Messina nel 1780: il quartiere “Quattro fontane/Purgatorio”

Ritorna l’appuntamento dedicato al viaggio nella Messina del 1780. L’architetto Giannone oggi ci illustra il quartiere “Quattro fontane/purgatorio”.

L’area, di cui fanno parte le antiche contrade dell’Amalfitana Grande e della Terzanà, rappresenta il luogo di connessione tra il potere civile e militare, il potere religioso e quello commerciale. Alla fine del XVI vennero aperte due grandi strade: la via Cardines e via Austria, oggi via I Settembre.

All’estremità di via Cardines vi era una piazza detta Piano dei Tramezzatori, contraddistinta dalla Chiesa delle SS. Anime del Purgatorio e, al suo fianco, della Chiesa dei Catalani.

Mappa del quartiere “Quattro Fontane/Purgatorio” – Fonte: “Messina nel 1789. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

San Giovanni dei Fiorentini

La chiesa venne edificata nel 1624 rimpiazzando il tempio dorico di Ercole Manticlo, che venne demolito suscitando un’accesa opposizione dei messinesi; ciò la grande sensibilità della società messinese dell’epoca verso il proprio patrimonio edilizio.

Il progetto della nuova costruzione fu affidato a Vincenzo Tedeschi, che riprese le planimetrie del tempio e la inquadrò perfettamente ad angolo tra via Cardines e via Austria. Venne completata del 1714, con l’alloggiamento sul cantonale destro della fontana del Buceti.

L’architettura della chiesa è stata finemente rappresentata dall‘incisione dell’Houel, ritraente il quadrivio: si scorge una facciata ascrivibile al tardo manierismo con un portale con colonne di ordine tuscanico sormontate da una trabeazione conclusa da un arco ribassato; al centro della facciata una targa commemora la distruzione del tempio romano.

La chiesa venne distrutta dal terremoto del 1783 e non più riedificata.

Jean Houel, VI.e vue de Messine. Quartier appellè Quatrofontane, formè de deux belles rues qui se croisent à angles droits, 1784. 

San Nicolò all’Arcivescovado

Chiesa antichissima, che risale a prima del VII secolo, nel 1096 venne elevata a Cattedrale da re Ruggero e dotata di un campanile. Mantenne questo prestigioso titolo fino al 1168; con la costruzione del Duomo, successivamente, la chiesa venne integrata e gestita dall’Arcivescovado.

Rappresentava un impianto basilicale con tre lunghe navate sostenute da colonne di granito, con tre altari presso la tribuna e con portale di fattura e forme gotiche. Purtroppo anch’essa crollò a causa del terremoto del 1783.

Arcivescovado

Nel 1582 fu affidata ad Andrea Camalech la costruzione del nuovo portale e del riallineamento della facciata. Il terremoto del 1783 recò numerosi danni alla struttura e ne fu necessario l’abbattimento.

L’edificio fu riedificato, ma in stile neoclassico, su progetto di Francesco Basile; dopo il terremoto del 1908 venne nuovamente abbattuto e il nuovo palazzo venne inaugurato nel 1924, nella medesima zona, su progetto di Enrico Fleres.

Il Palazzo dell’Arcivescovado oggi- ©Silvia Molino, Messina 2022

Zecca Regia

L’istituzione fu fondata nel 493 a.C in età arcaica, quando la zecca cittadina coniava la moneta raffigurante un delfino all’interno della falce. Di appartenenza a questo edificio si hanno testimonianze solo del grande portale d’ingresso, ricostruito in stile manierista nel 1625.

L’ intero edificio crollò nel 1783 e il portale seicentesco, rimasto integro fu mutilato nel corso delle successive ricostruzioni, come testimoniano alcune fotografie anteriori al 1908.

Quattro fontane

Le fontane, di gusto Barocco, vennero costruite a scopo celebrativo dal dominio spagnolo per esaltare il Regno di Sicilia. Le fontane vennero costruite in epoche diverse, ma seguendo  il disegno originario dello scultore romano Pietro Calcagni.

Centro della composizione sono i mascheroni che versano l’acqua nelle tre vasche sottostanti, circondate da elementi e acquatici e zoomorfi; nella parte sommitale sono presenti le insegne imperiali e gli stemmi cittadini.

Il terremoto del 1908 le danneggiò, ma solo due vennero reinstallate nella stessa area; le altre due fontane sono conservate presso il Museo Regionale.

Ricostruzione delle “Quattro Fontane” nel 1780 – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

 

Una delle due fontane collocate nell’attuale via I Settembre (già via Austria) – ©Silvia Molino, Messina 2022

Chiesa delle SS. Anime del Purgatorio

Nel quartiere della Terzanà sorgeva una delle chiese più ricche e imponenti di Messina: la Chiesa delle SS. Anime del Purgatorio. Su questo sito, fino al 1620, esisteva un piccolo oratorio della Confraternita degli Azzurri, che si occupava di portare conforto ai condannati al patibolo; successivamente l’oratorio venne intitolato alla Madonna degli Afflitti e gestito dalla Confraternita della Morte, che si occupava della sepoltura delle persone indigenti.

Nel 1620 iniziarono i lavori per la costruzione di questa grande chiesa, che si protrassero per oltre un secolo. Progettata da Andrea Suppa, fu conclusa da Raffaello Margarita, autore della facciata, realizzata con la pietra di Siracusa. Di pianta pianta ottagonale, possedeva una cupola affrescata da Domenico Giordano.

Il terremoto del 1783 fece crollare la cupola, che venne restaurata nel 1794. Nonostante il successivo terremoto del 1908 non avesse creato danni strutturali alla Chiesa, questa venne abbattuta per consentire il prolungamento della via Garibaldi fino a Piazza Cairoli.

Ricostruzione della Chiesa delle SS. Anime del Purgatorio nel 1780 – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Chiesa della SS. Annunziata dei Catalani

Fondata nel 1164 con il nome di SS. Annunziata del Castellamare, dal 1271 fu la prima sede dell’ordine domenicano in Sicilia.

In età aragonese la lunghezza della chiesa fu accorciata di una decina di metri ed il portale smontato e trasferito nella Chiesa di Santa Maria la Scala.

Nel 1507  le fu aggregato l‘Ospizio dei Trovatelli ed in seguito fu concessa in gestione alla Confraternita dei Mercanti Catalani, dai quali prese il nome attuale.

Il sisma del 1783 arrecò pochi danni, e la chiesa, ormai divenuta parrocchia, fu velocemente oggetto di restauro.

Nel successivo sisma del 1908 crollò l’intero isolato su cui insisteva la chiesa, ma essa fu risparmiata e a partire dal 1919 fu completamente restaurata dall’architetto Francesco Valenti.

Dopo i bombardamenti del 1943 , la chiesa fu nuovamente restaurata con interventi protrattisi fino al 1978 e successivamente dal 2000 al 2002.

Ricostruzione della Chiesa dei Catalani nel 1780 – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

 

La Chiesa dei Catalani oggi- ©Silvia Molino, Messina 2022

Alla prossima!

Terminata la nostra seconda tappa, vi diamo appuntamento alla prossima puntata, in cui “visiteremo” il quartiere “Grande Ospedale/Collegio”.

 

Marta Cloe Scuderi

Fonti:

Luciano Giannone, Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa, Giambra Editori, Terme Vigliatore (ME), 2021.

Unime ricorda Giovanni Falcone, a 30 anni da quel terribile 23 Maggio

“Ninetta mia, crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio”

Era una mattina come le altre, nell’autostrada sopra Capaci:  le macchine percorrevano le strade come sempre e il rumore degli pneumatici veniva interrotto ogni tanto da un colpo di clacson. Ad un tratto il tempo venne spezzato da una bomba. Un semplice click aveva creato una nube di polvere, il rumore dei veicoli lasciò il posto alle urla e ai pianti dei passeggeri e degli autisti; l’artefice di tale orrore si chiamava Totò Rina. Un omuncolo piccolo piccolo aveva appena tolto la vita a Giovanni Falcone, un uomo dai grandi valori, morto per il proprio lavoro e per l’amore del proprio Paese.

Murales dedicato a Falcone e Borsellino a Palermo. Dall’archivio UVM

Sono passati 30 anni da quel 23 Maggio del 1992. Dopo nemmeno due mesi, anche il suo collega Paolo Borsellino venne assassinato. In quell’anno perdemmo due grandi uomini, uccisi per mano della codardia.

“Il ricordo e la memoria di Giovanni Falcone”: l’incontro organizzato da Unime

A trent’anni esatti dalla Strage di Capaci, nella giornata del 23 Maggio 2022, presso l’aula magna del Rettorato di Messina, si è tenuta la celebrazione del ricordo di Giovanni Falcone, assassinato dall’organizzazione criminale Cosa Nostra. Nell’attentato perse la vita pure  la scorta, che era diventata ormai l’ombra del giudice, e  Francesca Morvillo,  anche ella magistrato e moglie di Falcone. L’incontro è stato organizzato dall’Università di Messina, assieme al Consiglio degli Ordini degli Avvocati e l’Ufficio Scolastico Provinciale.

Da sinistra verso destra: Domenico Santoro, il Rettore Cuzzocrea, Laura Romeo, Stello Vadalà. © Gianluca Carbone 

Dopo i saluti istituzionali del Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea, del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Messina Domenico Santoro, della Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati sez. Messina Laura Romeo e del dirigente Scolastico Provinciale di Messina Stello Vadalà, ha aperto la conferenza il Prorettore Vicario, prof. Giovanni Moschella.

Gli ospiti che sono intervenuti sono stati: il Procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia, la Studentessa Unime Noemi Munter, il componente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Pizzuto, il Procuratore  della Repubblica di Reggio Emilia Gaetano Paci, la Studentessa Unime Simona Calabrese e Angela Nicotra dell’Ordine di Diritto Costituzionale dell’Università degli Studi di Catania. La cerimonia si è conclusa con un dibattito portato avanti dai liceali di Messina.

Il giorno in cui l’Italia capì cos’è la mafia

Ad aprire la cerimonia dedicata a Falcone è stato proprio il ricordo del Magnifico. Ci ha confessato che trenta anni fa era diretto verso Capaci, quando la sua macchina fu fermata: no ne capiva il motivo, nell’aria avvertiva confusione e notava nei volti delle persone un’espressione interrogatoria. Dopo un po’ gli giunse la notizia della strage, e in quel preciso momento comprese fino a che punto potesse arrivare la mafia, in quel momento tutta Italia intuì cosa fosse veramente.

Ha ricordato inoltre a tutti noi studenti, che questo morbo va combattuto ogni giorno e la vera libertà è scegliere, come la scorta di Falcone, che ha deciso di rischiare la propria vita, rimanendo accanto a lui e a tutta la Sicilia.  Proprio per questo, dobbiamo essere orgogliosi e grati a tutti coloro che hanno combattuto la mafia, e che continuano farlo. Falcone e Borsellino ci hanno insegnato che non dobbiamo mai voltarci indietro.

«Falcone è un punto di riferimento per tutti noi magistrati.» Queste sono state poi le parole della dott.ssa Laura Romeo, che ci ha spiegato che solo grazie a Falcone e a Borsellino l’Italia ha una Procura Nazionale, l’organo che dirige la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, fondato il 20 Gennaio del 1992. Ogni ente dell’antimafia è nato grazie ai due magistrati.

Il pubblico presente alla commemorazione nell’Aula Magna del Rettorato. © Gianluca Carbone

Parole che hanno colpito il pubblico sono state anche quelle del Dirigente Scolastico e Provveditore agli Studi di Messina, il prof. Stello Vadalà, che ha accompagnato i suoi studenti alla commemorazione in onore di Falcone.

“Pure chi salta la fila ha una mentalità mafiosa. Chi ha l’aria da prepotente, chi se la prende con i più deboli. La mafia sarà sconfitta, solo quando lo Stato stesso e i cittadini saranno la scorta “

Buttare la carta a terra, non avere rispetto per il prossimo o semplicemente saltare la fila denota un senso di prepotenza, che è intrinseco all’essere umano  ma è anche il primo credo della mafia. Le parole del professore, ci fanno capire che pure noi a volte sbagliamo, non curandoci della nostra comunità e delle persone. Parole non banali che invitano al coraggio di ricordare tutte le vittime di mafia, non solo durante i loro anniversari.

Sono stati tanti i discorsi pronunciati durante l’evento da voci che hanno ridato anima non solo alla memoria di Falcone ma anche a tutti noi. Viviamo in un Paese in cui la mafia ancora detiene un potere, anche se non come quello di una volta. Falcone e Borsellino sono stati sconfitti, ma il loro agire e il loro pensiero ancora restano e continuano a combattere quel morbo. Per una prospettiva nuova, per le generazioni sedute nei banchi scolastici perché siano testimoni loro stessi di queste memorie in modo che la mafia un giorno diventi solo una storia da film horror.

Murales dedicato a Falcone a Palermo. Dall’archivio UVM

Vorrei concludere, rivolgendo due parole direttamente al giudice che perse la vita nella strage di Capaci. Dimmi Falcone, non avevi paura assieme al tuo collega e amico Paolo Borsellino?  Vedevamo il timore nei vostri occhi, lo spavento di non rientrare più a casa, di non rivedere più la vostra amata, di non tornare al vostro lavoro. Il vostro terrore, però, lo  assopivate con la voglia di virtù e di giustizia.

Alessia Orsa

 

Messina nel 1780: il quartiere “Piazza Duomo”

Ritorna l’appuntamento dedicato al viaggio nella Messina del 1780. L’architetto Giannone oggi ci accompagna in uno dei punti nevralgici della nostra città: il quartiere di Piazza Duomo.

L’area divenne uno dei principali centri della vita cittadina a partire dal XII , quando venne consacrata la Cattedrale normanna, ma fu solo nel corso degli anni ’50 del 1500 che da slargo medievale l’area si trasformò in una moderna piazza rinascimentale, fulcro del potere religioso e politico della città.

Mappa del quartiere “Piazza Duomo” – Fonte: “Messina nel 1789. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Duomo di Santa Maria La Nova

La Cattedrale di Messina, denominata Duomo di Santa Maria la Nova, ha una lunga storia, funestata da diversi terremoti ed incendi che ne hanno fatto un cantiere a cielo aperto sino ai giorni nostri: la prima costruzione venne realizzata in epoca bizantina, intorno al 530 a.C., durante l’era dell’imperatore Giustiniano.

La nuova Cattedrale, consacrata nel 1197 alla presenza dell’imperatore Enrico VI e della consorte Costanza d’Altavilla, seguì il modello delle grandi chiese normanne: impianto a croce latina rivolta ad Oriente, tre navate, tre absidi mosaicate, la facciata romanica, l’alto campanile posto a sinistra. 

Nel corso del XVI secolo si ebbe la maggiore attività del cantiere del Duomo che interessò il rivestimento marmoreo della facciata, il coro ligneo intarsiato in avorio e madreperla, la creazione di dodici cappelle del superbo apostolato marmoreo, la pavimentazione a tarsie.

Nei primi anni del 1600 venne completata la decorazione delle cappelle del SS. Sacramento e della Sacra Lettera e fu realizzato un ricchissimo baldacchino in bronzo.

Danneggiata dal terremoto del 1638, fu oggetto di vari restauri; in particolare gli interni, a partire dal 1682, vennero decorati in stile barocco dall’architetto Andrea Gallo.

Il successivo terremoto del 1783 distrusse il campanile e la parte superiore della facciata, mentre il terremoto del 1908 causò il crollo di gran parte della struttura: solamente la zona absidale, la cripta e la parte inferiore della facciata rimasero in piedi. 

Campanile del Duomo

La prima torre campanaria è della stessa epoca della chiesa giustinianea. Il campanile vero e proprio, risalente alla successiva epoca normanna, fu restaurato e ricostruito dopo i danni causati da un fulmine, raggiungendo la quota di circa 92 metri di altezza, misura abbastanza singolare per l’epoca.

Questo campanile, raffigurato in tantissime viste ed incisioni dell’epoca, era diviso in cinque livelli collegati al primo tramite una scala a chiocciola. Al di sopra della torre si elevava un altro corpo di fabbrica che ospitava le campane; sulla cima del campanile era presente un angelo in ottone posto su un perno in modo che potesse cambiare posizione in base al soffiare del vento.

Dopo la riconquista spagnola del 1678 il campanile venne spogliato dei numerosi tesori, tra cui le statue di Scipione ed Annibale di epoca romana -di cui si è persa traccia-, e dei documenti custoditi nel primo livello, tra cui molte pergamene attestanti le memorie ed i privilegi della città ed una ricca collezione di manoscritti greci, che furono trasportati a Madrid.

Danneggiato dal terremoto del 1693 e da un fulmine nel 1728, venne in gran parte distrutto dal terremoto del 1783 fino al totale abbattimento nel 1863 a causa di problemi di carattere strutturale che non erano stati risolti dalle varie ristrutturazioni.

L’attuale torre campanaria, con il suo peculiare orologio astronomico, risale agli anni ’30 del secolo scorso.

Visuale dall’alto di Piazza Duomo nel 1780 (ricostruzione) – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Monumento equestre a Carlo II d’Asburgo

La statua rappresenta una raffigurazione allegorica della città ribelle, rappresentata da un’idra, domata dall’imperatore spagnolo; venne eretta nel 1684 nella piazza dove sorgeva il Palazzo Senatorio, che era stato distrutto nel 1678 a seguito della riconquista spagnola.

Il re Carlo, con indosso armatura e stivali, a cavallo di un vigoroso destriero rampante che schiaccia l’idra adornato da una sella e bardature molto decorate, impugna nella mano destra lo scettro mentre con la sinistra il freno del cavallo.

Per realizzare la statua fu usato il bronzo ricavato dalla fusione della più grande campana del Duomo.

Nel 1707 Filippo V ordinò la rimozione dell’idra e fece cancellare le scritte offensive per la città di Messina.

Durante i moti risorgimentali del 1848 la furia popolare smembrò la statua.

Di essa non si ebbero più notizie certe: si narra che sia stata fusa per ricavarne dei cannoni; altre fonti, invece, sostengono che i suoi resti  furono portati a Napoli.

Ricostruzione di Piazza Duomo con in primo piano il Monumento equestre di Carlo II – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Palazzo della Regia udienza

Sede della Corte Stratigoziale fino al 1679, l’edificio fu restaurato dopo il 1783 per divenire il Palazzo dell’Appalto. Sede della Biblioteca Comunale e degli uffici dei tribunali, fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1908 e quindi abbattuto nel 1914.

Di esso rimangono numerose fotografie ed incisioni che mostrano un edificio imponente, con quattordici aperture sulla piazza molto decorate, con abbinamento di balconi e finestre sugli stessi poggioli, ed un grande portone, con colonne in marmo, anch’esso sovrastato da un balcone finemente decorato. Un cornicione in stile dorico coronava l’edificio. 

Fontana di Orione

La Fontana di Orione, progettata e realizzata dall’architetto Montorsoli, tra il 1550 ed il 1553, è considerata una delle più belle fontane rinascimentali.

La fontana, in marmo di Carrara, si compone di tre parti: il basamento dodecagonale, la grande vasca ed il candelabro. Vi sono quattro statue che raffigurano i fiumi Nilo, Eufrate, Tevere e Camaro, diversi mostri marini ed otto bassorilievi che narrano episodi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio.

Il candelabro risente della filosofia neoplatonica: i quattro fiumi sono ascrivibili al primo livello cosmologico insieme ai mostri marini, sirene e tritoni, posti nella parte inferiore del candelabro. Al livello successivo troviamo le Naiadi che annunciano il passaggio dalla materia alla forma. Il terzo livello, l’Anima Cosmica, è rappresentato da putti e figure angeliche che cavalcano delfini. L’ultimo livello, la Mente Cosmica, è rappresentata dal gigante Orione con il fedele cane Sirio.

Ricostruzione della Fontana di Orione, la Statua equestre e il Palazzo della Regia udienza – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Le altre chiese

Nell’area di Piazza Duomo sorgevano anche due importanti chiese: la Chiesa di Sant’Agata e la Chiesa di San Lorenzo.

La prima, eretta nel 1126, fu danneggiata gravemente del terremoto del 1783 e definitivamente distrutta da quello del 1908.

La seconda, parte dell’ampio progetto di ricostruzione e riorganizzazione della piazza ad opera del Montorsoli, fu
completamente distrutta nel 1783.

Alla prossima!

Terminata la nostra seconda tappa, vi diamo appuntamento alla prossima puntata, in cui “visiteremo” il quartiere Quattro Fontante/Purgatorio.

 

Marta Cloe Scuderi

Fonti:

Luciano Giannone, Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa, Giambra Editori, Terme Vigliatore (ME), 2021.

 

Atm: entità libere, indipendenti e sovrannaturali

I 23 dell’atm sono genericamente riconosciuti dagli studenti diretti verso il Polo universitario Annunziata come entità libere, indipendenti e sovrannaturali, guidati da autisti con superpoteri ancora non del tutto chiari a noi semplici babbani.

© Alessandra Cutrupia

È possibile dunque elencare solo alcuni dei superpoteri fin ora scoperti:

  1. Fluidità/ Trasfigurazione; i nostri rossi compagni d’avventura posseggono questo dono che permette loro di assumere deliberatamente le sembianze di un qualsiasi altro atm. Non esiste una tratta precisa che il conducente possa indicarti una volta salito sul magico mezzo a sei ruote. La tratta è semplicemente fluida, variabile, indefinita. Potresti essere diretto all’Annunziata e ritrovarti tranquillamente al Papardo a seguire lezioni di biotecnologia perché “Caronte” (n.d.r. autista) ha compiuto l’opera di trasformazione della tratta che si presuppone ingenuamente predefinita. Perciò il 23 su cui stai viaggiando assumerà le sembianze di un 24 che svolterà verso Paradiso invece di percorrere la rotatoria e salire verso l’università. Voi, ingenui studenti del Dicam, siete in errore se credete che alla domanda “qual è l’ultima fermata?” qualcuno vi possa rispondere con certezza. E qui, “Caronte di turno”, alzerà le spalle in segno di dubbio e contatterà qualche collega per chiedere a che ora deve giungere alla misteriosa “ultima fermata”. Che poi, raccontata così, somiglia più ad un’allegoria della morte. Chissà che gli autisti non annuncino mai l’enigmatica meta proprio perché esseri dotati di immortalità.
  2. Invisibilità; superpotere del mitico bus a sei ruote che fa sì che esso si possa nascondere agli occhi di qualsiasi essere umano che sia disperatamente in cerca di un mezzo di trasporto che lo riporti a casa e lo salvi dalla pioggia e dal vento di Messina (che non è un elemento da sottovalutare).
  3. Restringimento; non se ne comprendono ancora bene le dinamiche, ma l’autista è capace di attraversare la strada più stretta, occupata sia a destra che a sinistra da una serie di macchine parcheggiate in doppia fila, senza danneggiarsi minimamente. Da ciò ne consegue il quarto superpotere.
  4. Invulnerabilità; una capacità che ha un secondo risvolto: gli atm sono indistruttibili e allo stesso tempo incapaci di distruggere. Se per puro caso l’autista dovesse strisciare contro un’automobile, essa rimarrebbe inspiegabilmente intatta.
  5. Telecinesi;  la capacità di spostare gli oggetti, in questo caso le persone e i gatti, con il pensiero. Provate una compassione smisurata per gli anziani che attraversano sulle strisce pedonali aiutandosi con un bastone in legno o per i gattini spelacchiati che fanno le fusa? Nessuno dei due è un ostacolo per il conducente dell’ atm. Con la mente riesce a spostare qualsiasi forma tangibile che ostruisca la carreggiata. Da qui ne deriva un sesto superpotere.
  6. Precognizione; la capacità di prevedere eventi futuri, in questo caso, di prevedere qualsiasi incidente, ingorgo stradale o corteo studentesco che possa danneggiare l’efficienza dell’autista.
  7. Capienza illimitata; gli atm, a quanto pare, sono immuni alle leggi della fisica. Per il teorema della relatività di Einstein, secondo cui lo spazio si dilata e il tempo si restringe, è possibile comprendere come all’interno di un 23 possano entrare seimila studenti nel giro di venti secondi.
Fonte: UniMe.it

Il superpotere tipico degli autisti del tram: la cronomanzia.   

Si tratta della capacità di piegare il tempo a proprio piacimento. Vi accorgerete immediatamente di questo superpotere una volta varcate le porte di un tram poiché la percezione che voi avrete del tempo sarà inevitabilmente diversa da quella dell’autista. Esso sarà volubile, astratto, congelato. Sebbene voi siate di fretta e stiate calcolando i minuti che mancano al prossimo mezzo di trasporto da prendere per giungere a casa vostra, al conducente sembrerà che il tempo all’interno del tram abbia smesso di scorrere. Avete fretta? Le rotaie sono libere? Perché correre quando si può fare un lento giro turistico di Messina e fermarsi a qualsiasi semaforo  seppur non funzionante?                                                                                                                                                                                              Non avrete mica un treno da prendere? Semmai uno da perdere. 

Alessandra Cutrupia

Il “Castellaccio”: fra storia e misteri

A 150 metri sul livello del mare, a vegliare la città di Messina da un arcano nemico vi è il misterioso Castellaccio, una delle fortezze più antiche della città e luogo pregno di misteri e di storia.

La storia 

Di grande importanza strategica, in quanto punto di controllo e di avvistamento, il forte prende nome dalla sottostante vallata di Gravitelli, in passato zona impervia ed isolata.

Come racconta Giuseppe Buonfiglio Costanzo nella sua “Messina Città Nobilissima” (1606) il Castellaccio ha origini antichissime.

Per secoli fu diffusa la convinzione che fosse stato Orione in persona a edificarlo e non senza fondamento dati i reperti archeologici, risalenti all’età preellenica, ritrovati nel sito.

Il vicerè Giovanni De Vega, nel 1547, lo fece ricostruire in fascine e legname e, nello stesso secolo, l’architetto Antonio Ferramolino, autore anche del Castello del SS. Salvatore e del Forte Gonzaga, lo ridusse in forma quadrata.

Nel 1674, durante la rivolta antispagnola, il forte venne preso d’assalto dai messinesi e utilizzato come osservatorio. Da qui il suono di una cannonata preannunciava ai cittadini dei pericoli imminenti.

Durante i moti del ’48, i messinesi lo riconquistarono e mantennero fino al secolo successivo, quando anche il Castellaccio subì il terremoto che devastò Messina un ventennio dopo.

Il secondo conflitto mondiale lo danneggiò ulteriormente e i successivi interventi finirono per stravolgerne irreversibilmente l’iniziale natura architettonica.

È il caso del 1949, quando il Castellaccio divenne sede di Villa Pia e reinaugurato come “Città del Ragazzo”.

Padre Nino Trovato di fronte la Città del Ragazzo, fondata nel Forte Castellaccio – Fonte: gsud.cdn-immedia.net/2021/10/me_citta_ragazzo.jpg

Qui, “orfanelli”, ragazzi e giovani provenienti da famiglie e dai contesti più disagiati, ospitati dal responsabile del progetto, padre Nino Trovato, trovarono nel Castellaccio una casa e un lavoro.

L’edificio, come scrive l’architetto Nino Principato, fu ampiamente manomesso. Al suo interno, inoltre, venne edificata una palazzina con finestre in falso stile gotico, che mal si accordano con il carattere generale della struttura originaria, di cui, ormai, rimane ben poco.

Il castello degno di un horror

I messinesi non apprezzano particolarmente questo monumento e da decenni, complice il decadimento della struttura, credono che il luogo sia maledetto.

A conferma di ciò, il macabro scenario che fa da benvenuto ai visitatori: un pupazzo di Babbo Natale impiccato all’ingresso, simboli esoterici tracciati su porte e pavimenti e, sulla volta della cappella, un pentacolo.

Babbo Natale “appeso” all’ingresso dell’edificio – Fonte: letteraemme.it/wp-content/uploads/2017/03/castellacci012.jpg

Un inquietante presagio di attività paranormale, confermata dalle numerose segnalazioni di rituali occulti e di sconcertanti apparizioni.

Fra queste, quella del fantasma di una suora, di cui circola anche un video sul web, che ha attirato l’attenzione di un gruppo di ricercatori del paranormale, il MAP.

Ghostbusters in azione al Castellaccio – Fonte: messinatoday.it/attualita/nuove-presenze-castellaccio-indagini-map.html

Dalle loro indagini risulta una fitta documentazione, contenente registrazioni che riportano la voce disperata di una donna, sospiri e lamenti, risate e vagiti infantili.

Il 24 novembre 2020, l’emittente britannica BBC ha mandato in onda una puntata dal titolo One night in a ‘haunted’ Sicilian castle”, ambientata proprio al Forte Castellaccio.

Una serie di immagini, interviste e testimonianze raccontano del viaggio all’interno del castello, atto a decretare la veridicità della storia.

Il Castellaccio in poesia 

Il poeta, giornalista e storico messinese Pasquale Salvatore, le cui opere sono sconosciute ai più, enfatizza il valore culturale del luogo nella sua emblematica poesia “Castiddazzu”:

Cu’ carriò la petra e la quacina,

cu travagghiò pi gghisari sti mura,

facènnumi cchiù forti, d’ura in ura,

dormi, e non s’arrispigghia a la matina:

dormi, di trenta sèculi…

O Missina,

tu intantu addivintavi gran signura!

Ma poi ti vosi ‘nterra la svintura,

mentri, cu’ potti, ti mintìu ‘ncatina.

Lu foristeri ora cchiù non ti vanta;

l’aria libbera tò cchiù non cci coli.

Ed oramai di tia nuddu si scanta…

Ma, addritta e fermu, supra sta muntagna,

iò cci cantu, a cù voli e a cù non voli:

Missina cc’era, e Roma era campagna.

 

Panorama dal Castellaccio negli anni ’60 – Fonte: pinterest.it/pin/782711610222408061/

 

Valeria Vella

Fonti:

visitme.comune.messina.it/it/luoghi/castellaccio-di-messina

balarm.it/news/tra-sospiri-notturni-e-risate-di-bambini-a-messina-c-e-un-castello-degno-di-un-thriller-118998

letteraemme.it/lemittente-inglese-bbc-a-messina-in-cerca-di-fantasmi-al-forte-castellaccio/

curiosauro.it/2022/03/12/i-fantasmi-di-forte-castellaccio-a-messina/

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Il “Castellaccio” – Fonte: profilo facebook “Messina Attività Paranormali”

Robot in corsia: come la tecnologia aiuta la medicina

La medicina si avvicina sempre di più al suo obiettivo principale: comprendere ‘’la macchina’’ quasi perfetta qual è il corpο umano e scoprire nuovi modi per poterla riparare. Nel ventunesimo secolo, i robot aiutano medici e chirurghi a compiere tale passo. Messina è l’esempio di come si possa effettivamente arrivare dove l’uomo non può.

  1. La macchina intelligente
  2. Dove si trova?
  3. Come funziona?
  4. Dove possiamo utilizzarlo?
  5. Benefici per i pazienti
  6. Vantaggi per medici e ospedale
  7. Le parole speranzose del DG Mario Paino
  8. Tecnologia Medica
  9. Conclusioni

La macchina intelligente

L’ingegneria medica caratterizza questo campo già dalla seconda metà del ventesimo secolo, rivelando quanto fondamentale sia la sua impronta. Lo dimostra un braccio robotico, presente anche nella nostra città, il quale guida la mano del chirurgo permettendo una precisione del 98,9% negli interventi più delicati, tra cui quelli alla colonna vertebrale.  

Dove si trova?

Questo braccio robotico si trova solo in 4 città in Italia, di cui 3 al Nord Italia: Bologna, Venezia e Torino. Anche l’Azienda Ospedaliera Papardo gode di questa brillante opera ingegneristica. Messina è l’unica città a poter usufruire di questa tecnologia, la quale rende il Papardo un Centro sanitario di eccellenza del Centro-Sud Italia.

infobreast.it

Come funziona?

Il braccio robotico è una delle invenzioni tecnologiche in campo medico più fruttuosa e intelligente mai realizzato. Inoltre, semplifica enormemente interventi che per le capacità e conoscenze limitate del chirurgo sono molto complesse. Il medico segue alcuni step prima di eseguire l’intervento, tra cui l’analisi delle immagini tridimensionali ottenute dalla TAC e l’utilizzo del Gps. La macchina robotica, grazie alle immagini ottenute e alla localizzazione data dal Gps, sa con precisione millimetrica dove operare e posizionare le viti.

Dove possiamo utilizzarlo?

La patologia traumatica, così come quelle neoplastiche vengono interessate dal suo utilizzo. Queste ultime sono trattate, in particolar modo, a livello del sacro e dell’anello pelvico. Il braccio permette di trattare sfaldature dell’osso causate da traumi di una certa intensità e tumori particolarmente aggressivi. Infine, può essere d’aiuto anche nelle malattie degenerative della colonna vertebrale.

Benefici per i pazienti

Questa innovazione rende meno invasivo l’intervento. Il medico spesso deve ricorrere a tagli lunghi e cicatrici che rovinano in alcuni casi l’aspetto estetico del paziente, prolungando notevolmente l’ospedalizzazione. Il robot esegue dei tagli di qualche centimetro, senza sfigurare la pelle e permettendo un recupero veloce. Infatti, può essere dimesso entro 72h dall’intervento.

Vantaggi per medici e ospedale

Il robot costituisce lo strumento ideale per permettere ai giovani medici, soprattutto specializzandi, a familiarizzare con la chirurgia spinale. È possibile ottenere le immagini in 3D da una TAC intraoperatoria molto particolare, un’altra invenzione tecnologica di cui dispone lo stesso Papardo: O-Arm. La macchina ha delle funzioni molto simili a quelle di una TAC, ma emana minori radiazioni, evitando di sottoporre alle stesse gli operatori sanitari. Anche l’ospedale trova numerosi vantaggi, tra cui i costi ridotti. Qualora l’intervento umano non dovesse andare bene, l’ospedale viene sottoposto ad un lungo e tortuoso processo legale. Con il braccio robotico si hanno meno errori e quindi la percentuale di costi riparativi viene diminuita sensibilmente.

Le parole speranzose del DG Mario Paino

Il Direttore Sanitario dell’Azienza Ospedaliera Papardo, Mario Paino, commenta questa innovazione tecnologica:

Gli investimenti in tecnologie come queste, rappresentano l’argine migliore contro la migrazione sanitaria. Ancora troppe persone del Centro-Sud Italia, ogni giorno, salgono su treni ed aerei diretti al Nord per andare a curarsi. Noi invece, pensiamo che trattamenti sicuri e di qualità siano un diritto per tutti e in tutto il Paese. Il Papardo rafforza la propria vocazione all’eccellenza. Personale medico-sanitario altamente formato assieme alle tecnologie mondiali più innovative sono la formula per garantire le cure migliori ai pazienti”.

Tecnologia Medica

Le innovazioni tecnologiche non interessano il solo campo chirurgico. Anche durante la pandemia da COVID-19, i supporti robotici sono stati fondamentali per fornire assistenza a medici e pazienti. Ad esempio, i robot hanno aiutato a pulire e mantenere sterili le stanze, riducendo così la possibilità di entrare a contatto con agenti patogeni. I robot possono aiutare anche nello spostamento di letti, diminuendo notevolmente gli sforzi richiesti dal personale sanitario. Esistono, inoltre, tecnologie disposte di una particolare telecamera: il medico la sfrutta per poter vedere all’interno del corpo del paziente. I macchinari robotici possono anche sostituire parti del corpo.

smartworld.it

Conclusioni

I riscontri positivi vengono confermati anche dai trenta mila interventi eseguiti fino ad ora su scala mondiale, i quali risultati sottolineano l’importanza degli avanzamenti tecnologici in campo medico. L’avvento della Tecnologia e delle Biotecnologie, ci ha consentito di rivoluzionare il mondo medico, permettendo di staccarci dalla medicina classica così come noi la conosciamo.

Con la tecnica gli uomini possono ottenere da sè quello che un tempo chiedevano agli dei. Umberto Galimberti

 Dario Gallo

Per approfondire:

Robotica nel settore sanitario: il futuro dell’assistenza medica –… (intel.it)

Chirurgia vertebrale, al Papardo un sistema robotico rivoluzionario (insanitas.it)

Il braccio robotico del DARPA controllato con il pensiero (video) | SmartWorld

Paralizzati: tornano a camminare grazie ad elettrodi nel midollo spinale

Che fine ha fatto il Ponte sullo Stretto?

Da tanti anni si discute di una possibile costruzione di un ponte sullo Stretto di Messina. Esso non è stato edificato, non tanto per la non volontà di farlo, quanto per le molte problematiche legate alla sua realizzazione.

Queste problematiche si sono moltiplicate e diversificate nel corso della storia.

Le prime idee di un ponte sullo Stretto

 Gli antichi romani furono i primi a pensare ad un ponte sullo Stretto. Ma l’idea era più quella di un ponte di barche, perché all’epoca non c’erano i mezzi per costruire il ponte. Questo però avrebbe impedito il transito di altre barche sullo Stretto. A ciò si aggiungevano l’irregolarità dei fondali marini e la presenza di venti in una zona sismica. Costruire il ponte era quindi impossibile.

Ponte di barche sullo stretto di Messina – Fonte: Strettoweb.com

Successivamente, anche il Re delle due Sicilie Ferdinando II di Borbone, attorno al 1840, pensò alla realizzazione di un ponte, ma a causa degli alti costi rinunciò al progetto.

Dall’Unità d’Italia fino alla Seconda Guerra Mondiale

Nel 1870 era nata l’idea di un possibile allacciamento sottomarino, della lunghezza di ventidue chilometri, proposto dall’ingegnere Carlo Alberto Navone. Il progetto prevedeva di entrare in galleria a Contesse, scendere a centocinquanta metri, sottopassare Messina e Ganzirri, giungere a Punta Pezzo e risalire a Torre Cavallo.

Mappa dell’allacciamento sottomarino – Fonte: Siciliaintreno.org

Nel periodo precedente i due conflitti mondiali ci fu un evento catastrofico che sconvolse le due città di Messina e Reggio Calabria: il terremoto del 1908. Questo causò enormi danni; nonostante ciò nel dopoguerra il discorso del ponte non era ancora chiuso.

I danni causati dal terremoto del 1908 – Fonte: Focus.it

Il progetto nel Dopoguerra

Nessuna delle proposte fatte durante le due guerre mondiali fu realmente presa in considerazione. Nel 1952 il progetto del ponte fu rilanciato dall’ACAI, l’Associazione dei Costruttori Italiani in Acciaio, che incaricò l’ingegnere David Steinman di redigere un progetto. L’ipotetico ponte avrebbe dovuto scavalcare lo Stretto in tre balzi con due piloni, alti duecentoventi metri sopra il livello dell’acqua e per centoventi metri sotto il mare, con ascensori di controllo dal basso verso l’alto. La costruzione richiedeva il lavoro di dodicimila operai e una spesa intorno ai cento miliardi di lire. Furono allora avviati studi geofisici e ambientali con lo scopo di realizzare un collegamento stabile tra la Sicilia e il continente.

L’ingegnere David Steinman – Fonte: Lindahall.org

Il nuovo millennio. La fase berlusconiana e il coinvolgimento della mafia.

Nel 2001, i due principali candidati alla guida del governo, Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, annunciarono il loro sostegno a una possibile costruzione del ponte. Nell’Ottobre del 2005, l’associazione temporanea di impresa Eurolink S.c.p.a vinse la gara d’appalto per la costruzione del ponte. Ma il 4 Novembre dello stesso anno, la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) informò il Parlamento italiano del tentativo di Cosa Nostra di interferire sulla realizzazione del ponte. Fu avviata l’inchiesta.

Nel 2007 il secondo governo Prodi avrebbe voluto ritirare l’appalto, ma il Ministro dei trasporti Alessandro Bianchi e il Ministro delle infrastrutture Antonio di Pietro, assieme al centrodestra, si opposero e accorparono la Società “Stretto di Messina” all’Anas. Il motivo risiedeva nella volontà di evitare il pagamento delle penali per la mancata esecuzione dei lavori.

Nel 2008 il quarto governo Berlusconi volle riprendere il progetto. I lavori avrebbero avuto inizio nel 2010, per terminare nel 2016; ma nel 2011 l’Unione Europea non ha incluso il ponte tra le opere destinate ad avere finanziamenti economici.

Nel 2012 è stata completata a Villa San Giovanni la prima opera propedeutica al ponte, che consiste nella variante della linea ferroviaria Cannitello-Villa San Giovanni.

Nel 2013 la Società “Stretto di Messina” è stata liquidata.

Gli sviluppi più recenti hanno condotto -l’anno scorso- alla nascita dell’intergruppo parlamentarePonte sullo Stretto. Rilancio e sviluppo italiano che parte dal Sud“, composto principalmente dalle forze politiche Italia Viva, Forza Italia e Lega.

Un’ipotetica immagine del Ponte sullo Stretto – Fonte: ilsole24ore.com

Farlo o non farlo?

Rimane dunque sempre in discussione il discorso legato alla realizzazione o meno  del ponte.

Tanti affermano che esso sia un progetto futuristico, che si realizzerà. Tanti altri sono scettici sulla sua costruzione. Molti affermano che il Ponte sullo Stretto sia inutile, dato il viavai di navi da Reggio Calabria a Messina.

Il ponte, per ora, resta un mistero.

La domanda che ci siamo posti circa due anni fa è ancora attuale: perché abbiamo paura del Ponte sullo Stretto?

 

Roberto Fortugno

 

Immagine in evidenza

Fonte: ilsole24ore.com

 

 

“Gran Mirci” a Messina

Chi accede a Palazzo Zanca, sede del Municipio di Messina, ha modo di osservare l’epigrafe in bronzo “Gran Mirci”, ripetuta cinque volte sui cancelli d’ingresso dell’edificio.

Ma in quanti conoscono il significato nascosto dietro quest’antica iscrizione?

La leggenda

Per risalire all’origine della formula occorre andare molto indietro nel tempo.

Corre l’anno 379 d.C. e l’imperatore Teodosio I, prossimo alla morte, decide di suddividere il governo del suo vasto territorio fra i due figli. Assegna, rispettivamente, la parte orientale al primogenito, Arcadio, e quella occidentale al secondo, Onorio.

Questa decisione decreta in modo irreversibile la fine dell’Impero Romano, che non sarebbe mai più tornato ad essere governato da un unico sovrano.

Miniatura n° 32 dalle cronache di Costantino Manasse, con gli imperatori Arcadio, Onorio e Teodosio I – Fonte: wikipedia.org

Di questa divisione approfittano i barbari, già presenti ai confini dell’impero.

L’assedio

Nel 407, Arcadio, già alle prese con una pericolosa instabilità politica, si trova attaccato dai Bulgari.

Questi, con alla testa un certo Assariele, si erano ribellati e avevano preso d’assedio la città greca di Tessalonica, l’odierna Salonicco, costringendo l’Imperatore a lasciare Costantinopoli.

La battaglia infuria nel borgo per un’intera giornata e l’Imperatore e la sua intera cavalleria sono costretti a retrocedere.

Ad Arcadio, in condizioni di prigionia, impotente di fronte all’aspro degenerarsi del conflitto, non resta che richiedere soccorso. Invia messaggi d’aiuto a Taranto, a Brindisi, alla Puglia e ai veneti, ma nessuno di essi intende intervenire.

Si rivolge così, in un ultimo tentativo, a Messina, nota all’epoca come la florida città “dove il più famoso arsenale del Mediterraneo ritrovavasi“.

Il porto di Messina in un dipinto di Juan Ruiz risalente al 1748 – Fonte: pinterest.it

La svolta

All’arrivo delle richieste di aiuto da parte dell’Imperatore, lo stradigò Metrodoro decide di agire in favore di Costantinopoli, armando a proprie spese quattro navi. Successivamente, a lui si unisce Aristide, cavaliere messiene, che ne arma due, Messina che ne arma sette, Reggio e Trapani con una nave e Siracusa con tre.

Con un totale di diciotto navi, sventolanti la bandiera messinese, la flotta capitanata dallo stradigò fa rotta verso l’Oriente.

Sbarcati sulle coste di Tessalonica e annientate le imbarcazioni dell’esercito nemico, Metrodoro e i suoi, con l’aiuto dei tessalonicesi usciti dalla città, decimano i Bulgari, uccidendo lo stesso Assariele.

In tal modo, non solo i messinesi liberano Arcadio dall’assedio, ma riescono persino a riconquistare Costantinopoli, restituendola all’Imperatore.

Di fronte ad una tale prova di valore, ammirato e riconoscente, Arcadio conduce con sé nella capitale lo stradigò e i suoi uomini. Qui, in presenza della sua corte e del popolo, elegge Messina città principale dell’Impero, al pari di Costantinopoli, rivestendola col titolo di Protometropoli della Sicilia e della Magna Grecia e conferendole il “Comando e Governo perpetuo” della Sicilia.

Inoltre, le viene riconosciuto il diritto di fregiarsi dello stesso vessillo imperiale: la croce aurea in campo rosso, tutt’oggi presente nello scudo stemma del Comune di Messina.

Per lasciare ricordo a tutta l’umanità, Arcadio fa scolpire sulla facciata della chiesa di Santa Sofia la formula “Pollè charis te Messene“, che durante l’occupazione angioina sarebbe diventata “Gran Mirci a Messina“, quindi “Molte Grazie a Messina“.

Epigrafe “Gran Mirci” sui cancelli di Palazzo Zanca – Fonte: Messinaierieoggi.it

La versione francese: da “Mirci” a “Merci

Sono diverse le versioni di questa storia che smentiscono l’epopea di Metrodoro.

La leggenda dell’assedio di Tessalonica, infatti, non sembra avere delle basi storiche. Durante il regno di Arcadio non vi è mai stato, effettivamente, un assedio della città, né, tantomeno, una conquista di Costantinopoli.

Per alcuni studiosi, sembra chiaro il riferimento della formula alla tradizionale alleanza fra Messina e i francesi

Alleanza che risale all’epoca delle Crociate e che si protrae alla sanguinosa Guerra dei Vespri Siciliani, durante la quale, sempre secondo gli stessi storici, Messina pare abbia risparmiato gli Angioini, concedendo loro la fuga. 

Da qui, “Merci” a Messina.

 

Valeria Vella

Fonti: 

wikipedia.org/Stemma_di_Messina

mutualpass.it/gran-mirci-

letteraemme.it/gran-merce-a-messina-la-scoperta-a-castanea/

In ricordo di Franz Riccobono

La città di Messina e l’intero mondo della cultura sono in lutto per la prematura scomparsa di Franz Riccobono, storico e cultore delle tradizioni popolari messinesi.

Colpito dal Virus SARS-CoV-2, da giorni ricoverato in terapia intensiva presso A.O.U. “Gaetano Martino” (Policlinico) – nosocomio messinese-, lo storico si è spento all’età di settantanove anni lo scorso 16 marzo.

Nella Basilica Cattedrale Protometropolitana di Santa Maria Assunta si è svolta la cerimonia funebre per dare un ultimo saluto a Franz.

Biografia

Classe ’43, Franz nacque a Patti in provincia di Messina.

Intraprese gli studi universitari, iscrivendosi alla facoltà di Economia e commercio presso l’Università degli Studi di Messina, dove si laureò nel 1970.

Appena laureato convolò a nozze con l’amata Messina, uno sposalizio appassionato tra  storie di reperti storici e tradizioni, che ha sin da subito condiviso con gli stessi concittadini.

Franz
Franz Riccobono- Fonte: Messinaweb.Eu

Attività

Dal 1971 al 1997 svolse l’incarico di funzionario presso l’Università degli Studi di Messina; da lì in poi la vita di Franz si arricchì tra impegni sociali e attività culturali.

Consulente della Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella, consulente dell’Istituto Italiano dei Castelli Sicilia, Vicepresidente della Fondazione Patrimonio UNESCO Sicilia, componente del Consiglio Regionale dei Beni Culturali, socio fondatore dell’associazione “Amici del museo di Messina”, e protagonista delle scoperte archeologiche, ha aperto una bottega divenuta sin da subito punto di riferimento non solo per gli storici messinesi ed italiani, ma anche per tutti coloro che almeno una volta nella loro vita rimasero affascinati dal suo ammaliante modo di raccontare Messina.

La bottega
La bottega – Fonte: Profilo Facebook di Franz Riccobono

Opere

Ebbe per maestri, il professore e socio dell’Istituto di Preistoria e Protostoria, Aldo Segre – scomparso all’età di cento anni – e il naturalista Adolfo Berdar, che formarono un Franz intrepido, sostenitore della sua terra, tanto da fare di quella Messina non solo la terra natia ma anche la protagonista di tutte le sue storie intrise di novità e tradizioni.

Una Messina viscerata, raccontata, decantata in oltre cinquanta opere interdisciplinari.

Per oltre cinquant’anni si dedicò ad attività di volontariato e realizzò ben quindici eventi tra musei e mostre permanenti.

Da ultimo, nel maggio 2021, Messina lo vide protagonista come relatore per un incontro organizzato a Palazzo della Cultura “Antonello da Messina”– il maggio dei libri- per la presentazione del suo libro “Il mare sui muri”.

Insomma, la sua morte lascia l’amaro in bocca, allo stesso modo, sia agli amici più stretti, sia ai meri conoscenti.

Locandina evento
Locandina evento presentazione libro “Il mare sui muri” – Fonte: Comune di Messina

In ricordo di Franz…

Leggiamo insieme qualche commento per ricordare Franz.

Il fumettista messinese Lelio Bonaccorso

“Ci ha lasciati un uomo eccezionale, un amico la cui scomparsa mi sconvolge e mi addolora non poco. Aspettavo solo il momento in cui Franz Riccobono riaprisse il suo negozio, uno spazio culturale meraviglioso, una dimensione parallela in cui potevi ascoltare racconti incredibili e vedere e toccare scorci di storia antica e recente. Messina perde un pezzo importantissimo, una persona che davvero amava questa città e che metteva la divulgazione culturale al centro della sua vita. Tante volte le sue consulenze sono state importanti ed essenziali, anche per i miei libri. Oggi vorrei solo che gli si intitolasse uno spazio, un museo, affinché tutto il materiale e la memoria storica che Franz custodiva possa essere fruibile a tutti. Lui ne sarebbe stato felice, perché quel patrimonio è davvero parte della nostra storia e non deve andare perduto. Faccio le condoglianze alla famiglia e auguro al mio caro amico Franz un buon viaggio. Spero davvero tu possa starci vicino perché abbiamo ancora bisogno del tuo supporto”.

La Cisl Messina

“Con la morte di Franz Riccobono, Messina perde un pezzo importantissimo della sua memoria storica, il custode della magia di questa città. Lo ricordiamo sempre con una passione immensa per la storia della nostra città, per il suo patrimonio artistico e soprattutto culturale. L’appello è quello a non dispendere quanto ha fatto Franz Riccobono per Messina”.

Il Presidente della Regione Nello Musumeci

«La prematura scomparsa di Franz Riccobono mi addolora profondamente e costituisce una grave perdita anche per la città di Messina e per la cultura siciliana, con Riccobono se ne va uno studioso, un ricercatore e un collezionista tenace, instancabile, appassionato e geloso custode delle proprie idee. Profondo conoscitore della propria città, della quale era inguaribilmente innamorato, ha dedicato a Messina diverse pubblicazioni e centinaia di iniziative. Franz mi aveva contagiato l’amore per la Zona Falcata e la necessità del suo recupero. Era entusiasta del lavoro che in tal senso avevo avviato in questi anni col governo regionale. Ed ora che non è più tra di noi, riconsacriamo l’impegno a completare il lavoro iniziato, in omaggio alla sua memoria. Alla moglie va il cordoglio mio e del governo siciliano».

 

Ci accodiamo al desiderio di molti, chiedendo la cura e la salvaguardia dell’intero suo patrimonio, affinché Franz  possa continuare a vivere e, insieme a lui, anche quella porzione di Messina che solo lui riusciva a rendere speciale.

 

Elena Zappia

Fonti:

https://www.edas.it/autore/franz-riccobono/#:~:text=Si%20%C3%A8%20laureato%20nel%201970,popolari%20e%20storia%20del%20territorio.

http://unescosicilia.it/wp/wp-content/uploads/2014/09/Franz-Riccobono.pdf

https://www.unime.it/sites/default/files/locandina_61.pdf

https://messina.gazzettadelsud.it/foto/cronaca/2022/03/16/messina-il-covid-stronca-il-prof-franz-riccobono-67c20c5e-277f-4dbe-9d3c-af7b3e96ea6e/

https://www.messinatoday.it/cronaca/covid-morto-franz-riccobono.html

Giovanni Pascoli a Messina: “Io ero giunto dove giunge chi sogna”

“A Messina ho passato i cinque anni migliori, più operosi, più lieti, più raccolti, più raggianti di visioni, più sonanti d’armonie della mia vita”

Sono le parole che Giovanni Pascoli, figura emblematica della letteratura italiana di fine Ottocento, scrisse in una lettera del 1910 a Ludovico Fulci in riferimento al suo soggiorno nella città di Messina, dove dimorò tra il 1898 e il 1902, in seguito all’ottenimento della cattedra di Letteratura latina alla facoltà di Lettere dell’Ateneo messinese.

Il poeta Giovanni Pascoli – Fonte: proletteraturacultura.com

Palazzo Sturiale, “il più bell’alloggio di tutta Messina”

Il poeta giunse nella città dello Stretto nel gennaio del 1898, accompagnato dalla sorella Mariù e dal cane Gulì.

I tre andarono ad abitare al secondo piano di un appartamento in via Legnano 66, ma i primi mesi della permanenza non furono semplici.

A marzo Pascoli e la sorella si ammalarono di tifo. Molti anni dopo, ricordando quel periodo in una lettera indirizzata a un amico, il poeta scrisse che “il primo anno a Messina rischiò di essere l’ultimo”.

Preoccupata per la salute del fratello e insoddisfatta dell’abitazione in cui alloggiavano, Mariù mutò la prima impressione entusiastica della città, dichiarando in una lettera alla sorella Ida di “odiare Messina e il suo bel cielo, sempre nuvolo”.

Trascorse le vacanze estive a Castelvecchio di Barga, Pascoli fece ritorno a Messina nel mese di novembre, senza la sorella, e si trasferì in un appartamento di Palazzo Sturiale in via Risorgimento, al numero civico 162.

Nell’invitare Mariù a fare ritorno in Sicilia, il poeta elogiò largamente la nuova abitazione, situata nella zona di nuova espansione a sud della città; definendo l’alloggio “moderno e abbastanza vasto” ne decantò la bella vista: “dalla cucina si vede il forte Gonzaga sui monti…dall’altra finestra il mare, su l’Aspromonte...”. Inoltre la assicurò che, occupandosi personalmente dell’arredamento, la nuova casa sarebbe diventata “il più bell’alloggio di tutta Messina”.

Palazzo Sturiale, Messina – Fonte: regione.sicilia.it

Il soggiorno messinese

Nei momenti liberi Pascoli amava passeggiare per la città in compagnia del collega Manara Valgimigli.
Fra le sue mete preferite vi erano la Palazzata, la Pescheria, la spiaggia di Maregrosso da dove ammirava il Fretum Siculum e il mare, quel mare che “se ci tuffi una mano, gocciola azzurro”.

Le bellezze paesaggistiche del luogo incantarono l’autore romagnolo e furono di grande ispirazione per la propria produzione letteraria.

Durante il soggiorno messinese Giovanni Pascoli visse uno dei periodi più laboriosi e intensamente creativi, intrecciò relazioni col mondo intellettuale e accademico, compose le poesie “L’aquilone” e “Le ciaramelle” e si dedicò alla stesura dei saggi danteschi.

Giovanni Pascoli sulla spiaggia di Maregrosso – Fonte: medium.com

La partenza e il legame con la città

Alla fine di giugno del 1902 Pascoli e Mariù lasciarono definitivamente Messina.

La notizia del terremoto che nel 1908 colpì la città con conseguenze devastanti sconvolse il poeta, che dedicò al luogo che l’aveva accolto calorosamente parole cariche d’emozione:

“Tale potenza nascosta donde s’irradia la rovina e lo stritolio, ha annullato qui tanta storia, tanta bellezza, tanta grandezza. Ma ne è rimasta come l’orma nel cielo, come l’eco nel mare. Qui dove è quasi distrutta la storia, resta la poesia”. 

Fra i messinesi che rimasero nel cuore del poeta vi era Giovanni Sgroi, il portinaio di Palazzo Sturiale.
Dopo il terremoto del 1908, Pascoli si ricordò di lui e della sua grande bontà d’animo inviandogli una grossa somma di denaro e una lettera dove espresse l’augurio che “…la nostra Messina risorga più bella di prima…”.

Messina in seguito al sisma del 1908 – Fonte: tg24.sky.it

Verso la realizzazione del “Museo Casa Pascoli”

Nel descrivere il nuovo appartamento il poeta l’aveva definito, quasi profeticamente, “sicuro contro il terremoto”.

L’edificio, infatti, scampò alla furia del sisma, giungendo fino a noi come testimonianza di una delle rare fughe del poeta dal suo “nido”.

Per iniziativa del Comitato Cittadino 100 Messinesi per Messina 2008 è stata realizzata e collocata accanto al portone d’ingresso di palazzo Sturiale una targa commemorativa con iscrizione di Aldo Di Blasi.

Di recente l’edificio è stato ristrutturato e verrà acquistato dalla Regione Siciliana per essere inserito nella “Rete regionale delle case museo”.

“L’immobile che ospitò il grande Pascoli ha le potenzialità per diventare luogo di attrazione per gli studiosi, ma anche per i turisti, entrando a far parte di un interessante circuito culturale – afferma il Presidente della Regione Nello Musumeci – che unisce la storia di tanti personaggi illustri della nostra terra o che in Sicilia hanno vissuto e operato. Faremo uso delle più avanzate tecnologie per realizzare uno spazio museale moderno e interattivo”.

L’acquisizione dell’abitazione da parte dell’Ente Regionale ha l’obbiettivo di valorizzare le dimore legate ai personaggi illustri, nate, cresciute o semplicemente innamorate della Sicilia.

Quest’ultimo è il caso del più grande poeta decadentista, di cui colpisce l’apertura che, da uomo estremamente riservato e attaccato ai propri luoghi di origine e al proprio focolare domestico, mostra di avere in “terra straniera”, al punto da decantare apertamente il senso di appartenenza e l’attaccamento profondo che ad essa lo legano:

“C’è molto di buono, o messinesi, nella nostra cara Messina”

Targa commemorativa a Palazzo Sturiale – Fonte: archeome.it 

 

Santa Talia

Fonti:

mutualpass.it/post/538/1/giovanni-pascoli-e-gli-anni-a-messina

medium.com/giovanni-pascoli-narratore-dellavvenire/le-città-pascoliane-messina

sicilianpost.it/messina-unorma-del-cielo-cosi-giovanni-pascoli-dichiarava-amore-alla-citta/

Immagine in evidenza:

Giovanni Pascoli sul balcone della sua abitazione in Via Risorgimento – Fonte: sicilianpost.it