderkammer, ruotando intorno alla figura del Signor Paradiso, ispirato al proprietario Raimondo Marquett.

Un’altra interpretazione, invece, attribuisce l’origine del nome ad un oratorio esistente nella zona e dedicato alla Madonna del Paradiso, di cui oggi, sfortunatamente, non resta traccia.

Il Paradiso ai giorni nostri

Il villaggio ha perso da tempo la sua maestosità e le sontuose ville padronali affacciate sulla riviera che sono state sostituite e affogate da un mare di cemento.

La cementificazione iniziò poco dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando Villa Costarelli, detta anche Villa Luce, venne rasa al suolo per lasciar posto ad un esclusivo complesso residenziale.

Villa Costarelli ad inizio '900.Fonte: https://i.pinimg.com/736x/78/80/05/788005c92f4d1d8e81f1cef7584ee266.jpg
Villa Costarelli ad inizio ‘900.Fonte: https://i.pinimg.com/736x/78/80/05/788005c92f4d1d8e81f1cef7584ee266.jpg

 

Seguirono, poi, le costruzioni realizzate fra gli anni ’70 e gli anni ’80, e le lottizzazioni previste dalla variante al piano regolatore generale del 2002.

 

Il Paradis Hotel
Il Paradis Hotel negli anni ’70. Fonte: https://pin.it/4Zvd7Tb

 

Della vera Paradiso, oggi, non resta che il quartiere delle cosiddette “Case Basse”, anch’esso minacciato dagli appetiti dei privati.

Contemplazione: ieri e oggi

Continuando lungo la via Consolare Pompea, un tempo attraversata da un tram a vapore che giungeva sino a Villafranca, incontriamo l’altrettanto celestiale Contemplazione.

Questa prende il nome dalla chiesa dedicata alla Madonna della Contemplazione.

 

Il Paradis Hotel
Chiesa della Madonna della Contemplazione  Fonte: https://www.ganzirri.it/IMG/arton63.jpg?1189606428

 

L’antica costruzione sorgeva nella salita di Fondelli e sorse nel secolo XVII, per volere di una famiglia privata che la mise a disposizione per l’esercizio del culto.

Nel 1908, venne danneggiata dal terremoto e successivamente restaurata dai Frati Minori di Portosalvo che, nei giorni festivi, continuarono ad officiarla.  Svolse le funzioni parrocchiali fino al 13 maggio 1960, quando la Chiesa Cuore Immacolato di Maria venne inaugurata.

Dopo la sua apertura, l’edificio venne abbandonato a se stesso e lasciato al degrado. Anche Contemplazione, come Paradiso, può vantare di un suntuoso trascorso.

Ne è testimonianza Villa Florio, attribuita a Ernesto Basile e rappresentante uno dei pochi esempi di liberty puro in città. Il villaggio è oggi meta di molti turisti e, con le sue spiagge dorate e un mare trasparente, rende giustizia al suo nome.

Riviera Contemplazione
La Riviera di Contemplazione vista dal terrazzino sulla spiaggia del Bar Gravino negli anni ’70. Fonte: https://pin.it/6p9hKzP

Pace

 

Pace
Uno scorcio di Pace e della Chiesa Santa Maria della Grotta
Fonte: https://www.parrocchiadipace.it/wp-content/uploads/2019/04/cropped-11985418294_24fe7bb5b2_k.jpg

 

Il lieto borgo è così denominato, proprio come la vicina Contemplazione, per la chiesa, ormai scomparsa, intitolata alla Madonna della Pace. Ancora presente, invece, è la simbolica Chiesa Santa Maria della Grotta o Santa Maria delle Grazie. Verosimilmente edificata sul tempio di Diana, sito sulla strada verso capo Peloro, la chiesa nacque come oratorio nel 1500.

Da qui, l’Ordine dei Frati Predicatori divulgò la devozione verso il dipinto miracoloso della Vergine, invocata con il titolo Madonna della grotta proprio in virtù della grotta in cui venne lasciato arenare per sua stessa volontàTrasformata in un tempio nella prima metà del 1600, con il trascorrere dei secoli, i vari proprietari la arricchirono e impreziosirono oltre lo sfarzo.

 

Chiesa di Santa Maria della Grotta
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie alla Grotta in una fotografia di Ledru Mauro del 1890 circa
Fonte: https://www.pinterest.it/pin/782711610216687197/

 

L’edificio resistette al terremoto del 1783, ma non ebbe la stessa fortuna con quello del 1908. Venne, in seguito, fatto riedificare, ma solo nel 1931, sullo stesso modello del tempio originario.

 

Villa Pace
Villa Pace. Fonte: https://www.messinamedica.it/wpcontent/uploads/2019/11/VILLA-PACE-1024×547.png

Una preziosa eredità

La dimensione surreale della frazione di Pace è alimentata dalla maestosità dell’omonima villa. Villa Pace è stata, in passato, sede degli eventi e dei ricevimenti della facoltosa borghesia cittadina.

Si rese celebre per l’ospitalità offerta a illustri personaggi, legati alla storia sociopolitica della città, come il Kaiser Guglielmo II e diversi esponenti di Casa Savoia. Acquistata e rivenduta da vari proprietari, nel 1922, l’Università, al fine di proteggere i beni custoditi e adibirla a centro convegni e mostre, ottenne la residenza a “costo 0”, direttamente dal Tribunale di Messina.

Il 28 giugno 2003, la famiglia Imbesi, l’Università e l’Ordine dei Farmacisti inaugurano a Villa Pace il Museo storico della Farmacia del Mediterraneo che, grazie ai numerosi cimeli e documenti donati dal luminare docente Antonio Imbesi, aumenta il suo valore storico-culturale.

Durante il suo soggiorno, un diplomatico tedesco descrisse Villa Pace come il luogo dell’anima. D’altronde, come poterlo contraddire?

Paradiso, Contemplazione e Pace in poesia

Paradiso, Contemplazione e Pace, con il loro ricco patrimonio paesaggistico, artistico e culturale, hanno influenzato non poche menti.

Qui di seguito, è riportato un estratto della poesia Fra contemplazione e paradiso, dello scrittore Vincenzo Consolo, che ne è la perfetta rappresentazione.

Ora mi pare d’essere, ridotto qui tra Pace e Paradiso, come trapassato, in Contemplazione, statico e affisso a un’eterna luce, o vagante, privo di peso, memoria e intento, sopra cieli, lungo viali interminati e vani, scale, fra mezzo a chiese, palazzi di nuvole e di raggi. Mi pare ora che ho l’agio e il tempo di lasciarmi andare al vizio antico, antico quanto la mia vita, di distaccarmi dal reale vero e di sognare. Mi pare forse per questi bei nomi dei villaggi, per cui mi muovo tra la mia e la casa dei miei figli. Forse pel mio alzarmi presto, estate e inverno, sereno o brutto tempo, ancora notte, con le lune e le stelle, uscire, portarmi alla spiaggia, sedermi sopra un masso e aspettare l’alba, il sole che fuga infine l’ombre, i sogni, le illusioni, riscopre la verità del mondo, la terra, il mare, questo Stretto solcato d’ogni traghetto e nave, d’ogni barca e scafo, sfiorato d’ogni vento, uccello, fragoroso d’ogni rombo, sirena, urlo.

Valeria Vella

Fonti:

https://www.letteraemme.it/perche-i-luoghi-di-messina-si-chiamano-cosi-paradiso-contemplazione-e-pace/

https://www.messinamedica.it/2019/11/messina-nascosta-villa-pace/

https://www.wikiwand.com/it/Pace_(Messina)

https://www.wikiwand.com/it/Paradiso_(Messina)

Messina nel 1780: il quartiere “Piazza Duomo”

Ritorna l’appuntamento dedicato al viaggio nella Messina del 1780. L’architetto Giannone oggi ci accompagna in uno dei punti nevralgici della nostra città: il quartiere di Piazza Duomo.

L’area divenne uno dei principali centri della vita cittadina a partire dal XII , quando venne consacrata la Cattedrale normanna, ma fu solo nel corso degli anni ’50 del 1500 che da slargo medievale l’area si trasformò in una moderna piazza rinascimentale, fulcro del potere religioso e politico della città.

Mappa del quartiere “Piazza Duomo” – Fonte: “Messina nel 1789. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Duomo di Santa Maria La Nova

La Cattedrale di Messina, denominata Duomo di Santa Maria la Nova, ha una lunga storia, funestata da diversi terremoti ed incendi che ne hanno fatto un cantiere a cielo aperto sino ai giorni nostri: la prima costruzione venne realizzata in epoca bizantina, intorno al 530 a.C., durante l’era dell’imperatore Giustiniano.

La nuova Cattedrale, consacrata nel 1197 alla presenza dell’imperatore Enrico VI e della consorte Costanza d’Altavilla, seguì il modello delle grandi chiese normanne: impianto a croce latina rivolta ad Oriente, tre navate, tre absidi mosaicate, la facciata romanica, l’alto campanile posto a sinistra. 

Nel corso del XVI secolo si ebbe la maggiore attività del cantiere del Duomo che interessò il rivestimento marmoreo della facciata, il coro ligneo intarsiato in avorio e madreperla, la creazione di dodici cappelle del superbo apostolato marmoreo, la pavimentazione a tarsie.

Nei primi anni del 1600 venne completata la decorazione delle cappelle del SS. Sacramento e della Sacra Lettera e fu realizzato un ricchissimo baldacchino in bronzo.

Danneggiata dal terremoto del 1638, fu oggetto di vari restauri; in particolare gli interni, a partire dal 1682, vennero decorati in stile barocco dall’architetto Andrea Gallo.

Il successivo terremoto del 1783 distrusse il campanile e la parte superiore della facciata, mentre il terremoto del 1908 causò il crollo di gran parte della struttura: solamente la zona absidale, la cripta e la parte inferiore della facciata rimasero in piedi. 

Campanile del Duomo

La prima torre campanaria è della stessa epoca della chiesa giustinianea. Il campanile vero e proprio, risalente alla successiva epoca normanna, fu restaurato e ricostruito dopo i danni causati da un fulmine, raggiungendo la quota di circa 92 metri di altezza, misura abbastanza singolare per l’epoca.

Questo campanile, raffigurato in tantissime viste ed incisioni dell’epoca, era diviso in cinque livelli collegati al primo tramite una scala a chiocciola. Al di sopra della torre si elevava un altro corpo di fabbrica che ospitava le campane; sulla cima del campanile era presente un angelo in ottone posto su un perno in modo che potesse cambiare posizione in base al soffiare del vento.

Dopo la riconquista spagnola del 1678 il campanile venne spogliato dei numerosi tesori, tra cui le statue di Scipione ed Annibale di epoca romana -di cui si è persa traccia-, e dei documenti custoditi nel primo livello, tra cui molte pergamene attestanti le memorie ed i privilegi della città ed una ricca collezione di manoscritti greci, che furono trasportati a Madrid.

Danneggiato dal terremoto del 1693 e da un fulmine nel 1728, venne in gran parte distrutto dal terremoto del 1783 fino al totale abbattimento nel 1863 a causa di problemi di carattere strutturale che non erano stati risolti dalle varie ristrutturazioni.

L’attuale torre campanaria, con il suo peculiare orologio astronomico, risale agli anni ’30 del secolo scorso.

Visuale dall’alto di Piazza Duomo nel 1780 (ricostruzione) – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Monumento equestre a Carlo II d’Asburgo

La statua rappresenta una raffigurazione allegorica della città ribelle, rappresentata da un’idra, domata dall’imperatore spagnolo; venne eretta nel 1684 nella piazza dove sorgeva il Palazzo Senatorio, che era stato distrutto nel 1678 a seguito della riconquista spagnola.

Il re Carlo, con indosso armatura e stivali, a cavallo di un vigoroso destriero rampante che schiaccia l’idra adornato da una sella e bardature molto decorate, impugna nella mano destra lo scettro mentre con la sinistra il freno del cavallo.

Per realizzare la statua fu usato il bronzo ricavato dalla fusione della più grande campana del Duomo.

Nel 1707 Filippo V ordinò la rimozione dell’idra e fece cancellare le scritte offensive per la città di Messina.

Durante i moti risorgimentali del 1848 la furia popolare smembrò la statua.

Di essa non si ebbero più notizie certe: si narra che sia stata fusa per ricavarne dei cannoni; altre fonti, invece, sostengono che i suoi resti  furono portati a Napoli.

Ricostruzione di Piazza Duomo con in primo piano il Monumento equestre di Carlo II – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Palazzo della Regia udienza

Sede della Corte Stratigoziale fino al 1679, l’edificio fu restaurato dopo il 1783 per divenire il Palazzo dell’Appalto. Sede della Biblioteca Comunale e degli uffici dei tribunali, fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1908 e quindi abbattuto nel 1914.

Di esso rimangono numerose fotografie ed incisioni che mostrano un edificio imponente, con quattordici aperture sulla piazza molto decorate, con abbinamento di balconi e finestre sugli stessi poggioli, ed un grande portone, con colonne in marmo, anch’esso sovrastato da un balcone finemente decorato. Un cornicione in stile dorico coronava l’edificio. 

Fontana di Orione

La Fontana di Orione, progettata e realizzata dall’architetto Montorsoli, tra il 1550 ed il 1553, è considerata una delle più belle fontane rinascimentali.

La fontana, in marmo di Carrara, si compone di tre parti: il basamento dodecagonale, la grande vasca ed il candelabro. Vi sono quattro statue che raffigurano i fiumi Nilo, Eufrate, Tevere e Camaro, diversi mostri marini ed otto bassorilievi che narrano episodi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio.

Il candelabro risente della filosofia neoplatonica: i quattro fiumi sono ascrivibili al primo livello cosmologico insieme ai mostri marini, sirene e tritoni, posti nella parte inferiore del candelabro. Al livello successivo troviamo le Naiadi che annunciano il passaggio dalla materia alla forma. Il terzo livello, l’Anima Cosmica, è rappresentato da putti e figure angeliche che cavalcano delfini. L’ultimo livello, la Mente Cosmica, è rappresentata dal gigante Orione con il fedele cane Sirio.

Ricostruzione della Fontana di Orione, la Statua equestre e il Palazzo della Regia udienza – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Le altre chiese

Nell’area di Piazza Duomo sorgevano anche due importanti chiese: la Chiesa di Sant’Agata e la Chiesa di San Lorenzo.

La prima, eretta nel 1126, fu danneggiata gravemente del terremoto del 1783 e definitivamente distrutta da quello del 1908.

La seconda, parte dell’ampio progetto di ricostruzione e riorganizzazione della piazza ad opera del Montorsoli, fu
completamente distrutta nel 1783.

Alla prossima!

Terminata la nostra seconda tappa, vi diamo appuntamento alla prossima puntata, in cui “visiteremo” il quartiere Quattro Fontante/Purgatorio.

 

Marta Cloe Scuderi

Fonti:

Luciano Giannone, Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa, Giambra Editori, Terme Vigliatore (ME), 2021.

 

“Gran Mirci” a Messina

Chi accede a Palazzo Zanca, sede del Municipio di Messina, ha modo di osservare l’epigrafe in bronzo “Gran Mirci”, ripetuta cinque volte sui cancelli d’ingresso dell’edificio.

Ma in quanti conoscono il significato nascosto dietro quest’antica iscrizione?

La leggenda

Per risalire all’origine della formula occorre andare molto indietro nel tempo.

Corre l’anno 379 d.C. e l’imperatore Teodosio I, prossimo alla morte, decide di suddividere il governo del suo vasto territorio fra i due figli. Assegna, rispettivamente, la parte orientale al primogenito, Arcadio, e quella occidentale al secondo, Onorio.

Questa decisione decreta in modo irreversibile la fine dell’Impero Romano, che non sarebbe mai più tornato ad essere governato da un unico sovrano.

Miniatura n° 32 dalle cronache di Costantino Manasse, con gli imperatori Arcadio, Onorio e Teodosio I – Fonte: wikipedia.org

Di questa divisione approfittano i barbari, già presenti ai confini dell’impero.

L’assedio

Nel 407, Arcadio, già alle prese con una pericolosa instabilità politica, si trova attaccato dai Bulgari.

Questi, con alla testa un certo Assariele, si erano ribellati e avevano preso d’assedio la città greca di Tessalonica, l’odierna Salonicco, costringendo l’Imperatore a lasciare Costantinopoli.

La battaglia infuria nel borgo per un’intera giornata e l’Imperatore e la sua intera cavalleria sono costretti a retrocedere.

Ad Arcadio, in condizioni di prigionia, impotente di fronte all’aspro degenerarsi del conflitto, non resta che richiedere soccorso. Invia messaggi d’aiuto a Taranto, a Brindisi, alla Puglia e ai veneti, ma nessuno di essi intende intervenire.

Si rivolge così, in un ultimo tentativo, a Messina, nota all’epoca come la florida città “dove il più famoso arsenale del Mediterraneo ritrovavasi“.

Il porto di Messina in un dipinto di Juan Ruiz risalente al 1748 – Fonte: pinterest.it

La svolta

All’arrivo delle richieste di aiuto da parte dell’Imperatore, lo stradigò Metrodoro decide di agire in favore di Costantinopoli, armando a proprie spese quattro navi. Successivamente, a lui si unisce Aristide, cavaliere messiene, che ne arma due, Messina che ne arma sette, Reggio e Trapani con una nave e Siracusa con tre.

Con un totale di diciotto navi, sventolanti la bandiera messinese, la flotta capitanata dallo stradigò fa rotta verso l’Oriente.

Sbarcati sulle coste di Tessalonica e annientate le imbarcazioni dell’esercito nemico, Metrodoro e i suoi, con l’aiuto dei tessalonicesi usciti dalla città, decimano i Bulgari, uccidendo lo stesso Assariele.

In tal modo, non solo i messinesi liberano Arcadio dall’assedio, ma riescono persino a riconquistare Costantinopoli, restituendola all’Imperatore.

Di fronte ad una tale prova di valore, ammirato e riconoscente, Arcadio conduce con sé nella capitale lo stradigò e i suoi uomini. Qui, in presenza della sua corte e del popolo, elegge Messina città principale dell’Impero, al pari di Costantinopoli, rivestendola col titolo di Protometropoli della Sicilia e della Magna Grecia e conferendole il “Comando e Governo perpetuo” della Sicilia.

Inoltre, le viene riconosciuto il diritto di fregiarsi dello stesso vessillo imperiale: la croce aurea in campo rosso, tutt’oggi presente nello scudo stemma del Comune di Messina.

Per lasciare ricordo a tutta l’umanità, Arcadio fa scolpire sulla facciata della chiesa di Santa Sofia la formula “Pollè charis te Messene“, che durante l’occupazione angioina sarebbe diventata “Gran Mirci a Messina“, quindi “Molte Grazie a Messina“.

Epigrafe “Gran Mirci” sui cancelli di Palazzo Zanca – Fonte: Messinaierieoggi.it

La versione francese: da “Mirci” a “Merci

Sono diverse le versioni di questa storia che smentiscono l’epopea di Metrodoro.

La leggenda dell’assedio di Tessalonica, infatti, non sembra avere delle basi storiche. Durante il regno di Arcadio non vi è mai stato, effettivamente, un assedio della città, né, tantomeno, una conquista di Costantinopoli.

Per alcuni studiosi, sembra chiaro il riferimento della formula alla tradizionale alleanza fra Messina e i francesi

Alleanza che risale all’epoca delle Crociate e che si protrae alla sanguinosa Guerra dei Vespri Siciliani, durante la quale, sempre secondo gli stessi storici, Messina pare abbia risparmiato gli Angioini, concedendo loro la fuga. 

Da qui, “Merci” a Messina.

 

Valeria Vella

Fonti: 

wikipedia.org/Stemma_di_Messina

mutualpass.it/gran-mirci-

letteraemme.it/gran-merce-a-messina-la-scoperta-a-castanea/

“MessinArcana”: alla scoperta delle bellezze meno note della città

L’associazione No Profit Puli-AMO Messina, nata nell’agosto del 2015 come collettivo spontaneo di cittadini, rappresenta oggi la più importante realtà messinese nell’ambito della rigenerazione urbana. Dichiaratamente apolitica e apartitica, le azioni promosse dall’Associazione mirano alla valorizzazione del territorio a partire dai luoghi della “non-memoria”: tasselli del tessuto urbano di fondamentale importanza storica, artistica o culturale, ma spesso in stato di forte degrado e abbandono.

Ed è proprio per questo che nelle giornate del 4,11 e 19 Maggio 2019 l’ha vista e la vedrà promotrice di MessinArcana, cioè l’apertura al pubblico di siti culturali solitamente inaccessibili, sconosciuti o non sufficientemente valorizzati come: il dietro le quinte del Teatro Vittorio Emanuele II; il Palazzo Samonà, meglio conosciuto come Palazzo dell’INPS; la camera di commercio; il Salone dei Mosaici alla Stazione Marittima; il santuario di Cristo Re, delle mura di Carlo V e delle prigioni. Tre fine settimana totalmente immersi nella bellezza e nell’arte.

Le visite, malgrado le condizioni meteo avverse e il giorno feriale, hanno registrato grande consenso con circa 250 accessi. La manifestazione ha coinvolto e coinvolgerà numerosi enti ed istituzioni che in questi mesi hanno collaborato attivamente nella realizzazione del progetto. MessinArcana realizzatrice di tour del tutto innovativi e inediti, dei tour multimediali. Si tratta di affidare la guida dei luoghi interamente alle mani dei visitatori grazie a delle visite virtuali accessibili tramite apposite applicazioni per smartphone attivabili per mezzo dei QRCode installati nei vari siti d’interesse. I proventi ricavati dalla svariate visite saranno devoluti per l’opera di riqualificazione di un monumento cittadinouna nuova illuminazione artistica della fontana del Nettuno.

Il prossimo appuntamento sarà sabato prossimo, giorno 11 maggio dalle ore 10.30 alle ore 18.00. Si raccomanda lo smartphone alla mano, le cuffiette e il lettore QRCode!

Gabriella Parasiliti Collazzo