E’ lo “Spirito di Messina” ad aver formato l’Unione Europea

E’ il giugno del 1955, dieci anni dopo la fine della seconda guerra mondiale; la nazione, sconquassata fin dalle fondamenta, sta cercando di rimettersi in piedi, in modo dignitoso e decoroso. Gli animi degli italiani, seppur stanchi ed affranti, in quegli anni vedono la speranza per un futuro migliore, ci credono e ci lavorano su, affinché quello che era accaduto non si ripetesse, affinché i loro figli non vedessero né subissero le atrocità che erano loro toccate. Il popolo vuole gli stati più uniti, spera in un unione che sancisca che nessun conflitto trovi più menti sulle quali attecchire e insidiare le sue malsane brame.

© Belga Photo – da sinistra a destra: Paul-Henri Spaak (Belgio), Walter Hallstein (RFA), Antoine Pinay (Francia), Joseph Bech (Lussemburgo), Gaetano Martino (Italia) e Johan Willem Beyen (Paesi Bassi)

Sono i primi due giorni del mese di Giugno, del 1955, e a Messina, per volere dell’allora Ministro degli Esteri Gaetano Martino, si tiene quella che passerà alla storia, sia italiana che europea, come Conferenza di Messina. A molti messinesi “Gaetano Martino” può far venire in mente il policlinico universitario, nonché l’ospedale più grande della città. Ma Martino fece molto di più che dare il nome ad un policlinico.

Martino, nel suo intento e desiderio di unione, convoca la Comunità Europea del Carbone e dell’acciaio (CECA) costituitasi nel 1951 e tiene per l’appunto la Conferenza di Messina; questa procederà all’avvio dei Trattati di Roma, che porteranno, dopo soli due anni, alla costituzione della Comunità Europea per l’Energia Atomica (EURATOM) e la Comunità Economica Europea (CEE).

Fonte: Archivio Storico del Senato della Repubblica – sicilyineurope.eu Conferenza CECA, Messina 1-2 Giugno 1955

«Siamo tutti ansiosi di estendere sempre più la nostra integrazione… Mi auguro che in questa Conferenza aggiungeremo un’altra pietra alle fondamenta della costruzione europea», dichiara Martino in apertura dei lavori. Della CECA fanno parte 6 stati membri, Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.

Inizialmente, come in qualsiasi progetto di vasta scala e di grande portata, i Ministri degli Esteri dei sei Stati si sono trovati in difficoltà sulla linea da seguire. I Paesi Bassi premevano per un unione di tipo doganale, mentre la Francia, portatrice indiscussa di integrazione fra popoli, che tuttora innalza la sua bandiera contro qualsiasi forma di discriminazione e razzismo, insisteva per un’integrazione totalizzante. Dopo una fase di stallo, il piano di avviamento è partito, e nel 1992, con i Trattati di Maastricht, nasce quella che oggi è l’Unione Europea.

Eppure, in periodi di diffidenza come questi che viviamo ora, è difficoltoso parlare sia di Unione che di Europa, per di più se si uniscono le due parole. Qualsiasi studioso di storia o di antropologia, sa bene che già gli antichi accomunavano le popolazioni dei diversi Stati europei sotto un’unica forma mentis.

Fonte: strettoweb.com

Siamo “Unione” da un punto di vista linguistico, qualsiasi linguista può affermare che gli idiomi che oggi utilizziamo, seppur diversi, derivano quasi tutti dal latino e prima ancora dall’indoeuropeo. Siamo “Unione” da un punto di vista storico; nessun evento di grande rilevanza per i nostri paesi ha mai lasciato, nei secoli, indifferenti gli altri che lo stavano ad osservare. Siamo “Unione” sotto l’aspetto scientifico, con scambi frequenti tra i nostri migliori intelletti.

Ma l’Europa, è bene dirlo, in un momento in cui uno degli stati membri propone un referendum per uscirne fuori (con esiti ancora incerti, nonostante il popolo si fosse espresso favorevole) è primo di tutto “identità” e – l’identità non coincide col passaporto – dice la scrittrice Dacia Maraini – e tanto meno con una bandiera o una religione. E’ un insieme di valori in continuo cambiamento -; ed è in onore di quei valori che dobbiamo ricordare chi siamo, e sempre in nome di quelli, quando vi sono delle incertezze e sfiducie durante le Conferenze, che si ripete e ricorda “lo spirito di Messina”.

 

Ilaria Piscioneri

“PICCOLO MUSEO DELLA MOTO” Unico nel suo genere nel Sud d’Italia

Fonte: Circolo “Alzatavola” Auto e Moto d’Epoca – Piccolo Museo della Moto

 

Ti arrampichi sul Colle Torace affacciato sulle Eolie e ti tuffi in un piccolo presepe in piena ebollizione questo è il Borgo di Castroreale (Me). Qui, da turista impegnato, vai a curiosare fra eccellenti monumenti d’arte ma c’è un misterioso rombo che ti affascina. E’ quello che proviene da un Club locale di innamorati di moto, presieduto da Enrico Munafò che fondò ben 24 anni fa il Circolo Auto Moto d’epoca “Alzavalvola”.

Successivamente, da visionario quale è, Munafò, fondò il Piccolo Museo della Moto. Un museo che non ha pari per la sua originalità : “Siamo 14 Soci proprietari di moltissimi pezzi rari, ma abbiamo la coperta Corta– ci dice Munafò –perché il locale disponibile è vasto, ma inadeguato per contenere tutto il parco dei mezzi. Dunque esponiamo i nostri tesori a turni che oscillano sui due mesi: le moto in lista di attesa soggiornano in garage e quando avviene il ricambio, va via una parte del nostro cuore.

In questo paradiso della moto c’è anche un esemplare che merita di pavoneggiarsi : è la Honda Transalp del viaggiatore in solitaria Ottavio Patanè, reduce (ne porta i segni ) del raid Sicilia– Mongolia e ritorno. Impresa protrattasi per settantacinque giorni, attraverso 24 paesi, percorrendo nel totale ben 27.500 chilometri, attraverso anche il deserto del Gobi. Patanè era solo, dormiva in tenda ma doveva duellare anche con problemi elettrici e meccanici per le pesanti escursioni termiche subite e per le condizioni non ottimali delle strade.

 

Fonte: Circolo “Alzatavola” Auto e Moto d’Epoca -Piccolo Museo della Moto

 

A questo si aggiungono altri esemplari considerati prototipi realizzati da Francesco Bella di Santa Lucia del Mela, definito “visionario“ il quale costruisce moto attorno ai motori. Citiamo alcuni, dunque, di questi capolavori presenti al Museo: la Lupara, cinque marce a presa diretta su piattaforma Guzzi Ercole; il leggendario motocarro della Guzzi di Mandello del Lario. Un altro importante pezzo è la “Barunissa“ considerato, da giurie mondiali esperte nel settore, una delle dieci moto più belle al mondo, dedicata a donna Laura appunto baronessa di Carini, con intarsi di legno e fili a treccia, costata al Bella ben 1.500 ore di lavoro.

Guardi questo” prosegue il Presidente dei patiti della moto d’arte rara “è un esemplare unico nel mondo: è la DKW 175 Luxus datata 1927 ed immatricolata nel 31. E sappia che la DKW è la bisnonna dell’Audi.”

Enrico Munafò ora è una valanga di informazioni. Ci presenta la Vespa inneggiata nel film “ Vacanze Romane”, le Lambrette osannate dal Quartetto Cetra, la Ganna 175 che fece la storia commerciale dell’ex muratore di Cittiglio (VA), Luigi Ganna, ciclista della prima ora nel secolo scorso, capace di investire in una fabbrica di moto i premi sudati anche in Sicilia su strade sterrate e con mezzi primordiali. Allora le moto avevano una caratteristica, i manubri molto ampi per favorire l’equilibrio – osserva Munafò – Ganna invece rispettava le proprie origini ciclistiche, dotando le proprie moto di un manubrio stretto a forma di corno di bue rovesciato a ricordo del manubrio della sua bici da corsa.

 

Fonte: Circolo “Alzatavola” Auto e Moto d’Epoca – Piccolo Museo della Moto

 

E non possono mancare tanti altri modelli quali Gilera. Guzzi, Mv Agusta, Bianchi, Capri, Ossa, Benelli, i famosi micromotori che rimisero in piedi un’economia totalmente distrutta dalla seconda guerra mondiale, velocizzando lo scambio di merci e aprendo nuovi mercati. Per non parlare di tutta la storia della famiglia Ducati dove il curatore ha allestito una apposita postazione che racconta le vicissitudini di questa famiglia di Borgo Panigale (Bo), in cui appunto troviamo la loro prima radio, successivamente il primo micromotore denominato “Cucciolo “ da dove parte la storia motociclistica appunto di questa famiglia.

Impossibile risulta allo scrivente raccontare e descrivere inoltre quanto materiale cartaceo, fotografico e oggettistica che si trova all’interno di questo scrigno che lo ha reso noto in tutta Europa con riconoscimenti importanti per la sua originalità. Non rimane altro che andarlo a visitare per toccare con mano.

Passione e studio per i quanti vorranno vedere con i propri occhi cosa di bello esiste nel messinese. Un connubio di arte motociclistica e culturale che noi di UniVersoMe abbiamo visitato e che merita davvero l’attenzione degli appassionati ma soprattutto dei quanti ancora oggi poco o nulla conoscono il territorio metropolitano.

 

Fonte: Circolo “Alzatavola” Auto e Moto d’Epoca – Piccolo Museo della Moto

                                                                                                                            

Filippo Celi

“Gli uomini passano le idee restano” in memoria di Giovanni Falcone

Giovedì 23 maggio, alle ore 10:30, in occasione dell’anniversario della Strage di Capaci, l’Aula Magna del Rettorato ha ospitato la giornata in ricordo di Giovanni Falcone, organizzata dal Centro Studi sulle Mafie dell’Università di Messina.
Dopo i saluti istituzionali del Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea, un breve discorso di elogio per chi onora il proprio mestiere. Ha avuto inizio il dibattito, moderato dal giornalista Nuccio Anselmo, con il Dott. Maurizio De Lucia, Procuratore della Repubblica di Messina e il Dott. Emanuele Crescenti, Procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto.

Il tempo del dibattito è stato scandito da 4 video documentario che trattavano del giudice Falcone e della strage di Capaci.

La strage di Capaci fu un attentato compiuto da cosa nostra, commissionato da Totò Riina il 23 maggio 1992 nei pressi di Capaci, per uccidere il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Gli attentatori fecero esplodere un tratto dell’autostrada A29, mentre vi transitava la scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in 4 auto blindate. Oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Il sicario Giovanni Brusca azionò una carica di cinque quintali di tritolo, che era stata posizionata in una galleria scavata sotto la strada. Pochi istanti prima dello scoppio, Falcone aveva rallentato per prendere un mazzo di chiavi dal cruscotto della macchina. Lo scoppio quindi travolse in pieno solo la prima auto. I tre agenti della scorta morirono sul colpo.
La macchina di Falcone si schiantò contro il muro di cemento e detriti causati dallo scoppio. Il giudice Falcone morì durante il trasporto in ospedale a causa del trauma, causato dall’impatto. La moglie Francesca morì invece in ospedale più tardi. L’agente Costanza, che si trovava nella macchina con il giudice, rimase illeso. Gli agenti della terza automobile, feriti, ma non in pericolo di vita.

I due procuratori sono intervenuti all’incontro elogiando Falcone, parlando di quanto fosse importante come figura oltre che professionalmente, moralmente. Hanno parlato dei moltissimi progressi che sono stati fatti in Sicilia e in Italia nella lotta alla mafia, grazie al quel modo di intervenire impartito da uomini valorosi come Falcone. Si sono pronunciati su Messina e su come la mafia fosse meno violenta. Si era compreso prima delle altre associazioni a delinquere quanto i morti portassero l’attenzione dei media e delle forze dell’ordine, e questo faceva sì che fosse anche più complicato condurre le indagini. Delle parole sono state spese anche riguardo a Barcellona Pozzo di Gotto e a quanto pure lì le indagini abbiano portato a dei risvolti positivi per la giustizia con molti arresti, un approccio alla lotta alla mafia che deve essere intrapreso anche contro le ’ndrine al nord e le camorre. Infine gli ospiti si sono concentrati sui fatti e non sulle supposizioni sollevate ai tempi della strage dalle testate giornalistiche.

Alle 19:30 è stato proiettato presso il Cineauditorium Fasola il film “Il traditore”, film eccezionale sulla vita di Tommaso Buscetta, ex appartenete di cosa nostra, e collaboratore di giustizia grazie al buon rapporto che aveva instaurato col giudice Falcone. Un film di Bellocchio, che ha Buscetta come personaggio protagonista interpretato da Favino. La pellicola ha riscosso moltissimo successo, realizzata bene sopratutto per quanto riguarda le scene del maxi processo, di cui su YouTube si trovano le riprese originali, e mettendo a confronto recitazione e realtà, ci si rende conto della meravigliosa interpretazione di Favino. Viene analizzata una figura che grazie alle sue dichiarazioni fece arrestare moltissimi esponenti di cosa nostra tra cui Salvatore Riina, mandante della strage di Capaci e di altri molteplici omicidi.

Alberto Cavarra

Cortometraggi a Messina in concorso per la 51esima edizione del Fotogramma D’oro

Per tre giorni a partire da mercoledì 22 maggio Messina ospita il “Fotogramma d’Oro Short Film Festival”. È storicamente la 51esima edizione e sono i primi anni in cui è organizzata in una città del sud. La sede si sceglie in base al luogo di provenienza del Presidente della FNC (Federazione Nazionale Cinevideoautori) che è dal 2015 Francesco Coglitore, originario di Messina. Dal 22 al 25 maggio al Cinema Apollo dalle 16.30 fino a sera vengono proiettati cortometraggi provenienti da 30 paesi diversi (quelli in lingua originale sono sottotitolati). Una giuria composta da membri della federazione e studenti del DAMS e della facoltà di Psicologia voterà il migliore che sarà premiato la sera di sabato 25. L’ingresso è gratuito sempre.

Coglitore ha spiegato che i 61 corti in gara sono stati attentamente selezionati dagli oltre 300 iniziali e che i registi possono essere più o meno conosciuti, avere una grossa produzione alle spalle, o essersi autofinanziati. Gli studenti che si sono occupati dell’organizzazione dell’evento hanno raccontato che è stato complicato scegliere l’ordine dei corti che non segue un filo logico e non ha un tema per serata. Sono stati messi in fila in base alla lunghezza alternando corti più lunghi (oltre i dieci minuti) a corti più brevi (5-7 minuti).

Anche il genere viene alternato per non rendere la serata monotona, si passa quindi da un tragico come quello ambientato nella sala di attesa di un ambulatorio medico in cui un vecchio signore ha dei ricordi flash sulla sua deportazione da ragazzo in un campo di concentramento nazista, a un cartone animato su due telefoni pubblici in una stazione che tra un arrivo del treno e l’altro s’innamorano. Alcuni corti lasciano spazio a più interpretazioni, come i 15 minuti di una donna che scende le scale, mentre altri sono semplici e diretti, come il corto ambientato in un’Italia distopica del 2048 sotto dominio arabo in cui un reazionario estimatore della pizza napoletana e di Oriana Fallaci sequestra il fattorino che per sbaglio gli ha portato un kebab e lo costringe a mangiare il polpettone fatto in casa di sua mamma. Spesso i registi sono presenti in sala quindi occhio ai commenti durante la rappresentazione.

Il presidente e organizzatore Francesco Coglitore c’è sempre, è gentile e molto disponibile per domande e scambi di opinione. Il fatto che i luoghi di provenienza dei corti siano molti rende la rassegna più interessante: anche uno spettatore non esperto scopre e può apprezzare modi diversi di fare cinema.

Flavia Tecleme

X Edizione della Settimana della Sicurezza

Messina Risk. Sis.ma 2019, fare e fare bene. La chiarezza del rischio nella forza delle azioni.
Questo l’intento che anche quest’anno ha visto coinvolti molteplici realtà cittadine, studenti, associazioni di volontariato, forze dell’ordine, autorità civili, militari e come sempre la sinergica collaborazione dell’Ateneo Messinese.
Presente come di consueto e immancabile il Dipartimento di Medicina clinica e Sperimentale con i suoi studenti infermieri coordinati dalla Dott.ssa Mariella Caruso in veste di Tutor supervisore.
Ormai da anni, sicurezza e cultura della prevenzione caratterizzano eventi simili a questo e Messina risponde egregiamente con attenzione e spirito di serietà a quella che ormai è una abitudine augurabile alla città ancora per
tantissimi altri anni.
Messina come banco di prova, rischi collettivi emergenziali in simulazione organizzata, che ha visto l’ impegno attento e scrupoloso di Massimiliano Minutoli, Assessore alla Protezione Civile, di sua Eccellenza Dottoressa Maria Carmela Librizzi, Prefetto di Messina, del dirigente generale del dipartimento regione siciliana Protezione civile Calogero Foti e di Agostino Miozzo del Dipartimento nazionale di Protezione civile.
Ecco, la maxi emergenza voluta dal Comune di Messina tramite il suo COC (Centro Operativo Comunale di Protezione Civile), comprendente variegate funzioni al proprio interno, una tra le molteplici la “funzione volontariato” che risponde a quelle esigenze cardini delle quali un paese civile non può più fare a meno.
Nell’ottica di questa simulazione, che ha visto coinvolte diverse strutture dell’apparato pubblico, tra cui in primis il comando provinciale dei Vigili del Fuoco, la Capitaneria di Porto, la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia Municipale nonché la macchina operativa in seno al Dipartimento Regionale della Protezione Civile, tutto si è svolto con la massima serietà e competenza fattiva da sempre tratti tangibili della macchina emergenziale organizzativa messinese.

Presenti all’evento, come da anni or sono, la aziende sanitarie, prime attrici e primi apparati coinvolti in caso di emergenza. La presenza anche quest’anno dell’università di Messina con il DIMED che ha contribuito con la partecipazione dei propri studenti infermieri coadiuvati dalla Dottoressa Mariella Caruso.
Il DIMED attento alla formazione dei propri iscritti, quali futuri professionisti e operatori sanitari, condivide, sponsorizza e valorizza tutte le attività che vedono l’essere umano al centro della tutela pubblica e persegue con lungimiranza comprovata tutte quelle iniziative volte alla cultura della prevenzione.
Una su tutte l’ammaraggio di un aereo costretto all’atterraggio d’emergenza in mare che ha visto il recupero e il salvataggio dei passeggeri a bordo.

Nello specifico impegnati nelle operazioni il centro coordinamento soccorsi della prefettura con l’ausilio del coordinamento della capitaneria di porto in soccorso dell’aeromobile ATR42 che ha visto impegnata in mare anche la motobarca del distaccamento portuale dei vigili del fuoco di Messina M03 con equipaggio composto da quattro unità specialisti nautici e da squadra terrestre.
I vigili del Fuoco, questi primi attori di Protezione Civile, rispondono da sempre a quelle caratteristiche necessarie ai primi interventi, direbbe qualcuno non vi è emergenza grave senza l’intervento dei vigili del fuoco, corpo questo per antonomasia “élite” di Protezione Civile.

In un tessuto cittadino, quale quello della città di Messina e della sua oggi area metropolitana messinese, favorire l’educazione alla prevenzione e alla tutela della vita in quanto tale, è segno che ad ogni livello, in ogni istituzione statale, parastatale e privata, venga fuori quella voglia, caratteristica innata dei messinesi nel perseguire concetti di autotutela e autoformazione continua in protezione civile.
La Protezione civile siamo tutti noi, il nostri vicini di casa, i nostri amici, colleghi, insegnati, genitori, fratelli e sorelle, tutti insieme per un fine comune, esserci e saper esserci in caso di emergenza.
Diceva qualcuno un tempo di non chiederci cosa può fare la nostra città per noi, piuttosto chiediamoci cosa possiamo fare noi per la nostra città, la nostra Sicilia, la nostra nazione.

                                                                                                                                                                                              Filippo Celi

A qualcuno piace brutto

Una città che, seppur mostri segni di miglioramento, non perde mai l’occasione di perdere un’occasione.

Dopo tanti anni ce l’abbiamo fatta, è successo che Gugliotta ha citato se stesso! 
In alto la conclusione dell’editoriale Blu scompare da Bologna. Cosa è rimasto a Messina? pubblicato nell’aprile del 2016 dove denunciavamo le condizioni in cui verteva il meraviglioso murale di via Alessio Valore, vilipeso dal primo impunito che passa. Nonostante l’amministrazione Accorinti avesse speso parole rassicuranti nulla è cambiato, anzi, la situazione è degenerata. Nel settembre 2013 l’allora assessore Sergio Todesco, con un comunicato stampa sottolineava come l’amministrazione comunale intendesse “adottare misure volte alla valorizzazione dell’edificio in oggetto” con tanto di collocazione di segnaletica illustrativa, esecuzione di lavori di pulitura, manutenzione dei manufatti. A questo comunicato seguì un sopralluogo della Soprintendenza dei beni culturali, ma niente e nessuno ha impedito che il murales, alla fine del 2014, venisse brutalmente vandalizzato. Un atto vile ed imbecille a cui sono seguite solo le parole dell’assessore Tonino Perna, fiducioso riguardo la possibilità di recuperarlo. In occasione dello Street art tour ci eravamo anche premurati di consegnare all’ex consigliere comunale Lucy Fenech una copia cartacea del sopracitato editoriale, perchè potesse essere uno sprono a riqualificare un’opera di rilevanza internazionale lasciata a se stessa. Niente da fare. Oggi il dono del writer BLU alla nostra comunità è in queste condizioni:

©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019
©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019
©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019
©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019

Come si può “apprezzare” il murales è completamente irriconoscibile rispetto al 2016

©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2016

E nel frattempo, come se non bastasse, l’attuale amministrazione lo ha letteralmente ignorato piazzandoci davanti un parcheggio a strisce blu assieme al mercato domenicale

©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019

Messina non è certamente una città d’esempio in Europa per quel che riguarda la sensibilità artistica, ma gli atti di vandalismo oramai sono all’ordine del giorno. Esclusi i casi (vergognosi) del vilipendio al monumento ai caduti nei pressi della Fiera e dei danni al pianoforte in Galleria Vittorio Emanuele, gli atti vandalici più rilevanti negli ultimi mesi hanno sempre avuto come oggetto elementi dell’arte urbana. La prima settimana di gennaio Elisabetta Reale sulla Gazzetta ed il Mezzo TG di Todo Modo hanno portato agli onori di cronaca lo scempio al murale dello stabilimento della Miscela D’Oro, atto compiuto con un movente di matrice xenofoba.

messina.gazzettadelsud.it

Più recenti invece sono gli esempi di miopia per l’arte di questa amministrazione comunale: i fatti di via Maregrosso. Un quartiere di rara bruttezza, dal quale convenzionalmente facciamo iniziare la zona sud di Messina, famoso perché dimora di due locali di successo come il Retronouveau e l’Officina, che in realtà avrebbe anche altro da offrire. Esiste infatti una costruzione particolare, una architettura spontanea che per tutti risponde al nome de La Casa del Puparo

Giovanni Cammarata già Cavalier Cammarata, è stato un muratore e veterano di guerra che trasferitosi a Maregrosso ha deciso di abbellire la sua baracca, costruendo un esempio mirabile di arte del riciclo, che per i posteri dovrebbe essere qualcosa di più. Uno fra tutti a pensare che Casa Cammarata sia più di un semplice esperimento è il Prof. Pier Paolo Zampieri, docente di Sociologia urbana ed esperto di Outsider art, che da anni è impegnato nella riqualificazione della via Maregrosso a partire dall’eredita lasciata dal Cavaliere. Uno dei progetti meglio riusciti è la Via Belle Arti, immaginata da Cammarata per soppiantare il degrado di cui siamo ancora oggi testimoni. Tramite concorso, ogni anno vengono chiamati artisti ad impreziosire le pareti della via su cui sorge la casa del puparo, dando di fatto una chance alla comunità di Maregrosso. Purtoppo il desiderio di riabilitazione sociale non è nelle corde di tutti gli uomini e così la casa è stata in parte abbattuta nel 2007 nella realizzazione di un primo centro commerciale ed oggi, nel giubilo degli autoctoni per l’apertura di un secondo centro, la costruzione si trova in queste condizioni:

Anche peggio è andata ad una delle opere realizzate per il progetto di Via Belle Arti dall’artista messinese Giuseppe Raffaele, autore del Pesce Spada infiocinato in fil di ferro, che non è stato tutelato nel rifacimento del marciapiede della via, la quale ora rischia di rimanere priva della sua arte.

normanno.com

In una città a cui serve disperatamente la bellezza esistono altri esempi di anticorpi al degrado, come i ragazzi di PuliAmo Messina che in questi giorni hanno terminato il ciclo di incontri aperti alla cittadinanza Messina arcana. Grazie alla buona ruscita dell’evento sono addirittura riusciti a raccogliere quasi duemila euro per l’illuminazione artistica della fontana di Nettuno.

Qualcuno diceva “non ci resta che piangere“, forse. Intanto, facendosi strada tra le macchine e le buche sull’asfalto, si può entrare nel nuovo centro commerciale Maregrosso, salire su per la scale mobili, prendersi un bel caffè al bar del secondo piano, uscire sul terrazino ed ammirare il panorama.

Alessio Gugliotta

 

Sensibilizzare sulla violenza di genere con “NON GENERI-AMO VIOLENZA”

Giovedì 16 maggio, nella libreria Colapesce in via Mario Giurba, si è svolto un incontro mirato alla sensibilizzazione del pubblico dal titolo “NON GENERI-AMO VIOLENZA”, un laboratorio sulla parità di diritti e sulla violenza di genere organizzato da AEGEE Messina e da due membri del SISM: Daniela Guiso e Davide Spadaro. L’esposizione era molto coinvolgente per i presenti, iniziando con Francesco Campione, presidente dell’associazione AEGEE Messina che chiedeva quali categorie fossero da non discriminare, per poi procedere con un’esperta sulla violenza di genere, Costanza Matafù, che ha convolto in un dibattito su ciò che può portare una persona ad essere violenta, per poi raccontare che ognuno ha un proprio vissuto e delle proprie esperienze, che nel bene o nel male modificano la visione soggettiva di normalità. Con ciò non si giustifica o legittima la violenza, ma la si comprende per poi ugualmente condannarla.

Un altro punto importante, spiegava Matafù, è il ruolo dei media. Quando ad esempio si incorre in un episodio di violenza, dai giornali viene descritto non come un evento sporadico e circoscritto, ma come se ciò avvenisse di continuo, etichettando come abusato ed abusante gli ipotetici soggetti in questione, così creando un meccanismo per il quale chi è stato abusato socialmente verrà visto con occhi diversi che vanno dalla pena alla calunnia e con occhi ancora più diversi chi ha compiuto il gesto precludendogli la possibilità di redimersi. È importante quindi evitare le etichette.

L’evento si è concluso con la spiegazione di un video, dove i protagonisti erano due persone ed una tazzina di tè. Il significato è che in alcune occasioni una persona gradisce del tè, altre volte no, ed è suo diritto dire di no. Se prima sembrava gradisse il tè o avesse anche espresso esplicitamente di volere il tè, è un suo diritto dire di no qualora avesse cambiato idea. Questo per comprendere il consenso per quanto riguarda il sesso.

Si allega qui di seguito il link del video in modo che si possa comprendere meglio: https://youtu.be/oQbei5JGiT8. I sottotitoli si possono inserire premendo i tre puntini in alto a destra dal cellulare.

L’incontro si è rivelato molto formativo ed educativo.

Alberto Cavarra

Ecco i risultati delle elezioni studentesche 2019

Si sono concluse le votazioni, svoltesi per la prima volta in via telematica, per l’elezione dei rappresentanti degli studenti, specializzandi, dottorandi ed assegnisti.
L’Ateneo messinese è il primo degli atenei pubblici siciliani ad avere adottato la modalità telematica per l’espressione delle preferenze elettorali.
Gli studenti votanti sono stati 6296 (26,63%) sui 23578 aventi diritto.

Per il biennio 2019/2021, si è votato per

a) cinque rappresentanti degli studenti in seno al Senato Accademico;

b) due rappresentanti degli studenti in seno al Consiglio di amministrazione dell’Ateneo;

c) due rappresentanti degli studenti in seno al Comitato sovrintendente alle Attività Sportive Universitarie (CSASU);

d) un rappresentante dei Dottorandi e Assegnisti di ricerca in seno al Senato accademico;

e) un rappresentante degli Specializzandi in seno al Senato Accademico.

Si è votato , inoltre per l’elezione dei rappresentati degli studenti, assegnisti e dottorandi nei Consigli dei Dipartimenti e dei rappresentanti degli studenti nei Consigli dei Corsi di Laurea, di tre rappresentanti degli studenti, dei dottorandi, degli specializzandi e degli iscritti presso le Istituzioni per l’alta formazione artistica e musicale in seno al Consiglio di Amministrazione dell’E.R.S.U. di Messina e dei rappresentanti del CNSU; i risultati delle votazioni del CNSU saranno resi noti successivamente.

Ecco i risultati:

UNIME_Risultati

Alta Fedeltà: il mercatino dei dischi in vinile a Messina

Nel pomeriggio di Domenica 12 Maggio si è tenuto il “Mercatino del vinile” alla Stanza dello Scirocco, centro culturale che ha sede in Via Verdi dietro al Rettorato. Entrando nel locale si ha l’impressione di essere in una casa, c’è un attaccapanni sulla sinistra e un arredamento domestico rende l’aria accogliente. Questa domenica c’era musica messa da Francesco, l’organizzatore del mercatino. Francesco ha lavorato a Roma come dj per 15 anni e ha sempre lavorato con il vinile.

©SofiaCampagna – “Mercatino del vinile” , Messina, 2019

Ha raccontato un po’ di storia della musica in analogico. Innanzitutto, il vinile è plastica, il nome viene da PoliVinilCloruro, la classica plastica PVC. È un’invenzione americana degli anni ’50 che si è presto diffusa in Europa. Il primo vinile è stato il 45 giri, che significa che in un minuto il disco gira 45 volte, chiamato anche NP, cioè Normal Playing. All’inizio degli anni ’60 è arrivato il 33 giri o LP cioè Long Playing, disco di maggiori dimensioni che fa poco più di 33 giri al minuto. Il classico 45 giri conteneva un brano per lato, costava poco e aveva un’ottima qualità del suono. In quegli anni si fruiva della musica attraverso il 45 giri. La discografia era diversa, infatti prima non esisteva il concetto di album. Di un artista usciva volta per volta un nuovo brano e si comprava il 45 giri per ascoltarlo. Con l’avvento del 33 giri, che conteneva più brani per lato, di conseguenza è anche cambiata la discografia.

©SofiaCampagna – “Mercatino del vinile”, Messina, 2019

Dalla prima sala della Stanza dello scirocco, un corridoio porta alla cucina dove delle ragazze fanno del pane condito e danno a poco calici di vino a km zero. In fondo al corridoio c’è una seconda sala con un divano e dei mobili su cui erano messi in esposizione i dischi dei quattro venditori. Ma come si fa a stimare il valore di un disco in vinile? Questi venditori esperti in materia, hanno risposto che i criteri sono: reperibilità, stato di conservazione del disco e qualità del vinile: può essere più o meno spesso; se è più spesso suona meglio perché ha un solco più profondo. La puntina di diamante entra nel solco mentre il disco gira sotto, all’interno di questo ci sono incisioni trasversali (per questo si dice “incidere” un disco) che fanno vibrare in su e in giù la puntina. Queste vibrazioni sempre differenti vengono portate ad un trasduttore che le trasforma in suono. Se il solco è più profondo la vibrazione della puntina è maggiore e il suono è migliore.

©SofiaCampagna – “Mercatino del vinile” , Messina, 2019

Il locale ha anche un terrazzo che dà sulla strada con dei tavolini dov’è riunito un gruppo di amici. Molti di loro sono troppo giovani per aver vissuto gli anni in cui l’unico modo per ascoltare musica era il vinile, non sono quindi lì per cercare dischi sentiti in gioventù, ma per passione. Sorge spontaneo chiedersi perché preferiscano ascoltare musica da un disco in vinile invece che da un CD. Hanno risposto che per ascoltare buona musica in vinile bisogna avere un buon impianto: giradischi, amplificatore e casse. Inizia a essere considerato valido dai 600 euro in su. E naturalmente la qualità del disco deve essere buona. Con queste prerogative i motivi che fanno appassionare al suono del vinile sono diversi. Alcuni dicono che il suono è più caldo e più fedele alla realtà, come se il cantante fosse lì presente nella stanza. Altri dicono che è una questione di atmosfera. Con gli apparecchi di oggi si può certamente ottenere una qualità dell’audio migliore, è il gesto di rito che fa la differenza. Si prende il disco dalla copertina con attenzione senza toccare la parte incisa su cui dovrà scorrere la puntina, lo si mette sul giradischi e il disco inizia a girare senza suono, si porta il braccio e quindi la testa del giradischi sulla parte più esterna non incisa e delicatamente si appoggia, si attende che la puntina arrivi al solco e che il brano inizi. Allora il movimento diventa musica. Nel CD non si vede questa trasformazione mentre avviene, il disco sparisce nella bocca dello stereo. Non sei tu con gesti precisi e delicati a dare vita al suono. Tra di loro c’è chi ama ascoltare in vinile il genere Jazz, chi l’Opera Lirica, chi ha invece a casa la collezione completa dei vinili di Guccini. Moltissimi sono concordi sul fatto che da ascoltare in vinile non c’è niente di meglio che i Beatles.

©SofiaCampagna – “Mercatino del vinile”, Messina, 2019

Il prossimo mercatino si terrà probabilmente dopo l’estate. Ma non finisce qui, alla stanza dello scirocco accadono molte altre cose interessanti: Mario, il presidente del Centro Culturale, ha detto che alla Stanza dello Scirocco si organizzano eventi con cadenza settimanale come un corso gratuito di English Conversation, e mostre. Ad esempio domenica era in mostra un artista che fa opere con piccoli giocattoli per bambini e oggetti colorati. Spesso si organizzano anche aperitivi sociali con vini locali e cibo a poco.

                                 Flavia Tecleme

Villa Roberto: una perla liberty a Ganzirri

Messina è una città ricca di paesaggi mozzafiato, edifici religiosi che vantano secoli di storia alle spalle e ville nobiliari, mantenute ancora intatte nel tempo, seppur con le giuste riparazioni.

Oggi vi racconto di Villa Roberto, chiamata così dal nome del suo possessore Santi Roberto, le cui iniziali svettano imponenti, incise nel ferro del cancello ancora presente a ingresso, e difesa, della Villa situata in Via Consolare Pompea, precisamente nel quartiere di Ganzirri.

Fonte: trovaeventi.eu

 

Le prime notizie, e fotografie, immortalano la Villa nell’Ottocento, quando ancora era presente soltanto il pian terreno, ma già vantava di essere una costruzione di notevolissimo prestigio.

La villa ospiterà nel 1902 un gruppo di studiosi provenienti da Malta, la cui bandiera sventolerà sull’unica terrazza della casa.

Arriva il 1908 portando catastrofe, distruzione e cambiamenti contingenti.

Santi Roberto però è già invecchiato e tocca al figlio, Cav. Federico Fritz, rimettere in sesto la dimora di famiglia. Fritz opta per un miglioramento dei giardini, tant’è che il padre, poco vedente, si perde nella sua stessa casa non riconoscendosi più nelle novità apportate dal figlio.

Fonte: TrovaWeb

 

Datato al 1924 è un altro, e più imponente, cambiamento ed ampliamento della Villa, definita in stile liberty con le tipiche merlettature, portici e bugnato.

Nel 1949 l’ingegnere Allegra, a cui vien dato il merito di aver disegnato la Galleria Vittorio Emanuele, esaudisce un ultimo desiderio di Fritz, quello ovvero di ampliare la casa di modo che i figli, Ruggero e Manfredi, potessero crescervi le famiglie.

Villa Roberto acquisisce  dunque quei tipici mattoni rossi che tanto la caratterizzano e il secondo piano, insieme ad altre terrazze e vedette.

I saloni interni restano immutati nel loro antico splendore e i giardini trasportano, chi vi ci cammina in mezzo, in un’atmosfera da sogno; alte palme, un verde incontaminato e ponticelli.

Fonte: FotoShopping by TrovaWeb

 

Sembra difficile credere che un luogo di tale magnificenza disti così poco dal centro, ruggente e caotico, della città.

Ma la bellezza fa spesso così, si nasconde, modesta, dove non è facile individuarla; sta lì, aspettando che qualcuno vada a contemplarla.

 

Fonte: fotoshopping.eu

Ilaria Piscioneri