Gaetano Martino: un messinese che sembriamo aver dimenticato

“L’Italia appartiene a due differenti sistemi storico-politici. Essa è insieme continentale e mediterranea. […] Tra i vantaggi c’è quello di poter collegare le parti diverse e distinte dell’Europa. […] In particolare, noi possiamo congiungere, mediare, collegare i problemi del Mediterraneo.”

Con queste parole lo statista Gaetano Martino descriveva l’immagine geopolitica del suo Paese, che servì per buona parte della sua vita, ora come studioso, ora come Ministro, ora come visionario. Siciliano, nato a Santo Stefano di Briga (ME) il 25 novembre 1900, visse gli anni di grande cambiamento dell’Italia e del mondo, essendone vero e proprio attore. Medico – laureatosi alla Sapienza di Roma – dimostrò fin da subito due grandi amori: uno per la scienza e l’accademia universitaria (fu Rettore prima a Messina e poi alla Sapienza di Roma), l’altro per la politica, in particolare la politica estera.

Salvatore Nucera © – Statua di Gaetano Martino, situata nei pressi di Piazza Unione Europea

Ma cosa rese grande questa persona?  E – soprattutto – in che modo il suo ricordo può essere da esempio nei burrascosi tempi odierni?

Ripercorriamo insieme la sua storia, durante la quale riuscì non solo a portare Messina nel mondo, ma anche il mondo a Messina.

1° Giugno 1955, I ministri degli esteri riuniti a Messina; nell’ordine (da sinistra verso destra): Johan Beijen (Paesi Bassi), Gaetano Martino (Italia), Joseph Bech (Lussemburgo), Antoine Pinay (Francia), Walter Hallstein (Danimarca), Paul-Henry Spaak (Belgio).

È proprio con questo spirito che egli è ricordato come fautore della “Conferenza di Messina”, evento – tenutosi tra l’1 ed il 3 Giugno 1955 – rievocato come occasione di “rilancioper l’Europa. In quegli anni il progetto europeo stava capitolando rovinosamente, vista la mancata creazione della Comunità europea di Difesa per il voto contrario della Francia. Da qui, gli Stati del Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi avvertirono la necessità di convocare d’urgenza una conferenza per gettare le basi di una più fattibile integrazione economica. L’evento si tenne a Messina poiché Martino – allora Ministro degli Esteri – si trovava in Sicilia per partecipare all’appuntamento delle elezioni regionali (tenutesi il 5 giugno 1955).

Joseph Bech filma sotto lo sguardo divertito dei colleghi Paul-Henry Spaak e Johan Beijen durante il loro soggiorno a Messina

Senza dilungarci troppo sui tecnicismi della conferenza, basti qui ricordare due cose: la prima è che è grazie a quell’evento si si approdò ai Trattati di Roma del 1957 (con cui si fondarono la CEE e l’EURATOM); la seconda – che forse non tutti sanno – è che gran parte delle trattative non si svolsero a Palazzo Zanca, bensì sui gradini del Teatro greco di Taormina!

Questo è quanto emerge da fonti ufficiali: il Ministro del Lussemburgo J. Bech ammise che non era stato ancora raggiunto alcun accordo e che serviva una nuova riunione (la quale si svolse proprio a Taormina, dove i ministri si erano recati per villeggiare). Dopo ore di negoziato – tra le due e le cinque del mattino del 3 giugno – i sei riuscirono a trovare un accordo definitivo.

Salvatore Nucera © – Lapide commemorativa della Conferenza di Messina posta sulla facciata destra di Palazzo Zanca

In quell’occasione Gaetano Martino dimostrò le sue abilità politiche. Con parole di stima lo ricordava il Ministro del Belgio P. H. Spaak:

“Martino era effettivamente un uomo del Mezzogiorno, con i suoi entusiasmi, le sue passioni, i suoi eccessi e le sue suscettibilità. […] Le sue convinzioni atlantiche ed europee gli hanno sempre permesso nelle grandi discussioni e nei momenti delle decisioni importanti, di essere dalla parte buona”

Meridionale, europeo e ben conscio dello scacchiere internazionale, Martino diede prova del suo valore in numerose occasioni. Nel 1956 fece da mediatore nella crisi del Suez tra Francia, Regno Unito, Spagna ed Egitto. Tali Stati intendevano estendere il proprio controllo sul quel territorio, che assicurava la via più veloce per collegare l’Europa all’India. Contrariamente al controllo esclusivo del canale, Martino lottò per il riconoscimento di un “principio di libera di navigazione comune” tanto alle forze d’Occidente quanto a quelle del Levante, in coerenza con una prospettiva internazionale in cui l’Italia ha sempre assunto un ruolo cruciale, sia in termini geografici che culturali.

La NATO information service ricorda Gaetano Martino a due mesi dalla scomparsa nell’editoriale del settembre 1967

Quest’opera di mediazione gli valse il titolo di “saggio” dell’Alleanza Atlantica. Quando il confronto-scontro USA-URSS era particolarmente avvertito, egli, insieme ai ministri degli esteri norvegese e canadese, fu autore di un dettagliato reportage sulle politiche di cooperazione internazionale non-militare, fondando le basi per il Comitato Occidentale per il Disarmo.

La sua esperienza fu provvidenziale anche nel suo incarico di delegato ONU per la risoluzione del conflitto tra l’Alto Adige e l’Austria, riuscendo a placare le pretese di estensione nazionali provenienti da Vienna.

Il comitato dei “tre saggi” della NATO; nell’ordine (da sinistra verso destra): Halvard Large (Norvegia), Gaetano Martino, L. B. Perarson (Canada)

Esponente di spicco del Partito Liberale Italiano, nelle istituzioni europee ci si riferisce ancora a lui come “lo spirito di Messina”, ricordando quella conferenza che cambiò le sorti delle generazioni successive. Tuttavia, anch’egli conobbe le brutture che la vita spesso riserva agli uomini di Stato. Nel 1963 – eletto da un anno Presidente del Parlamento Europeo – la Storia gli fece incontrare un altro gigante dei suoi tempi: il Presidente USA John F. Kennedy.

 

L’incontro avvenne un mese prima dell’assassinio del Presidente americano, il quale era divenuto celebre anche per l’essere riuscito a ridurre le tensioni tra USA e Russia, trovando un accordo con il Presidente Nikita Chruščёv sul controllo militare di Cuba.

Martino ricordò la morte di Kennedy con queste parole:

“Io non so se l’atteggiamento assunto da Kennedy al tempo di Cuba sia all’origine della tragica conclusione della sua vita. Certamente è stato proprio quell’atteggiamento a dare l’avvio ad una nuova fase della politica internazionale, la quale, mentre ha visto accrescersi la forza morale dell’Occidente, ha anche permesso all’unanimità […] di intravedere una nuova luce che conforta la comune speranza in un avvenire meno incerto e meno oscuro”.

Scomparso all’età di soli 67 anni, Gaetano Martino pare aver ancora molto da insegnare. Il suo essere visionario lo aveva addirittura portato a concepire un’Università Europea, che vedesse “la cultura come fine e non come mezzo”, affinché l’unità dell’Europa fosse serva della cultura invece che servirsi di essa (il progetto ha avuto un esito positivo, fondando l’European University Institute sito a Fiesole).

Stando alle recenti cronache, il mondo sembra aver dimenticato i principi valoriali da lui professati: solidarietà, multiculturalismo, democrazia. Esempio ne siano i tragici eventi verificatisi in America, le recenti notizie di politica espansionistica turca, le titubanze di alcuni Stati europei nel dare una risposta chiara e netta alla crisi economica.

A noi il dovere di portare alto il ricordo della sua memoria.

Salvatore Nucera

 

Bibliografia

Danielli L., Gaetano Martirio e le trattative del disarmo, Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 34, No. 4 (Ottobre-Dicembre 1967), pp.528-563.
Danis F., Hofmann H, Robins P., Delorenzi F., Hurring M., Roquet M., Il rilancio europeo: dalla conferenza di Messina ai trattati di Roma, 1955-1956, in Catalogo dell’esposizione elaborato dagli archivi generali della Commissione della Comunità europea.
Martino G., L’università europea, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 29, No. 1 (Gennaio-Marzo 1962), pp. 9-27.
Melchionni M.G., Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 22, No. 3 (Luglio-Settembre 1955), pp. 496-500.
Melchionni M. G., Gaetano Martino e l’Europa: le testimonianze di Roberto Ducci e Giuseppe Vedovato, Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 61, No. 3 (243) (Luglio-Settembre 1994), pp. 386-392.
NATO Letter, Death of a wise man, 1967, n.15, 1-[xxxviii], p.27.
Vedovato G., Ricordo di uno statista liberale: il disegno politico di Gaetano Martino, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 44, No. 3 (175), (Luglio-Settembre 1977), pp. 517-519.
Vedovato G., Gaetano Martino: l’Italia e l’Europa, Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 45, No. 1 (177) (Gennaio-Marzo 1978), pp. 97-1012.
Archivio Storico del Senato, Gaetano Martino

Estate, cultura ed eventi: ecco cosa sta organizzando l’amministrazione comunale

Messina intende ripartire, e vuole farlo in vista dell’estate 2020.
L’amministrazione comunale su questo ha le idee chiare: l’obiettivo è trasformare Messina da città di passaggio a città meta.

A questo proposito gli Assessori Vincenzo Caruso (cultura) e Dafne Musolino (attività produttive) stanno lavorando in sinergia per valorizzare quanto la città può offrire.

La prima mossa è un appello alla cittadinanza con il progetto “VISIT-ME”, un censimento di tutti i siti e luoghi di interesse storico, turistico e naturalistico.
L’obiettivo è fare il punto della situazione su quanto la città possiede, al fine di poter creare dei pacchetti per la promozione del territorio.

Come fare a segnalare un particolare sito o luogo utile allo scopo?

L’appello è rivolto a Associazioni Culturali, Cooperative Sociali, Enti Istituzionali ed Imprenditori titolari o concessionari di siti di interesse turistico (musei, siti storici, palazzi istituzionali), di lidi balneari e referenti di escursioni originali.

Se rientri in queste categorie o conosci qualcuno che vi rientra, è necessario inviare entro lunedì 15 giugno una scheda tecnica all’indirizzo e-mail: vincenzo.caruso@comune.messina.it
Trovate il modello della scheda in questo post, relativo all’ordinanza.

Venerdì 5 giugno invece si è tenuto l’evento digitale “La città dell’estate 2020“, realizzato da E – Motion S.r.l, in diretta su ME Style.

Nella diretta sono stati definiti quelli che saranno gli spazi destinati agli eventi estivi. La regola del distanziamento sociale impone infatti l’utilizzo di spazi aperti.
Si pensa infatti di realizzare due isole pedonali, una in via San Filippo Bianchi e una in via Laudamo.

Altri spazi saranno invece le arene di Villa Dante, Don Blasco e Sperone.
Ancora da definire è invece l’utilizzo dei forti.

Per quanto riguarda gli eventi in sé si pensa alla realizzazione di un percorso turistico, per creare l’opportunità di un particolare giro per le vie cittadine.

A proposito della Vara invece è chiaramente ovvia l’impossibilità di svolgerne le celebrazioni. Tuttavia si pensa di voler montare in maniera statica la struttura sacra e porla alla vista della cittadinanza, in modo da non negare una tradizione così tanto sentita.

Per quanto riguarda le spiagge si insiste sul necessario rispetto delle regole di sicurezza e si sta lavorando a tal proposito.

Infine, un ruolo fondamentale, nell’estate messinese, lo avrà il Teatro Vittorio Emanuele nella creazione di eventi culturali in tutta sicurezza per i mesi estivi.

Intanto gli eventi in streaming continuano.
Ricordiamo la Festa della musica il 21 giugno, ancora in fase di definizione, la quale vedrà protagonisti la musica classica, il Conservatorio Corelli e la banda della Brigata Aosta.

Angela Cucinotta

SIT-IN SOLIDALE “ENOUGH IS ENOUGH” Messina per George Floyd

SIT-IN SOLIDALE “ENOUGH IS ENOUGH”

Si terrà domenica 7 giugno 2020 presso Piazza Unione Europea a Messina, con inizio alle 17:45, la manifestazione commemorativa e solidale in memoria di George Floyd e di ogni vittima di abuso di potere.

Il 25 Maggio 2020 muore a Minneapolis, Minnesota, George Floyd, cittadino afroamericano di 46 anni, padre di due figli, e disoccupato a seguito dell’emergenza da COVID-19. Il video del suo omicidio, diventato subito virale, mostra per 8 minuti e 46 secondi il ginocchio di Derek Chauvin, Ufficiale del dipartimento di polizia di Minneapolis con già 18 precedenti denunce a suo carico, sul collo di Floyd che, come si sente dire più volte dallo stesso, non riesce a respirare. L’omicidio si svolge sotto la completa indifferenza dell’agente Tou Thao. L’ingiustizia perpetratasi scatena inevitabilmente un effetto domino, in pochi giorni gli interi Stati Uniti si rivoltano nelle strade invocando una giustizia che sia tale ed autentica. La presidenza di Donald Trump si piazza lontana dalla tragedia umana e distante dall’affermare le vere responsabilità della vicenda: gli abusi razziali sono una costante del sistema sociale americano, e non solo. Come comunità umana non possiamo tacere di fronte a tale abominio e sentiamo di affermare con forza il principio già condiviso dalla carta dell’indipendenza americana stessa, e mai realmente osservato, cioè che “Noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali”. Questa è una occasione, anche per noi che osserviamo le proteste oltreoceano, per ridiscutere il valore della nostra umanità e per affrontare le piaghe sociali del razzismo e degli abusi di potere presenti anche in Italia.

Cosa fare

Per manifestare in sicurezza:

  • Indossare la mascherina;
  • Sedersi posizionandosi 1,5 m di distanza da chi si ha vicino;
  • Lasciare pulito lo spazio occupato;

Inoltre, gli organizzatori consigliano di:

  • Condividere la propria arte per dare ulteriore voce e forma alla protesta e alle sue ragioni. Si potrà, quindi, portare uno strumento musicale, una foto, una canzone, un dipinto, una poesia o qualsiasi altra forma d’arte correlata al tema della manifestazione;
  • Utilizzare l’hashtag #BLACKLIVESMATTERITALY per condividere immagini, foto e notizie del sit-in sui social;

Cosa NON fare:

Affinché possiamo essere solidali e alleati, cosa NON fare:

  • Pitturare le mani e la faccia di nero;
  • Scrivere “I can’t breathe” sulla mascherina (i suprematisti bianchi lo stanno facendo per screditare il senso delle proteste);

L’intera manifestazione sarà portata avanti pacificamente.

Qui il Link dell’evento Facebook.

Cristina Geraci

Cronache del 2 giugno 1946: quale fu l’esito del referendum a Messina?

La data del 2 giugno rappresenta il Natale del “calendario liturgico laico” della Repubblica Italiana, nata proprio in virtù dell’esito del referendum che si tenne in questo giorno, 74 anni fa. La festività del 2 giugno, istituita nel 1949, fu soppressa nel 1977 e ricollocata alla prima domenica del mese di giugno. Nel 2001 però, in considerazione della notevole importanza di questa data, la festa fu ricalendarizzata secondo la previsione iniziale.

La celebre foto che festeggia la nascita della Repubblica

 

L’Italia diventa Repubblica

La scelta delle giornate del 2 e del 3 giugno 1946 fu effettuata dopo che, a quasi un anno dalla fine della guerra, la cosiddetta “seconda costituzione provvisoria“, emanata da Umberto, figlio di Vittorio Emanuele III e luogotenente del Regno, sancì che la questione istituzionale, ossia la scelta tra Monarchia e Repubblica, fosse rimessa direttamente ai cittadini, tramite referendum, e non, come prima si era stabilito, all’Assemblea Costituente.

L’esito è noto a tutti: la Repubblica prevalse di poco con quasi il 55% dei suffragi. Quello che non tutti sanno, invece, è che l’Italia si spaccò in due zone-geopolitiche: a nord prevalse la Repubblica, al sud prevalse la Monarchia. La quinta circoscrizione elettorale più fedele all’istituto monarchico fu quella di Catania, di cui faceva parte anche la città di Messina.

Geografia del voto del referendum istituzionale sul territorio nazionale diviso in circoscrizioni – Fonte: focus.it

Propaganda e scontri a Messina

Nei mesi antecedenti al voto i messinesi sostenitori della Monarchia erano numerosi e ben strutturati, con una massiccia componente di giovani. Dall’altra parte, i fautori della Repubblica, provenienti prevalentemente dai partiti comunista, socialista e repubblicano, nonostante fossero in netta minoranza, si mobilitarono con volantinaggi e attacchinaggio per tutto il territorio cittadino. Entrambe le fazioni organizzavano comizi e dibattiti, spesso improvvisati, che quasi sempre si trasformavano in scontri, sia verbali che fisici.

Uno di questi episodi avvenne il 29 maggio del 1946 in occasione della visita di Umberto di Savoia, da poche settimane divenuto re Umberto II, in seguito all’abdicazione del padre; questa mossa di Vittorio Emanuele III era volta ad incrementare il consenso per il regime monarchico, ma suscitò le polemiche degli avversari di Casa Savoia. Dopo che il “re di maggio” si affacciò dal balcone della Prefettura, salutò i suoi sudditi messinesi e rivolse loro un sorriso: nel silenzio che seguì gli applausi e le grida festose della folla, da un gruppetto di circa  quaranta infiltrati sostenitori della Repubblica si levò a gran voce un coro abbastanza chiaro: “Buf-fo-ne, buf-fo-ne”. Il re smise di sorridere e si ritirò all’interno del palazzo del Governo; i suoi sostenitori, aiutati dai marinari delle navi da guerra ormeggiate, iniziarono a pestare i contestatori: qualcuno riuscì a fuggire, altri meno fortunati furono gettati in mare, oltre la balaustra della passeggiata.

Un volantino a favore della Monarchia che ritrae Umberto II con la sua famiglia – Fonte: messinaora.it

 

L’esito del referendum a Messina e provincia

La fase che precedette le due giornate fu molto turbolenta perché la posta in gioco era molto alta: oltre a scegliere sulla forma di Stato i cittadini erano chiamati ad eleggere i membri dell’Assemblea Costituente, incaricata di redigere la nuova Costituzione. L’esito a livello nazionale, come abbiamo visto, non fu scontato; un po’ più prevedibile fu la schiacciante vittoria della Monarchia nella città dello Stretto, dove ottenne 78.343 (85,35%) voti a favore contro i 13.446 (14,65%) per la Repubblica.

Messina fu una dei comuni della nostra provincia in cui la Monarchia ottenne le percentuali maggiori di suffragi, ma non fu la più fedele ai Savoia: questo primato spetta all’ex comune di Lanza, ora inglobato nel comune di Malvagna sito nella valle dell’Alcantara, in cui l’istituto monarchico conquistò il 95,95% dei voti. Altri tre comuni superarono l’elevata soglia del 95%:  Oliveri (95,11%), situato nella costa tirrenica, Malfa (95,06%) e Leni (95,54%), entrambi appartenenti all’isola di Salina.

In controtendenza con la quasi totalità della provincia, solo in nove comuni (su 92) prevalse la Repubblica e in tre di essi i suffragi a favore del nuovo regime superarono la soglia del 60%: San Piero Patti (69,37%), Tusa (62,74%) e Mazzarà Sant’Andrea (60,05%), situati nella zona tirrenica.

In generale, il dato a favore della Monarchia relativo alla provincia intera fu meno netto rispetto a quello registrato in città, ma fu superiore rispetto a quello di tutte le altre province della Sicilia (nella provincia di Trapani addirittura prevalse la Repubblica).

 

La scheda del referendum istituzionale – Fonte: fattiperlastoria.it

Le elezioni dell’Assemblea costituente

Contemporaneamente al referendum istituzionale, come già detto, si tennero le prime elezioni politiche dopo il fascismo, le prime dello Stato unitario alle quali parteciparono le donne. Nella circoscrizione in cui era presente Messina si presentarono dodici liste: i partiti che sostenevano la Repubblica, ossia il Partito Comunista (PCI), il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP), il Partito Repubblicano (PRI) e il Partito d’Azione; i partiti filo-monarchici, ossia l’Unione Democratica Nazionale (composta dagli esponenti liberali), il Blocco Nazionale delle Libertà e il Fronte dell’Uomo Qualunque; la Democrazia Cristiana (DC), che non diede una specifica indicazione ai suoi elettori sul referendum istituzionale; e i partiti indipendentisti, fra i quali il più importante era il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS).

9 delle 12 liste della circoscrizone di Catania – Fonte: elezionistorico.interno.gov.it

 

Il leader del MIS Andrea Finocchiaro Aprile, da sempre avverso alla monarchia sabauda decise di schierarsi a favore di essa per convenienze politiche; addirittura l’ala destra degli indipendentisti avrebbe avuto in mente la restaurazione, tramite colpo di Stato, della Monarchia in una Sicilia indipendente, in caso di vittoria della Repubblica. Come si sa questa ipotesi naufragò, sia per il blando consenso, al di sotto delle aspettative, ottenuto dagli indipendentisti alle elezioni, sia a causa della partenza per l’esilio della famiglia reale.

Nella provincia di Messina la Democrazia Cristiana ottenne i maggiori suffragi, seguita dai partiti filo-monarchici; in città, invece, fu l’Unione Democratica Nazionale, i cui maggiori esponenti erano legati alla città dello Stretto, ad imporsi come prima lista. Dei 23 deputati eletti nella circoscrizione soltanto cinque erano messinesi (non solo di origine): il democristiano Salvatore Attilio, i liberali Gaetano Martino, Guido Basile, Giuseppe Candela e Uberto Bonino. Ad essi si aggiunse il deputato comunista Umberto Fiore, in seguito alla morte di Antonino d’Agata, il 26 febbraio 1947, che lo precedeva nella lista del PCI.

  Da sinistra: Attilio, Basile, Bonino, Candela, Martino e Fiore – Fonte: camera.it

 

Messina città conservatrice?

L’analisi dei dati elettorali ci ha permesso di comprendere quanto fosse conservatrice la città di Messina. È possibile che questo dato sostenga la tesi per la quale le tendenze conservatrici nella città dello Stretto siano state sempre maggioritarie? Ed è possibile che queste tendenze molto spesso abbiano precluso alla comunità messinese lo slancio verso il progresso e il benessere collettivo?

 

 Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

https://elezionistorico.interno.gov.it/

http://www.messinaora.it/notizia/2014/06/02/messina-monarchica-anno-1946-ecco-cosa-accadeva-nei-giorni-che-precedettero-il-referendum/29719

Ganci M., L’Italia antimoderata, socialisti, radicali, repubblicani, autonomisti dall’Unità a oggi (Arnaldo Lombardi Editori)

 

 

La ripartenza culturale di Messina: le ricchezze della città

Tanti sono gli stati d’animo che accompagnano già da adesso la Fase 3, e tra questi forte è una voglia di ripartenza. Anche le varie città cominciano a domandarsi come e da cosa cominciare. Per quanto riguarda la nostra città, l’assessore alla Cultura Enzo Caruso ha le idee chiare: Messina riparte dal turismo. Parte di questa iniziativa sono le Serate per la cultura in tv, nate con lo scopo di portare i luoghi e le ricchezze della città nelle case dei siciliani.

Il 15 Maggio sull’emittente TCF  nello speciale Malalingua sono stati approfonditi insieme, tra i tanti, proprio all’assessore Caruso e allo storico Nino Principato, alcuni luoghi che fanno parte della nostra ricchezza culturale e che rimangono ancora troppo poco conosciuti. Scopriamone insieme alcuni.

Museo della “Cultura e Musica Popolare dei Peloritani”

Il museo nasce nel 1996 a Gesso (anticamente Ibbisu, piccolo villaggio a 16 km da Messina, sul bracciante tirrenico) grazie all’impegno di Mario Sarica, per conto dell’Associazione culturale Kiklos, che tuttora gestisce e cura questa realtà unica in Sicilia. La struttura raccoglie il patrimonio culturale e musicale dei Peloritani, tratto identitario di una comunità.

Troviamo all’interno del museo strumenti di vario tipo, dai cordofoni (violini, chitarre, mandolini) a strumenti arcaici come le trombe di conchiglia, anticamente adoperate in ambino marinaro con funzioni segnaletiche e oggi utilizzate durante feste e cerimonie (come il tradizionale Carnevale di Saponara).

 

Museo della “Cultura e Musica Popolare dei Peloritani” – Fonte: Ialmo.it

 

Gli strumenti forse più caratteristici sono però quelli definiti “primari”, gli aerofoni pastorali delle antiche civiltà mediterranee (flauti, clarinetti), suonati proprio dai pastori sia in ambito lavorativo che durante le feste. Tra questi strumenti è importante ricordare la zampogna a paro, o ciaramedda (tipica della zona dei Peloritani e così chiamata per le sue canne di pari lunghezza), utilizzata ancora oggi nel periodo natalizio.

I “Ciaramiddari” (zampognari) – Fonte: messina.gazzettadelsud.it

Oggi il Museo si mostra non solo come luogo di memorie e tradizione incentrato sul turismo ma punta anche sulla didattica, sullo studio – in collaborazione con i numerosi esperti e con i vari istituti messinesi – ed è inoltre luogo di espressione artistica, spazio di incontro tra suonatori, poeti, specialisti del campo, spaziando, come afferma lo stesso Sarica, “dall’ambito didattico a quello della ricerca e delle produzioni culturali, fino alle performance artistiche di varia espressione”.

L’enoteca di S.Placido Calonerò

L’enoteca occupa oggi parte del monastero benedettino di S.Placido, opera del Rinascimento italiano terminata del 1486 e situata nei pressi di Pezzolo (frazione del comune di Messina, a circa 24 km dal centro).

Monastero di S.Placido Calonerò – Fonte: viaggimperfetti.com

La struttura ospitò nel 1535 l’imperatore Carlo V e conserva ancora oggi un busto proprio in ricordo dell’importante evento. La posizione strategica del monastero comportò inoltre la costruzione, durante la Seconda Guerra Mondiale, di un muro d’ascolto, un luogo cioè dal quale poter captare l’arrivo degli aerei per dare l’allarme.

Custodisce oggi tesori storici e architettonici, ma non solo: viene utilizzata come sede dell’Istituto agrario “Pietro Cuppari” di Messina, il quale ne gestisce il patrimonio enogastronomico ed appunto l’enoteca. Dai vigneti antistanti la struttura nasce infatti  il famoso Faro DOC, vino prodotto proprio dagli alunni dell’istituto.


Vigneti e muro d’ascolto di S.Placido Calonerò – Fonte: messina.gazzettadelsud.it

Il palazzo della Camera di Commercio

Costruita tra il 1926 ed inaugurata il 28 ottobre 1929, la Camera di Commercio di Messina si presenta come una delle architetture più raffinate dell’eclettismo del primo novecento. Realizzata dall’architetto Camillo Puglisi Allegra (1884, Messina – 1961, Roma), il turista sorpreso ed il cittadino curioso possono liberamente varcarne la soglia durante gli orari di apertura istituzionali ed apprezzarne le bellezze artistiche, nonché gli ampi spazi.

 

IL PALAZZO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI MESSINA

IL PALAZZO DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI MESSINA

Pubblicato da Camera di Commercio Messina su Domenica 17 maggio 2020

 

L’ingresso trionfale presenta le statue bronzee realizzate dallo scultore Antonio Bonfiglio (1895, Messina – 1995, Condrò), raffiguranti illustri messinesi (F. Maurolico, G. Seguenza, M. Jurba, G. delle Colonne, F. Juvarra, A. da Messina), figure che hanno portato lustro alla città in vari periodi storici.

Entrando nel Palazzo – percorrendone la sontuosa scalinata ed esplorandone i corridoi – ci si potrà soffermare sui numerosi dettagli legati ad elementi naturali e mestieri del commercio navale e terriero. Non solo, il Palazzo è ricco di quadri riguardanti tanto figure della vita quotidiana quanto momenti di rimarcabile rilevanza storica, facendo di esso un vero e proprio museo istituzionale.

 

Una delle opere più celebri visitabili nel Palazzo: La resa della cittadella di Gregorio Panebianco.

 

Le bellezze dello stile eclettico del Palazzo trovano massima espressione nella Sala della Borsa. Ultimata dal Puglisi Allegra nel 1933, è una sala particolarmente spaziosa ed illuminata da lampadari dalle forme ricercate, tipiche dello stile del tempo.

Il Palazzo, utilizzato per numerosi convegni ed incontri istituzionali, ha anche ospitato l’ultima edizione della mostra di creazioni artigianali di artisti messinesi, creando un’occasione d’incontro e convivialità che ben si sposa con l’idea dinamica del commercio, rievocata nella stessa sala dalla rappresentazione allegorica dei caducei, simbolo di Mercurio, messaggero degli Dei.

 

Foto della mostra di creazioni artigianali di artisti messinesi, 15 Dicembre 2019 – ©: Salvatore Nucera

 

Messina è pronta ad una ripartenza culturale e a noi non resta che seguire sulle varie emittenti locali tutte le ricchezze della nostra città e scoprirle attraverso le parole degli esperti, per poi visitarle e lasciarci travolgere dalla bellezza di questa città, spesso ancora troppo sottovalutata.

Cristina Lucà, Salvatore Nucera

Fonti:

arcadeisuoni.org

lescalinatedellarte.com

Su “Frontiers in Pediatrics” ricerca UNIME: i casi sommersi tra i bambini

Quando un fiume straripa si rende necessario progettare degli argini più alti per evitare succeda di nuovo. Oggi l’obiettivo è quello di arginare una nuova ondata di contagi da SARS-CoV-2 nel nostro Paese ed uno degli step più importanti è quello di localizzare gli asintomatici.

Asintomatico è quel soggetto che, pur non avendo i sintomi della malattia, ne è vettore di diffusione. Abbiamo abbondantemente letto di come la covid-19 abbia un’incidenza molto bassa in età pediatrica. La nostra attenzione si è quindi spostata da questa fascia di popolazione. Sorge però spontanea una domanda.

E se fossero proprio i bambini i principali portatori del virus?

A rispondere viene in soccorso una ricerca UNIME, redatta da alcuni socenti e studiosi di pediatria del Pipartimento di Patologia umana, Stefano Passanisi, Fortunato Lombardo, Giuseppina Salzano e Giovanni Battista Pajno, e pubblicata il 30 aprile sulla rivista “Frontiers in pediatricts”.


Come Freud fece con l’animo umano, l’Io, qui i soggetti portatori di SARS-CoV-2, sani e malati, vengono paragonati ad un iceberg la cui parte sommersa rappresenta gli asintomatici. All’epoca dello studio solo l’1,5% dei diagnosticati come SARS-CoV-2 aveva un’età compresa tra 0 e 18 e di questi in Italia ne era morto solo 1. Dati questi concordi con l’andamento della pandemia nel resto del mondo.

La covid-19 nei bambini

Clinicamente i bambini positivi al coronavirus presentano solitamente i seguenti sintomi: febbre, tosse secca, eritema faringeo e fatica. Nel mondo solo nel 5% dei casi si presentano dispnea o ipossemia nei soggetti pediatrici ed una percentuale ancora più bassa (0,6%) sviluppa una sindrome da distress respiratorio acuto o insufficienza multiorgano. In generale si riscontra un coinvolgimento maggiore delle alte vie aeree rispetto alle basse, diversamente dagli adulti.
Dal punto di vista laboratoristico negli adulti ritroviamo spesso diminuizione dei linfociti ed anemia, aumento dei marker epatici e degli indici aspecifici di infiammazione. Questi rilievi sono veramente rari nei bambini.

Come mai la covid-19 “pediatrica” decorre in maniera lieve il più delle volte?

Questo ancora non lo sappiamo, anche se ci sono due ipotesi. La prima è sostanzialmente immunologica: il sistema immunitario del bambino sarebbe rafforzato dalle diverse infezioni virali a cui va normalmente incontro nel primo anno di vita. In più, contrariamente agli adulti, verrebbe a mancare la tempesta citochine che rafforzano il processo infiammatorio, aumentando il potenziale danno dei tessuti sani. La seconda ipotesi si basa sull’espressione di ACE2, recettore che agisce da ligando per gli spikes dell’involucro virale, e che, sulla base esperimenti murini, sarebbe più espresso nei giovani rispetto agli anziani. Però a prescindere dal chiaro quadro epidemiologico non ci sono certezze a riguardo.

Tracciamento degli asintomatici: perché i bambini avrebbero un ruolo?

È utile fare una premessa: sebbene più di un milione di persone sono risultate positive al coronavirus in tutto il mondo, si stima che la prevalenza della malattia sia molto più elevata. I tamponi naso-faringei, che sono stati fino ad oggi il principale mezzo di indagine, sono stati indirizzati a chi presentava sintomi severi. Quindi rappresenterebbero solo la punta dell’iceberg.
La maggioranza dei bambini infetti, mostrando forme lievi o moderate, non fa il test per la covid-19, aumentando così i casi non diagnosticati.

Uno dei primi studi riguardo al rapporto tra l’età pediatrica ed il coronavirus è stato effettuato in Cina su 10 bambini. Tutti positivi e ricoverati, provenienti da aree attorno a Wuhan. Sebbene il campione sia limitato, così come l’attendibilità, i risultati sono davvero interessanti. Cinque di questi giovani pazienti sono risultati positivi alla ricerca dell’RNA di SARS-CoV-2 nelle feci. Hanno mantenuto questa positività per un periodo compreso tra 18 e 30 giorni dall’inizio della malattia. Mentre il “classico” tampone naso-faringeo perdurava positivo dai 6 ai 22 giorni. Inoltre 5  avevano una carica virale anche nelle urine per 2-3 giorni.
Possiamo dedurre che la persistenza del virus nelle secrezioni nasali e nelle feci abbia avuto delle implicazioni notevoli nella diffusione del contagio in asili e scuole, ma anche in ambito familiare. Basti pensare poi allo stretto rapporto che in Italia hanno nonni e nipoti.

Andamento dell’Rt in funzione del tempo e delle misure restrittive adottate in Italia

La scelta vincente della chiusura delle scuole

La prima misura restrittiva adottata da molti paesi è stata quella di chiudere scuole ed università. In accordo con i dati UNESCO ciò ha impattato sulla vita dell’87% degli studenti del mondo intero. Ma quali sono stati gli effetti benefici? Un report dell’imperial college di Londra ha analizzato i numeri del contagio in vari paesi europei, relazionandoli alle date di introduzione delle norme di contenimento. La variabile statistica da considerare è l’Rt, ovvero una media del numero di persone contagiate a partire da un soggetto positivo. Questa variabile reagisce positivamente a tutte le regole gradualmente introdotte, prima su tutte la chiusura delle scuole.

Dunque la popolazione pediatrica, quella che forse ha pagato di più gli effetti del lockdown dal punto di vista psico-sociale, è anche quella che probabilmente ci aiuterà a superare questa pandemia.

Antonio Mandolfo

 

Il coronavirus non fermerà il turismo a Messina. Il piano dell’assessore Caruso: “La nostra città dovrà diventare una meta per i siciliani”

L’emergenza Coronavirus ha modificato la nostra quotidianità, costringendoci a rinunciare a molte attività anche se adesso, in piena fase due, si pensa già a tornare alla normalità.  Gli esercizi commerciali tornano in attività, noi possiamo iniziare a uscire di casa.

Tuttavia rimangono delle complicazioni, soprattutto a livello economico. In particolare, il settore del turismo è quello che ha subito l’impatto più schiacciate e che continuerà ad assorbirne gli effetti ancora per molto tempo: l’impossibilità di effettuare spostamenti penalizza quelle attività legate all’accoglienza di visitatori, ma non solo.

Per questo abbiamo contattato l’assessore alla Cultura, al Turismo e al Brand Messina Enzo Caruso per farci spiegare come l’amministrazione messinese si stia preparando ad affrontare la questione.

Tutto ha inizio dalle Serate della cultura in TV (ne abbiamo parlato qui): l’iniziativa di mostrare, su diverse emittenti locali, dei documentari a proposito di luoghi (anche inediti) della nostra città.

L’idea iniziale parte dal fatto che dopo tanti mesi passati in casa abbiamo bisogno di una “cura”ha sottolineato l’assessore. Se una persona non ha la possibilità di svagarsi, la cultura dovrebbe essere una cura dello spirito. Per risollevare un po’ gli animi, insomma.

Le serate della cultura in TV sono state pensate nell’ottica del servizio alla persona, in questo momento difficile. E anche per sopperire alla mancanza degli eventi dal vivo veri e propri.

Tuttavia, se questa era una delle funzioni manifeste dell’iniziativa, quella latente è ben più articolata. L’assessore spiega infatti che: 

Stiamo per lanciare la campagna pubblicitaria del turismo a Messina: vogliamo portare i siciliani a Messina, conosciuta ormai da tutti come città di passaggio. Vorremmo farla diventare una meta.

Quest’anno non sarà semplice organizzare le vacanze, con tutte le limitazioni in termini di spostamento che stiamo vivendo. In ogni caso, gli spostamenti all’interno della regione sembrerebbero essere consentiti e molti siciliani si sposteranno da una città ad un’altra.

Noi stessi diventiamo consapevoli di quello che abbiamo da offrire. Abbiamo un “tesoro” che non è mai stato sviluppato e messo a sistema – ha aggiunto.

Le nostre spiagge, le nostre colline, i borghi, l’architettura, le fontane, le chiese, le fortificazioni. Il centro storico stesso è sempre stato identificato solo con il campanile. Ma abbiamo tante altre cose che noi stessi non abbiamo mai conosciuto e apprezzato.

Messina si trovava in difficoltà anche prima dell’emergenza Covid-19: la città si spopola sempre più, minando l’economia del territorio.

Messina si è svuotata, e non solo di giovani.

Con la chiusura di tanti uffici pubblici, intere famiglie si sono trasferite. La città è fatta ormai di impiego pubblico, i nostri figli vanno a cercare lavoro fuori. E chi riempie i negozi della città? L’obiettivo è popolarli di gente che viene da fuori per i grandi eventi.

Si pensi alla Vara, al ferragosto messinese o al Natale. L’obiettivo è sfruttare questi eventi come attrattivi: la gente viene a visitare la città e sosta anche per qualche giorno.

In questo modo l’economia di ristoratori, albergatori e imprenditori del settore turismo aumenterebbe.

C’è, poi, anche la questione della tassa di soggiorno che viene usata per sviluppare il settore turistico. Si tratta, nello specifico, di un’imposta di carattere locale applicata a carico delle persone che alloggiano nelle strutture ricettive di territori classificati come località turistica o città d’arte (Wikipedia).

Quella messinese non ha fruttato molto (solo 250 mila euro) e con l’emergenza sanitaria si prevedono scenari peggiori.

Far ricrescere l’economia per ottenere più fondi, da investire poi in turismo: è questo l’obiettivo principe dell’amministrazione comunale messinese che, tra l’altro è l’unica in Italia ad aver promosso la delega dell’assessorato allo sviluppo e promozione delle fortificazioni, pezzi di storia troppo spesso rimangono poco conosciuti. Sul sito del Comune di Messina c’è un’apposita sezione dedicata al Brand Messina, tra cui un percorso di conoscenza dei nostri forti.

Vogliamo far diventare queste fortificazioni dei grandi attrattori, perché sono le più belle terrazze sullo stretto di Messina, ha concluso l’assessore.

Noi di UniVersoMe ringraziamo l’assessore Enzo Caruso per la disponibilità e ricordiamo che nei prossimi giorni ci sarà un nuovo appuntamento su TCF per visitare luoghi inediti della città.

Angela Cucinotta

Tradizioni messinesi: la festa di Sant’Annibale

L’emergenza Covid-19 ha modificato drasticamente il nostro stile di vita andando ad intaccare anche le nostre tradizioni. Una di queste, che interessa sia credenti che non, è la festa in memoria di Sant’Annibale. Prima di parlare della festa ripercorriamo le tappe significative della storia del “Santo dei poveri” e vediamo insieme da dove sorge l’amore che tuttora la città di Messina nutre nei suoi confronti.

Biografia in breve

Nasce a Messina il 5 luglio 1851 da famiglia nobile. Ebbe quella che può essere definita «intelligenza del Rogate», facendo suo il versetto del vangelo: «La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate [Rogate] dunque il Padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe» che divenne uno strumento importante per l’evangelizzazione.

Sant’Annibile in mezzo alla sua gente (disegno) – Fonte: difrancia.net

 

Un evento significativo della sua vita fu l’incontro con il cieco Zancone che lo mise in contatto con la situazione difficile vissuta nelle “Case Mignuni” (Case Avignone), uno dei quartieri più poveri della città di Messina (nei pressi di Zaera). Proprio a quel quartiere dedicò gran parte della sua vita.

Dopo il terremoto del 1908, il papa S. Pio X donò una chiesa-baracca. Nel 1921 venne posta poi la prima pietra per la costruzione dell’attuale Santuario di Sant’Antonio, che occupa oggi l’area dell’antica chiesa.

Il Santuario di Sant’Antonio – Fonte: torrese.it

 

Per realizzare i suoi progetti missionari fondò due nuovi ordini religiosi: la Congregazione delle figlie del Divino Zelo e la Congregazione dei Rogazionisti. Questi sono tuttora diffusi in tutto il mondo, con l’intento di mettere in pratica la filosofia di vita del Santo: l’evangelizzazione e l’aiuto concreto, sul campo, a poveri ed indigenti.

Muore a 76 anni nel 1927. “Andiamo a vedere il Santo che dorme”, erano le parole della gente, omaggio all’uomo che era stato e all’aiuto concreto che aveva portato. La teca contenente il corpo del Santo si trova tutt’oggi nel Santuario di Sant’Antonio.

I funerali di Sant’Annabile – Fonte: difrancia.net

 

Processo per la Beatificazione e Canonizzazione

Già nel 1934 Luigi Orione richiese l’avvio immediato per il Processo per la Beatificazione e di Canonizzazione del suo caro amico. Dopo 35 anni l’arcivescovo Mons. Cannavò aprì il processo che portò Padre Annibale a diventare prima Venerabile (1989) e poi Beato (1990), grazie all’intercessione per la miracolosa guarigione della giovane Gleida Danese (primo miracolo seguito poi da quello che interessò la piccola Charisse Nicole Diaz, decisivo per concludere la causa di la santificazione).

Così, il 16 maggio 2004 papa Giovanni Paolo II lo iscrisse ufficialmente nell’albo dei Santi, adempiendo alla richiesta a gran voce dell’intera città di Messina.

La canonizzazione di Sant’Annibale (Piazza San Pietro, 16 maggio 2004) – Fonte: villaggiomatera.it

 

La particolare storia della festa di Sant’Annibale

La festa di S. Annibale Maria Di Francia si celebra il 16 maggio, e nei giorni antecedenti, presso il santuario di S. Antonio, Messina. La scelta di questa data, e non della morte (come avviene di regola per tutti i Santi), ha una storia particolare.

Il 1 giugno (data della sua morte) la Chiesa celebra la memoria di San Giustino, Santo patrono dei filosofi, che riveste un ruolo importante per tutta la Chiesa cattolica. La Congregazione dei Rogazionisti aveva deciso inizialmente di spostare la celebrazione di San Giustino al giorno successivo. A Messina, però, il 2 giugno è la vigilia della memoria della Madonna della Lettera, Patrona della città dello Stretto.

Per questo motivo alla diocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela è stato concesso di celebrare la memoria liturgica di Sant’Annibale il giorno dell’anniversario della sua canonizzazione.

La celebrazione a Messina: ieri e oggi

Le celebrazioni in memoria del “Santo dei poveri” cominciano nei giorni antecedenti, solitamente con un triduo di preghiere e di messe in suo onore. Il 16 si celebrano le Sante Messe nella cripta, dove è presente il corpo del Santo, e la solenne Messa nella Basilica,  arricchita, negli ultimi anni, dalla presenza del Piccolo Coro Antoniano “Placido Vitale”.

La Messa si conclude con la celebre benedizione delle gardenie e la processione per le vie cittadine con le Reliquie del Cuore di Sant’Annibale.

Il percorso della processione interessa i luoghi principali in cui in vita il Santo messinese ha operato: le vie in cui sorgeva il quartiere Avignone, la Chiesa del Carmine (ricostruita dopo il terremoto) e Piazza del Popolo. Proprio sotto i portici dell’attuale Piazza Lo Sardo generalmente viene distribuito il pane “padre Francia”.

Oltre alla festa di giorno 16 maggio viene celebrata la solennità liturgica giorno 1 giugno, con manifestazioni tra cui l’omaggio floreale al monumento cittadino di Sant’Annibale, situato nell’omonima piazza.

La processione delle Reliquie di Sant’Annibale – fonte: tempostretto.it

 

Quest’anno a causa delle restrizioni dovute all’emergenza Covid-19, le celebrazioni religiose si terranno a porte chiuse e le manifestazioni civili sono state annullate. Per permettere la partecipazione a distanza dei fedeli saranno previste le dirette streaming su Facebook e su YouTube delle preghiere delle Messe, sia del triduo che del 16 maggio.

Locandina della festa in onore Sant’Annabile (2020)

 

Insomma, anche in tempi difficili si può trovare un modo per mantenere vivo il ricordo di un Santo che alla città di Messina ha dedicato tutta la sua vita.

Cristina Lucà, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

difrancia.net

basilicaantoniana.it

siciliainfesta.com

torrese.it

Si ringrazia Padre Orazio Anastasi, in particolare per le informazioni sulla calendarizzazione della celebrazione

Messina che non rinuncia: l’interessante iniziativa della Notte della cultura in TV

Agli albori della fase 2 e soprattutto con l’arrivo della bella stagione, è forte il desiderio di uscire e percorrere le strade di Messina, sede della nostra università.

Per tornare alla normalità ci vorrà ancora un po’ di tempo ma nel frattempo, su proposta degli assessori Enzo Caruso (Assessore alla Cultura) e Salvatore Mondello (Assessore ai Beni Culturali) potremo godere di alcuni scorci inediti della città.


L’iniziativa ha come obiettivo la realizzazione di una Notte della cultura alternativa, dal tema “Curiosità, luoghi e monumenti della Messina sconosciuta”.

L’amministrazione comunale infatti aveva previsto, per i mesi di maggio e giugno, questo tipo di evento culturale ma a causa dell’emergenza sanitaria, chiaramente, non è stato possibile organizzarlo.

Tuttavia, così come molte altre attività, anche la cultura non si ferma e, grazie alla collaborazione di diverse emittenti locali, i messinesi avranno la loro Notte della cultura.

Si tratta di una proposta anche nell’ottica del servizio alla persona, con la speranza che possa essere utile al benessere psichico dei cittadini, ormai limitati alla propria abitazione da tempo.

Il primo appuntamento sarà venerdì 8 maggio alle 20.30 su Rtp.

Nell’ambito del programma “Scirocco“, condotto dal giornalista Emilio Pintaldi, avremo la possibilità di visitare virtualmente luoghi inediti della nostra città.

Ecco quali:

  • Il Palazzo S. Elia, sede della Brigata Meccanizzata Aosta
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Via del Vespro, nei pressi di Via Garibaldi.

Non troppo lontano dalla sede centrale della nostra Università.

 

  • Il Palazzo della Guardia di Finanza
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In Via Tommaso Cannizzaro.

Vicinissimo a Piazza Cairoli e nei pressi della Stazione Centrale.

 

  • Il Salone Storico del 24° Rgt. Artiglieria dedicato ad Emilio AINIS
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In Via Taormina nella Caserma Ainis.

Si trova un po’ prima del Policlinico Universitario e del Capolinea Zir del Tram.

 

  • Il Centro Operativo VTS della Capitaneria di Porto (località Forte Ogliastri)
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Si trova in linea d’aria diretta all’imbarco traghetti.

 

  • Il Palcoscenico del Teatro Vittorio Emanuele
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In Via Garibaldi.

A metà tra il Municipio e la fermata del tram Boccetta.

 

  • I reperti pre-terremoto custoditi al Museo Regionale
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Si trova sul viale della Libertà, proprio di fronte al capolinea del tram Museo.

 

Angela Cucinotta

Intervista ad Angela Bottari: l’ex deputata messinese che contribuì a cambiare l’Italia

Qualche giorno fa, abbiamo avuto l’onore, da redazione di cultura locale, di discutere delle tematiche delle quali si è occupata l‘ex deputata messinese Angela Maria Bottari, tra il 1976 e il 1987, nelle fila del Partito Comunista. Piuttosto che descrivere la sua biografia, abbiamo preferito parlare direttamente con Angela, che è stata disponibilissima a rispondere a tutte le nostre domande e curiosità. Ne è venuto fuori un dibattito che ha toccato tutti i punti salienti della sua esperienza parlamentare: dalla rivoluzionaria legge sulla violenza sessuale, alle battaglie per i diritti delle donne e dei minori, fino all’introduzione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Vi riportiamo i tantissimi spunti di riflessione che questa grande personalità messinese ci ha offerto nel corso della nostra chiacchierata via web.

Angela Maria Bottari, deputata dal 1976 al 1987 – Fonte: legislature.camera.it

Mario: Tra i tanti suoi contributi quello più celebre riguarda il reato di violenza sessuale. Abbiamo notato un cambio di passo decisivo a cavallo tra VII-VIII legislatura e IX, con la scelta rivoluzionaria di includere il reato di violenza sessuale nel titolo che punisce i delitti contro la persona. Quali sono state le motivazioni che hanno portato a questa scelta?

Vi dico subito: sarei stata convinta fin dal primo momento di presentare una proposta di legge che già trasferiva nei delitti contro la persona la violenza sessuale, eliminandola dal titolo riguardante la morale pubblica e il buon costume. Ma nel mio partito si riteneva che un cambiamento di rottura portasse all’irrigidimento della Democrazia Cristiana, allora partito di maggioranza. Avevano ragione, tant’è che la legge si bloccò. Ma la proposta di legge era ormai delineata e non mi potevo tirare indietro: c’era stato un movimento di donne, di operatori del diritto, perché questa era una legge che – seppur non approvata – faceva sì che il Paese modificasse la percezione della violenza sulle donne. Le leggi o nascono da un forte dibattito all’interno del Paese oppure sono elemento di cambiamento della società, questa fece entrambe le cose. Quando nel 1983, da relatrice, capii che la proposta di legge non sarebbe passata con questa modifica radicale, mi dimisi e bloccai l’iter della legge, della quale io stessa fui prima firmataria.

Emanuele: Confrontando la sua proposta con la legge in materia analoga del ’96, attualmente in vigore, ci è sembrato che i due testi coincidano in moltissimi punti: anche se, come ha raccontato, i tempi non erano maturi per questo cambiamento, quest’ultimo si è comunque realizzato diversi anni dopo ed il suo contributo è stato determinante.

La legge approvata nel ’96 è molto simile all’ultimo progetto di legge della quale fui presentatrice. Tutta la mia battaglia verteva intorno all’unificazione dei reati, cioè la congiunzione carnale (il cosiddetto “stupro violento”) e gli atti di libidine violenti (quegli atti sessuali in cui non avviene il congiungimento carnale) in un unico reato, ossia quello di violenza sessuale. In verità, nella legge del ’96 c’è un punto che non considero positivo: questa introduce un elemento che ci fa ricascare in quel dualismo, perché afferma che la pena è diminuita quando il reato è di lieve entità. Nella violenza sessuale non ci può essere un reato di maggiore entità o di lieve entità; era questo che ci aveva spinto ad unificare i due reati. L’aver introdotto una gradualità nella violenza sessuale è stato un piccolo passo indietro e ad oggi scopriamo che nelle aule di tribunale fornisce alibi ai difensori dei violentatori. Insomma, questo passaggio “fa rientrare dalla finestra quello che abbiamo buttato via dalla porta”.

Volantino di un movimento delle donne sulla violenza sessuale (anni ’80) – Fonte: herstory.it

 

Cristina: Lei ha collaborato alla stesura di altre leggi, in particolare quelle riguardanti l’emancipazione femminile. Qual è stato l’atteggiamento delle altre deputate? C’è stata una collaborazione trasversale?

Ci sono state delle leggi, come la legge per l’interruzione di gravidanza, in cui l’impegno è stato corale, da parte di uomini e di donne. La legge sull’aborto è stata denominata “sull’interruzione di gravidanza e per la tutela della maternità” per non urtare la sensibilità di un Paese come il nostro abbastanza complesso. Questa legge ha coinvolto non solo la commissione giustizia di cui facevo parte (l’aborto, per chi lo praticava e per chi lo subiva, prima era punito dal codice penale) ma anche la commissione sanità, per ovvi motivi, e la commissione affari costituzionali, poiché riguardava il grande dibattito – sul quale ci confrontiamo ancora oggi – su quando comincia la vita. Ma vorrei porre alla vostra attenzione una contraddizione: la legge sull’aborto è una legge che avrebbe dovuto avere più difficoltà nell’essere approvata rispetto a quella sulla violenza sessuale. Però, paradossalmente, venne approvata (anche se poi fu sottoposta a referendum) in tempi più rapidi: probabilmente perché affermava una pratica largamente diffusa ed accettata, che coinvolgeva un ingente numero di donne. Questo lo dico come elemento di riflessione: evidentemente ci sono leggi che vengono considerate più destabilizzanti di altre in quanto alterano rapporti di potere consolidati tra uomo e donna, come appunto quella sulla violenza sessuale.

Camera dei Deputati (anni ’80) – Fonte: storia.camera.it

E: Mi piacerebbe parlare anche della legge Rognoni-La Torre del 1982, che introdusse la fattispecie di reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (articolo 416 bis del codice penale). Qual è la proposta di legge della quale è più orgogliosa? Potrebbe essere proprio questa?

Mi fai una domanda molto complicata. Di questa legge non solo sono stata firmataria, ma sono stata anche nel comitato ristretto che se ne è occupato. La legge Rognoni-La Torre fu approvata dopo l’uccisione dell’on. Pio La Torre, grande protagonista della stessa. Se dovessi dire – da siciliana – sul terreno emozionale quale ho apprezzato di più, la legge Rognoni-La Torre mi coinvolge molto per il lavoro che feci nel comitato ristretto, per gli effetti positivi che poi ha avuto nel Paese per combattere la criminalità organizzata e perché per essa Pio La Torre aveva sacrificato la sua vita.

Pio La Torre, deputato dal 1972 al 30 aprile 1982, giorno del suo assassinio ad opera di Cosa Nostra – Fonte: remocontro.it

Poichè dal mio gruppo parlamentare mi è stato richiesto di occuparmi dei diritti delle donne, però, è chiaro che tutti i progetti di legge inerenti mi hanno coinvolta maggiormente. La legge sulla violenza sessuale si intreccia con la mia vita, anche se è state approvata quando ormai non ero più in Parlamento. Molte parlamentari si impegnarono raggiungendo un’unità d’intenti tra schieramenti politici completamente opposti. Ricordo che nel 1996, dopo l’approvazione della legge, mi chiamarono, e il venerdì di Repubblica ci dedicò una copertina: a me che ero considerata la “mamma della legge”, e alle on. Finocchiaro e Mussolini, protagoniste dell’approvazione. Tre donne raffigurate con le mani incrociate: rimarrà un ricordo indelebile. Però, anche altre due leggi furono importanti per me. La prima è quella sulle transessuali, che consentiva il cambiamento di sesso. Mi rese molto felice che una minoranza potesse avere il diritto di ritrovare anche nel corpo la propria identità. Sono stata protagonista anche della riforma della legge sulle adozioni dei minori, che trovai rivoluzionaria: ci fu un vero e proprio ribaltamento della prospettiva legislativa. Si passò dal desiderio di coloro che non avevano figli di diventare genitori, a mettere al centro il bambino e il suo diritto di avere una famiglia. Devo dire che ci sono state delle leggi (sulla tutela delle donne lavoratrici, tutela della maternità, legge di parità) che hanno avuto un iter più facile, perché evidentemente toccavano temi che tutte le donne presenti in parlamento, al di là del loro modo di pensare e schieramento politico, ritenevano giusti. Talvolta su questi temi invece abbiamo dovuto fare battaglie nei confronti dei colleghi uomini, perché dire che si hanno gli stessi diritti e doveri nel lavoro spesso fa venir meno qualche privilegio.

Tina Anselmi, storica figura della Democrazia Cristina, fu un chiaro esempio di come anche forze politiche diverse possono lottare per interessi comuni. Fonte: La Stampa.
Tina Anselmi, storica figura della Democrazia Cristiana, fu un chiaro esempio di come anche forze politiche diverse possono lottare per interessi comuni – Fonte: La Stampa

 

Salvatore: Da recenti statistiche, l’Italia risulta essere un Paese in cui la donna viene concepita ancora come una figura ancorata al passato. Mentre in altri paesi europei oggi la situazione appare sensibilmente diversa. Secondo lei quali sono i fattori che portano l’Italia a rimanere ancora un paese conservatore sulle questioni di genere? E quali sono le modifiche culturali e politiche delle quali necessitiamo?

Indagine riportata dal Corriere della Sera – Fonte: Ipsos indagine per il Laboratorio Futuro

 

Ritengo che 50 anni fa un’indagine di questa natura avrebbe fatto emergere un’arretratezza maggiore. I paesi del nord Europa hanno sviluppato una positiva politica di genere anche in virtù di una cosa: le norme antidiscriminatorie (nessun sesso in quei paesi poteva superare il 60% nelle istituzioni) che hanno dato risultati eclatanti. Queste norme hanno salvaguardato le donne e consentito che potessero mostrare – nell’esercizio effettivo del potere decisionale – tutte le proprie capacità, come avevano fatto gli uomini. Andando oltre questo primo dato, io di solito dico una frase: spesso le donne sono le nemiche delle donne. Non considerare le norme antidiscriminatorie una risorsa per arrivare a una democrazia effettiva in Italia è un errore gravissimo da parte loro, in quanto impedisce di cambiare gli stereotipi della società. Quando saremo al 50% nei luoghi in cui si esercita il potere, allora potremo dire che non abbiamo più bisogno delle norme antidiscriminatorie; fino a quel momento dobbiamo non solo volerle ma favorirle. Inoltre, spesso si sviluppa tra donne un atteggiamento ostile nei confronti di quelle che conquistano posizioni di leadership, quando invece bisognerebbe fare rete unendosi. Andiamo all’ultimo punto: l’Italia è un paese cresciuto in una cultura cattolica, non sempre avanzata. Sì, la Chiesa ha sempre parlato della dignità della donna, del rispetto che l’uomo deve darle, in quanto madre e come perno della vita familiare. Oggi non è più così nella Chiesa: si afferma una visione della donna più dinamica ed aderente alla realtà, anche grazie al Papa attuale, che sulle donne dice cose notevolissime che dovremmo, credenti e non credenti, ascoltare. La religione, anche quando non praticata, nella formazione ha delle conseguenze.

Tuttavia, credo che la più grande rivoluzione del ‘900 sia la rivoluzione femminile perché ha portato a una modifica reale della percezione della vita e del mondo. La mia generazione pensava che eravamo arrivate, che avevamo conquistato tutto; e ci siamo sedute. Oggi le nuove generazioni devono comprendere che non bisogna mai sedersi, ma essere vigili e continuare. Nessuna conquista avviene una volta per tutte, la devi sempre difendere: e al primo campanello d’allarme devi reagire, perché altrimenti ci sarà l’involuzione.

M: In un momento come questo, soprattutto tra i giovani, è diffuso un sentimento di sfiducia nei confronti della politica. Secondo lei come sarebbe possibile rivalorizzare questa nobile ed indispensabile arte?

Innanzitutto la politica negli anni non ha sempre dato buona prova di sé creando una disaffezione dei giovani nei suoi confronti. È cambiato il contesto nel quale tanti giovani, hanno lottato in passato: tante generazioni si sono formate nelle battaglie internazionali; anche adesso accadono altri fatti drammatici (ad esempio in Medio Oriente), però negli anni la politica ha trascurato spesso queste tematiche, così come ha avuto disattenzione verso la scuola che è invece fondamentale nel rapporto società-giovani. Si è affermata una società consumistica, con poca attenzione all’ambientalismo, tema che solo recentemente è tornato a galla. Abbiamo educato giovani generazioni male, in qualche modo perché ci siamo diseducati anche noi. La politica dovrebbe recuperare nuovamente il proprio ruolo: contribuire a far crescere la società e dare buon esempio. Voglio lanciare un messaggio: credo che bisognerebbe andare verso un’alleanza tra giovani generazioni, periodo momentaneo della vita, e il genere,le donne, caratteristica permanente. Sarebbe opportuno che la condizione di difficoltà affrontata dalle donne – ricollegabile a tutte le questioni di genere – fosse affrontata dalle nuove generazioni, un’alleanza tra queste due realtà conseguirebbe ottimi risultati. Certo, i tempi sono cambiati. Ma i protagonisti non possiamo essere noi, dobbiamo fare qualche passo indietro e far venir fuori il potenziale dei giovani, perché solo così cambieremo la società. Mi viene in mente l’inizio della mia esperienza: ricordo che quando mossi i primi passi in politica, da studentessa universitaria, capii che noi studenti avevamo grandi potenzialità se stavamo uniti. Quando fui eletta parlamentare (1976) ci fu un’ondata di giovani donne (passammo al 16%) in un parlamento maschile, un elemento di rottura. Ma il primo anno non fu affatto facile: ho dovuto studiare il doppio degli altri, avevo studiato lettere e feci parte della commissione giustizia per occuparmi di diritti. Non so come i deputati oggi facciano il loro lavoro, ma posso dire che per me è stata un’esperienza pesante. Alla terza legislatura, quando ho ritenuto di avere completato la mia esperienza, ho chiesto di non fare più la parlamentare perché ormai lo sapevo fare, quindi potevo passare a fare altro. Ricordate: se non si studia si diventa praticoni della politica, non politici.

Manifestazione del movimento studentesco (Messina 1968) – Fonte: stampalibera.it

 

E: Quello che vedo spesso è che l’essere eletti come parlamentari viene visto come un punto di arrivo, non come un punto di inizio e di studio, tutto il contrario di quello che – giustamente – ha sottolineato.

Bisogna domandarsi sempre perché si fa politica: fai politica perché ti piace, ma anche perché vuoi contribuire a modificare in meglio le condizioni di vita delle persone. Non puoi fare politica pensando che tutto inizi con te e finisca con te: puoi avere le tue soddisfazioni, ma sapendo che le tue ambizioni devono comunque collocarsi in una cornice molto più ampia, devono coincidere con interessi generali, non solo con i tuoi. Concludo con una nota sull’associazionismo: è questa la nuova forma di fare politica, avvicina i giovani ad essa.

E:Abbiamo notato che nelle task force (nazionali e regionali) solo il 20% è composto da donne; nel comitato tecnico-scientifico ci sono solo uomini. Cosa ne pensa?

Non è concepibile che nel mondo della ricerca le figure femminili – sebbene siano anche particolarmente presenti e preparate – vengono escluse sempre – o quasi – dai ruoli veramente importanti. Lo ritengo inconcepibile prima di tutto per la scienza, in secondo luogo per la democrazia e infine per una parità di diritti e di doveri. Persino delle scoperte delle donne parlano quasi ed esclusivamente gli uomini. Io credo che questi non siano fatti meramente formali: la forma è sostanza.

Concludo con una riflessione sulla scuola: abbiamo un personale docente non motivato, sottopagato, bisogna riqualificarlo e rimotivarlo. Sapete cosa mi auguro? Che essere stati chiusi in casa per tanto tempo, ci abbia dato modo di riflettere, per poter costruire una società migliore, ridisegnando i rapporti economici ed interpersonali: questa pandemia sta facendo venire fuori tutte le diseguaglianze. Ci sarà chi metterà forse per settimane di seguito la stessa mascherina chirurgica e chi ne avrà di tutti i tipi, chi può sostenere la didattica online e chi non ha nemmeno un computer in casa. Se cogliamo l’occasione che fa emergere queste contraddizioni per cambiare questo mondo – se dovessimo riuscire a cambiarlo – forse saremo tutti più felici.

Emanuele Chiara, Cristina Lucà, Salvatore Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

Immagine di copertina: LetteraEmme