Milano: accoltellato Niccolò Bettarini

Risultati immagini per bettarini ventura figlioUna serata di divertimento finita nel sangue. Niccolò Bettarini, figlio diciannovenne dell’ex calciatore Stefano Bettarini e della conduttrice televisiva Simona Ventura, è stato accoltellato ieri prima dell’alba a pochi passi dall’Old Fashion, nota discoteca milanese, ed è ricoverato all’ospedale Niguarda: undici fendenti sferrati con una lama (o un punteruolo) al tronco, all’addome e a un braccio. Nella notte gli Agenti dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, assieme alla Squadra Mobile della Questura di Milano hanno sottoposto a fermo due  cittadini italiani di 24 e 29 anni e due cittadini albanesi di 23 e 29 anni, gravemente sospettati del tentato omicidio del ragazzo. Uno dei fermati sarebbe legato alla curva dell’Inter. Si tratta di un ragazzo di poco più di vent’anni, raggiunto da un provvedimento di Daspo negli anni scorsi. Il giovane durante l’interrogatorio di ieri, avrebbe negato di aver colpito Bettarini. Sono in corso accertamenti di natura amministrativa per un provvedimento del questore Marcello Cardona riguardante il locale. Il diciannovenne sarà sottoposto, con tutta probabilità oggi, a un intervento chirurgico all’avambraccio per un nervo lesionato. Le condizioni del giovane sono in miglioramento.

Le luci delle Volanti hanno illuminato viale Alemagna, in pieno centro a Milano, ieri alle 5.20: sangue fuori dalla discoteca, circondata dal verde del Parco Sempione. All’origine ci sarebbe stato un diverbio avvenuto tre settimane fa tra un amico di Niccolò Bettarini e un gruppo di ragazzi. Gli animi si sarebbero scaldati di nuovo sabato sera, forse anche per colpa dei fumi dell’alcol, quando i rivali si sono incontrati nuovamente, per caso: schiaffi ai danni dell’amico di Bettarini, finché i ragazzi non sono stati allontanati dalla security del locale. La calma è durata poco: la lite si è riaccesa all’esterno dove Niccolò, uscito in un secondo momento, passando vicino alla rissa ha avuto la peggio, a quanto pare per aver preso ancora una volta le difese di quel giovane.

Viale Alemagna, lite fuori dalla discoteca: 19enne accoltellato. E' Niccolò Bettarini

Il diciannovenne aveva trascorso tutta la sera nel locale con gli amici. Gli agenti della Squadra mobile e delle Volanti hanno ascoltato tutti i testimoni, a partire dagli amici di Niccolò. “Non so perché sia scoppiata la lite ma si sono accaniti contro il Betta, ne ho spinto via uno. Lui perdeva molto sangue”, ha raccontato uno di loro. “Li ho riconosciuti, tre di loro sembravano drogati, avevano 30-40 anni. Uno aveva gli occhi azzurri. Spero che in galera stiano anni”. Testimonianze drammatiche: “Erano come animali”. La polizia è al lavoro per mettere insieme i fili con l’aiuto dei filmati, a partire dalle registrazioni di 33 telecamere collocate dentro e fuori dal locale. Fondamentale sarà il racconto del diretto interessato, appena le condizioni glielo permetteranno.

Santoro Mangeruca

Gay Pride, il cielo è arcobaleno sopra Milano

Si conclude oggi a Milano la Week Pride, la 10 giorni di eventi, concerti, mostre e spettacoli che si è conclusa con la parata finale del 30 giugno scorso, all’insegna della libertà e della rivendicazione dei diritti per la comunità Lgbt. L’hashtag di quest’anno è #civilimanonabbastanza.

Per una settimana, dal 22 giugno all’1 luglio, Milano si è addobbata a festa. L’onda arcobaleno invade il capoluogo lomabardo. #Civilimanonabbastanza è il tema della Milano Pride 2018 perché, come sottolinea Fabio Pellegatta, presidente Associazione Arcigay Milano:

Milano ha raggiunto tanti traguardi ma c’è ancora tanto da fare, è un percorso di crescita culturale. Con queste politiche che cercano di farci arretrare in una dimensione culturale lontana dai tempi che stiamo vivendo, dobbiamo ancora di più scendere in piazza. Non sono i ministri che dicono cosa è diritto, ma le nostre vite

L’evento, giunto alla sua sesta edizione, raccoglie migliaia di uomini, donne, bambini, etero, gay transessuali, bisex e non per unirsi alla giornata mondiale dell’orgoglio gay, celebrata in tutto il globo, che mantiene in vita la memoria dei moti di Stonewall del 1969. La storia narra che la sera del 28 giugno 1969 allo Stonewall Inn – un locale di New York ancora oggi esistente e frequentato per la maggior parte da omosessuali e transessuali – la polizia irruppe iniziando a perquisire e portar via i clienti. Il fine della retata era quello di verificare che tutti gli avventori avessero almeno 4 capi gender coerenti, ovvero che rispecchiassero il sesso di nascita. Chi non rientrava nei canoni veniva pestato, violato e abusato dagli agenti.

Quella sera però, i clienti del club, dopo anni di discriminazioni e violenze, “SI SONO ROTTI IL CAZZO – scrive Antonio Andrea Pinna (influencer) sul suo profilo Facebook. E nonostante tacchi a spillo, parrucche sintetiche e boa di piume, hanno risposto alla violenza autorizzata della polizia con altrettanta violenza. VINCENDO però. I poliziotti scapparono a gambe levate e con molte ossa rotte. Fu una RIVOLUZIONE. Esattamente un anno dopo fu organizzato il primo Gay Pride a New York. Durante questa marcia i partecipanti scesero in strada mettendosi addosso tutto ciò che non avrebbero mai potuto indossare pubblicamente prima. Per le travestite e per le transessuali fu forse la prima volta in cui videro la luce del sole sentendosi libere di essere se stesse. Lo slogan era ‘Say it clear, say it loud. Gay is good, gay is proud’ (Dillo in modo chiaro, e urlalo. Essere gay è giusto, essere gay è motivo d’orgoglio)” 

La situazione trova sfogo anche sul versante politico. Vincenzo Spadafora, sottosegretario alle Pari Opportunità, partecipa al Pompei Pride in rappresentanza dell’esecutivo gialloblu dichiarando:

Sono qui per testimoniare il mio sostegno e quello del governo. So che in una parte del governo non c’è la stessa sensibilità ma l’Italia non tornerà indietro, non si perderanno i diritti conquistati

Una risposta, seppur indiretta, che arriva settimane dopo le dichiarazioni del ministro Fontana per cui “le famiglie arcobaleno secondo la Legge non esistono” e quelle del neo ministro dell’interno e vicepresidente del consiglio che, in occasione di un comizio a Brindisi, dice:

Farò tutto quello che è legalmente, umanamente e civilmente possibile fare perché la mamma continui a chiamarsi mamma e il papà continui a chiamarsi papà

#Civilimanonabbastanza, per ricordarci che l’Italia, che millanta di essere uno dei Paesi più importanti e influenti del pianeta, non ha ancora capito come si sta al mondo. Che per stare al mondo bisogna essere umani, non essere uguali.

Elisa Iacovo

Sartoria Casarchè

Si chiama Atélier ed è un laboratorio di sartoria che, nel quartiere di Quarto Oggiaro (Milano), partendo dal cucito, guida le mamme ad un percorso di formazione ed autonomia economica.

 Archè è un’onlus che ospita donne e bambini che provengono da situazioni di abusi e maltrattamenti, o che sono immigrati nel nostro paese: sono persone a cui serve sostegno, ma che hanno anche bisogno di ricominciare la loro vita.

Così, le neo sarte si sono messe all’opera, imparando come prendere le misure, come mettere bottoni, cerniere, come fare imbastitura, orli e come utilizzare una macchina da cucire: grazie ad una donazione di varie attrezzature del mestiere, la prima formazione è partita a marzo con un gruppo di mamme che, da zero, hanno iniziato a comprendere il mondo della sartoria e, nel giro di due anni, si pensa di raggiungere l’obiettivo di diventare delle vere e proprie sarte.

Il primo incarico è stato creare dei foulard venduti per il musical Grease, e, adesso, stanno lavorando per riparazioni sartoriali.

Ma chi è l’ideatrice e coordinatrice di questo progetto? E’ l’arte-terapista e volontaria di Archè, Donatella De Clemente, una donna con un certo training in questi settori: si parla, infatti, di una formazione scolastica in moda ma anche di volontariato nel carcere di Bollate dove si occupava, appunto, di terapia artistica nella sezione femminile; è fondatrice dell’associazione ”Arte in tasca” ed ora è promotrice della sartoria.

Il sogno più grande per chi ha fondato il progetto e per le lavoratrici stesse, sarebbe la creazione di una linea d’abbigliamento esclusiva, con tessuti africani comprati in Ghana, da trasformare in abiti all’occidentale. Intanto, le sarte si stanno facendo conoscere e puntano ad offrire riparazioni a domicilio agli anziani del quartiere, per poi arrivare alle aziende del territorio, e dedicarsi alla riparazione degli abiti dei dipendenti.

La finalità è quella di accompagnare queste persone verso una piena autonomia, tramite la creazione di questo impiego stabile che, non solo fornisce sicurezza economica, ma restituisce fiducia e dignità a queste donne; dona un futuro a chi non pensava di averne uno.

 

 

Jessica Cardullo