NextGenerationMe: Patrizia Ajello, la cantautrice “imperfetta”

Torna la rubrica #NextGeneretionMe con un’intervista a Patrizia Ajello, giovane cantautrice messinese emergente, con all’attivo due album -“Imperfetta” e “Favole senza olio di palma“-  e diversi singoli.

Copertina dell’album “Imperfetta” di Patrizia Ajello – Foto: Valentina Amato, 2020

Quando e come è iniziata la tua passione per la musica?

La mia passione per la musica è nata sin da piccola: mi hanno iscritta a cinque anni a scuola di musica dove ho fatto prima propedeutica musicale, poi musica di insieme e poi pianoforte. Con l’adolescenza mi sono un po’ allontanata dal pianoforte e mi sono avvicinata alla chitarra da autodidatta, cominciando anche a scrivere racconti e poesie: mi è venuto poi naturale iniziare a scrivere canzoni, mettendo in musica le poesie che scrivevo. Per me è nata come una necessità di esprimere delle emozioni, delle sensazioni, e il modo che mi veniva più congeniale per farlo erano le canzoni. Da lì ho fatto anche un’esperienza all’interno del coro della mia scuola e dai miei 18 anni ho partecipato a concorsi canori nazionali, ottenendo ottimi risultati con i miei brani, in particolare il terzo posto al “Premio Mia Martini” nel 2010, che è stato il più importante.

A che genere musicale ti senti di appartenere?

Ho sempre un po’ di difficoltà a rispondere perché non amo moltissimo le etichette; penso che la musica sia bella tutta, e che inevitabilmente i generi si mescolino. Quindi se proprio dobbiamo andare a semplificare, parlerei di un misto tra pop e cantautorato, quindi “Pop cantautorale”, ovviamente indipendente perché mi sono sempre autoprodotta.

Dall’album “Imperfetta” – Foto: Valentina Amato, 2020

Che esperienza hai con i video su YouTube? Vuoi raccontarci qualche retroscena inedito?

Diciamo che mi è sempre piaciuto organizzare la regia, la ripresa e il montaggio di tutti i miei video musicali, perché questa è stata da sempre un’altra mia grande passione. Quindi, quando ho iniziato a pubblicare i miei primi brani ho anche organizzato la realizzazione dei video, e mi sono molto divertita nel farlo; spesso ho avuto anche degli amici accanto, che mi hanno comunque aiutato in maniera molto spontanea ed entusiasta.

Com’è vivere la tua carriera anche sui social? Che rapporto hai con i tuoi follower?

Beh, allora, i social secondo me sono un mondo che dà tante opportunità, ma che a volte può essere anche una trappola. Io infatti ogni tanto prendo le distanze dei social, per non farmi troppo travolgere; c’è anche una mia canzone che parla di questo, che è proprio “Canzone senza olio di palma“, una provocazione su come noi oggi viviamo i social, e soprattutto i rapporti, anche sentimentali, che si sono un po’ distorti. Quindi vado sempre alla ricerca dell’autenticità delle cose, anche nel rapporto con i fan, che preferisco magari incontrare di persona: sicuramente loro mi seguono molto sui social e mi manifestano grande affetto,  però poi la cosa più bella è quando ci sono occasioni di incontro.

Dallo spettacolo “Favole senza olio di palma” – Teatro dei 3 Mestieri di Messina – Foto: Guido Munafò, 2019

Ti sei esibita dal vivo, vorresti raccontarci qualcosa in merito?

In quest’ultimo periodo ovviamente è stato complicato, però prima della pandemia ho avuto un bell’anno: nel 2019 ho portato live in diversi locali “Favole senza olio di palma”. Ho fatto una cosa un po’ insolita: in genere si pubblica il disco e poi si fanno i live, io invece ho fatto il contrario. L’album è poi diventato uno spettacolo di “teatro-canzone” che ho portato in scena al Teatro dei 3 Mestieri di Messina; un’esperienza magnifica! La produzione di “Imperfetta”, purtroppo, è capitata in mezzo alla pandemia e quindi non è stato possibile fare parallelamente una promozione in live del disco; quindi, a tutti gli effetti, c’è stato un unico live, l’estate scorsa, in cui ho presentato le nuove canzoni. Poi mi sono fermata per un po’, perché sentivo l’esigenza di riprendere la mia vocazione primaria, cioè quella della scrittura, e prendermi del tempo per creare.

Sei stata ospitata diverse volte in radio e televisione, ci parli di queste esperienze?

Sì, sono state sicuramente delle bellissime esperienze. Devo dire che sono stata sempre accolta con grande affetto da diverse radio di Messina e non solo; questo è stato importantissimo nel periodo del Covid, perché non potendo portare live “Imperfetta” se non altro ho avuto l’occasione di cantare le canzoni in radio.

Dallo spettacolo “Com’è alto il sole” – Sala Laudamo di Messina – Foto: Salvatore Morabito, 2016

Cosa rappresenta Messina per te? E’ stata fonte di ispirazione?

Io sono molto legata a Messina, è comunque nel mio cuore sempre. Sapete meglio di me che è molto difficile restare al Sud, soprattutto se si fanno determinate professioni; quindi per me è stata una forma di affetto e di resistenza restare a Messina, perché appunto sono molto legata alle mie radici. Sicuramente è stata di grande ispirazione, non c’è dubbio, anche solo per il fatto che da adolescente, quando scrivevo le mie prime poesie, andavo magari in qualche angolo di Messina come la Passeggiata a mare o Cristo Re, luoghi particolarmente favorevoli all’ispirazione; è sicuramente questo il primo legame tra la mia creatività e la mia città. Poi devo dire che l’ambiente cittadino mi ha aiutata: i media messinesi -radio, Tv e giornali- e la popolazione mi hanno sostenuta molto, hanno sempre creduto nella mia musica, mi hanno permesso di portare avanti i miei progetti, sia musicali che teatrali. Ho intrapreso il percorso teatrale prima a livello formativo e poi sul piano professionale, e ho avuto l’opportunità, grazie a dei registi messinesi che hanno creduto in me, di partecipare dal 2015 al 2018 a una decina di spettacoli, non solo a Messina. Quindi sicuramente queste esperienze nate a Messina, e che poi si sono anche espanse, sono state molto importanti nel mio percorso.

Prospettive future sulla tua carriera?

Come dicevo prima in questo momento sono in una fase più creativa. A volte secondo me è importante, nel mondo artistico, o in generale, prendersi delle pause e del tempo per creare: di canzoni e di progetti nel cassetto ne ho tanti, però ovviamente si scontrano anche con la realtà, col fatto che è difficile portare avanti questi progetti e ci vogliono tante energie, tanto tempo, tanti fondi, e quindi è giusto fare le cose in maniera ponderata.

Un saluto ai lettori di UniVersoMe!

Ringrazio voi e chi legge. Seguite le vostre passioni!

 

Corinne Marika Rianò, Marta Cloe Scuderi

 

PATRIZIA SUI SOCIAL

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“Molto rumore per nulla”, l’opera di Shakespeare ambientata a Messina

La locuzione “molto rumore per nulla” viene frequentemente utilizzata nel linguaggio comune per indicare un’esagerazione o un’assurdità riferita ad un fatto del tutto trascurabile o inconsistente. Eppure, non tutti sanno che questa espressione trae origine dal titolo di una famosa commedia di William Shakespeare, scritta tra il 1598 e il 1599 e ambientata a Messina.

Genere e influenze principali

Opera breve e brillante, “Molto rumore per nulla” rientra nel novero delle tragicommedie, nelle quali l’elemento comico si fonde a quello tragico e propriamente drammatico.

Il nucleo dell’intera commedia è riconducibile a una novella di Matteo Bandello, precisamente la XXII del primo libro delle Novelle, di cui Shakespeare lesse la traduzione francese, mantenendo anche il nome di alcuni personaggi.

Un’altra opera italiana che presenta caratteristiche comuni è l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, pubblicato quasi un secolo prima del dramma di Shakespeare.

Considerata a lungo commedia romantica per i temi amorosi e per la struttura ricca di elementi farseschi, l’opera è stata fortunata sul versante della rappresentazione teatrale, restando nei secoli una delle commedie shakespeariane più conosciute e portate sulle scene.

Fonte: shakespearitalia.com

Ambientazione

La scelta di Shakespeare di ambientare la commedia a Messina è stata molte volte argomento di discussione fra gli storici e gli intellettuali locali e non. Qualcuno sostiene addirittura che Shakespeare fosse originario di Messina, mentre altri affermano che lo scrittore abbia solo immaginato la città, senza mai vederla. Sta di fatto che nessuno ha mai fornito prove inconfutabili per potere dimostrare una delle ipotesi.

Il dato certo è che all’epoca in cui il drammaturgo inglese scrisse la commedia, Messina era una città molto conosciuta all’estero, perché ricca, fiorente e politicamente importante. Il contesto storico nel quale si inserisce la commedia non è ben delineato. Dato il carattere giocoso dell’opera, non è stata data una forte caratterizzazione reale all’ambientazione, rappresentata da una città assolata e accogliente agli occhi degli ospiti che vi giungono in seguito a un’impresa d’armi.

Nel periodo di composizione dell’opera, intorno alla fine del XVI secolo, la Sicilia era sotto la dominazione spagnola. Per questo motivo alcuni personaggi, più precisamente il principe Pedro d’Aragona ed il suo seguito, sono evidentemente di nazionalità spagnola e legati da rapporti di amicizia con il governatore di Messina, Leonato.

Il cast della rappresentazione teatrale di “Molto rumore per nulla” del regista messinese Giampiero Ciccò, in scena al Teatro Vittorio Emanuele dal 22 al 24 ottobre 2021 – Fonte: messina.gazzettadelsud.it

Trama

La commedia si apre a Messina, dove il principe Pedro d’Aragona si reca in visita al governatore Leonato. Al seguito del principe vi sono il conte fiorentino Claudio, il giovane Benedetto di Padova e Don Juan, fratello illegittimo del principe.

L’opera vede lo sviluppo di due vicende parallele: quella principale della relazione tra Claudio ed Ero, figlia del governatore, e quella tra Benedetto e Beatrice, nipote di Leonato.

Claudio, innamoratosi di Ero, la chiede in sposa, mentre Benedetto, personaggio misogino e sprezzante delle relazioni amorose, instaura con Beatrice un rapporto di scherni e battibecchi. È a questo punto che entrano in gioco una serie di stratagemmi, complotti ed equivoci posti in essere dai personaggi della vicenda, alcuni con lo scopo di allontanare i due innamorati, altri con quello di far innamorare i giovani (apparentemente) opposti.

Benedetto e Beatrice vengono portati, attraverso alcuni espedienti, a rivelare i loro sentimenti, mentre Don Juan convince Claudio dell’infedeltà di Ero che, accusata di tradimento il giorno delle nozze, finge la sua morte.

La morte di Ero rappresenta la climax della vicenda, l’elemento tragico che mette a repentaglio il lieto fine della commedia a cui, tuttavia, si approda grazie alla confessione del braccio destro di Don Juan. Claudio accetta di sposare una cugina di Ero che si rivela essere la giovane amata, ancora viva, e Benedetto chiede a Beatrice di sposarlo.

La commedia si chiude con una danza degli amanti che celebrano il doppio matrimonio.

Fonte: shakespearitalia.com

Il potere della parola

in “Much Ado About Nothing” il vero cuore pulsante della commedia è la parola. William Shakespeare orchestra una magistrale beffa giocata sul sentito dire, sul riportare informazioni errate o una frase ascoltata in segreto, dimostrando che spesso la realtà che crediamo tangibile altro non è che l’immagine creata da ciò che diciamo.

In questa farsa, dove tutto quello che si vede è in realtà una costruzione, la parola è la vera divinità che gioca con i personaggi, modificandone il comportamento e il destino. È sufficiente una semplice diceria, un “niente” per passare da una commedia giocosa a una tragedia, causando tutto l’inutile “rumore”.

Il genio di Shakespeare si esprime in questa commedia soprattutto nelle schermaglie, negli scambi arguti, nelle battute vivaci e taglienti, a eterna riprova che può più la parola della spada e che la vita altro non è che un piccolo mondo di fittizie contrapposizioni che in un attimo il Caso dissolve nel nulla.

Una scena del film “Much Ado For Nothing” (1993), diretto da Kenneth Branagh – Fonte: programma.sorrisi.com

 

Santa Talia

 

Fonti:           

shakespeareinitaly.it/

scuola-e-cultura.it/

spiegato.com/

it.wikipedia.org/  (fonte immagine in evidenza)

“Freedom-Oltre il confine”: William Shakespeare ha origini messinesi?

Avvolto dalla bellezza gotica-monumentale della Basilica Cattedrale protometropolitana di Santa Maria Assunta –conosciuta da tutti come il Duomo di Messina– e del Castel Gonzaga, situato sulla cima del Colle del Tirone -Monte Piselli-, Roberto Giacobbo, conduttore del programma televisivo Freedom-Oltre il confine , arrivato alla sua terza edizione televisiva, è tornato a Messina per una puntata interamente dedicata al drammaturgo William Shakespeare e alle ipotesi che legano le sue origini alla città dello StrettoLa trasmissione è andata in onda ieri -giorno 17 gennaio- sul canale Italia1.

Roberto Giacobbo freedom-oltre il confine
Roberto Giacobbo, conduttore di Freedom-Oltre il confine – Fonte: tpi.it

L’insondabile mistero che avvolge il Bardo alla città

william shakespeare
William Shakespeare- Fonte:librialfa.altervista.org

Non ci sono pervenute tantissime notizie certe sulla vita del poeta drammaturgo  William Shakespeare e ancora più incerte rimangono le sue origini.

Quello che possiamo confermare con certezza, grazie alle ricerche di tanti studiosi, storici, filosofi e letterati, che William nacque il 23 Aprile del 1564  da una famiglia umile; fu figlio di John Shakespeare, guantaio analfabeta che si sposò giovanissimo e pare che per anni abbia lavorato alla corte della regina d’Inghilterra.

Ma questo non basta a placare la sete di sapere sulle vere origini di Shakespeare. Ad alimentare il mistero attorno alla figura dell’eccellente drammaturgo sono le poche fonti sulla sua persona e sulla sua esistenza.

Questo ha determinato la  nascita di stravaganti teorie sulle sue origini. Tra le più particolari vi è quella che considera William di origini italiane, più precisamente messinesi.

Alla base di questa tesi incantatrice sulle origini messinesi del drammaturgo vi è il Rinascimento Italiano.

In amicizia con il popolo inglese, in quest’articolo vogliamo concentrarci su tre ipotesi che potrebbero ricondurre William alla nostra città.

1a ipotesi: Michelangelo Florio, dalla sua fuga alla fama del figlio John

Florio e Shakespeare: la stessa persona?
Florio e Shakespeare: la stessa persona?- Fonte:italyheritage.com

Nel 1927 uno scrittore proveniente da Scilla, Santi Paladino  scrisse un articolo sul giornale Impero e per la prima volta associò William Shakespeare ad un personaggio italiano, Michelangelo Florio.

Florio fu costretto a  fuggire dalla Santa Inquisizione a partire dal 1550, rifugiandosi  dapprima in Treviso per poi arrivare in Inghilterra.

Proprio durante la sua permanenza in Inghilterra ebbe un figlio, John.

Per alcuni studiosi fu proprio questo l’esordio di quello che poi sarebbe passato alla storia come il più brillante e amato drammaturgo di tutti i tempi.

Si pensa che John Florio, sfruttando l’immensa cultura classica del padre venne accolto dal conte di Southampton insieme ad un giovane attore, Will di Strafford. Fu  proprio il conte di Southampton ad offrire protezione a John Florio, mantenendo l’anonimato, e offrendogli ospitalità e rifugio sicuro presso il suo immenso castello.

Dalle diverse fonti storiche raccolte e dall’analisi delle opere teatrali si arriva alla logica-deduttiva conclusione che il possibile vero autore delle meravigliose opere drammaturghe fosse il messinese John Florio, firmandosi con lo  pseudonimo di William Shakespeare. È, infatti, ormai riconosciuto che molti aforismi all’interno delle opere teatrali di William fossero presi dai sonetti di John Florio. L’elemento più sorprendente, però, è l’estrema somiglianza tra i due personaggi.

2a ipotesi: i riferimenti geografici 

È impossibile concepire le opere di Shakespeare senza una cultura classica ben consolidata.

Romeo e Giulietta: l'ultimo bacio
Romeo e Giulietta: l’ultimo bacio- Fonte: lombardiabeniculturali.it

In più c’è da chiedersi come faceva un ipotetico artista nato e cresciuto nella pianeggiante isola Britannica a conoscere alla perfezione la toponomastica di Messina, così come leggiamo nell’opera “Molto rumore per nulla”, o di Venezia nell’opera “Il mercante”, piuttosto che della città di Verona, che fa da sfondo ai due amanti per eccellenza “Romeo e Giulietta”, o di Padova ne “La bisbetica domata”.

Nelle opere del drammaturgo troviamo ben oltre 800 riferimenti alla penisola italiana, ma l’esempio più sorprendente tra le opere sopracitate è legato alla storia di Romeo e Giulietta, la cui vicenda venne raccontata nel 1524 dallo scrittore Luigi Da Porto con la stessa trama, gli stessi personaggi e lo stesso nome delle famiglie, Montecchi e Capuleti.

William si avvicina sempre più all’Italia.

 

3a ipotesi: Michel Agnolo Florio Crollalanza 

Martino Iuvara
Martino Iuvara Shakespeare era italiano- Fonte: http://www.editorialeagora.it

Nel 2000 Martino Iuvara sosteneva che William fosse siciliano e le sue ricerche partivano da un altro personaggio realmente esistito: Michel Agnolo Florio.

Si ipotizza che lo “Shakespeare italiano” fosse un personaggio realmente esistito, nato a Messina da Giovanni Florio e Guglielma Scrollalancia, di fede calvinista.

Il giovane uomo fuggì dalla Sicilia per arrivare in Inghilterra, a causa di una professione di fede diversa rispetto a quella professata in Italia.

Arrivato in Inghilterra si trovò dinnanzi ad una situazione tragica -quanto fortunata- per il suo futuro: alla morte di un suo lontano parente, attore teatrale di grande fama al tempo, Michel Agnolo Florio pensò bene di sostituirsi a quest’attore, anche se con scarsi risultati, perché fu presto smascherato a causa del suo scarso inglese.

Florio si ritirò e iniziò a scrivere delle opere teatrali dalle quali emergono non pochi elementi somiglianti con le opere che oggi portano la firma di William Shakespeare.

Florio stesso, giovanissimo, compose la commedia Tantu trafficu pi nenti” (Molto rumore per nulla), attribuita a William Shakespeare e della quale troviamo una fonte materiale proprio alle spalle dell’immensa facciata monumentale del Duomo di Messina.

targa-shakespeare
Targa dedicata a Shakespeare- Fonte: letteraemme.it

Ciò su cui vorrei spostare la vostra attenzione è il secondo cognome di Michel Agnolo Florio: Crollalanza. È proprio da questo cognome che si diramano le più sorprendenti teorie, a partire dal nome della madre di Michel Agnolo: Guglielma, femminile di Guglielmo, traduzione italiana del nome inglese William.

Ma la cosa sorprendente è l’assonanza tra i due cognomi: Shake (scrollare) – CrollaSpeare (lancia)- Lanza.

 

Verità testamentarie a confronto

Una piccola curiosità aggiuntiva che avvicina William alla persona di John Florio risiede in un documento scritto: il suo “presunto” testamento.

L’elemento determinante dal quale partiamo è la firma del poeta: alcuni studiosi hanno riscontrato sei firme diverse nella calligrafia, tutte riconducibili a William Shakespeare. Una firma in particolare, però, ha catturato l’attenzione dei ricercatori, quella in cui il giovane drammaturgo lascia le sue ultime volontà.

William Shakespeare morì il 23 Aprile 1616 e il testamento ritrovato presenta alcune difformità che alimentano la nostra curiosità. Nel testamento non si fa alcun riferimento al teatro: alcun cenno traspare in relazione alla sua vita teatrale e alcuna menzione agli innumerevoli manoscritti. Parliamo di un testamento probabilmente scritto da terzi e dal contenuto difforme dalla vita condotta dal vero William Shakespeare: una fine sospetta al pari delle sue sospette origini.

Sappiamo che anche John Florio ha lasciato un testamento dal contenuto curioso; pare infatti che abbia concesso l’utilizzo dei suoi manoscritti al solo Conte di Pembroke in Galles. Tuttavia sembra non esserci alcuna traccia di questo testamento, che avrebbe risolto non pochi dubbi, e di cui la famiglia ha negato fino ad oggi il contenuto in riferimento al teatro e ai manoscritti.

Secondo il regista Stefano Reali, impegnato in una fiction -prodotta in Spagna- che narra i rapporti tra Florio e Shakespeare, il motivo della negata verità testamentaria risiede in meri interessi economici: «Il brand Shakespeare – spiega il regista – per gli inglesi vale alcuni miliardi di sterline ed è impensabile che vi rinuncino. Persino gli scrittori elisabettiani, contemporanei di Shakespeare fanno riferimento alla possibile frode, ma nessuno poteva sospettare che era così facile fare soldi con il teatro. Fu Giordano Bruno a consigliare Florio e Shakespeare di costruire un teatro più capiente e smontabile, il Globe. E quando il successo crebbe a dismisura, dopo la morte dell’autore e dell’attore, i Pembroke, pubblicarono il first-folio, capirono che potevano dare in affitto le opere in loro possesso ai kingsman e nacquero così le royalty, il diritto d’autore».

 

Testamento
Testamento – Fonte:iusinitinere.it

Per concludere…

Come direbbe Agatha Christie: <<Un indizio è solo un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova>>.

Che sia una coincidenza artistica o il perpetuante mistero della storia teatrale dei tempi, che si chiami William Shakespeare o John Florio, avvolti dal fascinoso rebus che lega Messina a Stratford-upon-Avon noi messinesi rimaniamo cullati nel sogno che il noto drammaturgo fosse un nostro concittadino.

 

Elena Zappia

 

Fonti:

https://messina.gazzettadelsud.it/articoli/cultura/2019/03/25/il-mistero-sullidentita-di-shakespeare-forse-era-uno-studioso-originario-di-messina-ec674a68-646e-480e-b5cf-0ec329e9d4e6/

https://www.letteraemme.it/roberto-giacobbo-torna-a-messina-sulle-orme-di-shakespeare/

https://www.notizienazionali.it/notizie/curiosita/28284/william-shakespeare–un-inglese-di-messina

https://www.lettore.org/2017/12/14/william-shakespeare-e-la-citta-di-messina-un-mistero-lungo-quattrocento-anni/

https://www.mediasetplay.mediaset.it/video/freedomoltreilconfine/messina-origini-italiane-per-shakespeare_F311032501004C05

Stretto di Messina: accolto il ricorso per attraversare senza Super Green Pass

Il Tribunale civile di Reggio Calabria ha accolto il ricorso presentato dai legali di Fabio Messina, l’agente di commercio palermitano bloccato da giorni a Villa San Giovanni poiché sprovvisto di Green Pass. Lunedì mattina aveva tentato di attraversare lo stretto ma non avendo nemmeno iniziato il ciclo vaccinale si è visto respinto dagli addetti al controllo della società di trasporto.

Il ricorso

Per cinque giorni il signor Messina si è visto costretto a rimanere in Calabria, arrivando a dormire in un sacco a pelo e venendo ospitato per le ultime due notti da una famiglia di Villa San Giovanni. Impossibilitato a recarsi in un albergo per le stesse ragioni per cui non ha potuto attraversare lo stretto, ha aspettato che il tribunale civile di Reggio Calabria si esprimesse sul ricorso presentato dai suoi legali, gli avvocati Grazia Cutino e Maura Galletta. Ricorso che infine è stato accolto dal giudice Elena Luppino che ha disposto la messa in condizione dell’attraversamento del cittadino siciliano. Il signor Messina può regolarmente fare ritorno in Sicilia se: munito di “esito di un test antigenico attestante la sua attuale negatività al virus con espressa esenzione dall’esibizione della certificazione verde” e con l’obbligo di tenere una mascherina FFP2. L’accoglimento del ricorso in questione però non pregiudica in alcuna maniera l’effettività delle regole attualmente in vigore. Continuerà infatti ad essere necessario il possesso della certificazione verde per attraversare lo stretto. Ma la vicenda deve sollevare l’attenzione circa esigenze collegate alla geografia del nostro Paese richiedenti un intervento preciso da parte dell’autorità.

Il principio di continuità territoriale

Come spiegato all’interno del ricorso presentato dai legali di Fabio Messina, il nodo centrale di questa discussione è quello di dovere salvaguardare la continuità territoriale. Nella penisola il passaggio tra una regione e l’altra non è stato minimamente inficiato dall’estensione dell’obbligo del Super Green Pass, essendo infatti possibile per chi sprovvisto di certificato verde di spostarsi da nord a sud con un proprio mezzo. Cosa invece non realizzabile per chi decide di recarsi dalla terraferma alle isole o viceversa. Lo stesso agente di commercio ha descritto il tutto come un “problema di diseguaglianza tra italiani, a prescindere dal documento che si ha per salire a bordo di una nave”.

La medesima questione è stata sottolineata nella lettera scritta al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al Presidente della Regione Nello Musumeci dalla vicepresidente dell’Ars (Assemblea Regionale Siciliana) Angela Foti. L’obbligo del Super Green Pass sui mezzi di trasporto come aerei e navi limiterebbe gravemente la libera circolazione di chi vive nelle isole come Sicilia e Sardegna. Come detto precedentemente, chi abita nel resto della penisola munito di un mezzo proprio e non in possesso del certificato verde non è gravato dalle medesime limitazioni di un cittadino insulare.

L’uso di mezzi di fortuna o la rinuncia al viaggio

Il signor Messina non è stato il solo a incappare in questo problema. Ricordiamo infatti che la vicenda è avvenuta lunedì 10 gennaio, la data prevista dal decreto governativo del 29 dicembre recante “Misure urgenti per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19 e disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria” che ha esteso ai mezzi di trasporto pubblici l’obbligo del cosiddetto Green Pass rafforzato (o Super Green Pass). Secondo quanto riferito dagli operatori degli imbarcaderi altre persone sono state bloccate nel tentativo di attraversare lo stretto poiché sprovviste del certificato verde. Alcuni di loro hanno deciso semplicemente i tornare di indietro mentre altri, spinti evidentemente da impellenti necessità, hanno fatto ricorso a mezzi di fortuna, usando magari imbarcazioni messe a disposizione dai privati e con costi elevati.

fonte: messindaindiretta.it

L’appello di Cateno De Luca

Ad unirsi al coro è stato anche il Sindaco di Messina Cateno De Luca. Il primo cittadino messinese, in collegamento con il programma di canale 5 “Mattino 5”, ha denunciato quanto avvenuto e, successivamente all’aver preso conoscenza dell’esito positivo del ricorso, ha annunciato che avrebbe contattato il Premier Draghi e il Ministro Speranza. Per De Luca:

“… lo Stato deve deve concedere “una fase transitoria per potersi adeguare a quelle che sono le richieste della nuova normativa e quindi consentire di tenere presente la specificità del pendolarismo dello Stretto di Messina”

Filippo Giletto

NextGenerationME: Luciano Giannone, l’architetto che ha “viaggiato nel tempo”

Riparte la rubrica “NextGenerationME” dedicata ai giovani talenti messinesi. Il protagonista di oggi è l’architetto Luciano Giannone, autore di un’opera di ricostruzione virtuale della Messina degli anni ottanta del settecento, poco prima del catastrofico terremoto del 5 febbraio 1783.

Il giovane architetto ha pubblicato un volume intitolato “Messina nel 1780: viaggio in una capitale scomparsa“, presentato giovedì scorso (9 dicembre) presso il Salone delle Bandiere del Palazzo comunale, alla presenza dell’Assessore alla Cultura Enzo Caruso, della Sopraintendete per i Beni culturali e ambientali di Messina Mirella Vinci e del Presidente dell’Ordine degli Architetti di Messina Pino Falzea.

Classe 1996, Luciano Giannone è nato e cresciuto a Messina, dove ha conseguito nel 2014 la maturità scientifica presso il Liceo Archimede. Nello stesso anno si è trasferito a Firenze per intraprendere il percorso di studi in Architettura, concluso nel 2020 -con lode- con un progetto di tesi che ha posto le fondamenta del suo libro. Nello stesso si è iscritto all’Albo degli Architetti di Messina e attualmente esercita la professione.

©Luciano Giannone – L’architetto Luciano Giannone, Firenze 2018

Noi di UniVersoMe abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con lui.

Buongiorno Luciano. Quando è nata in te l’idea di concludere il tuo percorso di studi con una tesi su Messina?

L’idea è andata evolvendosi con il tempo: a partire dalle conoscenze pregresse sulla storia di Messina, ho iniziato ad approfondire l’argomento da circa cinque anni, studiando la storia monumentale della Messina che non c’è più. Immergendomi in questi studi ho visualizzato, ma solo nella mia immaginazione, le vestigia di una città bellissima, e ho pensato che, ogni Messinese -appassionato o no a queste tematiche- avrebbe dovuto necessariamente conoscerla. 

Quanto tempo hai impiegato per completare l’elaborato?

Dal momento in cui ho iniziato l’attività, non mi sono più fermato. Ho passato i primi 6-8 mesi a studiare: ho stampato un’enorme mappa del centro storico della città e l’ho appesa sopra la mia scrivania, catalogando tutta la documentazione reperibile sui singoli edifici della città. Finita questa fase è iniziata la modellazione, durata da giugno 2019 fino a inizio 2020; l’ultimo passo è stato quello di convertire i vari blocchi ricostruiti a seconda dell’elaborato che volevo offrire (vista 2d, video, tour virtuale). Seppure in maniera ormai sporadica, ancora oggi continuo ad affinare parti della città ogni qualvolta che reperisco nuove fonti di riferimento.

©Luciano Giannone – Mappa qualitativa delle documentazione

Perché hai scelto di “viaggiare” proprio nella Messina del 1780?

Chi conosce la storia di Messina sa bene che il terremoto del 1908 non è stato l’unico evento che ne ha offuscato la memoria e la stessa identità culturale. Già nella Messina anteriore al sisma novecentesco non era più possibile ammirare il Palazzo Reale, la Loggia dei Mercanti, il campanile normanno e la Palazzata del Gullì, tutti monumenti unici e ampiamente documentati; anche l’immagine stessa della Messina tardo-ottocentesca è comunque ancora oggi tangibile attraverso la documentazione fotografica. L’idea di fondo dunque è stata quella di restituire l’immagine di una città “integra”, nella quale fosse ancora ben tangibile la sua stratigrafia storica, urbanistica e monumentale.

 

                             

                                   Trailer della Ricostruzione di Messina nel 1780 a cura di Luciano Giannone.  ©Luciano Giannone

La grande peculiarità della tua opera consiste nella creazione di un vero e proprio tour virtuale. Quali software hai utilizzato? Il tour virtuale sarà disponibile alla cittadinanza in futuro?

L’idea di iniziare un viaggio virtuale è nata dopo un viaggio in Svizzera fatto a fine 2018: lì, indossando un visore VR in uno spazio espositivo, ho compreso l’importanza di queste tecnologie nella didattica e musealizzazione e ho intuito che l’unico modo per poter riportare in vita la Messina Antica era di farlo attraverso questa tecnica

Il grande vantaggio del workflow 3d è quello di modellare singolarmente le varie porzioni e poterne disporre in molteplici modi, creando un’infinità di formati e scene a seconda del supporto scelto; il tour virtuale non è altro che la ripetizione di singole immagini renderizzate a 360° con 3d Studio Max e combinate tramite un linguaggio Java “preconfezionato”.

La scelta di includere il tour nel libro è stata fatta per aggiungere un contenuto importante a conclusione della lettura, ma, in linea con i miei scopi originari, intendo renderlo totalmente disponibile a breve, soprattutto con la speranza di riuscire ad affiancarlo ad un supporto hardware permanente (come una postazione Oculus) in qualche spazio culturale della città ,per poterne apprezzare appieno le funzionalità; a questo ci stiamo lavorando!

©Luciano Giannone – Piazza Duomo nel 1780: la Cattedrale e il campanile normanno, la chiesa di San Lorenzo e la statua di Carlo II

Al termine delle note storiche del libro hai parlato della catastrofe del 1908 e della successiva ricostruzione ad opera dell’ingegnere Borzì, accusato più volte di aver stravolto la struttura storica della città. Qual è il tuo personale giudizio sul piano Borzì? Credi che ad oggi ci sia l’esigenza di un nuovo piano regolatore?

Chi ancora oggi reputa il piano Borzì come la radice di tutti i mali urbanistici di Messina è oltremodo ingeneroso e pigro nella ricerca dei veri episodi nefasti che hanno interessato il centro cittadino. Dobbiamo ricordare che il piano Borzì fu adottato nel 1911, nel momento in cui a Roma si dibatteva ancora se fosse conveniente ricostruire la città o raderla al suolo per riadattarla a scalo ferroviario. La condizione imposta per la sua rinascita fu il rigido disegno di una scacchiera e l’edificazione di isolati di altezza non superiore ai due piani, e Borzì, come chiunque altro fosse stato incaricato di redigere il piano, dovette attenersi a ciò.

Tuttavia, è impossibile non nascondere i conclamati interessi economici di imprese e potentati che forzarono la demolizione di fabbricati recuperabili, come è difficile non biasimare il sistema economico-finanziario dei comparti edificatori introdotti dal piano che crearono un asfissiante e opprimente regime fondiario.

In generale ritengo che uno degli errori più grandi sia stato quello di non aver introdotto un piano urbanistico nell’immediato secondo dopoguerra, in grado di sostituire l’emergenziale piano Borzì e di impedire i fenomeni di speculazione edilizia che hanno deturpato irrimediabilmente il centro storico.  

Attualmente ritengo che Messina abbia urgentemente bisogno di un piano del verde pubblico, essendo tra le tre città d’Italia con la maggiore quantità di verde pubblico inutilizzato e potendo disporre di soli 14.8 mdi verde pubblico per cittadino contro i 32.8 m2 della media nazionale (dati 2020).

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai ancora qualche idea in mente per Messina?

Il progetto di ricostruzione virtuale della città sta andando avanti, pur potendoci lavorare nei sempre più esigui ritagli di tempo dettati dalle esigenze lavorative. Di recente è stato completato un video immersivo nel quale, come una ripresa fatta col drone, si vola attraverso le strade della Messina del XVIII secolo: tale esperienza, presentata in anteprima alla presenza delle autorità cittadine, sarà a breve disponibile a tutti all’interno degli spazi del nascente “teatro immersivo” del Palacultura.

Non nascondo che l’interesse riscontrato nel progetto ha sollecitato l’invito da parte di molti nel proseguo e nello sviluppo ulteriore del progetto. Sarebbe bello poter creare una stratigrafia storica della città nelle diverse epoche o incrementare il software di visualizzazione sfruttando la Realtà Aumentata.

Sicuramente, per creare qualcosa di duraturo e mettere a sistema l’intero progetto ci vorrebbe tanto impegno e anche la creazione di un gruppo di lavoro; ma sicuramente questa potrebbe essere l’occasione giusta per creare un sistema di visualizzazione AR/VR di un ambiente interamente ricostruito nello scenario di un’intera città, sulla base di una documentazione completa: Messina costituisce un unicum in tal senso e potrebbe essere capofila di un sistema innovativo che in Italia e in Europa ha pochi precedenti.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato

Grazie a voi!

©Luciano Giannone – Il Monte di Pietà nel 1780

Luciano è uno dei tanti giovani che per causa di forza maggiore ha dovuto lasciare per motivi di studio la città di Messina, ma che non hai mai dimenticato le sue origini e non ha mai soffocato il desiderio di poter contribuire con la propria professione alla rinascita materiale, culturale e spirituale della nostra città.

Con questo viaggio nel passato Luciano ha squarciato i limiti dello spazio e del tempo, dando la possibilità di immergerci completamente nell’antico splendore di Messina; le sue ricostruzioni -citando la prefazione di Nino Principato- “hanno la capacità di suscitare un’intensa emozione e una totale partecipazione sul piano estetico e affettivo”.

Non possiamo che ringraziare Luciano per averci restituito la memoria di un glorioso passato e aver rinvigorito un’identità collettiva che ha bisogno di essere nutrita costantemente per rafforzare il legame tra urbe civitas.

La copertina del libro

 

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Di seguito, in attesa dei mancanti, potete trovare i link degli articoli che abbiamo dedicando  ai vari quartieri di Messina, nella ricostruzione dell’Architetto Giannone.

https://universome.unime.it/2022/05/03/messina-nel-1780-il-quartiere-palazzo-reale/
https://universome.unime.it/2022/05/17/messina-nel-1780-il-quartiere-piazza-duomo/
https://universome.unime.it/2022/06/25/messina-nel-1780-il-quartiere-grande-ospedale-collegio/
https://universome.unime.it/2022/05/31/messina-nel-1780-il-quartiere-quattro-fontane-purgatorio/

Luciano sui social:

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Il “Villaggio Svizzero” di Messina

Tutta la popolazione dello Stretto di Messina, ancora oggi, ha memoria del catastrofico sisma, avvenuto alle prime luci del mattino -05:21- del 28 dicembre 1908. Il terremoto, con una magnitudo di 7.1, fece vibrare per trenta interminabili secondi la terra e rase al suolo l’omonima città dello Stretto e in parte anche Reggio Calabria, causando centinaia di migliaia di morti.

Le vie di Messina dopo la catastrofeFonte: storia.redcross.ch

Il sostegno della Svizzera

Di fronte a questo spettacolo raccapricciante di morte, distruzione e disperazione, tutta l’Italia -e non solo- si mobilitò per soccorrere i popoli colpiti. Un aiuto, rimasto indelebile nella memoria dei cittadini, fu quello dato dalla Svizzera, che, non appena giunta la notizia, il 2 gennaio 1909 lanciò una raccolta fondi nazionale per aiutare la loro “nazione amica” rivolgendo al popolo svizzero il seguente appello tramite la stampa:

«In presenza di un simile disastro, la Svizzera non può rimanere inattiva. La nostra vicina, l’Italia, alla quale ci accomunano la lingua, l’industria e tanti legami intellettuali, deve sapere in quale misura il nostro popolo intero partecipa alla sventura che la colpisce in modo tanto brutale e terribile.» 

Poche settimane dopo giunsero così alle due città dello Stretto denaro, viveri, coperte, kit medici, cioccolata e abbigliamento.

Fonte: mutualpass.it

La nascita del “Villaggio Svizzero”

Il sostegno più importante però non si limitava ai beni di prima necessità. Grazie ai fondi inviati dalla Croce Rossa Svizzera e al contributo dell’ingegnere Spychiger, di origini svizzere ma residente in Calabria, furono costruite 21 case di legno a Messina su dei terreni che il governo italiano mise a diposizione in maniera gratuita. Queste erano ispirate al modello degli chalet svizzeri, coi tetti spioventi e costruite secondo criteri antisismici; nonostante fossero di piccole dimensioni, offrivano a chi le abitava tutto ciò di cui avevano bisogno.

Le casette bifamiliari erano di due tipi: il primo, previsto per la campagna, comprendeva quattro camere e due cucine, mentre il secondo, di stile borghese, era costituito da otto camere e due cucine e all’esterno vi erano anche delle piccole aree verdi.

Così nacque il Villaggio Svizzero”, che diede un barlume di speranza a circa 30 famiglie messinesi.

La Croce Rossa Svizzera aveva dettato una sola e inviolabile condizione: “le case non diventino oggetto di traffico, ma siano proprietà gratuita di quelli che hanno perduto la loro casa nella catastrofe”.

Lo chalet Rütli di Messina – Fonte: storia.redcross.ch

L’altra faccia dello Stretto: Reggio Calabria

Anche l’altra città dello Stretto Reggio Calabria cercò di risollevarsi dalla distruzione causata dallo stesso sisma; gli aiuti ricevuti furono preziosi tanto quanto lo erano stati per Messina.

La stessa Croce Rossa Svizzera avviò nel febbraio 1909, la costruzione di 16 chalet uguali a quelli fabbricati nella vicina Messina. Le abitazioni occupavano un’area di quattrocento metri quadrati, con un giardinetto attorno; erano bifamiliari, a due piani, con una scaletta esterna e con le ante delle finestre decorate con cuoricino.

Ad ogni chalet, i donatori svizzeri assegnarono un nome: Guglielmo Tell, Altdorf, Jungfrau, Sempione, San Gottardo, Cervino, Spluga, Sentis, Reno, Rodano, Keller, Pestalozzi, Haller.

La strada dove vennero poste queste case, venne denominata “Via dei Villini Svizzeri”. Entrambi i “villaggi Svizzeri” accolsero in totale 74 famiglie, ridando a circa 400 persone, un tetto sulla testa.

Le maestranze svizzere insieme all’ingegnere Spychiger a Reggio Calabria – Fonte: storia.redcross.ch

La via Svizzera e il “Villaggio Svizzero” oggi

L’intervento della Croce Rossa Svizzera nella zona terremotata di Messina si concluse nel novembre 1909.

Nonostante sia passato più di un secolo dal sisma e ormai di quelle casette costruite sia rimasto ben poco a livello materiale, l’aiuto svizzero non è mai stato obliato; ancora oggi, la zona -all’incrocio fra il viale Giostra e il viale Regina Elena- in cui sorgevano le abitazioni è chiamata “Villaggio Svizzero” e via Svizzera è denominata la strada che la attraversa.

 

                                                                                                                                                                              Marika Costantino                      

 

Fonti:

mutualpass.it/la-svizzera-a-messina

storia.redcross.ch/il-terremoto-di-messina

strill.it/la-storia-dei-qvillini-svizzeri

TEDx Capo Peloro 2021: R-Evolution

La caratteristica principale delle buone idee è la loro capacità di migliorare la realtà una volta diffuse. Per questo, da anni, l’organizzazione no profit TED, acronimo di  Technology, Entertainment and Design, si occupa di condividere “Ideas worth spreading”, idee che meritano di essere divulgate, attraverso una serie di interventi eccezionali e ospiti d’eccezione.

Dalla prestigiosa conferenza annuale Ted, che si svolge a Long Beach in California, per permettere alle idee di circolare liberamente, è nato il progetto Tedx: organizzazioni indipendenti, nelle città di tutto il mondo, che offrono la possibilità  di partecipare, a livello locale, alla magica esperienza di una conferenza TED.

Così dalla California TED arriva in Sicilia, passando per una piccola x.

Antonio Micari, TEDx CapoPeloro – I presentatori dell’incontro al Palacultura – Messina, 2021

Il 4 Dicembre, infatti, il Palazzo della cultura di Messina, ha ospitato l’edizione Tedx Capo Peloro 2021, tornata a svolgersi dopo una pausa di un anno, con il titolo: “R-evolution”.

Il titolo prende le mosse dalla riflessione sugli interrogativi e le sfide che il periodo storico che stiamo vivendo ci pone. Solamente negli ultimi due anni, infatti, tutto il mondo è stato costretto a confrontarsi con significativi e inaspettati cambiamenti: proprio per questo, il tema di questo Tedx ruota attorno al bisogno di comprendere quali strade percorrere e quali risorse utilizzare, perché dall’inaspettato e dal cambiamento si possa trarre qualcosa di sorprendente. Leggiamo sul sito dell’evento:

È necessaria un’evoluzione o una rivoluzione? Oppure dovremmo parlare di qualcosa di diverso che incarni entrambe le soluzioni?

L’evento, organizzato da Startup Messina e patrocinato dal Comune di Messina, ha visto come ospiti 7 speakers, incaricati di illuminare queste domande attraverso il racconto di sorprendenti ed emozionanti soluzioni, passando dall’ambito scientifico a quello artistico, dall’ambito sociale a quello ambientale, sorprendendo continuamente l’ascoltatore con esperienze e contenuti sempre differenti.

Antonio Micari, TEDx Capopeloro – Mario Mirabile durante il suo intervento sul palco – Messina, 2021

Gli ospiti dell’evento

Il primo degli ospiti, Mario Mirabile, cofondatore, vicepresidente esecutivo e project manager di South Working (lavoro agile dal sud) ha ottenuto un cambiamento nel modo di concepire il lavoro a distanza, donando nuove possibilità alla propria comunità, con un focus su sostenibilità e diseguaglianze socioeconomiche, presentando le testimonianze di ragazzi e ragazze che sono rimasti o sono tornati, con nuove possibilità lavorative, nel proprio territorio.
Anche Lelio Bonaccorso, tra gli speakers, fumettista ed illustratore per Marvel, DC comics e Disney, pubblicando oltre che in Italia in Francia e negli Usa, ha scelto di spendere le proprie risorse artistiche ed economiche nel suo territorio, rimanendo a Messina. Durante l’intervento ha chiarito quanto questa decisione sia stata per lui di vitale importanza: nonostante il contesto non sembrasse il più adatto per la sua crescita professionale, è riuscito a far crescere il suo territorio attraverso la sua creatività e a realizzarsi internazionalmente raccontando le sue storie. Ha dedicato quindi una parte del suo discorso al potere della narrazione e a come essa guidi la nostra esistenza.
Di narrazioni ci hanno parlato Letizia Bucalo Vita, comunicatrice sociale, fundraiser e creativa che ci ha raccontato una storia nuova sul dono, dalla parte di chi non ha voce, sul no profit e le possibilità offerte dal fundraising; e Rocco Rossitto, giovane Communication e Marketing Manage, presentandoci il Brand activism, un’evoluzione dell’idea di impresa: una riflessione sulla volontà delle aziende di impegnarsi a favore di una giusta causa.

Temi scientifici e artistici sembrano fondersi nel racconto di Salvatore Savasta, professore ordinario di Fisica presso l’Università di Messina e teorico di fisica della materia, che ci ha guidati nell’indeterminabile mondo della fisica quantistica, scortandoci sino alla porta delle nuove tecnologie e forme artistiche, mostrandoci come la tecnologia quantistica ci aiuti sia migliorando la nostra vita di tutti i giorni attraverso strumenti come gli smartphone e i pc.
Arte e natura nell’inaspettato legame artistico tra piante e suono nell’intervento e nelle sperimentazioni  dello speaker Enzo Cimino, Sound designer, che ci ha mostrato come spesso il nostro legame con la natura sia più concreto di quello che pensiamo, mostrando come l’interazione tra piante ed uomo  possa raggiungere un altro livello; e la riflessione sul tema fondamentale dell’acqua e del cambiamento climatico tenuta da Donatella Termini, professoressa ordinaria di Ingegneria Idraulica presso l’Università di Palermo, che ci ha parlato di come i rischi ricollegati all’innalzamento delle temperature possano portare a danni irreparabili sia per noi che per la natura che ci circonda.

Gadget dell’evento. Fonte: Instagram TEDxCapopeloro 

Cosa ci è rimasto?

Ci si può sentire spaesati dall’insieme di tutti questi interventi, può sembrare di non riuscire a decifrare le coordinate del cambiamento e improvvisamente delle tante realtà che ci circondano. Potremmo azzardare un nome per questa sensazione, prendendo in prestito le parole della storica Tiffany Watt Smith nel suo Ted del 2017: Dépaysement, una parola che evoca il disorientamento che si prova quando si è in un posto sconosciuto, un posto familiare che diventa improvvisamente strano. Il Dépaysement è sconvolgente ed emozionante allo stesso tempo ci dice Tiffany Watt Smith e noi ci portiamo a casa dopo questo TEDx Capo Peloro lo spaesamento, ma anche quella meravigliosa sensazione di fiducia ed entusiasmo per una bella scoperta.

Oggi evoluzione e rivoluzione sono senz’altro temi importanti di cui discutere alla luce non solo della recente crisi sanitaria, ma anche del nostro dovere comune nel costruire un mondo futuro per le prossime generazioni, all’insegna di un equilibrio tra noi stessi e la natura intorno a noi.

Matteo Mangano, Martina Violante

La squadra UniVersoMe-Messina, 2021                                                                 

Lucia Azzolina presenta a Messina il suo libro “La Vita Insegna”

Ospite della Libreria Feltrinelli, l’ex Ministra della Pubblica Istruzione Lucia Azzolina ha presentato venerdì 3 Dicembre 2021 il suo libro La Vita Insegna insieme a Simona Moraci, autrice del romanzo Duecento Giorni di Tempesta. Entrambe insegnanti con un vissuto ed esperienze fuori dal comune, sono state capaci con le loro considerazioni e racconti a dar luogo a un partecipato dibattito sulla scuola e sulla sua importanza per la società e per i ragazzi che la frequentano.

L’ex ministra dell’istruzione Lucia Azzolina assieme all’autrice Simona Moraci. © Francesco Greco

La Vita Insegna racconta della singolare storia dell’autrice che, partendo da una città siciliana che non offre molto, una famiglia modesta sia economicamente che culturalmente (la mamma casalinga, il papà guardia carceraria) e in una casa dove non ci sono libri, riesce a realizzare il sogno di diventare insegnante prima- con trasferte che la porteranno lontano e con le conseguenti difficoltà di essere fuorisede con uno stipendio basso – dirigente scolastico poi e straordinariamente Ministra della Pubblica Istruzione dal 2020 al 2021, in piena pandemia, durante il governo Conte bis.

Afferma Lucia Azzolina:

“Nonostante le difficoltà, i pochi soldi e la lontananza, ero felicissima di poter fare il lavoro che amavo, per cui avevo studiato per tutta la mia vita. Quando ho iniziato, per via della mia giovane età ero un pesce fuor d’acqua, gli studenti erano abituati ad un collegio di docenti anziani, questi ultimi fortunatamente si ponevano benevolmente, ero diventata un po’ la cocca.”

Ma l’elemento dirompente di Lucia non era solo l’età: arrivata dietro la cattedra è un’insegnante che cerca di rompere i vecchi schemi, non segue le consuetudini a cui gli studenti allora erano abituati, introduce nuovi modi di pensare e di fare scuola:

“Gli studenti prima di tutto sono delle persone, non numeri a cui dare dei voti. Con i miei ragazzi ho utilizzato l’autovalutazione, in questo processo ho quasi sempre riscontrato la loro maturità e onestà, si davano loro i voti e nel 99% dei casi corrispondevano sempre al voto che gli avrei dato io. “

Ma le novità non finiscono qui, la scuola non è più legata ad un sistema mono-direzionale, il cui giudizio va dall’insegnante agli studenti, ma diventa un processo bi-direzionale, dove i feedback riguardano anche gli studenti verso la prof. In questo caso dichiara l’ex ministro:

“Sono una persona che ha sempre voglia di migliorarsi, volevo capire dove sbagliavo, quali erano i miei punti deboli, desideravo ricevere un giudizio sincero, senza condizionamenti, allora ho detto ai ragazzi di scrivere al computer le loro considerazioni, questi venivano stampati in foglietti, veniva garantito l’anonimato, non sapevo chi fosse l’autore ne potevo capirlo ad esempio dalla calligrafia.”

L’autrice riflette anche riguardo al sistema dei voti, come vengono usati, i loro effetti:

“Bisogna far capire ai ragazzi che i voti sono sulla prestazione, non sulla persona. Se uno studente prende ad esempio 3, può pensare di essere una persona che vale 3 nella vita, ma non è così. Il voto si può sempre rimediare, bisogna stare attenti a come ci si pone con gli studenti, soprattutto in una fase delicata della loro esistenza come l’adolescenza. Quegli insegnanti che utilizzano il voto come strumento di ricatto sbagliano.”

Non mancano, nelle sue considerazioni, la visione politica e delle proposte:

“Nelle scuole primarie abbiamo abolito i voti e messo i giudizi, spero si arrivi ad introdurre questo metodo anche negli altri gradi di istruzione. Ritengo sarebbe più giusto valutare i ragazzi secondo le loro capacità e non secondo i loro voti; ad esempio in alcuni contesti di ammissione vale di più il saper dimostrare cosa si è in grado di fare e non il voto con cui ci si presenta”

 

“La Vita Insegna” di Lucia Azzolina (Ed. Baldini – Castoldi, Nov 2021) © Francesco Greco

Il libro è quindi la biografia di chi partendo dal basso è riuscito a realizzarsi nella vita, seguendo i propri sogni e aspirazioni, dimostrando che la scuola continua a svolgere la funzione di scala sociale; è il manifesto di un impegno che ripaga, la riflessione su una scuola che deve cambiare, liberarsi dalle discriminazioni, mettere al centro la persona, per una crescita anche umana oltre che culturale.

Francesco Greco

La legge che difende le donne da chi non è capace di amarle

Il 25 novembre è la giornata internazionale dedicata a combattere la violenza contro le donne.

L’evento storico scatenante fu il 25 novembre del 1960; tre donne attiviste politiche, furono dapprima torturate e poi strangolate dagli agenti del Servizio di informazione militare (SIM) per ordine del dittatore della Repubblica Domenicana Trujillo.

Da quel giorno ha avuto inizio una irrefrenabile corsa alla conquista di una tutela effettiva.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con una risoluzione 54/134 del 1999, ha sancito il 25 novembre quale giornata dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne.

I dati registrati circa i casi -tristemente sempre più in aumento- di donne vittime di violenza non lasciano spazio ad incertezze.

Il progetto EVA e il Codice Rosso

Nel 2017 il Capo della Polizia di Stato Gabrielli ha presentato a Torino il “Progetto EVA”, al fine di gestire in modo rigoroso e operante gli interventi di polizia sulla violenza di genere, dal controllo territoriale alla fase delicata di approccio alle vittime, con il fine di monitorare gli eventi, reperire e registrare più informazioni possibili così da favorire l’operato futuro delle autorità legislative.

Da lì a poco nel 2019 si è registrato il primo intervento normativo significativo in materia di violenza di genere con la legge 19 luglio 2019, n. 69, il c.d. “Codice Rosso”, che ha ampliato l’ambito applicativo di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.

La legge ha inciso notevolmente in ambito di diritto penale sostanziale e processuale, introducendo quattro nuovi reati:

-Art. 387-bis. Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa,

-Art. 558-bis. Costrizione o induzione al matrimonio,

-Art. 583-quinquies. Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso,

-Art. 612-ter. Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.

La legge, così emanata, si occupa anche della forbice edittale tra un minimo e un massimo di pena incidendo -considerevolmente- all’inasprimento delle sanzioni già previste dal nostro Codice penale in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi, stalking e violenza sessuale.

Ulteriore peculiarità introdotta dal “Codice Rosso” è l’imminente trasmissione, anche in forma orale, dell’acquisizione della notizia reato dalla polizia giudiziaria al Pubblico Ministero.

Le scarpette rosse, simbolo della giornata contro la violenza sulle donne – Fonte: ilrestodelcarlino.it

Donne, violenza e lockdown

Nonostante il repentino intervento normativo, certamente la situazione epidemiologica che ha colpito il nostro Paese, negli ultimi due anni, non ha di certo giocato a favore delle donne esposte a violenza domestica, soprattutto a seguito di un lockdown forzato e di una situazione economica drasticamente mutata.

Dai dati ISTAT emerge, addirittura, che nel 2020, in piena pandemia, si è registrato un picco di chiamate al numero di pubblica utilità 1522 contro la violenza sulle donne e lo stalking ed anche delle vittime (12.942 chiamate e 5606vittime) in confronto al calo delle chiamate e richieste di aiuto via chat nel secondo trimestre 2021.

Il Governo in azione

Tutto ciò ha sollecitato l’animo della Ministra per le pari opportunità e la famiglia della Repubblica Italiana Elena Bonetti, che ha ufficializzato la proposta del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, presentato in CDM due  settimane fa, per stabilire un maggiore impegno parlamentare e giuridico così da evitare il fenomeno “della vittimizzazione secondaria”.

I seminari dell’Università degli Studi di Messina

Alla coesiva chiamata di sensibilizzazione contro la violenza di genere, con l’obiettivo di responsabilizzare i giovani ad acuire lo sguardo al dolore di una donna in preda agli atti violenti di un partner e, soprattutto, facendosi portavoce di tutte quelle donne, giovani ragazze e studentesse, anche messinesi (Lorena Quaranta, Alessandra Musarra, Alessandra Zorzin, Anna Cupelloni, Angelica Salis, Vanessa Zappalà…), distrutte da un amore sordo ed egoista, risponde l’Università degli studi di Messina che non rimane estranea al fenomeno ha promosso, dal 22 al 26 novembre, un ciclo di seminari intitolato “Mai più scuse”, nel quale si sono trattati, tra i vari temi, la tutela sanitaria e giudiziaria, la violenza domestica, quella sui luoghi di lavoro, la comunicazione non violenta e l’identificazione delle vittime di violenza.

L’aula magna (con in prima fila il “posto occupato” e lasciato simbolicamente libero per ricordare tutte le donne vittime di violenza) ha ospitato il secondo focus interdisciplinare, organizzato dall’Ateneo in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Un punto alla violenza

È il momento di dire BASTA e mettere un punto alla violenza.

Basta a questa sofferenza, basta a questa dipendenza affettiva, basta a questo amore egoico.

Non è amore chi ti umilia con la brutalità delle parole, non è amore chi ti fa sentire abbandonata inutile e indifesa con la sola forza dello sguardo, non è amore chi ti massacra di botte e poi ti cerca scusa, non è amore chi ti sminuisce per innalzare il suo ego.

Chi ti ama non ti distrugge!

L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male”. (Paolo di Tarso)

 

Elena Zappia

 

Fonti:

https://www.wired.it/attualita/politica/2020/11/25/giornata-contro-violenza-donne-storia-sorelle/

http://documenti.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0003400.pdf

https://www.dire.it/08-03-2019/306453-video-8-marzo-elina-chauvet-le-mie-scarpe-rosse-hanno-preso-a-calci-i-tabu/

https://questure.poliziadistato.it/it/Bari/articolo/14375942a4098d6fd957175329

https://www.diritto.it/il-codice-rosso-tra-novita-e-critiche/

https://www.altalex.com/documents/leggi/2019/07/26/codice-rosso

https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01107220.pdf

https://www.istat.it/it/archivio/262039

https://www.dire.it/22-11-2021/687474-violenza-sulle-donne-bonetti-presenta-le-misure-del-governo-in-aumento-vittime-e-denunce/

https://www.unime.it/it/informa/notizie/ciclo-di-seminari-%E2%80%9Cmai-pi%C3%B9-scuse%E2%80%9D-focus-interdisciplinare-sulla-violenza-di-genere

 

 

 

Storie di donne messinesi che hanno fatto la Storia

Spesso quando si parla di personalità legate alla città dello Stretto si fa riferimento a figure maschili; oggi invece vi racconteremo di donne messinesi che hanno cambiato la Storia della nostra comunità.
Vi parleremo della misteriosa poetessa Nina da Messina, della rivoluzionaria Rosa Donato prima martire per la libertà, e delle due eroine che salvarono la città dall’assedio angioino, Dina e Clarenza.

Nina da Messina

La prima poetessa in lingua volgare, Nina da Messina è un personaggio più leggendario che storico. 

Nina è stata considerata la poetessa della scuola siciliana sulle tracce delle Trobairitz – trovatrici della Provenza con l’arte di “poetare” – dallo spessore della Contessa de Dia e Na Lombarda. 

Nonostante ciò, sono davvero poche le informazioni biografiche pervenuteci su Nina, e molti più i misteri legati al suo nome e all’intera sua esistenza. 

Da alcuni conosciuta come Nina siciliana, per altri Nina da Messina, per altri ancora Monna Nina, porta ad interrogarsi se Nina fosse una donna dalle molteplici identità  o semplicemente una tra le poche donne fortunate, ad essere encomiata nei versi dei poeti fiorentini del tempo, al pari della Laura di Petrarca o della Beatrice di Dante. 

Così come tanto mistero si cela dietro il suo nome, al pari incerta è la sua provenienza. Contesa tra Messina e Palermo, l’unica certezza pervenutaci è l’essere stata la “donna-angelo” decantata dal poeta toscano Dante da Maiano. Si pensa fosse realmente innamorato di lei e della sua poesia tanto da farla passare alla storia come la “Nina del Dante”. 

A porsi in antitesi a questa affascinante storia di un amore stilnovista, uno studioso abruzzese della metà dell’800, Adolfo Borgognoni, il quale affermò, grazie ai suoi studi, si trattasse di una mera invenzione tipografica.

Ebbene bisogna precisare che il professore mise in dubbio anche l’esistenza dello stesso poeta Dante da Maiano. A smentire la sua tesi fu l’Accademia della Crusca, citando la nostra poetessa nei suoi archivi. 

Messina, mettendo da parte ogni dubbio sull’esistenza di Nina- poetessa in lingua volgare- e reclamando la sua appartenenza territoriale, le ha reso omaggio, intitolando una strada parallela tra il Viale della Libertà e la Via Garibaldi.

Nina da Messina
Nina da Messina – Fonte: sicilians.it

Dina e Clarenza

Il nostro racconto continua con le note eroine Dina e Clarenza, oggi a suonar le campane del Duomo di Messina, secoli fa a salvarla. Ecco perché celebriamo con sentimento tuttora queste due donne!
Il 30 marzo 1282 scoppiò a Palermo la rivolta dei “Vespri siciliani” contro i francesi, che ben presto raggiunse tutte le zone della Sicilia.

A luglio Carlo I d’Angiò decise di intervenire militarmente sulla città dello Stretto, convinto che, conquistata essa, avrebbe impugnato l’intera Isola. Ebbe così inizio lo storico assedio di Messina, terminato poi a settembre.

La notte dell’8 agosto accadde che in una parte delle mura, precisamente al colle della Caperrina, le donne presero il posto degli uomini, stremati dalla giornata di combattimento trascorsa. Due di esse, Dina e Clarenza, quando videro che i francesi avanzavano mirando ad attaccare nuovamente la Caperrina, si adoperarono per allertare i concittadini. Dina iniziò a rotolare massi per ostacolare l’avanzata dei nemici, Clarenza tempestivamente raggiunse la torre del Duomo e suonò le campane a stormo. I messinesi quindi si precipitarono sul colle e ricacciarono le truppe angioine. Alle due donne, dunque, venne riconosciuto il merito della salvezza della città.

La storia ci ha tramandato nient’altro che i nomi di queste due coraggiose donne; esse pero’ non sono state mai dimenticate nonostante il tempo, rappresentate in opere d’arte di diversa forma, ma soprattutto giornalmente vive nelle conversazioni ammirate dei turisti che visitano il centro città e assistono in Piazza Duomo allo spettacolo di mezzogiorno.

©Alice Buggè– Dina e Clarenza, particolare del Campanile del Duomo, Messina 2021

Rosa Donato

Quando parliamo di donne messinesi che si sono battute per la propria patria, non possiamo non citare anche Rosa Donato, umile donna che senza remore partecipò attivamente alla rivoluzione siciliana contro il regime borbonico.

Rosa Donato, nata nel 1808 a Messina, da giovanissima aveva assistito alla repressione borbonica, terminata con le fucilazioni dei “primi martiri della libertà”, del 1820-21. Poco dopo il matrimonio, rimasta vedova di Gaetano Donato, svolgeva lavori umili e aspirava a far cambiare politicamente le sorti della sua città. A tal proposito, Francesco Guardione ricordava che, pur non avendo nessuna cultura politica, nutriva “un sacro affetto verso la patria”.

Nel 1848, all’inizio della rivoluzione, scelse di arruolarsi con i patrioti messinesi per combattere la tirannia borbonica; si conquista il titolo di “artigliera del popolo” per essere riuscita a impossessarsi di un cannone dell’esercito borbonico, trasportato in piazza Duomo con l’aiuto di Antonio Lanzetta e utilizzato contro gli stessi soldati, costretti a retrocedere.

Nel mese di settembre dello stesso anno, Messina veniva messa a “ferro e a fuoco” dai soldati sbarcati nella zona sud e Rosa, fingendosi morta, durante la notte lasciò la sua città; raggiunse Palermo, dove la rivoluzione era ancora in atto, per continuare a combattere.

Nel maggio 1849, a Palermo, avvenne la riconquista borbonica. Rosa Donato, decise di tornare a Messina dove venne imprigionata per quindici mesi e interrata nei sotterranei della Cittadella. Uscita di prigione, viveva chiedendo l’elemosina ai soli studenti davanti l’Università, poiché in loro riponeva l’unica speranza per il futuro.

La sua dipartita avvenne l’8 novembre 1867; morì in povertà ma arricchì per sempre la memoria della sua città.

Rosa Donato – Fonte: ilsicilia.it

 

Marika Costantino, Corinne Marika Rianò, Elena Zappia

Fonti:

Dina e Clarenza

ilsicilia.it/nina-siciliana

nina-da-messina-da-trovatrice-a-cercatrice

cinque-grandi-donne-scritto-la-storia-messina

lescalinatedellarte.com

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