Taiwan continua a mostrare la sua apertura mentale con le prime nozze gay militari. L’Italia invece continua a “giocare” sul ddl Zan

Mentre in Italia si continua a lottare per l’approvazione di una legge che tuteli le persone omosessuali ed i loro diritti, dall’altra parte del mondo si festeggiano due neo coppie sposine. Una notizia del genere ormai non desta molte attenzioni, ma il settore e lo stato in cui due donne hanno sposato le loro compagne genera un piacevole stupore.

La cerimonia

A Taoyuan, municipalità di Taiwan, due coppie gay composte da militari e civili sono convolate a nozze insieme ad altre decine di coppie etero, il tutto accompagnato da un enorme parata militare e da infinite bandiere arcobaleno. La cerimonia è stata officiata dal ministro della Difesa dell’isola e le foto sono poi finite sulla pagina Facebook dell’esercito taiwanese, diventando immediatamente virali e generando molti commenti a sostegno della comunità LGBTQ+.

Foto generale con tutte le coppie neo sposine. Fonte: Shutterstock

La situazione LGBTQ+ di Taiwan

Taiwan è stato il primo paese asiatico a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso, con una legge emanata a maggio dello scorso anno in difesa delle unioni omosessuali. Adesso fa un altro passo avanti. Mentre il resto dell’Asia resta dell’idea che l’omosessualità è qualcosa di immorale ed inaccettabile, la piccola Repubblica di Cina insulare dimostra che anche un settore chiuso e maschilista come quello militare può (e deve) aprirsi ai cambiamenti, spogliandosi dei suoi pregiudizi.

Yi Wang e Yumi Meng posano durante la sfiliata militare tenutasi in occasione delle nozze. Fonte: NEG ZONE

Le considerazioni delle due neo sposine

Le due coppie hanno seguito la tradizione, scegliendo l’una di indossare la divisa militare e l’altra il classico abito da sposa bianco e lungo. Sventolavano orgogliosamente bandiere arcobaleno che richiamavano la parata del Pride di Taipei, che si terrà sabato e che si prevede sarà uno dei più grandi a livello mondiale. Intervistata, la maggiore Yi  Wang ha detto:

Spero di aumentare la visibilità degli omosessuali in modo che la gente capisca che anche noi siamo solo una parte della vita quotidiana.

Chen Ying-hsuan, luogotenente di ingegneria, continua:

Spero che più coppie dello stesso sesso possano coraggiosamente distinguersi. L’esercito è aperto e siamo tutti uguali di fronte all’amore.

L’altra coppia è composta da Chen Ying-hsuan e Li-li Chen e anche loro hanno posato con i carro armato presenti alla sfilata. Fonte: SPYit

Il paragone con l’Italia

Tutto ciò deve fare riflettere sulla situazione in Italia. Se un paese con Taiwan, sotto il controllo cinese, riesce a svecchiarsi delle sue ideologie, perché non può farlo anche l’Italia, uno stato europeo libero e democratico? Forse è troppo difficile accettare qualcosa che non appartiene alla maggioranza ma che è indispensabile alla minoranza per vivere la sua quotidianità e la sua normalità. In un periodo in cui anche papa Francesco dichiara che occorre una maggiore apertura mentale, perché si continua ad assistere ad episodi omofobi nel territorio italiano?

La Camera dei deputati. Fonte: Il Messaggero

Il disegno di legge Zan

La legge Zan contro l’omostranfobia continua a trovare opposizioni ed è rimasta sospesa fino a due giorni fa, quando la Camera ha finalmente approvato i suoi primi cinque articoli che riguardano non solo l’omotranfobia, ma anche la misoginia e le discriminazioni verso i disabili. Il disegno di legge si compone in totale di dieci articoli e prevede anche l’introduzione di una giornata nazionale contro l’omotransfobia. A questa giornata si è opposto Vittorio Sgarbi, che è stato successivamente espulso dall’Aula poiché si è rifiutato di indossare la mascherina. Inoltre il centrodestra ha nuovamente tentato a forzare il voto assentandosi e facendo quindi mancare il numero legale ma questa volta non sono riusciti nell’intento. L’esame della legge riprenderà giorno 3 novembre.

Sarah Tandurella

Amerigo Vespucci: quando un veliero diventa la tua casa

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Negli ultimi tre giorni, esattamente dall’1 giugno al 3 giugno, nel porto di Messina ha attraccato lo storico veliero ‘’Amerigo Vespucci’’. Con i suoi altissimi alberi e l’obiettiva imponenza, ha incuriosito varie centinaia di persone che hanno potuto visitarlo dalle 14:30 alle 17:30 e dalle 20:00 alle 21:30 nei giorni di mercoledì e giovedì appena trascorsi.

Il Vespucci è stato progettato nel 1930 dall’ingegnere Francesco Rotundi e fu varato, per la prima volta, il 22 febbraio 1931. Da quell’anno, a parte qualche periodo durante il quale sono stati fatti lavori di manutenzione, assolve il compito di nave-scuola per l’addestramento degli allievi ufficiali dei ruoli normali dell’Accademia Navale.

Quando mi sono recata al porto per dare un’occhiata sono rimasta incantata. A vederlo da fuori ricorda quasi una nave dei pirati, ti aspetteresti da un momento all’altro di veder spuntare Peter Pan e Capitan Uncino, insieme a Trilli, Wendy e tutti i Bambini Sperduti. Si porta dietro un’aura quasi magica, quando si è molto vicini non si può fare a meno di alzare la testa e sospirare un ‘’uao’’.

Ma com’è vivere e lavorare su una nave del genere, un veliero così antico ed elegante? Di certo non è tutto oro ciò che luccica, però c’è un certo orgoglio nel cuore dei ragazzi che, giorno e notte, vivono le loro vite tra quelle assi, sballottolate dal mare. Me ne parla F., un mio amico facente parte dell’equipaggio.

All’inizio non sono riuscita a trascinarlo con l’entusiasmo della mia curiosità, piuttosto ha iniziato descrivendomi tutti i difetti di quella che effettivamente, in questo momento, è casa sua. Divide una stanza con altre 59 persone, ci sono 4 bagni per tutti loro, privacy zero. E poi i classici orari da militare: sveglia alle 6 del mattino con stacco alle 23, turni faticosi, compiti difficili. A 22 anni passare dal lusso di casa propria (e non si parla prettamente di lusso materiale, quanto della mamma che ti accudisce in tutto e per tutto) a questo stile di vita non è di certo una passeggiata.

Mi ha raccontato molto del suo distacco da casa, dagli amici, dalla famiglia, ‘’come se stessi partendo per non tornare’’. Molti di noi sono studenti fuori sede, ma questo è sicuramente un distacco diverso. Devi imparare subito e in fretta a saper fare tutto e anche di più. Piano piano, però, il mio amico si è sciolto ed ha cominciato a raccontarmi la parte bella di questo suo viaggio.

Così, ha iniziato spiegandomi i vari ruoli che ognuno di loro ha, da quello più ‘’infame’’ a quello del comandante. Mi ha spiegato con quali figure lui si rapporta ogni giorno, dei suoi compiti e dei luoghi in cui li svolge. Ridendo mi ha detto di come sia incredibile vedere i nocchieri arrampicarsi sui pennoni degli alberi e aprire le vele (confermandomi che lui soffre di vertigini al solo pensiero).

Presi dall’entusiasmo siamo saliti insieme a visitare la nave che, se da fuori è meravigliosa, dentro è uno spettacolo. Ogni zona in cui mi portava aveva due storie da raccontare, una per i turisti e una per chi ci vive come lui. Mentre passeggiavo sui ponti, entravo nelle stanze e scendevo quelle scalette di ferro ripidissime e strettissime per passare da un reparto all’altro (da cui sono, ovviamente, scivolata, ed ho, altrettanto ovviamente, sbattuto la testa, con lui che invece saliva e scendeva con una naturalezza odiosa), lui era il mio cicerone, la mia guida turistica e, al contempo, un amico che si perdeva in aneddoti da ragazzino facendomi ridere con lui.

Dopo la prima settimana di vero disagio, di immobilizzazione data dal mal di mare e di fedeli sacchetti per il vomito, di ‘’ non posso vivere qua sopra sei mesi’’, semplicemente ti abitui. Ti godi il mare calmo e ti abitui al mare mosso tanto che diventa un dolce dondolio la notte, tanto da conciliare il sonno. Ti abitui al fatto che il cellulare non prende, ti scordi di averlo e non ne senti più il bisogno. Ti abitui a stare con i tuoi pensieri, con molti pochi svaghi, ma un ponte meraviglioso dove, la notte, puoi fumarti una sigaretta e vedere le stelle come non le hai mai viste, libere dalla luce artificiale. Mi ha anche confermato il fatto che il ‘’mal di terra’’ esiste davvero, una volta sceso barcolli per un momento.

È una vita abbastanza peculiare ma, per una civile come me, ha un fascino particolare. Più lui raccontava, più io trovavo altre domande da porgli. Mi ha confessato che spesso si sente frustato ma quando racconta la sua storia e poi si gira e vede il Vespucci illuminato, di notte, dal tricolore, non può non sentirsi un italiano fiero di quello che fa, scordandosi della stanchezza.

Alla fine della nostra lunga chiacchierata, una domanda mi premeva più di tutte: se dovessi tornare indietro, sceglieresti lo stesso di fare questa esperienza?

La risposta è stata ”sì”.

Elena Anna Andronico