L’AMGOT: storia del governo militare della Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale

La seconda guerra mondiale è stata un evento che ha sconvolto le dinamiche culturali, politiche ed economiche d’Europa. Allo stesso tempo, il suo esito ha gettato le basi per gli odierni equilibri internazionali, con conseguenze tutt’ora tangibili, derivate dalle numerose vicende che l’anno caratterizzata. Tra queste, vi è quella dell’operazione Husky, meglio conosciuta come lo sbarco in Sicilia delle forze anglo-americane.

 Bombardamento di Messina ad opera delle forze Alleate, 1943 – Fonte: normanno.com

Forse non tutti sanno che tale operazione si tradusse in una vera e propria occupazione militare del suolo siciliano, che ha comportato una riorganizzazione amministrativa delle istituzioni fasciste, le quali vennero rimosse da tutti gli ambiti della vita pubblica, partendo dai podestà, passando dai professori universitari nominati dal regime per la loro alta fama (17 a Palermo, 17 a Messina, 5 a Catania), fino agli stessi Tribunali. Questa grande opera, che prese il via con la caduta di Messina (17 agosto 1943) – e conseguente conquista della Sicilia da parte degli Alleati – prese il nome di Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT).

 

L’istituzione dell’AMGOT e delle Am-lire

L’istituzione dell’AMGOT è stata prevista dalla Conferenza di Casablanca (12 gennaio 1943), con lo scopo di amministrare i territori liberati. Il governo dell’Isola spettava congiuntamente agli inglesi e agli americani, competenti rispettivamente in Sicilia occidentale e in Sicilia orientale. Subito dopo lo sbarco, il 10 luglio, il generale Alexander (1891-1969), in qualità di governatore militare della Sicilia, emanò diversi proclami. Il primo sanciva il passaggio dei poteri politici e amministrativi del Governo italiano, ancora guidato da Mussolini (1883-1945), al governo militare. Uno di dei più importanti imponeva una valuta d’occupazione stampata negli USA è decisamente svalutata: stiamo parlando delle celebri am-lire entrate in circolazione in 8 tagli (da 1 a 1000).

Banconota di una am-lira – Fonte: wikipedia.org

I legami con la mafia

Per facilitare la gestione dei territori, orfani dei podestà in fuga, l’AMGOT decise di nominare come sindaci le personalità più influenti dei singoli luoghi, molto spesso indicati direttamente dalla Chiesa, ben radicata in tutta la Sicilia. Questo, però, portò all’insediamento di elementi legati alla mafia, come Giuseppe Genco Russo (1893-1976) e Calogero Vizzini, detto don Calò (1877-1954), nominati rispettivamente primi cittadini di Mussomeli e Villalba. La mafia, dunque, dopo aver agito da intermediaria nella preparazione dello sbarco in Sicilia degli Alleati e aver garantito il supporto delle masse alla loro avanzata, ebbe un ruolo da co-protagonista nell’amministrazione dell’Isola liberata.

Ufficialmente smentita dai entrambi i governi alleati, la collaborazione tra l’AMGOT e la mafia era nota agli amministratori anglo-americani. In particolare, il capitano W.E. Scotten (1904-1958) in un suo rapporto – riportato nella scena finale del film di Pif “In guerra per amore” (consigliata la visione) – sottolineava come in Sicilia, in seguito all’occupazione alleata, si fosse verificata una notevole riaffermazione della mafia e che “l’abbandono di qualunque tentativo di controllo della Mafia in tutta l’isola” avrebbe potuto “significare la consegna dell’isola ai poteri criminali per un lungo periodo di tempo”. Cosa che di fatto è avvenuta.

 

Giuseppe Genco Russo – Fonte: wikipedia.org

 

Caloggero Vizzini – Fonte: wikipedia.org

I rapporti con il MIS

Oltre ai rapporti con la mafia, i dirigenti dell’AMGOT tessero una fitta rete di relazioni con la forza politica in quel momento più popolare dell’Isola: il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS). Costituitosi nel 1942 – inizialmente con il il nome di Comitato per l’Indipendenza della Sicilia (CIS) – fu uno dei partiti protagonisti dello scenario politico siciliano negli anni ’40– con l’elezione di quattro suoi esponenti all’Assemblea Costituente –, prima di sciogliersi definitivamente nel 1951.

I legami – rigorosamente non ufficiali poiché gli anglo-americani si dichiararono al di sopra di qualsiasi schieramento politico – si istaurarono soprattutto in chiave anti-comunista. Il supporto del MIS proveniva, infatti, soprattutto dai ceti meno abbienti, attratti dal carisma e dall’ars oratoria del leader indipendentista Andrea Finocchiaro-Aprile; questo rese il MIS un valido rivale dello schieramento social-comunista. Prova tangibile di questo rapporto privilegiato fu la nomina a sindaco di Palermo del barone Lucio Tasca (1880-1957), esponente dell’ala conservatrice del movimento.

La bandiera del Movimento Indipendentista Siciliano – Fonte: wikipedia.org

 

L’11 febbraio 1944: la fine dell’AMGOT

L’esperienza dell’AMGOT in Sicilia si concluse con il proclama numero 16 del generale Alexander, emanato   l’11 febbraio 1944. Questo atto, infatti, sanciva il passaggio dell’Isola alla giurisdizione del governo italiano, presieduto da Badoglio (1871-1956) , anche se – come il resto dei territori liberati – restava sotto la supervisione di un organo istituito come evoluzione dell’AMGOT: la Commissione Alleata di Controllo.

Quest’organismo controllò la vita politica e ammnistrativa in Italia fino alle elezioni dell’Assemblea Costituente e al Referendum istituzionale del 1946, per evitare che il Paese si allontanasse dalla sfera di influenza politica degli anglo-americani, messa a rischio dalla crescente forza dello schieramento social-comunista.

©Mario Antonio Spiritosanto – Manifesto bilingue, usato durante le riprese del film di Pif “In guerra per Amore”, Erice (TP) 2020.

L’esperienza anglo-americana della Sicilia e dell’Italia è forse uno dei temi che più ci ha riguardato direttamente in quanto comunità. Di certo, le forze alleate identificarono l’Isola come una zona strategica, non solo per capovolgere le sorti del conflitto mondiale, bensì per il futuro ed ulteriore controllo dello scacchiere internazionale, ed in particolare del Mediterraneo. Tuttavia, l’idea di una Sicilia “a stelle e strisce” ha trovato l’opposizione non solo dell’allora Regno d’Italia, ma anche del popolo siciliano, convinto nel voler ottenere un’organizzazione autonoma su cui poter ricostruire – finalmente – la propria identità.

Ma questa è un’altra storia.

Salvaotre Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

storiaxxisecolo.it ;

The Sicilian Separatist movement: 1943-1946, Monte S. Finkelstein

 

Per approfondire:

M.T. Di Paola, Gli alleati e la Sicilia: guida ai documenti del Pubblic Record Office (1940-1947), Isituto siciliano per la storia dell’Italia contemporanea, Palermo 1979;

M. Ganci, L’A.M.G.O.T. in Sicilia, in Id., La Sicilia contemporanea, Società Editrice Storia di Napoli del Mezzogiorno Continentale e della Sicilia, Napoli-Palermo 1980, pp. 121-13;

G. Di Capua, Il bienno cruciale (luglio 1943/giugno 1945). L’Italia di Charles Poletti, Rubettino, Soveria Mannelli, 2005;

 

Immagine in evidenza:

L’ingresso degli Alleati a Messina – Fonte: normanno.com

 

Cronache del 2 giugno 1946: quale fu l’esito del referendum a Messina?

La data del 2 giugno rappresenta il Natale del “calendario liturgico laico” della Repubblica Italiana, nata proprio in virtù dell’esito del referendum che si tenne in questo giorno, 74 anni fa. La festività del 2 giugno, istituita nel 1949, fu soppressa nel 1977 e ricollocata alla prima domenica del mese di giugno. Nel 2001 però, in considerazione della notevole importanza di questa data, la festa fu ricalendarizzata secondo la previsione iniziale.

La celebre foto che festeggia la nascita della Repubblica

 

L’Italia diventa Repubblica

La scelta delle giornate del 2 e del 3 giugno 1946 fu effettuata dopo che, a quasi un anno dalla fine della guerra, la cosiddetta “seconda costituzione provvisoria“, emanata da Umberto, figlio di Vittorio Emanuele III e luogotenente del Regno, sancì che la questione istituzionale, ossia la scelta tra Monarchia e Repubblica, fosse rimessa direttamente ai cittadini, tramite referendum, e non, come prima si era stabilito, all’Assemblea Costituente.

L’esito è noto a tutti: la Repubblica prevalse di poco con quasi il 55% dei suffragi. Quello che non tutti sanno, invece, è che l’Italia si spaccò in due zone-geopolitiche: a nord prevalse la Repubblica, al sud prevalse la Monarchia. La quinta circoscrizione elettorale più fedele all’istituto monarchico fu quella di Catania, di cui faceva parte anche la città di Messina.

Geografia del voto del referendum istituzionale sul territorio nazionale diviso in circoscrizioni – Fonte: focus.it

Propaganda e scontri a Messina

Nei mesi antecedenti al voto i messinesi sostenitori della Monarchia erano numerosi e ben strutturati, con una massiccia componente di giovani. Dall’altra parte, i fautori della Repubblica, provenienti prevalentemente dai partiti comunista, socialista e repubblicano, nonostante fossero in netta minoranza, si mobilitarono con volantinaggi e attacchinaggio per tutto il territorio cittadino. Entrambe le fazioni organizzavano comizi e dibattiti, spesso improvvisati, che quasi sempre si trasformavano in scontri, sia verbali che fisici.

Uno di questi episodi avvenne il 29 maggio del 1946 in occasione della visita di Umberto di Savoia, da poche settimane divenuto re Umberto II, in seguito all’abdicazione del padre; questa mossa di Vittorio Emanuele III era volta ad incrementare il consenso per il regime monarchico, ma suscitò le polemiche degli avversari di Casa Savoia. Dopo che il “re di maggio” si affacciò dal balcone della Prefettura, salutò i suoi sudditi messinesi e rivolse loro un sorriso: nel silenzio che seguì gli applausi e le grida festose della folla, da un gruppetto di circa  quaranta infiltrati sostenitori della Repubblica si levò a gran voce un coro abbastanza chiaro: “Buf-fo-ne, buf-fo-ne”. Il re smise di sorridere e si ritirò all’interno del palazzo del Governo; i suoi sostenitori, aiutati dai marinari delle navi da guerra ormeggiate, iniziarono a pestare i contestatori: qualcuno riuscì a fuggire, altri meno fortunati furono gettati in mare, oltre la balaustra della passeggiata.

Un volantino a favore della Monarchia che ritrae Umberto II con la sua famiglia – Fonte: messinaora.it

 

L’esito del referendum a Messina e provincia

La fase che precedette le due giornate fu molto turbolenta perché la posta in gioco era molto alta: oltre a scegliere sulla forma di Stato i cittadini erano chiamati ad eleggere i membri dell’Assemblea Costituente, incaricata di redigere la nuova Costituzione. L’esito a livello nazionale, come abbiamo visto, non fu scontato; un po’ più prevedibile fu la schiacciante vittoria della Monarchia nella città dello Stretto, dove ottenne 78.343 (85,35%) voti a favore contro i 13.446 (14,65%) per la Repubblica.

Messina fu una dei comuni della nostra provincia in cui la Monarchia ottenne le percentuali maggiori di suffragi, ma non fu la più fedele ai Savoia: questo primato spetta all’ex comune di Lanza, ora inglobato nel comune di Malvagna sito nella valle dell’Alcantara, in cui l’istituto monarchico conquistò il 95,95% dei voti. Altri tre comuni superarono l’elevata soglia del 95%:  Oliveri (95,11%), situato nella costa tirrenica, Malfa (95,06%) e Leni (95,54%), entrambi appartenenti all’isola di Salina.

In controtendenza con la quasi totalità della provincia, solo in nove comuni (su 92) prevalse la Repubblica e in tre di essi i suffragi a favore del nuovo regime superarono la soglia del 60%: San Piero Patti (69,37%), Tusa (62,74%) e Mazzarà Sant’Andrea (60,05%), situati nella zona tirrenica.

In generale, il dato a favore della Monarchia relativo alla provincia intera fu meno netto rispetto a quello registrato in città, ma fu superiore rispetto a quello di tutte le altre province della Sicilia (nella provincia di Trapani addirittura prevalse la Repubblica).

 

La scheda del referendum istituzionale – Fonte: fattiperlastoria.it

Le elezioni dell’Assemblea costituente

Contemporaneamente al referendum istituzionale, come già detto, si tennero le prime elezioni politiche dopo il fascismo, le prime dello Stato unitario alle quali parteciparono le donne. Nella circoscrizione in cui era presente Messina si presentarono dodici liste: i partiti che sostenevano la Repubblica, ossia il Partito Comunista (PCI), il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP), il Partito Repubblicano (PRI) e il Partito d’Azione; i partiti filo-monarchici, ossia l’Unione Democratica Nazionale (composta dagli esponenti liberali), il Blocco Nazionale delle Libertà e il Fronte dell’Uomo Qualunque; la Democrazia Cristiana (DC), che non diede una specifica indicazione ai suoi elettori sul referendum istituzionale; e i partiti indipendentisti, fra i quali il più importante era il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS).

9 delle 12 liste della circoscrizone di Catania – Fonte: elezionistorico.interno.gov.it

 

Il leader del MIS Andrea Finocchiaro Aprile, da sempre avverso alla monarchia sabauda decise di schierarsi a favore di essa per convenienze politiche; addirittura l’ala destra degli indipendentisti avrebbe avuto in mente la restaurazione, tramite colpo di Stato, della Monarchia in una Sicilia indipendente, in caso di vittoria della Repubblica. Come si sa questa ipotesi naufragò, sia per il blando consenso, al di sotto delle aspettative, ottenuto dagli indipendentisti alle elezioni, sia a causa della partenza per l’esilio della famiglia reale.

Nella provincia di Messina la Democrazia Cristiana ottenne i maggiori suffragi, seguita dai partiti filo-monarchici; in città, invece, fu l’Unione Democratica Nazionale, i cui maggiori esponenti erano legati alla città dello Stretto, ad imporsi come prima lista. Dei 23 deputati eletti nella circoscrizione soltanto cinque erano messinesi (non solo di origine): il democristiano Salvatore Attilio, i liberali Gaetano Martino, Guido Basile, Giuseppe Candela e Uberto Bonino. Ad essi si aggiunse il deputato comunista Umberto Fiore, in seguito alla morte di Antonino d’Agata, il 26 febbraio 1947, che lo precedeva nella lista del PCI.

  Da sinistra: Attilio, Basile, Bonino, Candela, Martino e Fiore – Fonte: camera.it

 

Messina città conservatrice?

L’analisi dei dati elettorali ci ha permesso di comprendere quanto fosse conservatrice la città di Messina. È possibile che questo dato sostenga la tesi per la quale le tendenze conservatrici nella città dello Stretto siano state sempre maggioritarie? Ed è possibile che queste tendenze molto spesso abbiano precluso alla comunità messinese lo slancio verso il progresso e il benessere collettivo?

 

 Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

https://elezionistorico.interno.gov.it/

http://www.messinaora.it/notizia/2014/06/02/messina-monarchica-anno-1946-ecco-cosa-accadeva-nei-giorni-che-precedettero-il-referendum/29719

Ganci M., L’Italia antimoderata, socialisti, radicali, repubblicani, autonomisti dall’Unità a oggi (Arnaldo Lombardi Editori)