SM15, la molecola che “blocca” le cellule tumorali. Una scoperta tutta italiana.

Un gruppo di ricercatori italiani del CNR-IBPM, che fa a capo al Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza di Roma, ha scoperto la molecola SM15 in grado di interrompere il meccanismo di riproduzione sfruttato da alcune cellule tumorali. Questa formidabile scoperta potrebbe rappresentare il punto di inizio per sviluppare alcuni farmaci contro le neoplasie.

Indice dei contenuti

  1. Com’è fatta una cellula eucariote?
  2. Meccanismi d’azione della molecola
  3. Come può intervenire sulla mitosi?
  4. SM15: farmaci antitumorali

Com’è fatta una cellula eucariote?

Per poter apprendere al meglio come agisce la molecola SM15 dovremo prima spiegare alcuni concetti cellulari. La cellula eucariote deve il suo nome al termine greco “Eukaryota”, “vero nucleo”, nella quale vedremo il compartimento nucleare. Questa è la differenza principale con la cellula procariote. Questa cellula sarà caratterizzata da una membrana esterna che delimita la periferia dell’intera struttura e alcuni compartimenti all’interno della stessa, detti organuli, con ognuno un ruolo ben preciso. Questi possiamo distinguerli in base alla loro morfologia e alla loro funzione. Potremo apprezzare un:

  • compartimento nucleare, dotato di doppia membrana, nel quale potremo contenere il DNA, acido nucleico garante di tutte le nostre informazioni, nucleolo e alcune proteine.
  • Vari organelli immersi in una sostanza liquida prevalentemente costituita da acqua, detta Citoplasma: avremo mitocondri, lisosomi, perossisomi, reticolo endoplasmatico liscio e rugoso (RER e REL), apparato di Golgi e varie vescicole. Nel citoplasma e adesi al RER potremo apprezzare i ribosomi, strutture proteiche capaci di poter sintetizzare le proteine.
  • Potremo infine apprezzare un’impalcatura che da sostegno, forma e svolge moltissime altre funzioni all’interno della cellula che prende il nome di Citoscheletro: questo sarà dato da microtubuli, filamenti intermedi e microfilamenti di actina.
Immagine schematica della cellula eucariote. Fonte

La molecola SM15, come vedremo, sfrutterà alcuni processi con i quali potrà svolgere la sua azione sull’autofagia cellulare agendo sull’autofagosoma, sul lisosoma e sull’intero processo di divisione che sfruttano le cellule tumorali per replicarsi.

Meccanismi d’azione della molecola

La SM15 riesce ad inibire l’autofagia cellulare, processo sfruttato dalle cellule per rimuovere alcuni componenti danneggiati del loro citoplasma. In questo modo, è possibile non solo degradarli in parte ma riciclarli per non perdere componenti importanti. In particolare, tali pezzi vengono incorporati in una vescicola citoplasmatica detta autofagosoma. Questa potrà così raggiungere il lisosoma, organello deputato alla degradazione e al riciclo. Lo studio ha riportato l’attività della molecola SM15 sugli ultimi stati dell’autofagia, nei quali si vede la sua azione sulla proteina SNAP29, la quale fa in modo che l’autofagosoma arrivi al lisosoma.

“Nei tumori, l’autofagia svolge un duplice ruolo, perché è in grado di favorire la sopravvivenza o la morte delle cellule tumorali, a seconda del tipo e dello stadio del tumore”, afferma la ricercatrice del Cnr-Ibpm e coordinatrice dello studio, Daniela Trisciuoglio. Infatti questa cellula blocca non solo l’autofagia, ma anche la mitosi. Questa rappresenta quel processo di divisione cellulare dalla cui cellula madre otterremo due cellule figlie uguali tra di loro e uguali alla cellula madre. Un esempio di mitosi potrebbe essere dato dalle cellule dello strato più profondo dell’epidermide, cioè lo strato basale.

Come può intervenire sulla mitosi?

“L’attività della SM15 impedisce la degradazione ed il riciclo di materiali cellulari deteriorati, ormai tossici per la cellula. Durante la mitosi, ovvero il processo di divisione cellulare, la molecola si inserisce nelle regioni responsabili del movimento dei cromosomi, producendo cellule figlie fortemente sbilanciate nel numero di cromosomi, che muoiono in breve tempo”, spiega Francesca Degrassi, ricercatrice del Cnr-Ibpm.

Fasi della Mitosi. Fonte

SM15: farmaci antitumorali

La ricercatrice Francesca Degrassi conclude spiegando come questa ricerca possa avere una grande rilevanza nell’ambito preclinico. La molecola potrebbe infatti essere un potente inibitore di molti tumori che necessitano dell’autofagia per sopravvivere. Alcuni esempi possono essere il Glioblastoma e gli Adenocarcinomi Duttali Pancreatici. In questo modo, i farmaci antitumorali che sfrutterebbero tale molecola potrebbero essere funzionali seguendo due strade sinergiche: la morte in mitosi e l’inibizione dell’autofagia.

Dario Gallo

Bibliografia

Farmaci antitumorali, Cnr scopre nuova molecola che blocca crescita della neoplasia (farmacista33.it)

Scienza, trovata una nuova molecola che blocca le cellule tumorali | F-Mag (fmag.it)

Eukaryota – Wikipedia

Il mistero della fosfina su Venere: c’è vita nell’atmosfera?

In quanto esseri umani, la curiosità ci appartiene da millenni e le domande più frequenti riguardano le nostre origini: chi siamo? Da dove veniamo? Ma soprattutto, siamo soli nell’universo? L’atmosfera di Venere potrebbe dare una risposta.

Venere fotografato dal Mariner 10.
Fonte: NASA/JPL-Caltech

Venere è il secondo pianeta del Sistema Solare, nonché il più vicino alla Terra. Nonostante sia considerato il gemello del nostro pianeta, poiché simile in dimensioni e struttura, in realtà non potrebbe essere più diverso. La sua superficie è costellata da vulcani, montagne e valli. La pressione atmosferica equivale a quella presente a circa mille metri di profondità in un oceano, essendo 92 volte quella della Terra. L’atmosfera è composta principalmente da anidride carbonica e da nubi di acido solforico. Essa è talmente densa da intrappolare il calore del Sole: ciò genera il più forte effetto serra del Sistema Solare che rende Venere perfino più caldo di Mercurio, con temperature che raggiungono i 470°C.

Sicuramente, il nostro vicino roccioso non sembra il pianeta più ideale ad ospitare la vita, eppure il 14 settembre 2020 gli astronomi hanno rilevato nelle sue nubi un gas chiamato fosfina. Ma cos’è la fosfina? E perché è così importante?

La molecola della vita aliena

Riconosciuta da Lavoisier come combinazione di fosforo con idrogeno e scoperta negli anni ’70 nelle atmosfere di Giove e Saturno, la fosfina è un gas altamente tossico per chi respira ossigeno. Sulla Terra è possibile trovarlo in zone paludose o sedimenti lacustri. Secondo uno studio della ricercatrice Clara Sousa-Silva del Massachusetts Institute of Technology (MIT), questo gas è prodotto da organismi anaerobici, come batteri e microbi, che non hanno bisogno dell’ossigeno per vivere, ma assorbono fosfato, aggiungono idrogeno ed espellono fosfina.

Impronta della fosfina nello spettro di Venere.
Fonte: Alma(Eso/Naoj/Nrao), Greaves et al. & Jcmt (East Asian Observatory)

La rilevazione del gas è stata effettuata per la prima volta da Jane Greaves, astrofisica della Cardiff University. Greaves ne scorse la firma spettroscopica nella regione abitabile dell’atmosfera di Venere (circa 60 chilometri di altezza dalla superficie) utilizzando il James Clerk Maxwell Telescope (JCMT), che si trova alle Hawaii. A confermare la scoperta sono state le verifiche effettuate dal team di Sousa-Silva tramite l’Acatama Large Millimiter Array (ALMA) in Cile. ALMA è una rete di radiotelescopi che produce osservazioni ad altissima risoluzione e che dunque permetterebbe una mappatura dettagliata dell’atmosfera di Venere.

L’elaborazione dei dati è stata effettuata tramite un modello sviluppato da Hideo Sagawa, della Kyoto Sangyo University. Si è scoperto che la concentrazione di fosfina nelle nubi è di circa venti parti per miliardo, una quantità più elevata rispetto a quella presente nell’atmosfera terrestre. Dal team degli scienziati Bains e Petkowski sono stati considerati vari scenari in cui sarebbe possibile la produzione di fosfina che non sia collegata alla vita: la luce solare, l’attività vulcanica, un impatto di un meteorite e i fulmini. Tra tutti i casi analizzati, nessuno è risultato avere una concentrazione di questo gas tossico tanto alta quanto quella presente nell’atmosfera di Venere. L’unica spiegazione possibile resta dunque la presenza di organismi viventi.

James Clerk Maxwell Telescope (JCMT). Fonte: eaobservatory.org

C’è vita su Venere?

In realtà la risposta non è quella che gli astronomi speravano di ottenere, in quanto la presenza di fosfina potrebbe essere stata un abbaglio. Un gruppo di scienziati, guidato da Therese Encrenaz dell’Osservatorio di Parigi, ha analizzato i dati ottenuti nel 2015 dall’Infrared Telescope Facility (IRTF) della NASA alle Hawaii. I dati hanno mostrato che la fosfina presente nell’atmosfera di Venere è pari a un quarto rispetto a quella rilevata nello studio originale. Inoltre, il gas si troverebbe al di sopra delle nubi, ipotesi considerata improbabile dagli astronomi dal momento che si disperderebbe molto facilmente.

La ricercatrice Sousa-Silva ha tentato di dare una spiegazione alla mancanza di fosfina, dichiarando al National Geographic che la quantità potrebbe variare nel tempo. Un altro interrogativo riguarda l’altitudine: le osservazioni all’infrarosso potrebbero non aver sondato le nubi a una profondità tale da rilevare il gas ai livelli riportati.

Un’altra analisi ai dati

La ricerca però non finisce qui. Altri scienziati hanno deciso di analizzare nuovamente i dati ottenuti dai telescopi JCTM e ALMA. Sfortunatamente, anche stavolta, non vi è stata alcuna evidenza della presenza di fosfina.

Per quanto riguarda il JCTM, il telescopio ha rilevato una linea spettrale alla giusta frequenza, la stessa che corrisponde all’anidride solforosa presente nell’atmosfera di Venere.
I dati ricavati da ALMA sono stati più difficili da elaborare. Trattandosi di apparecchi ad altissima risoluzione, catturano molto rumore di fondo. Per ottenere dei segnali, il team ha dovuto utilizzare un metodo chiamato adattamento polinomiale. Questo metodo consiste nel rimuovere matematicamente il rumore di fondo intorno alla regione in cui si sarebbe dovuta trovare la fosfina. Purtroppo, può produrre dei falsi segnali se utilizzato con più variabili e unito a dei dati ‘’rumorosi’’. Nonostante l’analisi accurata e la ricalibrazione di ALMA, lo spettro di Venere non mostra presenza di fosfina.

Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA).
Fonte: Di Iztok Bončina/ESO – http://www.eso.org/public/images/potw1040a/, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11686363

La ricerca continua

Gli scienziati continuano a lavorare, fiduciosi di poter risolvere il mistero della fosfina. In fondo è proprio così che la scienza funziona.

“Abbiamo bisogno di ulteriori osservazioni in modo da non fare affidamento su pochi, molto rumorosi set di dati,” ha spiegato Sousa-Silva. “La lezione è spingere per ulteriori analisi e più dati.”

‘’In un universo infinito, deve esserci altra vita. Non vi è dubbio più grande. È tempo di impegnarsi per trovare una risposta.’’ 

 

Serena Muscarà

 

 

Bibliografia

https://news.mit.edu/2020/life-venus-phosphine-0914
https://www.media.inaf.it/2020/09/14/venere-vita-fosfina/
https://www.eso.org/public/news/eso2015/
https://news.mit.edu/2019/phosphine-aliens-stink-1218
https://www.nature.com/articles/s41550-020-1174-4
https://www.nationalgeographic.com/science/2020/10/venus-might-not-have-much-phosphine-dampening-hopes-for-life/