I parlamentari d’Italia eletti a Messina: Giuseppe Mazzini

Torna il filone legato ai Parlamentari d’Italia eletti a Messina con una personalità di grande spicco, uno dei Padri del Risorgimento italiano: stiamo parlando di Giuseppe Mazzini.

Primi anni di vita

Nato a Genova il 22 giugno del 1805, già da ragazzino manifesta un forte interesse per le tematiche politiche e sociali. Dopo essersi iscritto all’Università- prima alla facoltà di medicina e poi a quella di legge- nel 1827 pubblica il suo primo scritto, un saggio letterario dal titolo “Dell’amor patrio di Dante “.

Giuseppe Mazzini- Fonte: Cronologia.it

Il legame con la Carboneria

Poco dopo aver conseguito la laurea entra a far parte della Carboneria, un’ associazione segreta rivoluzionaria nata nella prima metà dell” ‘800 nel meridione italiano. Basandosi su ideali liberali, i Carbonari si battevano affinché i governi assoluti, in cui il potere del sovrano era privo di limiti, si trasformassero in governi costituzionali; negli anni ’30, con l’influenza politica del filosofo Filippo Buonarroti, si fecero strada all’interno della Carboneria anche ideali repubblicani, democratici – con il riconoscimento della sovranità popolare – e socialisti.

Esilio a Marsiglia e fondazione della “Giovine Italia

Il 13 novembre 1830 Mazzini  viene arrestato a Genova per la sua affiliazione alla Carboneria. Successivamente, per mancanza di prove, viene rilasciato, costretto, però, a scegliere tra il “confino” e l’esilio; Mazzini sceglie l’esilio e si trasferisce a Marsiglia, in Francia.

Nel 1831, con la collaborazione di altri esuli, dà vita ad una nuova formazione politica chiamata la “Giovine Italia”. Questa differiva per alcune caratteristiche dalla Carboneria : gli obiettivi politici erano pubblici, pur agendo in clandestinità; inoltre Mazzini voleva superare uno dei limiti della Carboneria ,ovvero la mancanza di un forte appoggio da parte della popolazione. Contestualmente al movimento politico infatti, nasce una rivista – anch’essa chiamata la Giovine Italia – con l’obiettivo di far avvicinare quante più persone agli ideali ed ai progetti mazziniani.

L’iniziativa ha buon successo e ben presto l’associazione si estende anche nell’ambito militare. Per la sua attività rivoluzionaria, Mazzini viene condannato a morte in contumacia il 26 ottobre 1833 dal Consiglio Divisionale di Guerra di Alessandria.

La Repubblica Romana

Sulla scia dei moti rivoluzionari del 1948 che coinvolsero tutta l’Europa, a seguito di una rivolta interna nei territori dello Stato Pontificio, Papa Pio IX  è costretto alla fuga. Il 9 febbraio 1849 nasce la Repubblica Romana. Il patriota Goffredo Mameli telegrafa a Mazzini: “Roma Repubblica, venite!”. Il 9 Marzo Mazzini entra a Roma e poco dopo entra a far parte del triumvirato che governerà la Repubblica Romana con Aurelio Saffi e Carlo Armellini. L’esperienza romana dura poco: il  4 luglio 1849 l’intervento militare di Napoleone III costringe i patrioti alla resa.

“Morte di Luciano Manara” di Filippo Vittori (Museo del risorgimento, Milano)- Fonte: beniculturali.it

L’elezione alla Camera nel collegio di Messina

Dopo aver contributo all’unificazione dell’Italia, osteggiando, però, i Savoia e la Monarchia, Mazzini va nuovamente in esilio a Londra.

Ma il 25 febbraio 1866 accade un evento inatteso: Giuseppe Mazzini viene eletto alla Camera dei deputati nel collegio elettorale Messina I con 476 voti al ballottaggio dell’elezione supplettiva della IX legisaltura (la II del Regno d’Italia). Ovviamente la notizia desta scalpore, soprattutto per le due condanne a morte sopracitate, che rendevano il patriota Genovese ineleggibile.

A Firenze – allora capitale del regno – la Giunta si trova in difficoltà nel decidere se convalidare o respingere l’elezione di Mazzini. L’opinione pubblica si spacca in due, nonostante il movimento repubblicano facesse sentire la propria voce inneggiando fortemente ad una amnistia e alla conseguente ratifica dell’elezione.

Il 2 marzo del medesimo anno è lo stesso Mazzini, tramite una lettera inviata e pubblicata su numerose testate giornalistiche italiane, ad esprimersi su quanto accaduto. Nella lettera l’esule ringraziava animosamente i cittadini messinesi, ma rifiutava la poltrona per non dover giurare fedeltà alla Monarchia italiana.

Nonostante la formale rinuncia di Mazzini, il governo italiano avrebbe dovuto comunque esprimersi ufficialmente sull’elezione messinese. Su un totale di 298 votanti ben 191 deputati si dichiaravano contrari annullando, di fatto, la volontà dell’elettorato della città dello Stretto.

Sessanta giorni dopo la città di Messina, chiamata alle urne per scegliere un nuovo deputato, rielegge, contro ogni previsione, Giuseppe Mazzini. Dopo una nuova discussione il 18 Giugno la Camera annulla nuovamente l’elezione, chiamando ancora una volta i cittadini messinesi alle urne.

Il 18 novembre la caparbia città peloritana elegge per la terza volta Mazzini con la quasi totalità dei consensi, piegando definitivamente il governo italiano al suo volere. Tre giorni dopo, infatti, la Camera convalida l’elezione decretata dai messinesi.

Villa Mazzini di Messina- Fonte: picclick.it

Il rientro in Italia e la morte

Mazzini ovviamente non cambia la propria posizione in merito all’elezione avvenuta a Messina e non farà  mai parte del Parlamento italiano; tuttavia, grazie alla battaglia vinta dalla città, ottiene un salvacondotto per fini politici.

Nonostante questa deroga, quando il patriota genovese tenta di raggiungere la Sicilia, per abbracciare la popolazione che con fermezza ed orgoglio l’aveva eletto deputato, viene arrestato a Palermo, per via della condanna a morte che non era mai stata cancellata.

Dopo alcuni anni nuovamente in esilio, Mazzini muore sotto falsa identità a Pisa nel 1872.

La città di Messina ad imperitura memoria ha dedicato al Padre del Repubblicanesimo il parco centrale della città e una scuola, situata vicino Piazza Duomo.

Il busto di Mazzini, all’interno della Villa a lui deicata a Messina – Fonte: wikipedia.org

       

Emanuele Paleologo

 

Fonti:

sicilians.it

treccani.it

dati.camera.it/apps/elezioni

 

 

 

NextGenerationME: Jacopo Genovese, tra cantautorato e processi creativi

La Musica è sempre stata una parte fondamentale della mia vita, certe volte mi ha salvato nei momenti peggiori curandomi le ferite, a volte ha amplificato le mie paure rendendomi più consapevole di me stesso. No, questo non è un estratto dell’intervista che state per leggere, ma un pensiero personale e intimo del redattore che sta per raccontarvi l’esperienza e le speranze di chi, condividendo queste sensazioni, si è messo in gioco assecondando le proprie necessità creative e di scrittura.

Torna la rubrica NextGenerationME con Jacopo Genovese, messinese classe 1993, appassionato alla musica fin da bambino grazie all’influenza del nonno Cleofe Lanese, tastierista dei Gens, storico gruppo anni ’70 della nostra città. Dopo aver partecipato ad alcuni reading poetici, ha preso coscienza di sé stesso e si è dedicato alla musica, dalla quale ha avuto le prime grandi soddisfazioni:

  • nel 2018 si classifica primo alla finale regionale di Area Sanremo tour con il brano “Gelso Nero“;
  • nel 2019 viene premiato come miglior testo al contest Game of Chords organizzato dal Saint Louis College of  Music di Roma, con il brano “La sorella di Sergio“;
  • sempre nel 2019 si esibisce sul palco dell’Indiegeno Fest  nella sezione Spaghetti Unplugged con la canzone “Alice“;
  • nel 2020 viene selezionato tra i dieci finalisti di Road to the Main Stage by Firestone.

Partiamo dalle origini: come e quando hai maturato l’idea di metterti in gioco pubblicando i tuoi lavori? Quando hai deciso di condividere con altri ciò che fino a quel momento era solo tuo? 

La passione per la musica c’è sempre stata; purtroppo da questo punto di vista crescere in una città come Messina non aiuta. Sono veramente pochi gli eventi artistici che vengono promossi, così viene negata ai ragazzi la possibilità di innamorarsi dell’arte e di pensare: “voglio fare questo nella vita!”. Al contrario c’è una sorta di pregiudizio nei confronti di chi si dedica a questo genere di attività; per fare un esempio banale, quando a scuola a ricreazione suonavo la chitarra, il resto della classe era da tutt’altra parte e io venivo visto quasi come uno un po’ strano. Quindi ho coltivato la mia passione di nascosto, possiamo dire che “me la sono cantata e me la sono suonata” fino ai 24 anni. Successivamente episodi e momenti piuttosto negativi che ho vissuto mi hanno portato alla scrittura di un pezzo: “Gelso Nero”.

“Gelso Nero” ha cambiato tutto, è come se il mio essere si stesse ribellando a me stesso e volesse liberarsi dalla gabbia in cui lo avevo messo, come se mi dicesse: “basta, non hai più via di scampo o difendi la tua musica e la fai conoscere agli altri oppure cadi nel baratro”. Questo pezzo mi ha fatto stare bene e mi ha dato la forza ed il coraggio per cambiare prospettiva e obiettivi.

Parlaci del processo creativo che c’è dietro i tuoi lavori, come nascono le tue canzoni? 

Nel mio telefono ci saranno almeno 15 giga di registrazioni in cui canticchio o suono e una serie infinita di note scritte. Qualsiasi idea che riguardi parole o melodia viene salvata nel mio telefono, che io sia in studio a registrare o che stia facendo tutt’altro. Per me l’ispirazione esiste, non so bene come nasca, ma esiste. Può avere però diverse intensità; per fare un esempio quando ho scritto “La sorella di Sergio” ero fortemente ispirato, ho buttato giù tutto senza fermarmi un secondo, altri lavori invece sono nati riprendendo pensieri o melodie che avevo salvato nell’archivio tempo prima. L’ispirazione però non basta, devi avere anche a disposizione gli strumenti per poterla sviluppare e trasformala in canzone e questo forse è il processo di crescita più importante per un’artista emergente: acquisire le capacità necessarie per rendere la tua ispirazione fruibile anche ad altri.

Quali artisti hanno influenzato il tuo mondo musicale o comunque ti hanno appassionato maggiormente?

Beh, direi tutti i maestri del cantautorato degli anni ’70: Dalla e De Gregori, per citarne alcuni. Dalla un genio assoluto, per scrittura e suoni era avanti anni luce rispetto al momento storico in cui viveva. Di De Gregori amo l’intimità dei suoi testi; probabilmente questa caratteristica gli ha negato un successo ancora più grande rispetto a quello che ha avuto. Per quanto riguarda la chitarra, amo la musica di artisti come Elliott Smith o Mark Knoplfer; per citarne uno più contemporaneo, apprezzo molto Ed Sheeran.

Oggi il cosiddetto indie-pop spopola tra i giovani ed ha trovato anche uno spazio importante nelle scalette delle radio più ascoltate in Italia, senti in qualche modo di appartenere a questo filone musicale?

Sinceramente no, non mi ci vedo proprio se non per il fatto di essere assolutamente indipendente a livello discografico, come lo erano i vari Calcutta o Gazzelle quando hanno iniziato. Comunque li apprezzo per aver portato una ventata di novità soprattutto a livello di scrittura e attitudine. In generale fatico a mettermi un’etichetta e mi interessa anche poco farlo. Ispirandomi ad una frase di Paul McCartney, ti dico: “io suono ciò che è mio, totale e libera espressione di ciò che ho in testa”.

Parliamo di futuro: che progetti hai in cantiere?

Da  qualche  tempo lavoro con il maestro Tony Canto, per avere una guida più professionale durante la produzione dei miei pezzi. Al momento stiamo lavorando alla produzione di tre brani: un remake di “Ciao Bambina”, che è un pezzo già uscito tempo fa, e due inediti. Inoltre sto lavorando alla realizzazione di un video di “Gelso Nero” sul cratere di Vulcano, con l’accompagnamento di una violinista; sono molto legato alle Isole Eolie, sarebbe veramente un sogno realizzare un video del genere.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato!

Grazie a voi ragazzi, a presto.

 

 

Emanuele Paleologo

 

Jacopo su internet:

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Immagine in evidenza:

Jacopo Genovese durante un concerto – Fonte: scomunicando.it

 

 

 

 

 

 

I torrenti di Messina: da elementi costitutivi della città a discariche a cielo aperto

Poco più di un mese fa lo Stretto di Messina è stato oggetto di un servizio del Tg1. Sarebbe stato bello vedere un reportage sulla bellezza del nostro tratto di mare, o magari sui suoi mostri ed eroi leggendari, oppure sulla pesca del pescespada. Purtroppo niente di tutto ciò. La notiza riguardava un triste primato, per il quale lo Stretto di Messina è la più grande discarica sottomarina al mondo.

La ricerca è stata condotta dall’Università di Barcellona, in collaborazione con il Joint Research Centre (JCR) della Commissione Europea e altri enti, soprattutto italiani. Attraverso dei robot sottomarini è stato scoperto un enorme deposito di rifiuti -tra cui persino un’automobile-, con una densità superiore al milione di oggetti per chilometro quadrato. La presenza soprattutto di metalli e plastiche è pericolosissimo per la tenuta del sistema ecologico dello Stretto.

L’inquinamento sui fondali dello Stretto di Messina – Fonte: ansa.it

I rifiuti provengono principalmente dai torrenti

Ma da dove proviene tutta questa mole di rifiuti? Sicuramente molti oggetti sono stati gettati direttamente in mare, ma la maggior parte proviene dalle discariche abusive presenti nei numerosi torrenti della città. Infatti, con le grandi piogge, i corsi d’acqua, normalmente secchi, si riempiono e trascinano tutti i detriti, trasportandoli direttamente a mare.

Il problema dell’inquinamento dei torrenti è uno dei principali della nostra città e da anni si susseguono tentativi da parte delle istituzioni per arginarlo. Per verificare i risultati degli interventi svolti siamo andati alla foce di quattro dei numerosi torrenti cittadini. Prima di riportare la nostra esperienza, però, vogliamo viaggiare nel tempo per raccontare, a grande linee, la storia del rapporto tra la città di Messina e i suoi torrenti.

I torrenti nella storia della città di Messina

I torrenti sono stati elementi costitutitivi della città di Messina sin dai primi insedimaneti preistorici; infatti il primo villaggio, vasto e diffuso, sorgeva tra gli attuali torrenti Gazzi e Annunziata. Nel corso dei secoli l’insediamento urbano si è trasformato, ma con il costante ruolo di confine svolto dalle principali fiumare (o ciumare, in dialetto).

I torrenti, inoltre, erano corsi d’acqua fondamentali per la cittadinanza. Il principale era sicuramente il Camaro, raffigurato nella Fontana di Orione insieme ai prestigiosi fiumi Ebro, Tevere e Nilo. Essendo il più vicino al porto, si tentò di deviare il suo corso in diversi rami, tra cui quello corrispondente alla via Santa Marta, un tempo chiamata “a ciumaredda“.

Un altro corso d’acqua d’importanza storica è il torrente Portalegni, chiamato così perché era utilizzato per portare la legna dalle colline a valle. L’antico corso del Portalegni attraversava Piazza Duomo e sfociava nel Porto – nello spazio antistante la Chiesa dei Catalani-; per evitarne l’insabiamento si è provveduto a deviare il corso dove attualmente sorge la via Tommaso Cannizzaro.

Il torrente Boccetta, ancora scoperto – Fonte: normanno.com

I torrenti nella Messina di oggi

Al giorno d’oggi la maggior parte dei torrenti del centro città è stata coperta, sepolta sotto il manto stradale; i più importanti sono diventati assi viari degli svincoli autostradali.

Il problema principale relativo ai torrenti non è tanto legato alle tonnellate di veicoli che li perocorrono, ma al loro utilizzo come discariche abusive da parte di cittadini incivili.

Per arginare questa triste piaga poco più di un anno fa il sindaco Cateno De Luca ha annunciato lo stanziamento di 7,5 milioni per i lavori di messa in sicurezza – fondamentali per una città a grande rischio idrogeologico come la nostra – e di puliza dei 72 torrenti presenti nel nostro comune.

Gli interventi sono iniziati il 26 agosto con la pulizia della foce del torrente Annunziata, a cura della Protezione Civile comunale. L’8 settembre si è conclusa l’opera di messa in sicurezza e di igienizzazione del torrente Giostra. Attualmente i lavori stanno proseguendo, spinte anche da messaggi di denuncia, come quella del consigliere Libero Gioveni sulla “bomba ecologica” del torrente San Filippo.

Il sindaco Cateno De Luca durante i lavori di riqualificazione del torrente Giostra – Fonte: normanno.com

Pochi giorni fa siamo andati a verificare lo stato di salute dei torrenti di Giostra e dell’Annunziata e le condizioni delle foci del torrente San Filippo e del limitrofo torrente Zafferia. La differenza è netta. Nelle prime due fiumare la sporcizia non manca – segno che non bastano gli interventi istituzionali per arginare l’inciviltà di alcuni soggetti – ma non è paragonabile a ciò che abbiamo riscontrato nei due torrenti della zona sud, delle vere e proprie discariche a cielo aperto.

Torrente Giostra

San Filippo

Torrente Zafferia

Un punto di non ritorno

Siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Da cittadini siamo rimasti impietriti di fronte allo scempio che abbiamo riscontrato, anche perché l’inquinamento è a pochi passi dalle abitazioni, a pochi passi da dove si stanno svolgendo le vaccinazioni contro il Covid-19, a pochi passi da tutti noi.

Gli interventi per salvare il nostro territorio e il nostro mare devono essere permanenti, ma questo non basta. Il vaccino più potente contro l’inquinamento è la creazione di cultura cittadina, forgiata dalla memoria di un passato glorioso e permeata da una solidarietà collettiva.

Non c’è più tempo da perdere.

Foto di Carlotta Faraci

Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

ilfattoquotidiano.it

normanno.com/cultura/cera-una-volta-messina-viaggio-nel-passato-tra-i-torrenti-della-citta-dello-stretto

normanno.com/attualita/pulizia-torrenti-messina

normanno.com/attualita/messina-al-via-la-pulizia-dei-torrenti-interventi-previsti-assessorato-alla-protezione-civile

normanno.com/attualita/messina-il-torrente-san-filippo-invaso-dai-rifiuti-cronache-da-una-bomba-ecologica

normanno.com/attualita/lavori-in-corso-sui-torrenti-di-messina-ma-ce-chi-continua-a-gettarvi-rifiuti

youtube.com

 

 

NextGenerationME: Alessia Merlino, tra metamorfosi sonore e carriera universitaria

Nel corso di questi anni abbiamo narrato, in diverse occasioni, la storia di celebri personalità del passato legate alla città di Messina. Pur considerando importante continuare su questo percorso, abbiamo deciso di intraprenderne un altro parallelamente, dando spazio ai giovani talenti messinesi, per dimostrare che la nostra comunità non è ancorata esclusivamente ai fasti del suo passato, ma è una realtà viva, nutrita dalla linfa delle nuove generazioni.

Oggi vi parliamo di Alessia Merlino, cantautrice barcellonese con all’attivo 8 inediti – di cui 4 su Spotify -, 14.480 follower sul suo profilo Instagram, 2871 like nella propria pagina Facebook e un canale YouTube particolarmente seguito.

alessia merlino
Screnshoot dell’intervista ad Alessia Merlino

Buongiorno Alessia, in breve, cosa dici di te per presentarti a chi non ti conosce?

Sono nata all’inizio del ’98 a Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Nella vita sono una studentessa dell’Università degli Studi di Messina e frequento con amore il secondo anno del CdL di Scienze della formazione. Prima di ciò ero iscritta alla facoltà di Giurisprudenza, ma poi ho capito che era giunto il momento di non accontentare più gli altri e fare ciò che davvero il mio cuore desiderava. Ci riesco e anche con ottimi risultati; per me studiare è soprattutto uno sfogo. Per quanto riguarda l’altra mia carriera, ovvero quella musicale, diciamo che vale un po’ lo stesso concetto: canto, ringrazio e sono grata a chi ha collaborato con me e mi ha spinta fin dove sono attualmente arrivata, ma ora è il momento di volare e cimentarmi in quest’arte da sola. Se potessi descrivere ciò che mi è successo negli ultimi anni, direi che la mia persona ha subito una vera e propria metamorfosi, mi piace usare questa metafora.

alessia merlino
Copertina del singolo “Resti dentro”

Concentriamoci dunque sulla tua carriera musicale. Quando hai iniziato a cantare? Che genere di musica produci?

Ho iniziato a cantare ad 8 anni; la mia prima apparizione ufficiale risale al luglio del 2006. Da lì sono succeduti numerosi festival come Pub Italia del messinese Franco Arcoraci, o un altro in cui sono salita sul podio insieme ad Alberto Urso, oppure la mia esibizione ad Amici davanti al maestro Vessicchio. A proposito di questo, situazione Covid permettendo, a giugno vorrei andare a Roma per partecipare ai casting del talent. Il mio primo seguito ufficiale l’ho avuto però dopo l’uscita del primo singolo “Resti dentro”. Ho studiato canto e vorrei continuare per perfezionare il lato tecnico di questa mia passione. Purtroppo il Covid, oltre a negarmi la frequenza delle lezioni universitarie in presenza, mi ha contemporaneamente levato la possibilità di continuare a studiare canto. Se mi devo identificare in un genere musicale, dico sicuramente musica leggera. 

alessia merlino
Alessia durante la registrazione del singolo “Mentre te ne vai”

Dove possiamo ascoltare la tua musica?

Trovate alcune delle mie esibizioni e il mio canale su YouTube. Le mie canzoni sono su tutti i Digital Stores, su Spotify, e le potete condividere anche attraverso la sezione “musica” delle Instagram stories.

A proposito di Instagram! Ho notato che il tuo account conta più di 14mila followers. E’ un buon risultato considerando che sei un’artista emergente. Approfondiamo l’argomento?

Assolutamente sì, ringrazio i miei follower che mi seguono in tutto ciò che faccio e che condividono le mie canzoni. Ultimamente ho anche iniziato collaborazioni con diverse aziende, è una bella esperienza. Spero di crescere sempre di più perché se i numeri aumentano, ovviamente significa che la mia musica piace ed è appagante per un’artista.

Una delle esibizioni di Alessia nel 2019

Oltre i casting di Amici, quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho un nuovo inedito interamente scritto da me pronto ad uscire presto, intitolato “Senza voce”, ed inoltre vorrei provare a fare uscire una hit un po’ più estiva rispetto alle sonorità a cui è abituato chi mi ascolta. I miei modelli di ispirazione sono Ultimo e Alessandra Amoroso, ma se devo sognare, un giorno mi piacerebbe molto duettare con Shade, e se devo allargare ulteriormente il sogno, mi vedo sul palco di Sanremo. Credo che sarebbe l’apice. Eppure, per quanto fondamentale sia la musica per me, il mio principale obiettivo è laurearmi col massimo dei riconoscimenti, lavorare al più presto e chissà, un giorno fare un dottorato di ricerca in pedagogia.

 

Alessia Merlino è bravissima a raccontarsi da sola e io da redattrice non ho potuto far altro che armonizzare i contenuti e riportare a voi il fulcro della nostra piacevole intervista. Quel che mi viene da aggiungere, raccogliendo in poche misere battute ciò che questa cantautrice è riuscita a trasmettermi, potrei sintetizzarlo con una nota citazione: “non conta da dove vieni, ma dove stai andando”.

Alessia è molto fiera e legata alla sua terra natale, ma parte da zero. Nonostante la sua condizione iniziale ha le idee ben chiare sulla strada che vuole intraprendere e crede in se stessa, elemento fondamentale per perseguire qualsiasi carriera. Non ha paura di darsi, di dare e di far sentire la sua voce.

Uno spunto per chi come lei, magari, vuole provare ad emergere tra la moltitudine delle nuove proposte musicali, di cui l’era dei social ci bombarda ogni giorno.

 

Corinne Marika Rianò

 

Alessia sui social:

instagram/_alessiamerlino

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Alla scoperta di Rometta pt.1: le origini e il centro storico

Sono certo che chi leggerà questo articolo sarà catapultato dentro un ricordo legato a Rometta, uno dei comuni più celebri della nostra città metropolitana. Qualcuno perché ci vive in estate o tutto l’anno; altri perché sono stati ospiti di amici o parenti. Nel corso di due puntate proveremo a raccontare la storia e le caratteristiche di questo luogo, dalle prime tracce di vita fino ai giorni nostri, passando per i mutamenti che ha subito nel corso della storia.

Le origini

Il nome di Rometta deriva dalla parola araba  “Rameth”, che in arabo vuol dire mura fortificate, per via della piccola, ma importante, roccaforte situata in cima alla collina che sovrasta il paese e le sue frazioni. Ma le radici di questo paese (6.429 abitanti oggi ) affondano ben più lontano nel tempo; infatti le prime tracce di vita risalgono addirittura al Neolitico.

Successivamente nel V secolo d.c. divenne un insediamento greco-latino; l’altitudine (560 m. ) e il terreno impervio e scosceso permettevano una più strenua difesa dagli attacchi via mare ed un controllo costante degli spostamenti dei Vandali lungo la costa. Nel corso della storia Rometta mantenne questo ruolo strategico e per questo subì molteplici dominazioni (Iberica, Araba, Normanna, Aragonese).

Vista del paese di Rometta – Fonte: siviaggia.it

Il centro storico e i luoghi d’interesse

Il passaggio di tutte queste culture ha reso il territorio romettese un mosaico composto da numerose tessere, espressione e testimonianza storica dei diversi popoli che hanno abitato Rometta nel corso della storia. Parte di questa eredità è visibile ancora oggi nel centro storico del paese, uno dei più interessanti della provincia messinese.

Di particolare importanza è la chiesa bizantina di Santa Maria dei Cerei, la cui costruzione è databile tra il V ed il VI secolo. La struttura presenta una pianta a forma di croce greca dentro un quadrilatero e si trova in prossimità del limite del paese nel versante ovest, posizione dalla quale è possibile avere un’ampia veduta del territorio circostante.

 

 La chiesa bizantina Santa Maria dei Cerei – Fonte: etnaportal.it

Altro luogo di interesse è la chiesa Madre intitolata a Maria Santissima Assunta, all’interno della quale è possibile anche osservare un’acquasantiera del ‘500 e una tavola raffigurante la Madonna col Bambino tra San Pietro e San Paolo, anch’essa risalente al 1500.

Il Palatium invece venne costruito nel XIV secolo e la sua edificazione, secondo alcune ricerche sarebbe, da attribuire a Federico II di Svevia.

Palatium Federiciano – Fonte: typicalsicily.it

Il patrono e protettore del paese è San Leone, celebrato il 20 Febbraio con una grande processione.

La prima domenica di maggio invece gli abitanti di Rometta si recano in pellegrinaggio presso la Grancia, eretta dai frati Benedettini nel XIII e dedicata a un loro confratello. La Grancia è un fabbricato usato come deposito di grano caratteristico delle comunità agrarie benedettine. Nei pressi della Grancia è presente una piccola chiesa dove viene celebrato, appunto, San Leone.

Popolazione ed economia tra ottocento e i primi decenni del novecento

Con la costruzione, nel 1833, della strada statale Messina-Palermo vi fu un considerevole ampliamento in termini demografici ed economici  dei piccoli paesi costieri limitrofi, come Spadafora. Questo portò ad un rallentamento della crescita demografica di Rometta, che comunque rimase costante dall’unità d’Italia fino al censimento del 1936, quando il paese contava circa 5116 abitanti.

Analizzando i dati Istat relativi al censimento sopracitato è possibile osservare come solo 1/3 della popolazione nel 1936 fosse attivo dal punto di vista lavorativo con la seguente distribuzione: 73% agricoltura; 13% settore industriale; 14% settore terziario. Appare evidente come l’agricoltura fosse la principale occupazione degli abitanti del territorio.

To be continued…

Con l’avvento del secondo conflitto mondiale – e tutte le conseguenze che ne derivano – anche Rometta subì importanti mutamenti che verranno approfonditi nella puntata successiva. Alla prossima!

 

 Emanuele Paleologo 

Fonti:

messinadicorsa.it/

HUMANITIES – Anno VII, Numero 13, Giugno 2018-Corradina Polto
Rometta, tra processi storici e dinamiche
territoriali.

 

Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: Jaci, Verona-Trento e Caio Duilio

Procede la didattica in presenza, alternata alla Dad, per le scuole superiori messinesi, dopo la riapertura di qualche settimana fa. Tra le varie difficoltà si cerca un pò ovunque di ristabilire la normalità, anche se la strada è ancora lunga e tortuosa. In questo clima incerto torna il nostro spazio dedicato ai personaggi a cui sono intitolate le scuole messinesi. Come preannunciato, oggi è il turno degli altri celebri istituti del centro: l’Istituto Tecnico Economico “Jaci”, l’I.I.S. “Verona-Trento” e l’I.T.T.L. “Caio Duilio”.

Istituto Tecnico Economico Statale “Jaci”

Iniziamo il nostro viaggio con l’Istituto Tecnico “A. M. Jaci”, fondato nel 1862. L’attuale edificio – che affaccia su via Cesare Battisti – fu inaugurato nel 1923 e fu progettato da un ex allievo della scuola, l’ingegnere Rosario Cutrufelli (1876-1949).

Tra i suoi numerosi ex allievi compaiono celebri personalità che diedero lustro alla città di Messina. Stiamo parlando, tra gli altri, di Giorgio La Pira, Salvatore Quasimodo e Salvatore Pugliatti. Inoltre, tra tanti docenti, il più illustre fu il naturalista Giuseppe Seguenza.

Nel 1883 l’istituto fu intitolato al matematico e astronomo Antonio Maria Jaci (1739-1815).

L’Istituto “Jaci” – Fonte: strettoweb.com

Nato a Napoli da madre messinese, A.M. Jaci, rimasto orfano, si trasferì a Messina, dove si laureò in matematica, fisica e medicina presso l’Università cittadina.

Jaci è ricordato soprattutto per due importanti invenzioni. La prima fu la meridiana centrale del Duomo, costruita nel 1804 su commissione dell’Accademia dei Pericolanti, di cui era socio. Danneggiata dal terremoto del 1908 fu, purtroppo, definitivamente distrutta a causa di un bombardamento durante la seconda guerra mondiale.

La seconda invenzione fu la cosiddetta “ampolletta mercuriale“, importante per il calcolo della longitudine in mare aperto.

Per entrambe le invenzioni e per altri suoi meriti scientifici divenne socio della celebre Accademia di Londra.

Nonostante i suoi numerosi contributi, rimase sempre molto povero e visse parte della sua vita in una baracca da lui stesso costruita dopo il terremoto del 1783 e situata dove oggi sorge Piazza Casa Pia.

Dopo la morte fu tumulato nella Chiesa di Santa Maria di Porto Salvo. Sfortunatamente le sue spoglie sparirono a causa di un’alluvione.

Oltre alla scuola, la città di Messina ha intitolato a A.M.Jaci una via vicino al luogo in cui ha vissuto gli ultimi anni della sua vita.

Ritratto di A.M. Jaci – Fonte: messinaweb.eu

Istituto di Istruzione Superiore “Verona-Trento”

Spostiamoci ora nel centro commerciale cittadino, dove sorge, a pochi passi dal Viale San Martino, uno storico isituto citadino: l’IIS “Verona–Trento”, l’unica scuola superiore di Messina non legata a una personalità celebre. L’istituto, infatti, è intitolato alle due città che più di tutte si erano impegnate all’interno del Comitato Veneto-Trentino per la ricostruzione dell’edificio in seguito al terremoto del 1908.

La scuola accolse i suoi primi studenti nel 1877, con la denominazione “Arti e Industrie”. Nel 1884 lo Stato riconobbe l’istiuto, che mutò il suo nome in “Scuola di Arti e Mestieri”.

L’ultima e definitiva ricostruzione dell’edificio – dopo un nuovo crollo nel 1943 a causa dei bombardamenti della guerra – è avvenuta nel luogo dove sorge tutt’oggi, nella via Ugo Bassi.

Da qualche anno il “Verona-Trento” ha inglobato i plessi dell’Istituto “Majorana-Marconi”.

L’Istituto “Verona-Trento” – Fonte: normanno.com

Istituto Tecnico Trasporti e Logistica”Caio Duilio”

A pochi isolati di distanza –  su via La Farina – si erge l’I.T.T.L. “Caio Duilio”, comunemente conosciuto come Istituto Nautico. Fondato con un Regio Decreto, datato 30 ottobre 1862, il “Caio Duilio” l’unico istituto di settore nella provincia di Messina e vanta un’importante tradizione marinaresca, alla quale è dovuta la sua antica affermazione sul territorio.

La scuola è intitolata al celebre politico e militare romano Caio – o Gaio – Duilio (260-258 a.C).

L’Istituto Nautico “Caio Duilio” – Fonte: nauticomessina.edu.it

Appartenente alla Gens Duilia, Caio Duilio, pur non facendo parte dell’aristocrazia tradizionale romana, divenne console nel 260 a.C., durante la Prima Guerra Punica. A seguito della Battaglia delle Isole Lipari e alla cattura del suo collega Scipione Asina – comandante della flotta -, rimase da solo al comando della guerra.

Essendo i romani esperti nella guerra sulla terraferma, Duilio fece costruire un ponte mobile con uncini, detto corvo, su ogni nave da guerra, per contrastare efficacemente la flotta nemica. Questa mossa si rivelò astuta e decisiva, poiché permise ai romani, durante la Battaglia di Milazzo, di riversarsi sulle navi nemiche e combattere corpo a copro. I romani riuscirono a sconfiggere i cartaginesi e si impadronirono del Mediterraneo occidentale.

In onore al comandante Caio Duilio – primo romano a vincere in mare- fu innalzata una colonna all’interno del Foro, edificata con i resti delle navi nemiche sconfitte.

Oltre al consolato, il suo cursus honorum è arricchito dalla carica di censore nel 258 aC. e di princeps senatus (236 – 230 a.C.).

Busto di Gaio Duilio – Fonte: romanoimpero.com

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia e i personaggi delle due scuole situate nel quartiere Annunziata: il Liceo Artistico “E. Basile” e l’I.S.S. “F. Bisazza“.

 

 

Emanuele Paleologo, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

nauticomessina

wikipedia.org/Gaio_Duilio

storia.camera.it/rosario-cutrufelli

jaci.edu.it

wikipedia.org/Antonio_Maria_Jaci

veronatrento.it

wikipedia.org/Istituto_di_istruzione_superiore_Verona_Trento

Immagine in evidenza:

Gaio Duilio (a sinistra) e Antonio Maria Jaci (a destra)

I parlamentari d’Italia eletti a Messina: Giuseppe Natoli e le prime elezioni del Regno

Il 18 febbraio, con il voto di fiducia della Camera al nuovo governo guidato da Mario Draghi, si è conclusa definitivamente la crisi di governo, dovuta de facto alle dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti e, dunque, al ritiro del sostegno del partito di cui fanno parte (Italia Viva) al governo Conte II.

Dopo un mese di discussioni aspre, parte della cittadinanza non ha compreso i motivi e l’opportunità di una crisi in un periodo delicato per il nostro Paese. Gli eventi di quest’ultima fase hanno alimentato il processo di disaffezione alla politica, uno dei principali sintomi di una democrazia in crisi.

Mossi da questa premessa abbiamo deciso di intraprendere un percorso lungo la storia dell’Italia unita, per far riemergere il contributo politico dei parlamentari eletti – o comunque legati – a Messina e dimostrare che il mondo della politica – in perenne evoluzione – non è un altrove lontano, ma è parte dalla vita di ciascuno di noi.

Giuseppe Conte (a sinistra) e Mario Draghi (a destra) durante la la cosidetta Cerimonia della Campanella – Fonte: lastampa.it

Il contesto storico e la normativa elettorale

Il nostro viaggio inizia all’alba del 1861, quando nel nostro Paese si svolsero le elezioni della VIII legislatura della Camera dei deputati – unico organo elettivo del Parlamento – del Regno di Sardegna, che, a seguito della proclamazione dello nuovo Stato unificato – meno di due mesi dopo -, possono considerarsi le prime elezioni del Regno d’Italia.

La legge elettorale, naturalmente, era completamente differente da quella tutt’oggi vigente. Il particolare più evidente è legato all’ampiezza dell’elettorato attivo (gli aventi diritto al voto), decisamente ridotta in confronto a quella attuale.

La normativa elettorale prevedeva – in generale – il diritto di voti per i soli uomini, di età superiore ai 25 anni, alfabetizzati e con la possibilità di pagare annualmente almeno 40 lire di tasse.

Inoltre era prevista la suddivisione del territorio in collegi uninominali (è eletto un solo candidato) e su un sistema – di conversione dei voti in seggi – interamente maggioritario (è eletto il candidato che riceve più voti) a doppio turno (con eventuale ballottaggio).

In un contesto del genere, i protagonisti della competizione elettorale erano i singoli candidati, i cosiddetti notabili, personalità di prestigio nel proprio territorio.

Il primo Parlamento del Regno d’Italia, Palazzo Carignano, Torino – Fonte: lagazzettatorinese.it

Le elezioni a Messina

L’intera penisola, ancora priva dei territori del Veneto e di quelli annessi allo Stato Pontificio, era divisa in 443 collegi.

La provincia di Messina, istituita dopo l’annessione della Sicilia, era divisa in 8 collegi: cinque nella zona tirrenica (Mistretta, Naso, Patti, Castroreale e Milazzo), uno nella zona ionica (Francavilla di Sicilia) e due nella città di Messina (Messina 1 e Messina 2).

Le prime elezioni del Regno si svolsero il 27 gennaio 1861, con un’affluenza totale di circa il 57% dell’elettorato. Nella città di Messina gli aventi diritto erano in totale 2057 e l’affluenza media tra i due collegi cittadini fu del 70%.

In entrambi i collegi della città dello Stretto si sfidarono due candidati. Ad avere la meglio furono due personalità di spicco del panorama politico messinese: Giuseppe La Farina (1815-1863) e Giuseppe Natoli Gongora di Scaliti (1815-1867).

Ritratto di Giuseppe Natoli – Fonte: latuanotizia.it

Il primo deputato di Messina: Giuseppe Natoli Gongora

Messinese di nascita, Giuseppe Natoli apparteneva a una famiglia nobile, protagonista da tempo nel governo della città. Dopo aver studiato all’Accademia Carolina di Messina, si laureò presso l’Università di Palermo in diritto. Oltre a dedicarsi all’attività forense, grazie alla sua spiccata capacità oratoria, ottenne la cattedra di codice civile e procedura, presso l’Università di Messina.

Sin da giovane frequentò la vivace rete cittadina di circoli, gruppi massonici e accademie, permeata di ideali liberali.

Nel 1848 fu uno dei protagonisti della costituzione del Regno di Sicilia; nel biennio rivoluzionario divenne deputato alla Camera dei Comuni ed ebbe spesso incarichi diplomatici. In seguito alla controrivoluzione borbonica e alla capitolazione della città di Messina, abbandonò l’Isola e si rifugiò in Piemonte.

Durante gli anni dell’esilio si legò sempre più al concittadino La Farina e si avvicinò a Cavour (1810-1861).

In seguito alla conquista della Sicilia da parte di Garibaldi (1807-1882), Natoli, con l’avallo di Cavour, ricoprì l’incarico di ministro dell’Agricoltura e commerci– con l’interim degli Affari esteri – nel governo dittatoriale, fino alle dimissioni in dissenso con l’espulsione dalla Sicilia di La Farina.

A dicembre divenne governatore di Messina, nel delicato periodo della transizione statale.

Camillo Benso di Cavour (in alto) e Giuseppe Garibaldi (in basso) – Fonte: wikipedia.org

Una volta eletto al Parlamento di Torino, prese parte al primo governo del Regno d’Italia, guidato da Cavour, come ministro dell’Agricoltura, industria e commercio.

Come deputato ha rappresentato le istanze più impellenti della città dello Stretto, ossia la smilitarizzazione dei forti e il porto franco.

 

Le elezioni suppletive

Sia La Farina che Natoli non conclusero il loro mandato alla Camera. La Farina morì nel settembre 1863, mentre Natoli fu nominato senatore del Regno nell’agosto 1861.

In entrambi i collegi cittadini – in momenti diversi-  si tennero, dunque, le elezioni suppletive. In particolare, nel collegio di Messina 2 fu eletto un deputato destinato a ricoprire la carica di parlamentare per altre cinque legislature. Stiamo parlando di Giorgio Tamajo (1917-1897), più volte prefetto in diverse città e celebre esponente della massoneria.

Giorgio Tamajo – Fonte: agrigentoierieoggi.it

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

treccani.it/natoli

storia.camera.it/deputato/giorgio-tamajo

http://dati.camera.it/apps/elezioni/

storia.camera.it/legislature/sistema-maggioritario-uninominale-doppio-turno

 

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Il primo Parlamento del Regno d’Italia – Fonte: piemontetopnews.it

Un tuffo nella moda del passato: il Museo del Costume e della Moda Siciliana

La moda italiana è apprezzata in tutto il mondo perché dotata di un’eccellente sartoria, che lavora tessuti pregiati, e di stilisti dalle menti creative. Essa è una forma d’arte che rappresenta la storia, le tradizioni e le radici culturali di un popolo.

La moda è in continua evoluzione, e magari chi tra di noi è appassionato dell’argomento potrebbe aver avuto il desiderio di analizzare dal vivo i costumi siciliani del passato. Questo oggi è possibile grazie al Museo del Costume e della Moda Siciliana, situato a Mirto (ME).

logo museo mirto
Il logo del Museo del costume e della moda siciliana -Fonte: museodelcostumesiciliano.org

La location

Il museo consente di ammirare al suo interno una ricca collezione d’abiti tipici del modo di vestire nella Sicilia dei secoli precedenti, dai ceti più agiati alle classi popolari. È stato inaugurato nel 1993 all’interno dello storico Palazzo Cupane, di proprietà comunale, per volere di Giuseppe Miraudo, direttore del museo, il quale donò per primo parte della sua collezione privata di abiti e accessori.

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Esterno del Museo – Fonte: letteraemme.it

Lo stabile è diviso in sezioni in base all’epoca,  partendo dal basso, con la sezione di abiti popolari che comprende costumi etnici utilizzati durante le feste popolari e religiose. Vi sono esposti anche antichi strumenti per la lavorazione tessile e oggetti di uso casalingo.

 

Gli abiti

Al primo piano troviamo costumi d’abbigliamento tipici dello stile siciliano, datati dal XVIII al XX secolo.

Al secondo piano troviamo la biancheria intima con i famosi corpetti, costumi da bagno, corredi, capi infantili settecenteschi e abiti da sposa. Inoltre sono presenti anche pezzi di moda anni ’20 del ‘900.

Il museo è dotato di un cortile immerso nel verde.

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Abito in seta verde del 1860, primo piano del Museo – Fonte: letteraemme.it

Nell’ingresso del primo piano troviamo diversi abiti ottocenteschi borghesi di importanti famiglie sicule. Per esempio un abito in seta verde del 1860, capi in seta del 1870 donati da Ferlazzo Natoli di Patti, diversi corpetti, e un Frac maschile dello stesso decennio.

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Sezione abiti anni ’20 del Museo – Fonte: scomunicando.it

Il salone è utilizzato inoltre per conferenze e dibattiti. Nella sezione dedicata agli anni ’20 è presente un pezzo d’abbigliamento raro, un Fortuny recentemente restaurato dall’Istituto di Restauro del tessuto di Palermo.

Nella stessa sezione ci sono cinque abiti in tulle interamente ricamati con pailettes jees, un abito dal disegno futurista della famiglia Vilardi di Mirto, un vestito da sposa ricamato su tulle, diversi corpetti liberty, un abito laminato Florio, e due grandi vetrine donate dalla professoressa Teresa Pugliatti, contenenti cappelli e accessori del periodo.

Tramite le sue stanze il museo testimonia anche fatti storici: sono presenti, ad esempio, le camicie rosse dei “picciotti” garibaldini e gli abiti serali che le dame indossavano durante le serate danzanti organizzate dai “gattopardi” nei primi del ‘900.

 

Il contributo di Maria Grazia Cucinotta

Ha dato ulteriore lustro al museo Maria Grazia Cucinotta. L’attrice messinese, infatti, ha visitato lo stabile al termine delle riprese del film “Miracolo a Palermo”, di cui Miraudo è stato scenografo. La Cucinotta, accettando simbolicamente il ruolo di “madrina” a titolo gratuito, ha concesso di utilizzare la sua immagine, volutamente in abito d’epoca, così da divenire testimonial ufficiale.

museo mirto
La nota attrice Maria Grazia Cucinotta come testimonial per il museo di Mirto – Fonte: palermotoday.it

 

Un tuffo nel passato!

Antecedentemente all’emergenza sanitaria il museo organizzava spesso sfilate ed ospitava eventi.

Nonostante questo momento di crisi e diffidenza sociale, lo stabile resta tutt’ora aperto al pubblico nel rispetto delle misure di sicurezza anti covid19. Nel frattempo è anche online, sul sito internet, il tour a 360 gradi del museo.

E a voi ha affascinato questo piccolo tuffo nella moda del passato? I nostri antenati si vestivano proprio così!

 

Diana Colombraro, Corinne Marika Rianò

 

Immagine in evidenza:

Il Museo del costume e della moda sicilia – Fonte: facebook.com/museomirto

A Patrick Zaki la cittadinanza onoraria di Messina. Voto unanime del Consiglio

Lunedì quindici febbraio il Consiglio comunale di Messina ha votato all’unanimità la delibera per il conferimento della cittadinanza onoraria a Patrick Zaki, studente ventisettenne egiziano arrestato all’aeroporto internazionale del Cairo il 7 febbraio 2020.

Al riguardo il vicesindaco Carlotta Previti ha affermato essere “un atto simbolico per Patrick Zaki” che ha ricordato essere “da un anno in carcere, soggetto a torture e vessazioni per motivi politici. […] Da pochi giorni, lo studente è stato visitato dal suo avvocato che ha certificato le condizioni pietose dovute anche alle sue crisi di ansia.”

Proprio in occasione del primo anniversario della sua ingiusta carcerazione, lunedì 8 febbraio, il Rettorato dell’Università di Messina si è illuminato di giallo, in segno di solidarietà nei confronti di Patrick Zaki.

(fonte: infomessina)

La storia di Zaki

Patrick George Zaki è stato arrestato il 7 febbraio 2020 all’aeroporto del Cairo dalla polizia egiziana, con un mandato di cattura datato 23 settembre 2019, mentre tornava a casa per andare a trovare la famiglia nel suo paese natale, Mansoura. Zaki rischia fino a 25 anni di carcere per dieci post pubblicati su di un account Facebook, che la sua difesa considera “falso”, ma che ha consentito alla magistratura egiziana di formulare pesanti accuse di “incitamento alla protesta” e “istigazione a crimini terroristici.

Oltre al suo attivismo a favore dei diritti umani e contro il regime di Al Sisi, Zaki non è ben visto in patria per il suo interesse per la Comunità LGBTQIA, come dimostrano il master da lui frequentato e la sua tesi. Patrick infatti dal 2019 frequentava un Master internazionale presso l’Università Alma Mater di Bologna. Per questi motivi la comunità accademica italiana e l’opinione pubblica hanno preso molto a cuore il caso del giovane egiziano.

Tuttavia, la Diplomazia e il Governo italiano sono riusciti finora a far poco, in primis data anche la cittadinanza esclusivamente egiziana di Patrick. Da questo punto di vista quanto deliberato dal Consiglio Comunale rappresenta un ulteriore spinta per la sensibilizzazione pubblica.

Alessandro De Leo, consigliere del Gruppo Misto, ha sottolineato infatti la speranza “che oltre a questa lodevole iniziativa, si possa giungere alla cittadinanza italiana ed europea, al fine della sua scarcerazione, seguendo l’appello del Presidente Mattarella”.

(fonte: Ilriformista)

In questi mesi la famiglia aveva ricevuto da Patrick solo due brevi lettere a fronte delle almeno 20 che lo studente aveva scritto e inviato.

Secondo Amnesty International i suoi avvocati hanno riferito che gli agenti dell’Agenzia di sicurezza nazionale (NSA) hanno tenuto Patrick bendato e ammanettato durante il suo interrogatorio all’aeroporto durato ben 17 ore. Patrick è stato picchiato sulla pancia e sulla schiena e torturato con scosse elettriche.

Il conferimento della cittadinanza

Patrick Zaki è divenuto cittadino onorario di Messina. Un gesto simbolico che nasce in seno della Giunta comunale, su coordinamento con l’Ateneo Peloritano. Il consiglio comunale di Messina ha approvato con voto unanime una delibera di giunta approvata il 18 dicembre e notificata al protocollo del Consiglio comunale il 29 gennaio.

La proposta di delibera è stata introdotta dall’intervento del Vicesindaco Carlotta Previti che ha spiegato:

(fonte: Geosnews)

“ogni città si sta impegnando per conferire la cittadinanza su richiesta del Rettore dell’Università di Bologna, che si è rivolto ai colleghi e alle autorità urbane per fare pressione sulle autorità egiziane, e ritengo sia doverosa l’iniziativa in merito da parte del Sindaco”.

Il Consigliere Nino Interdonato, Sicilia Futura,  ha poi aggiunto: “anche l’Anci si sta impegnando in questo senso”, continua “Bologna, Rimini, Fermo, Milano e Torino stanno tutti portando avanti questa iniziativa. Ritengo importante che anche Messina faccia rete a livello nazionale con gli altri comuni.

Salvatore Sorbello, in rappresentanza del gruppo Ora Sicilia, afferma: “Sono certo che questa cittadinanza onoraria servirà a spingere una possibile riuscita della liberazione o quantomeno di un giusto processo”; ha infine chiesto al Presidente Cardile di “inviare la delibera una volta approvata alle autorità del Cairo, affinché il cittadino Patrick Zaki possa venirne a conoscenza e si sappia che c’è una piccola città – Messina – che chiede libertà e rispetto per un suo concittadino”.

Tutti insomma auspicano la sua liberazione, affinché torni a casa; si spera possa non condividere la stessa sorte di Giulio Regeni, che proprio in Egitto, per lo studio sui sindacati attivi contro Al Sisi e il suo Governo, ha trovato la morte. Perché lottare per la verità non può mai essere considerato un crimine.

Manuel De Vita

L’AMGOT: storia del governo militare della Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale

La seconda guerra mondiale è stata un evento che ha sconvolto le dinamiche culturali, politiche ed economiche d’Europa. Allo stesso tempo, il suo esito ha gettato le basi per gli odierni equilibri internazionali, con conseguenze tutt’ora tangibili, derivate dalle numerose vicende che l’anno caratterizzata. Tra queste, vi è quella dell’operazione Husky, meglio conosciuta come lo sbarco in Sicilia delle forze anglo-americane.

 Bombardamento di Messina ad opera delle forze Alleate, 1943 – Fonte: normanno.com

Forse non tutti sanno che tale operazione si tradusse in una vera e propria occupazione militare del suolo siciliano, che ha comportato una riorganizzazione amministrativa delle istituzioni fasciste, le quali vennero rimosse da tutti gli ambiti della vita pubblica, partendo dai podestà, passando dai professori universitari nominati dal regime per la loro alta fama (17 a Palermo, 17 a Messina, 5 a Catania), fino agli stessi Tribunali. Questa grande opera, che prese il via con la caduta di Messina (17 agosto 1943) – e conseguente conquista della Sicilia da parte degli Alleati – prese il nome di Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT).

 

L’istituzione dell’AMGOT e delle Am-lire

L’istituzione dell’AMGOT è stata prevista dalla Conferenza di Casablanca (12 gennaio 1943), con lo scopo di amministrare i territori liberati. Il governo dell’Isola spettava congiuntamente agli inglesi e agli americani, competenti rispettivamente in Sicilia occidentale e in Sicilia orientale. Subito dopo lo sbarco, il 10 luglio, il generale Alexander (1891-1969), in qualità di governatore militare della Sicilia, emanò diversi proclami. Il primo sanciva il passaggio dei poteri politici e amministrativi del Governo italiano, ancora guidato da Mussolini (1883-1945), al governo militare. Uno di dei più importanti imponeva una valuta d’occupazione stampata negli USA è decisamente svalutata: stiamo parlando delle celebri am-lire entrate in circolazione in 8 tagli (da 1 a 1000).

Banconota di una am-lira – Fonte: wikipedia.org

I legami con la mafia

Per facilitare la gestione dei territori, orfani dei podestà in fuga, l’AMGOT decise di nominare come sindaci le personalità più influenti dei singoli luoghi, molto spesso indicati direttamente dalla Chiesa, ben radicata in tutta la Sicilia. Questo, però, portò all’insediamento di elementi legati alla mafia, come Giuseppe Genco Russo (1893-1976) e Calogero Vizzini, detto don Calò (1877-1954), nominati rispettivamente primi cittadini di Mussomeli e Villalba. La mafia, dunque, dopo aver agito da intermediaria nella preparazione dello sbarco in Sicilia degli Alleati e aver garantito il supporto delle masse alla loro avanzata, ebbe un ruolo da co-protagonista nell’amministrazione dell’Isola liberata.

Ufficialmente smentita dai entrambi i governi alleati, la collaborazione tra l’AMGOT e la mafia era nota agli amministratori anglo-americani. In particolare, il capitano W.E. Scotten (1904-1958) in un suo rapporto – riportato nella scena finale del film di Pif “In guerra per amore” (consigliata la visione) – sottolineava come in Sicilia, in seguito all’occupazione alleata, si fosse verificata una notevole riaffermazione della mafia e che “l’abbandono di qualunque tentativo di controllo della Mafia in tutta l’isola” avrebbe potuto “significare la consegna dell’isola ai poteri criminali per un lungo periodo di tempo”. Cosa che di fatto è avvenuta.

 

Giuseppe Genco Russo – Fonte: wikipedia.org

 

Caloggero Vizzini – Fonte: wikipedia.org

I rapporti con il MIS

Oltre ai rapporti con la mafia, i dirigenti dell’AMGOT tessero una fitta rete di relazioni con la forza politica in quel momento più popolare dell’Isola: il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS). Costituitosi nel 1942 – inizialmente con il il nome di Comitato per l’Indipendenza della Sicilia (CIS) – fu uno dei partiti protagonisti dello scenario politico siciliano negli anni ’40– con l’elezione di quattro suoi esponenti all’Assemblea Costituente –, prima di sciogliersi definitivamente nel 1951.

I legami – rigorosamente non ufficiali poiché gli anglo-americani si dichiararono al di sopra di qualsiasi schieramento politico – si istaurarono soprattutto in chiave anti-comunista. Il supporto del MIS proveniva, infatti, soprattutto dai ceti meno abbienti, attratti dal carisma e dall’ars oratoria del leader indipendentista Andrea Finocchiaro-Aprile; questo rese il MIS un valido rivale dello schieramento social-comunista. Prova tangibile di questo rapporto privilegiato fu la nomina a sindaco di Palermo del barone Lucio Tasca (1880-1957), esponente dell’ala conservatrice del movimento.

La bandiera del Movimento Indipendentista Siciliano – Fonte: wikipedia.org

 

L’11 febbraio 1944: la fine dell’AMGOT

L’esperienza dell’AMGOT in Sicilia si concluse con il proclama numero 16 del generale Alexander, emanato   l’11 febbraio 1944. Questo atto, infatti, sanciva il passaggio dell’Isola alla giurisdizione del governo italiano, presieduto da Badoglio (1871-1956) , anche se – come il resto dei territori liberati – restava sotto la supervisione di un organo istituito come evoluzione dell’AMGOT: la Commissione Alleata di Controllo.

Quest’organismo controllò la vita politica e ammnistrativa in Italia fino alle elezioni dell’Assemblea Costituente e al Referendum istituzionale del 1946, per evitare che il Paese si allontanasse dalla sfera di influenza politica degli anglo-americani, messa a rischio dalla crescente forza dello schieramento social-comunista.

©Mario Antonio Spiritosanto – Manifesto bilingue, usato durante le riprese del film di Pif “In guerra per Amore”, Erice (TP) 2020.

L’esperienza anglo-americana della Sicilia e dell’Italia è forse uno dei temi che più ci ha riguardato direttamente in quanto comunità. Di certo, le forze alleate identificarono l’Isola come una zona strategica, non solo per capovolgere le sorti del conflitto mondiale, bensì per il futuro ed ulteriore controllo dello scacchiere internazionale, ed in particolare del Mediterraneo. Tuttavia, l’idea di una Sicilia “a stelle e strisce” ha trovato l’opposizione non solo dell’allora Regno d’Italia, ma anche del popolo siciliano, convinto nel voler ottenere un’organizzazione autonoma su cui poter ricostruire – finalmente – la propria identità.

Ma questa è un’altra storia.

Salvaotre Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

storiaxxisecolo.it ;

The Sicilian Separatist movement: 1943-1946, Monte S. Finkelstein

 

Per approfondire:

M.T. Di Paola, Gli alleati e la Sicilia: guida ai documenti del Pubblic Record Office (1940-1947), Isituto siciliano per la storia dell’Italia contemporanea, Palermo 1979;

M. Ganci, L’A.M.G.O.T. in Sicilia, in Id., La Sicilia contemporanea, Società Editrice Storia di Napoli del Mezzogiorno Continentale e della Sicilia, Napoli-Palermo 1980, pp. 121-13;

G. Di Capua, Il bienno cruciale (luglio 1943/giugno 1945). L’Italia di Charles Poletti, Rubettino, Soveria Mannelli, 2005;

 

Immagine in evidenza:

L’ingresso degli Alleati a Messina – Fonte: normanno.com