25 aprile: la Festa della Liberazione e il Comitato messinese di liberazione nazionale

Il 25 aprile di 76 anni fa il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) assume il potere “in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo italiano” e proclama lo sciopero e l’insurrezione generale contro l’occupazione nazifascista.

È questo il giorno che viene scelto simbolicamente per ricordare e festeggiare la Liberazione, sebbene gli scontri proseguirono ancora per qualche giorno. La legge n.269 del maggio del 1949 fissa ufficialmente la data del 25 aprile quale “festa nazionale”, confermando un precedente decreto del 22 aprile del 1946 con il quale si stabilisce che il 25 aprile, da quel momento in poi, sarebbe stata la “festa della Liberazione”.

La Resistenza e i Comitati di liberazione nazionale

Questo giorno è ricordato per celebrare la fine dell’occupazione nazi-fascista, ma anche per onorare l’apporto dato dalla Resistenza alla guerra di Liberazione.

La Resistenza è diretta dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) -e dalle sue ramificazioni-, formazione interpartitica che riunisce, nonostante le diverse e contrapposte ideologie, i partiti tradizionali antifascisti, ridotti al silenzio durante il ventennio mussoliniano.

I CLN conducono l’opposizione al nazifascismo e si occupano della gestione locale del potere con una precisa volontà di rinnovamento.

Risulta arduo descrivere in modo univoco il fenomeno dei CLN, poiché molti di essi presentano storie e caratteristiche peculiari. È comunque possibile notare delle chiare differenze fra i CLN centro-settentrionali e i CLN meridionali.

Partigiane in marcia – Fonte: fanpage.it

La Resistenza nel meridione

la storiografia, infatti, sottolinea come il Sud non ha conosciuto un movimento di Resistenza e guerra partigiana, a causa della precoce liberazione dei territori situati a sud della linea Gustav.

Difatti, la Sicilia è la prima ad essere liberata. Gli anglo-americani sbarcano sulle coste siciliane tra il 9 e il 10 luglio del 1943 e poco più di un mese dopo l’Isola è libera; in pochi mesi, le forze Alleate liberano gli altri territori meridionali della penisola italiana.

Quindi, per ragioni storiche, il Sud non ha partecipato alla Resistenza. Ma le cose non stanno proprio così.

La “Quattro giornate di Napoli” (27-30 settembre 1943), emblema della Resistenza nel meridione – Fonte: vesuviolive.it

Il meridione ha dato il proprio contributo alla guerra di Liberazione, costituendo i CLN ed, in particolare, con il sacrificio di molti uomini. Infatti, non è per nulla trascurabile la percentuale di partigiani meridionali che hanno combattuto la guerra partigiana nelle terre settentrionali.

Ed in particolare è proprio la Sicilia che spicca in tal senso: sono i siciliani che, tra le regioni del sud, contribuiscono con il maggior numero di uomini e donne, quest’ultime lontane dal fronte, ma fondamentali nelle azioni di resistenza passiva, sabotaggio e boicottaggio. Giovani e meno giovani, gente comune che ha donato il proprio sangue, ma anche uomini leggendari come Pompeo Colajanni, conosciuto con lo pseudonimo di “Nicola Barbato” e fondamentale nella Liberazione di Torino, e figure del calibro di Girolamo Li Causi e di Salvatore di Benedetto.

Il partigiano Pompeo Colajanni – Fonte: anpi.it

Il Comitato messinese di liberazione nazionale

A Messina -liberata il 17 agosto 1943- si costituisce il Comitato messinese di liberazione nazionale (CMLN). Formatosi il 25 novembre del 1943, il Comitato messinese inizia la sua attività poco più di un mese dopo, ribadendo la sua continuità con il Fronte unico dei partiti politici antifascisti.

Diversi gli esponenti che ricoprono il ruolo di Presidente del Comitato, tra cui Ettore Miraglia, Nunzio Mazzini Gentile, Eugenio Marotta, Giuseppe Romano e Placido Lauricella; la figura, però, più importante è senza dubbio quella dell’avvocato socialista Franco Fabiano, che ha ricoperto la carica di segretario.

Il CLN messinese non spicca per organizzazione e praticità: ben presto una parte di esso provoca una scissione con la creazione di un ulteriore Comitato di liberazione.

Inoltre, il giudizio di Antonio Stancanelli (prefetto di nomina AMGOT) e di Luigi Stella (prefetto di carriera, sostituto di Stancanelli) non è positivo; essi evidenziano la non eccelsa organizzazione, la mancanza di collaborazione ed un’eccessiva litigiosità. In effetti, non pochi sono i contrasti e le divisioni, parecchie le questioni irrisolte e le soluzioni arrivano con un certo ritardo.

L’ingresso dei soldati anglo-americani a Messina – Fonte: normanno.com

L’incertezza e la diffidenza

È doveroso comunque ricordare che, seppur liberata, la Sicilia vive un momento di profonda incertezza.

I CLN siciliani, infatti, svolgono la propria attività in un contesto particolarmente complicato per la presenza del MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia); inoltre il “risveglio” della mafia agraria -tornata in auge sfruttando sia il mercato nero sia le nomine presso le piccole amministrazioni comunali- complica la situazione.

Queste circostanze esterne influenzano negativamente anche il CLN messinese; inoltre la popolazione non esprimeva una grande considerazione nei confronti del Comitato, ma anzi un atteggiamento quasi diffidente e di poca fiducia.

Gli anni di transizione dal regime fascista e al nuovo Stato repubblicano saranno fondamentali per la città di Messina, alla ricerca di una sua identità e della rinascita politica.

 

Francesco Benedetto Micalizzi

Fonti:

Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, Istituo di Studi Storici Gaetano Salvemini – Messina, Atti di Convegno 1998, Sicania, Messina

 

Immagine in evidenza:

La Resistenza di Torino – Fonte: radiogold.it

I parlamentari d’Italia eletti a Messina: Francesco Crispi

Torna il filone legato ai Parlamentari d’Italia eletti a Messina con il primo Presidente del Consiglio meridionale della storia del Regno: il siciliano Francesco Crispi, candidato ed eletto nel collegio plurinominale (sono eletti diversi -non soltanto uno- candidati) di Messina alle elezioni della XVII legislatura, il 23 novembe 1890.

Come succede ancora oggi con il meccanismo delle pluricandidature, l’allora Presidente del Consiglio fu eletto anche in altri quattro collegi siciliani -tra cui quello di Palermo-; per questo motivo qualche mese dopo a Messina si svolsero le elezioni suppletive, vinte da Ernesto Cianciolo, deputato della città dello Stretto dalla XVII alla XX legislatura.

Origini e gioventù

Francesco Crispi nasce nel 1818 a Ribera, paese nei pressi di Agrigento, da una famiglia di origini albanesi. Il nonno Francesco era di Palazzo Adriano, cittadina costruita alla fine del XV secolo da esuli albanesi in fuga dai turco-ottomani.

Nel 1829 Crispi diventa alunno del famoso seminario italo-albanese di Palermo; durante questo periodo -grazie alla supervisione del cugino Giuseppe, rettore del seminario- riceve una formazione prettamente classica e si appassiona fortemente alla Storia.

Dopo qualche anno si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo e qualche anno dopo conosce Rosina D’Angelo, sua futura moglie.

Nel 1839 una tragedia scuote la vita di Crispi: la moglie -già madre della prima figlia Giuseppa- muore poco dopo aver dato alla luce il secondogenito Tomasso, che sarebbe morto qualche giorno dopo essere nato; nel mese di dicembre dello stesso anno anche Giuseppa perde la vita.

Qualche mese prima della grave tragedia familiare, Crispi aveva fondato un giornale, “L’Oreteo”; tramite questa esperienza era entrato a contatto con il mondo politico del tempo e, soprattutto, con gli ambienti antiborbonici.

Dopo aver conseguito la laurea nel 1843, tenta l’avvocatura a Napoli, considerata a quel tempo tra le città più liberali della penisola.

L’elezione di papa Pio IX (1846) aveva fatto crescere il fermento negli ambienti liberali e rivoluzionari  di cui faceva parte Crispi, tantochè nel 1847 viene mandato a Palermo per organizzare -appunto- la rivoluzione in Sicilia.

Francesco Crispi- Fonte: agi.it

La rivoluzione siciliana

La sommossa contro i Borboni scoppia il 12 gennaio del 1948 ed il governo provvisorio, presieduto da Ruggero Settimo, assegna a Crispi la guida del Comitato della Difesa.

Dopo i primi successi in campo militare, i comitati vengono riorganizzati diventando una sorta di ministeri provvisori e Crispi viene posto al comando del comitato di “Guerra e Marina”.

Contestualmente fonda il suo secondo giornale, chiamato “L’Apostolato, per esprimere le proprie tesi riguardo il futuro prossimo dell’Isola. Crispi sosteneva che la soluzione migliore sarebbe stata quella federale e sottolineava l’importanza di dare una base legale alla rivoluzione siciliana; in tal senso propone il ripristino della vecchia Costituzione siciliana del 1812.

Queste posizioni, che abbracciavano una svolta federalista, creano non pochi attriti tra Crispi e i componenti dei comitati rivoluzionari, fautori di una soluzione totalmente indipendentista.

Il 29 marzo del 1849 i Borboni sferrano un nuovo attacco per reimpossessarsi della Sicilia. I comitati rivoluzionari  -a causa di numerose spaccature interne- si fanno trovare impreparati ed il 14 aprile l’ammiraglio Baudin offre, a nome del governo francese, una mediazione per la pace;  la Camera siciliana è fondamentalmente costretta ad accettare, viste le pesanti sconfitte militari subite.

Crispi amareggiato e contrario alla pace si imbarca su una nave diretta a Marsiglia, lasciando provvisoriamente la Sicilia.

Francesco Crispi (1818-1901) a metà ottocento – Fonte: wikipedia.org

La spedizione dei Mille  e la svolta “unitaria “

Dopo aver girovagato per l’ Europa, tra Piemonte, Malta e Londra, Crispi intensifica la sua corrispondenza con Mazzini e con altri esuli di parte democratica; questo lo porta ad abbandonare l’ideale dell’autonomismo siciliano ed ad abbracciare la soluzione unitaria.

Nel 1860 contribuisce significativamente a convincere Garibaldi riguardo la spedizione dei Mille: Crispi è -difatti- la mente politica della spedizione, sia per la sua esperienza da amministratore sia per la sua idea di ritardare l’annessione dei territori conquistati fino alla liberazione di Roma e Venezia.

Proclamata l’Unità, viene eletto alla Camera dei deputati; inizialmente tra le fila dei mazziniani, successivamente aderisce alla Sinistra storica, ritenendo ormai la Monarchia unica garanzia di unità. Con la caduta della Destra storica diventa Presidente della Camera (1876) e, successivamente, Ministro degli Interni (1877), carica da cui si dimette per l’accusa di bigamia, avendo sposato Lina Barbagallo nel ’78 e Rosalia Montmasson nel ’54 a Malta.

La “spedizione dei Mille” in un celebre quadro di Guttuso – Fonte: quotidiano.net

Gli ultimi incarichi e la morte

Torna al Ministero degli Interni nel 1887 nel governo di Depretis, al quale succede poco dopo come Presidente del Consiglio. Al governo sostiene la Triplice Alleanza e combatte fortemente la Francia; inoltre è promotore dell’espansione coloniale italiana in Etiopia (trattato di Uccialli del 1889), rivelatasi fallimentare in seguito alla pesante disfatta di Adua.

Mosso da una forte considerazione di sè e dell’ Italia, ma racchiuso dentro ideali ormai in via di superamento, Crispi esaurisce le sue forze in vani conati di grandezza, anticipando, in un certo senso, motivi ripresi successivamente dal nazionalismo e dal fascismo.

Muore a Napoli ad 83 anni nel 1901, dopo anni di sofferenze e gravi problemi alla vista.

 

                                                                                                                                                   Emanuele Paleologo

Fonti:

it.wikipedia.org

treccani.it

dati.camera.it/apps/elezioni

 

Messina cum laude: la rigenerazione dell’area della Fiera di Messina

Si dice spesso che il futuro sia in mano alle nuove generazioni. Noi di UniVersoMe, da giovani redattori, crediamo fermamente in quest’assunto, a tal punto da voler dare spazio ai giovani talenti della nostra città. Oltre al campo artistico, però, è di fondamentale importanza – per la comunità cittadina – l’innovazione scientifica, apportata dai giovani studenti universitari. Mossi da questa premessa, abbiamo deciso di lanciare una nuova rubrica, denominata “Messina cum laude”.  La rubrica si concentrerà sulle tesi di laurea che hanno come oggetto un aspetto specifico della nostra città.

Iniziamo oggi con una tesi di laurea magistrale concernete l’area della Fiera di Messina, negli ultimi mesi al centro del dibattito cittadino – prevalentemente sui social – per la demolizione dell’ex Teatro in Fiera.

Gli autori

L’elaborato, dal titolo “Rigenerare il patrimonio storico del mediterraneo. Il caso studio della Fiera di Messina” è stato redatto dal dottor Giandomenico Crisarà – nato a Reggio Calabria – e dalla dottoressa messinese Antonina Sturniolo. Entrambi hanno conseguito la laurea triennale in Scienza dell’Architettura presso l’Università degli Studi di Reggio Calabria e, lo scorso febbraio, si sono laureati in Architettura per il restauro e la valorizzazione del patrimonio presso il Politecnico di Torino.

Il dottor Giandomenico Crisarà e la dottoressa Antonina Sturniolo, dopo un sopralluogo nell’area della Fiera

L’indagine storico-sociale e lo stile architettonico

La tesi si basa sulla rigenerazione urbana di un bene di un certo valore nelle coste del Mediterraneo. L’analisi di alcuni esempi di rigenerazione ha dimostrato che esistono buone – e funzionali – e cattive pratiche, con spreco di soldi.

Da qui è stata condotta un’indagine storica e sociale su un caso particolare: l’area della Fiera di Messina. La prima problematicità è stata capire a chi appartiene la titolarità del bene e a chi compete la gestione, a causa dei numerosi contenziosi. Probabilmente molti non sanno che l’area della Fiera è un bene demaniale marittimo – quindi appartiene allo Stato -, la cui titolarità attualmente è dell’Autorità Portuale dello Stretto.

Prima del collocamento dell’istituzione fieristica messinese – tra le più antiche del mondo -, nell’area in questione sorgeva il giardino Umberto I, un giardino ottocentesco di una bellezza peculiare. Il terremoto e i bombardamenti del Novecento, però, hanno distrutto il cosiddetto “giardino a mare”, mai più recuperato.

Scorcio del “giardino a mare” Umberto I

Nel 1938 l’area accolse per la prima volta la Fiera – istituita nuovamente nel 1934 con la denominazione “Fiera delle attività economiche siciliane” e giunta alla sua quinta edizione –, precedentemente ospitata dai locali del Liceo classico “Maurolico”.

Il primo progetto del complesso è degli architetti romani Libera (il padre del razionalismo) e De Renzi; gli architetti successivi, invece, sono tutti messinesi e hanno operato – a parte qualche eccezione – in continuità con l’architettura razionalista. L’idea principale di Libera e De Renzi si basava sulla realizzazione di una porta affacciata allo Stretto; inizialmente si sarebbe voluto preservare il verde della villa ottocentesca, però, con il passare degli anni l’area è diventata un cantiere di cemento. Dagli anni ’50, infatti, si sono susseguiti tanti interventi affrettati e poco consoni, probabilmente per esigenze funzionali e a breve termine.

Timeline degli architetti e dei rispettivi interventi

Linee guida per il progetto

Per tutta la seconda metà del Novecento e nel primo decennio dell’attuale secolo, l’area era affidata in gestione all’Ente autonomo della Fiera, istituito nel 1946. Dal 2012 – dopo lo scioglimento dell’Ente autonomo – l’area è in gestione all’Autorità Portuale, che nel 2016 ha indetto un bando di concessione, andato deserto.

Guidati dal bando, i due dottori hanno elaborato un progetto molto realistico, perché considera i vincoli sugli edifici protetti, la tutela della vegetazione e la promozione socioculturale del rapporto con il mare.

Il progetto parte dal concetto di pianificazione strategica e considera di primaria importanza il ruolo degli stakeholder -i soggetti interessati al progetto -, dalla cittadinanza ai possibili investitori; inoltre, è improntato su una visione globale e non su interventi sconnessi sui singoli edifici.

 

Mappa degli stakeholder

Il progetto originale della tesi

L’idea di base del progetto è quello di aprire e far vivere questo luogo ai cittadini; un luogo dinamico, pronto a rispondere alle diverse esigenze della nostra città.

Gli edifici abbandonati potrebbero ospitare aule studio universitarie, capaci di trasformarsi di sera in luoghi di aggregazione per giovani – e non solo -.

La mappatura dei potenziali stakeholder – che hanno espresso interesse in passato – ha permesso di elaborare una proposta reale; non mancano infatti le associazioni giovanili pronte a creare dinamiche di aggregazione e organizzare eventi socioculturali.

Centrale sarebbe anche la valorizzazione dello sport, sia all’aperto che all’interno di uno dei padiglioni.

In un edificio potrebbe essere allestita – in chiave turistica – una galleria enogastronomica, con stand in microgestione.

Si darebbe ampio spazio al verde, riprendendo le caratteristiche del meraviglioso giardino Umberto I.

L’aspetto più importante, però, riguarda la valorizzazione del waterfront, attraverso la creazione di un complesso unico con la Passeggiata, anche se bisognerebbe andare oltre la proposta della demolizione dell’edificio dell’ex Bar Irrera, bene vincolato per la sua importanza architettonica.

Schema tridimensionale delle nuove destinazioni d’uso

Una grande occasione per la rigenerazione

La tesi di Crisarà e Sturniolo, caratterizzata da uno scrupoloso studio e da un impeccabile approccio metodologico, nasce con l’intento di denunciare le cattive pratiche che hanno contribuito alla decadenza di un’area di grande potenzialità del nostro territorio.

La denuncia però non è fine a sé stessa, ma è accompagnata da una proposta organica, ben strutturata e ampiamente motivata.

La crisi generata dalla pandemia ha colpito molti paradigmi della nostra società; eppure, proprio dalle macerie emergono opportunità di rigenerazione. È dunque necessario dare spazio ai giovani cittadini, pronti a mettere al servizio della comunità le proprie idee e – soprattutto – le proprie competenze.

Mario Antonio Spiritosanto

 

Gli autori sui social:

Giandomenico Crisarà:

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instagram.com/giandocri

facebook.com/giandomenico.crisara

Antonina Sturniolo:

linkedin.com/in/antonina-sturniolo

instagram.com/antonellastu

facebook.com/antonella.sturniolo

 

Fonti:

Tutte le immagini presenti nell’articolo sono state fornite dai due autori

Il MACHO: l’arte nell’arte di Capo Peloro

Da sempre la Sicilia è stata terreno fertile per la nascita e lo sviluppo dell’arte. Il suo ruolo di mediazione tra Oriente e Occidente le ha permesso di raccogliere sul suo suolo numerose opere d’arte provenienti da ogni parte del mondo.

La Sicilia, però, non si limita all’arte greca o bizantina; l’Isola ama l’arte di qualsiasi periodo e in tutte le sue forme.

Il MACHO e il complesso monumentale

Il MACHO (Museo d’Arte Contemporanea Horcynus Orca) nasce da un progetto di ricerca sulle arti visive dei contesti culturali e geo-politici mediterranei, iniziato contemporaneamente alla nascita della Fondazione Horcynus Orca. Le opere e istallazioni presenti hanno lo scopo di completare la scacchiera artistica del territorio siciliano, inserendo artisti contemporanei da ogni parte del mondo. Questo percorso verso l’arte contemporanea è stato reso possibile grazie a numerosi donatori, tra cui molti artisti stessi entusiasmati dal progetto.

Il museo sorge all’interno di un complesso monumentale ai margini della Riserva naturale di Capo Peloro. Grazie agli scavi archeologici è emerso un manufatto architettonico di epoca romana imperiale, di cui è stato rinvenuto il basamento; sembra si tratti del faro più imponente del mediterraneo. Nei secoli i vari popoli succedutisi nell’area in questione hanno utilizzato la struttura; in particolare si ricorda la presenza degli inglesi nel XIX secolo: da allora la Torre è infatti chiamata “Torre degli Inglesi”.

Le “sale” del MACHO

Il MACHO propone un percorso di visita permanente attraverso le sue otto “sale”, per un totale di circa cento opere e un archivio video di circa cinquecento titoli.

La prima sala è dedicata agli artisti dell’astrattismo italiano, mentre la seconda raccoglie le opere realiste del mondo arabo dal 2000 in poi.

Il percorso continua in un ambiente interamente dedicato al progetto Signes de Rencontrè, una tela a quattro mani che mette a confronto l’astrattismo e la calligrafia araba pura.

La quarta sala racconta il tempo e la memoria attraverso dieci opere in acciaio ossidato, donate dall’artista Ramon de Soto.

La quinta stanza è un puro intreccio tra la storia dell’artista israeliano Geva, la sua passione per l’ambiente e le risorse offerte dalla città di Messina; l’opera “The Bird inside stands outside” è stata realizzata interamente con materiali trovati nella nostra città e poi donata alla Fondazione Horcynus Orca.

La fondazione ha dedicato la sesta e la settima sala all’artista contemporaneo siciliano Emilio Isgrò, che ha donato un’istallazione molto suggestiva, in cui le api siciliane mostrano la sapienza delle grandi culture mediterranee; è presente anche la sua opera “I Pianoforti”, realizzata in occasione del centenario del terremoto di Messina.

L’ultima sala è la sala del viaggio, esperienza a cui la fondazione è profondamente legata: tre donne raccontano diverse concezione di viaggio, tra attraversamenti abusivi, viaggi nel tempo che percorrono le donne durante la loro vita e tragedie di migranti.

La “sala immersiva”

La fondazione ha elaborato un progetto per la realizzazione di una stanza in cui emergono grande suggestione ed attrattività. Stiamo parlando della cosiddetta “sala immersiva”, composta da impianti di emissione interattivi e multicanale a supporto di pareti ricoperte da videoproiezioni, raggiungibili al pubblico – grazie alla tecnologia 3D – tramite sensibilità al tocco.

Il prototipo “Salamare” contiene quattro scenari immersivi dedicati proprio al mare dello Stretto di Messina, proiezioni che permettono a grandi e piccoli di “immergersi” completamente nelle nostre acque. Tali tecnologie infatti non si limitano a  far conoscere un nuovo tipo di linguaggio dell’arte, ma creano anche dei percorsi sensoriali o educativi per bambini.

Il tema del viaggio

Entrare in questo museo ci permette di comprendere a pieno lo scopo della Fondazione Horcynus Orca, che, a partire dal nome ispirato all’omonimo romanzo di Stefano d’Arrigo, ci introduce nel mondo del viaggio: vero, metaforico o sensoriale che sia.

 

Sofia Ruello

 

Fonti:

horcynusorca.it/il-parco/macho/

luoghidelcontemporaneo.beniculturali.it/macho—museo-d-arte-contemporanea-horcynus-orca

Le immagini contenute nel testo e l’immagine in evidenza sono acquisite dai suddetti siti.

 

 

 

 

“I giovani e le istituzioni”: l’incontro con il sottosegretario all’istruzione Floridia. Da Messina il suo impegno in politica: “Avete un sottosegretario a vostra disposizione”

Si è svolto oggi, giovedì 15 aprile, l’incontro con il sottosegretario all’istruzione Barbara Floridia, in occasione del webinar ‘’I giovani e le istituzioni’’ promosso da Società Editrice Sud nell’ambito del progetto “Gazzetta del Sud in classe con Noi Magazine”. L’evento si è svolto su Google Meet – e andato tra l’altro in diretta web dalle ore 11 alle 12 sul canale YouTube di Gazzetta del Sud – che ha permesso, nonostante la distanza fisica, a numerosi studenti e studentesse di Sicilia e Calabria di intervenire su prospettive e curiosità circa il futuro dei giovani.
Obiettivo principale dell’incontro, coordinato da Natalia La Rosa (responsabile dell’inserto Noi Magazine), quello di rendere protagoniste università e scuole, che in questo particolare momento di pandemia stanno facendo tutto il possibile per affrontare le difficoltà del caso, cercando di sopperire alle mancanze dovute al distanziamento. È stata un’opportunità per interrogarsi circa la struttura della scuola in cambiamento, per entrare nel vivo della politica in ambito formativo e sapere cosa si fa e cosa si potrà fare per migliorare nei prossimi anni, a partire da adesso.
A tal proposito, dopo i saluti in apertura del presidente di SES Lino Morgante e della dirigente scolastica del Liceo Maurolico Giovanna De Francesco, il confronto diretto degli studenti con il sottosegretario Barbara Floridia ha rappresentato una vera e propria testimonianza di politica attiva, di una voce straordinaria del nostro territorio meridionale.


Nata a Messina il 5 febbraio 1977, Floridia ricopre dal 1° marzo 2021 la carica di sottosegretario di Stato al Ministero dell’istruzione nel governo Draghi ed è vicepresidente del gruppo M5S dal 31 ottobre 2019. Durante l’incontro è stato sottolineato il rapporto affettivo che il sottosegretario possiede con il Liceo Classico F. Maurolico di Messina, presso il quale si è diplomata e collaboratore dell’evento di oggi.

Barbara Floridia, sottosegretario all’istruzione. Fonte: Orizzonte Scuola.

Universome ha colto l’occasione per rivolgere all’ospite qualche domanda sul mondo dei giovani italiani in relazione con le scelte di natura politica, che pone sfide e problemi di lunga data e – in particolare – la condizione dei giovani al sud all’interno di un quadro sociale ed economico spesso drammatico.

La riflessione di UniVersoMe nasce dalla generale sfiducia tra i giovani italiani nei confronti del proprio Paese che troppo spesso si concretizza nella cosiddetta “fuga di cervelli”.

A questo si aggiungono dati preoccupanti per il Sud Italia sull’abbandono scolastico, che – secondo uno studio pubblicato da Il sole 24 ore – si attesta al 20% rispetto ad una media nazionale del 13,5%. La disoccupazione invece raggiunge una percentuale del 35,3% rispetto ad una media italiana del 21,7%.

Su tale tema, il sottosegretario ha esaltato i concetti di responsabilità sociale e politica:

“La responsabilità è tanta ed è di chi ci ha amministrato e di chi vi sta amministrando, quindi mi assumo anche io la responsabilità. Non mi deresponsabilizzo ma dobbiamo anche fare i conti con un passato difficile che evidentemente ci ha portato a questa situazione. Del resto, non avrei fatto politica se il mondo fosse stato perfetto e avessi vissuto in un contesto felice e prezioso”.

In virtù delle origini meridionali ammette di essere consapevole, a maggior ragione, del carico che l’impegno richiede nei confronti di giovani studenti che, come lei, sono andati via dalla propria terra o quelli che vivono quotidianamente la preoccupazione per un futuro incerto nella città che ha dato loro i natali.

A tal proposito annuncia un piano nazionale dal nome:

Resilienza e Resistenza” (PNRR), che prevede “risorse cospicue dell’Unione Europea in grado di agevolare il percorso dei giovani che vogliono trovare soddisfazione formativa e lavorativa. Stiamo mettendo i soldi poi anche per implementare il tempo pieno al Sud, che aiuta tanto nel rimediare all’abbandono scolastico quanto ad aiutare le giovani donne a poter lavorare, cosa che c’è nei paesi del Nord e che noi non abbiamo” continua poi “abbiamo previsto poi tante agevolazioni fiscali affinché le aziende possano avere interesse ad assumere persone che siano giovani e del sud, quindi con caratteristiche specifiche, senza tuttavia focalizzare un finanziamento verso una categoria o un’azione.”

Fondamentale, aggiunge, è l’avvicinamento dei giovani a nuovi lavori che la tecnologia impone ai giorni nostri:

“I soldi per la formazione sono destinati a coloro che dovranno formarvi in virtù di nuovi lavori di cui si conosce ancora poco. Vi sono mestieri che esistono ma che non hanno utenza perché o non è pronta o non è formata, e questo perché tendiamo a fare i lavori dei nostri genitori, ma ve ne sono innumerevoli all’insegna dell’innovazione”.

In seguito, il sottosegretario ha sottolineato l’ importanza di due infrastrutture base: quelle di strade e autostrade e le infrastrutture digitali. Sono proprio quest’ultime, infatti, a garantire un internet libero e gratuito per sviluppare e agevolare la formazione di nuovi mestieri, figli di una modernità che i giovani – in quanto neo-digitali – captano forse ancor prima degli adulti.

Per questo ha raccomandato:

Guardate oltre, che spesso voi vedete prima di noi

Il confronto con gli studenti di superiori e medie


Ad arricchire il dibattito anche gli interventi degli studenti di scuole medie e superiori della provincia di Messina e di varie città della Calabria che, fin dalla prima domanda, hanno mostrato vivo interesse per tematiche estremamente attuali.
Per iniziare tuttavia, non si sono fatte attendere curiosità che riguardavano anche il percorso personale e formativo che ha portato la sottosegretaria Floridia a raggiungere un’importante carica politica, partendo da un piccolo comune di Messina, Venetico.

Tenacia, studio e libertà sono le parole chiave della risposta, che continua così:

“Non mollare di fronte alla difficoltà, non accontentarsi mai senza essere saccente e infine la libertà di non dover dire grazie a nessuno, questi sono le componenti essenziali per arrivare sereni ovunque”.

La parola passa poi al Rappresentante della Consulta studentesca calabrese che pone un interrogativo sul futuro della scuola, quasi interamente vissuta durante la pandemia in DAD. Sul timore che quest’ultima possa essere uno strumento sostitutivo alle lezioni frontali, il sottosegretario assicura sui fondi stanziati affinché il tempo perduto per le ore scolastiche siano recuperate, ma spiega come da questa esperienza “debba essere ricavata una preziosa formazione”.
Sono parole di incoraggiamento che, insieme all’impegno sulla presenza di supporti psicologici adeguati all’interno delle scuole, sembrano risuonare parole ricche di significato per i giovani particolarmente colpiti dalla pandemia.

Un estratto dal webinar disponibile sul canale Youtube di Gazzetta del Sud al link: https://www.youtube.com/watch?v=pp_bsI6F8kI

Gli stessi che, pur da diverse zone e istituti, hanno espresso unitamente il desiderio di maggiore attenzione all’istituzione scolastica: dal problema dell’aziendalismo applicato come unico modello, le classi “pollaio” composte da un numero considerevole di alunni, fino all’avvicendamento annuale di insegnanti e la scarsa innovazione tecnologica.

Tutti problemi a cui Floridia risponde concretamente, con risorse stanziate appositamente e promesse di cambiamenti in sinergia con governo e cittadini.

“Vorrei diventare un riferimento istituzionale per studenti e studentesse. Avete un sottosegretario a vostra disposizione. Spesso si parla di giovani ma si parla sempre poco con i giovani” concludendo “Tutto è interconnesso. Servono i gesti quotidiani e continui per risolvere i grandi problemi. Noi ci facciamo carico come istituzioni, ma è fondamentale partire dalla quotidianità”.

Alessia Vaccarella 

Gaia Cautela

La Basilica di Sant’Antonio a Messina

Ancora una volta – a causa pandemia – un altro importante anniversario rischia di non essere celebrato adeguatamente; proprio quest’anno, infatti, ricorre il centenario dalla fondazione – a Messina – della Basilica di Sant’Antonio da Padova, voluta da Padre Annibale Maria Di Francia.

La rinascita di un quartiere malfamato

La Basilica è situata nel cuore della città di Messina, nel quartiere Avignone, dove, più di un secolo fa, papa Pio X donava alla comunità un luogo che sarebbe diventato anni dopo un centro religioso e un punto d’incontro per fedeli, orfani e, soprattutto, per i più poveri. Un quartiere malfamato bisognoso di un risanamento morale e che, grazie all’arrivo di un giovane sacerdote – padre Annibale – divenne un luogo dedito alla redenzione, avente come fulcro una piccola cappella dedicata al Cuore SS. di Gesù.

La dedizione nei confronti dei più bisognosi spinse padre Annibale a venerare la santità di Antonio da Padova, in particolare per il rapporto con gli orfanotrofi; infatti, nel 1882, diede vita agli Orfanotrofi Antoniani, cambiando radicalmente la realtà del quartiere Avignone.

Padre Annibale assiste un mendicante del quartiere Avignone – Fonte: basilicaantoniana.it

La devozione a Sant’Antonio, il Santo dei Miracoli

Confidando sempre nell’aiuto divino e nell’assistenza del Santo di Padova, i1 13 giugno del 1906 Annibale lanciò un invito a tutti i devoti di S. Antonio affinché con un solo obolo di ciascuno venisse acquistata una statua in onore del Santo. La statua fu trasportata da Roma nel maggio del 1907. Da quel momento molti dei miracoli invocati dai credenti divennero realtà tangibile. La prima processione fu celebrata il 13 giugno 1907.

Dopo il terremoto del 1908 – che rase al suolo le due città dello Stretto -, la statua fu ritrovata integra e adagiata.

Inoltre, in seguito a quel drammatico evento, l’allora papa Pio X donò una “chiesa-baracca” alla città di Messina, nella quale Sant’Annibale proclamò Sant’Antonio da Padova “Singolarissimo e instancabile benefattore nostro e di tutti quelli che alle nostre preghiere si raccomandano”.

Nella notte tra il 26 e il 27 aprile 1919 un misterioso incendio distrusse la chiesa-baracca; immediatamente le parole di una donna offrirono un barlume di speranza in quel momento di sconforto:

Non vi preoccupate, ora Padre Francia ne farà una tutta d’oro!

Il Santuario di Sant’Antonio – Fonte: torrese.it

La struttura della Basilica

Così il 3 aprile 1921 venne posta la prima pietra per la costruzione dell’attuale Basilica, inaugurata il 4 aprile 1926 sotto il nome di “Tempio della Rogazione Evangelica del cuore di Gesù e Santuario di Sant’Antonio”.

La realizzazione dell’opera fu affidata allo Studio dell’Ingegner Letterio Savoja: obbiettivo principale era la resa armonica di una struttura ottocentesca elegante, coerente e perfetta. L’impianto a navate che dirigono lo sguardo del fedele direttamente alle absidi rivelavano l’influenza rinascimentale. Inoltre le vetrate istoriate sostituite dopo gli assedi bellici del ’44, permettono alla luce di filtrare tenue creando un’atmosfera mistica che invita il fedele stesso alla preghiera.

Oggi la Basilica è considerata uno dei luoghi di culto più importanti per Messina e i messinesi. Essa, dal grande esempio di Sant’Annibale, offre ancora un servizio semiresidenziale per i minori tramite l’Istituto Antoniano.

All’interno della maestosa Basilica è possibile visitare la cripta dedicata a Padre Annibale, dove si trova l’urna contenente il corpo del Santo fondatore.

Annesso alla chiesa vi è un museo nel quale è visibile in due ali separate oggetti dedicati rispettivamente a Sant’Annibale e Sant’Antonio.

L’interno della Basilica – Fonte: lasiciliainrete.it

La processione di Sant’Antonio

Come è noto, Messina è una città ricca di secolari tradizioni religiose; e infatti, ogni anno – il 12 e il 13 giugno -, la comunità messinese rinnova la sua immensa devozione al Santo dei Miracoli svolgendo un’imponente processione. La statua di Sant’Antonio sfila per le vie del centro, seguita da innumerevoli devoti e pellegrini che indossano il saio francescano, ed è posta su di un mappamondo abbellito di fiori e ori votivi dei fedeli e attorniata da piccoli marinaretti e paggetti antoniani, in ricordo dei piccoli orfani e poveri della comunità.

Processione del Santo – Fonte: basilicaantoniana.it

Le celebrazioni per il centenario

Quest’anno le celebrazioni in onore del Santo dei Miracoli sono iniziate l’8 aprile e si concluderanno il 13 dello stesso mese.

Oggi, 10 aprile, alle ore 18 si celebrerà la Santa Messa presieduta dal Superiore Generale dei Padri Rogazionisti, Padre Bruno Rampazzo, mentre alle ore 21 si terrà – a porte chiuse –  il concerto presieduto dagli allievi del Conservatorio “A. Corelli” di Messina, con la partecipazione dell’onorevole Antonio Martino.

Domani, data del centenario, alle ore 17:30 si terrà il Solenne Pontificale, presieduto dal cardinale Marcello Semeraro – Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi -, con la lettura delle Bolla Pontificia per l’apertura del Giubileo. Conclusa la celebrazione – concelebrata dall’arcivescovo di Messina Monsignor Giovanni Accolla –  è in programma una processione interna con le reliquie di Sant’Antonio e un omaggio alla spoglie di Sant’Annibale di Francia nella cripta del Santuario.

Un festival di luci ed immagini sulla facciata della Basilica concluderà questa intensa e memorabile giornata.

 

Marika Costantino

Fonti:

basilicaantoniana.it

Si ringrazia Padre Orazio Anastasi, in particolare per le informazioni sul calendario delle celebrazioni

Immagine in evidenza:

 La facciata della Basilica di San’tAntonio – Fonte: basilicaantoniana.it

 

 

Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: Basile e Bisazza

In attesa del rientro a scuola dopo le vacanze di Pasqua, torna la nostra rubrica dedicata agli istituti superiori messinesi. Oggi parleremo dei personaggi a cui sono intitolate le due scuole del quartiere Annunziata: il Liceo Artistico “E. Basile” e l’Istituto Superiore Statale “F. Bisazza”.

Liceo Artistico “E. Basile”

Isituito nel 1956 come sezione staccata dell’ Istituto Statale d’Arte di Palermo, dopo essere stato ospitato per anni nei locali del Real Convitto “Dante Alighieri”, attualmente il liceo si trova nel quartiere Annunziata  in via U. Fiore e fa parte dell’ ’I.I.S. “La Farina – Basile”, in seguito all’accorpamento con lo storico liceo classico – di cui abbiamo parlato precedentemente in un nostro articolo -. Nel 1982 è intitolato ad Ernesto Basile, autorevole esponente del liberty siciliano.

Facciata del Liceo “E. Basile” – Fonte: messinaweb.Eu

Nato a Palermo il 31 gennaio 1857, studia presso l’università del capoluogo sotto la guida del padre, professore di Architettura.

Successivamente al conseguimento della laurea si dedica allo studio dei monumenti architettonici siciliani, in particolare, di epoca normanna e rinascimentale contribuendo con il padre alla stesura del volume “Curvatura delle linee dell’architettura antica “ ( Palermo 1884). Grazie a questo lavoro, Basile, si educa ad uno storicismo che se pur acriticamente accolto, sarà la caratteristica preponderante delle sue prime esperienze.

Nel 1890 ottiene la cattedra che era stata del padre e sette anni dopo viene nominato anche direttore della Reale accademia di belle arti di Palermo.

Nel 1981 gli viene commissionata la realizzazione degli edifici per L’esposizione nazionale di Palermo. I disegni ottengono immediatamente un grande successo grazie alla perfetta aderenza del suo linguaggio all’ambiente sociale e culturale siciliano.

Ernesto Basile – fonte: comune.palermo.it

Nel 1898 costruisce le ville Paternò ed Igea a Palermo, che segnano un’importante svolta artistica per il Basile: all’impostazione ancora arabo-normanna si unisce una rigorosa semplificazione formale e una libertà volumetrica del tutto innovativa. Il problema di Basile era quello di inserire il linguaggio liberty all’interno di una società, quella siciliana, che ne aveva ignorato premesse e sviluppi.

L’inserimento di elementi decorativi floreali, tipici del’ 400 siciliano, si spiega con il tentativo di trovare una giustificazione al nuovo linguaggio, fondandolo su una tradizione storica e fortemente legata al territorio. Tipico a tal riguardo il palazzo di Montecitorio  in Roma che sancisce definitivamente la scissione delle esperienza del Basile in architettura ” minore ” e ” maggiore”.

Le successive opere sono fortemente caratterizzate da questa contraddizione stilistica; tra le tante  ricordiamo il municipio di Reggio Calabria, ma anche la Cassa di Risparmio di Messina.

L’ultima opera del Basile è la chiesa di S. Rosalia in Palermo, iniziata nel 1928 e non ancora terminata nel 1932, anno della morte dell’eclettico architetto siciliano.

Istituto Superiore Statale “F. Bisazza”

L’altro istituto del quartiere Annunziata è uno dei più recenti della città di Messina ed incoropora vari licei: il Liceo Scientifico (con le vari sperimentazioni), il Liceo Linguistico, il Liceo dell Scienze Umane e – dal prossimo anno scolastico – il Liceo Musicale. La scuola è intitolata al poeta e letterato Felice Bisazza.

L’Istituto “F.Bisazza” – fonte: messinaora.it

Nato a Messina il 29 gennaio 1809, Felice Bisazza frequenta il Regio Collegio Carolino di Messina, riservato ai figli delle famiglie messinesi più nobili e, appena quindicenne inizia, da autodidatta, gli studi letterari.

Bisazza acquisisce la fama a livello nazionale attraverso la collaborazione – sia prosa che in versi – con numerosi giornali, prima cittadini e poi regionali.

Nel 1831 pubblica la sua prima raccolta di saggi e di liriche originali, i Saggi poetici; nel 1833 redige Il Discorso sul Romanticismo, molto importante dal punto di vista storico, più che stilistico, poiché provoca fermento nell’ambiente culturale dell’Isola, che non ha accolto favorevolmente il romanticismo. Infatti, Bisazza è uno dei pochi – e impavidi – romantici siciliani e spesso deve difendersi dagli attacchi di altri letterati.

Nel 1835 si reca a Napoli per collaborare con importanti testate della città partenopea, ma, dopo quasi un anno, lascia la città per delle allusioni sul dispotismo borbonico e sulla situazione della patria.

L’anno successivo decide, dedicando l’edizione napoletana della Morte di Abele (1836) a Re Ferdinando II, di ritrarsi da qualsiasi manifestazione di liberalismo, per potersi dedicare completamente – e senza ostacoli – all’insegnamento e agli studi; così, dopo il biennio rivoluzionario siciliano del 1848, ottiene la cattedra di lingua e letteratura italiana presso l’Università di Messina.

Nel 1858, presso l’Ateneo Peloritano pronuncia un discorso Della letteratura poetica, sotto il doppio aspetto della rappresentazione e della purificazione, da cui si evince il suo moderato romanticismo religioso e moralistico.

Dopo la costituzione del Regno d’Italia, Bisazza omaggia le vicende dell’unificazione – auspicata sin dalla giovinezza – e suoi protagonisti. Nel 1865 partecipa alle celebrazioni dedicate al sommo poeta Dante.

Felice Bisazza muore a Messina il 30 agosto 1867. Nel 1872 il municipio di Messina colloca le sue ossa nel cimitero monumentale, accanto alle tombe degli amici La Farina e Natoli.

Felice Bisazza e il timbro postale a lui dedicato – Fonte: sikilynews.it

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia del personaggio a cui è intitolato un importante istituto situato a Provinciale: il Liceo “E. Ainis“.

 

Emanuele Paleologo, Mario Antonio Spiritosanto

Fonti:

treccani.it/enciclopedia/felice-bisazza

treccani.it/enciclopedia/ernesto-basile

iislafarinabasile.edu.it/basile

liceobisazza.edu.it

In onore di Antonello da Messina: la “Mostra Antonelliana” e l’Istituto “Antonello”

Oggi, 30 marzo, ricade il 68esimo anniversario dell’inaugurazione di uno degli eventi di portatatta internazionale dei favolosi anni ’50 messinesi: la “Mostra Antonelliana” del 1953, dedicata, appunto, al grande Antonello da Messina. In questo articolo ripercorriamo le tappe salienti di questa manifestazione.

Al pittore è stata dedicata, inoltre, una delle storiche scuole messinesi; stiamo parlando dell’Istituto di Istruzione Superiore “Antonello”, alla ribalta in queste setimane per una polemica imbastita da un consigliere comunale. Senza scendere nei dettagli della diatriba, questo articolo vuole sottolineare l’importanza di questo istituto nella storia e nella cultura della nostra città.

La “Mostra Antonelliana” del 1953

Di una possibile mostra dedicata ad Antonello si iniziò a parlare già nel 1949, come si evince da un articolo del Notiziario d Messina. In realtà il comitato organizzativo si costituì solo qualche mese dopo.

Inizialmente legata alla riapertura del Museo regionale, chiuso al pubblico nel 1946, la mostra, alla fine, fu allestita nell’ala est del piano nobile del Palazzo Municipale.

Foto storiche e il bollo della Mostra Antonelliana – Fonte: tempostretto.it

La cerimonia di inaugurazione fu un grande evento. Inizialmente fu scoperto il busto di Antonello, ancora presente sulla scalinata principale del Municipio. Poi si susseguirono gli interventi istituzionali, davanti ad una sala gremita; tra i più importanti citiamo l’intervento di Salvatore Pugliatti – presidente del Comitato esecutivo e vero deus ex machina della mostra –  e quello del sindaco Carmelo Fortino, che, inoltre, diede lettura a un messaggio del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, assente a causa di doveri dell’ufficio. L’ultimo intervento – il più atteso – fu del Ministro della Pubblica Istruzione Antonio Segni, che concluse il suo contributo inaugurando ufficialmente la mostra.

In totale erano esposti 142 dipinti, 18 dei quali erano certamente riferibili ad Antonello da Messina – tra le tante: l’Annunciata, esposta alla Galleria regionale a Palermo – e 9 erano a lui attribuiti. Purtroppo furono negati i prestiti dei suoi capolavori ubicati nella National Gallery di Londra – come il San Girolamo nello studio e l’Autoritratto col berretto rosso –  e di altre opere, come il San Sebastiano di Dresda e il Ritratto Trivulzio dei Musei Civici di Torino.

L’Annunciata di Palermo (1476) di Antonello da Messina – Fonte: wikipedia.org

L’altra parte della mostra era dedicata alla pittura del ‘400 siciliano e si concludeva con i dipinti messinesi degli artisti antonelliani.

Numerose furono le personalità illustri che visitarono la mostra; tra le tante è opportuno segnalare la presenza di Giorgio La Pira, dello scrittore Leonardo Sciascia e del leader del PCI Palmiro Togliatti.

La mostra, inizialmente prevista per tre mesi – dal 30 marzo al 30 giugno -, si concluse il 31 agosto, a causa dell’ingente flusso di visitatori.

L’Istituto d’Istruzione Superiore “Antonello”

La scuola nasce nel 1861 come Regia Scuola Tecnica Governativa e solo nel 1885 prende il nome di “Antonello“.

A causa del rovinoso terremoto del 1908 e dei due conflitti mondiali, l’istituto è costretto a cambiare locazione più volte; nonostante ciò riesce a conservare l’attività scolastica.

Come testimoniato da documenti presenti negli archivi dell’istituto, l“Antonello” annovera, tra gli studenti che hanno frequentato la scuola, personaggi illustri che hanno contribuito alla crescita sociale e culturale della città di Messina e non solo; tra i più celebri ricordiamo Salvatore Quasimodo, Salvatore Pugliatti e Giorgio La Pira.

Con la riforma della scuola media unificata  (legge 31-12-1962) gli iscritti crescono sensibilmente e ciò porta ad una radicale trasformazione della scuola; nasce, così, l’Istituto Professionale di Stato per il commercio, nei locali di Via della Zecca n°68, con sedi coordinate di Milazzo, Letojanni e Naso.

Nel 1993, l'”Antonello” adotta la sperimentazione del ” Progetto 92 ” diventando così Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali e Turistici.

Nel 1999 grazie all’istituzione dell’indirizzo “Alberghiero e della Ristorazione”, l’istituto ottiene un forte incremento delle iscrizioni ed il trasferimento negli spaziosi locali di Viale Giostra n°2, dove si trova ancora oggi.

L’Istituto “Antonello” nella sua collocazione attuale – fonte: tempostretto.it

Negli ultimi vent’anni la scuola ha saputo creare una fitta rete di relazioni con associazioni del settore, enti ed istituzioni, sia a livello nazionale che internazionale.

Ad oggi  l’istituto conta circa 1000 alunni per un totale di 55 classi ed è attualmente sotto la guida della dirigente scolastica Laura Tringali, assessora alla pubblica istruzione del Comune di Messina.

 

Emanuele Paleologo, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

http://www.iisantonellomessina.it/

Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, Istituo di Studi Storici Gaetano Salvemini – Messina, Atti di Convegno 1998, Sicania, Messina

Immagine in evidenza:

Il celebre “San Girolamo nello Studio” (1474-1475 circa) di Antonello da Messina – Fonte: larchitetto.it

 

Noi messinesi come l’araba fenice capaci di rinascere anche stavolta

“Metti un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente”. Da settimane, nella testa di ciascuno di noi, riecheggiano queste parole, accompagnate da un piacevole melodia. Il nuovo tormentone degli artisti siciliani Colapesce e Dimartino, presentato all’ultimo Festival di Sanremo, ci ha conquistati probabilmente perché rievoca la spensieratezza e la leggerezza negate dalla pandemia. Nonostante si inizino a intravedere soffusi spiragli di luce, la coltre di nebbia avvolge ancora le nostre vite, immerse in un’atrofizzante limbo.

Non è la prima volta che l’umanità sta affrontando un dramma del genere. Infatti, nel corso della Storia globale, della Storia della nostra Comunità europea e della Storia del nostro Paese si sono verificati eventi traumatici. Anche nella Storia della nostra città, Messina, più volte afflitta dalla furia distruttiva delle calamità naturali.

Nel corso del “secolo breve” la città dello Stretto, già devastata dalla catastrofe del 1908, ha dovuto affrontare il dramma della Seconda Guerra Mondiale – suo malgrado – da protagonista, vista la sua posizione strategica nella geopolitica del conflitto.

Messina città invincibile

Nel 1943, in seguito allo Sbarco in Sicilia delle Truppe Alleate, Messina subì più di 320 incursioni aeree. Le circa trentamila bombe sganciate sulla città distrussero almeno il 75% degli edifici ricostruiti dopo il terremoto e uccisero oltre un migliaio di messinesi. “La città era come un grande cimitero sotto la luna”, scrisse Stefano D’Arrigo, indimenticato autore del romanzo Horcynus Orca.

Gli Alleati entrarono il 17 agosto a Messina, trovandosi di fronte a una città “fantasma”, un ammasso di rovine.

Già tra la primavera e l’estate dell’anno successivo iniziarono, per la seconda volta in meno di mezzo secolo, i lavori di ricostruzione. Si consolidò presto il mito di Messina città invincibile, pronta a risorgere dopo il disastro. La letteratura diede un forte contributo in tal senso.

L’ingresso degli Alleati a Messina – Fonte: normanno.com

La rigenerazione culturale: la vicenda dell’OSPE

La rinascita della polis non passa esclusivamente della ricrescita economica e dalla ricostruzione materiale dei fabbricati, ma soprattutto da una rigenerazione culturale. Il fermento culturale del dopoguerra è rintracciabile soprattutto nella vicenda dell’OSPE, nata come agenzia di distribuzione di dispense universitarie e di giornali, e divenuta successivamente – per volontà di Antonio Saitta, uno dei fondatori – una libreria, cenacolo culturale principale della città.

Nel suo retrobottega, si animavano discussioni e dibattiti sulle più svariate tematiche, moderati soprattutto da una delle più importanti figure della Messina del secondo dopoguerra: il giurista e rettore dell’Università di Messina –dal 1955 al 1976– Salvatore Pugliatti.

I maggiori frequentatori delll’OSPE diedero vita al Gruppo del Fondaco – di natura artistica – e all’Academia della Scocca. Le due istituzioni parteciparono con grande vigore alle manifestazioni culturali cittadine, di cui spesso erano anche promotrici.

L’apice fu raggiunto nel gennaio 1960, con i festeggiamenti in occasione del Premio Nobel per la letteratura conquistato -nel 1959- da Salvatore Quasimodo, insignito della cittadinanza di Messina e della laurea in lettere honoris causa, su iniziativa dei vecchi amici dell’OSPE.

Gli accademici della Scocca – Fonte: Villaroel G., Messina anni 50′

L’ “Agosto Messinese”

Le grandi manifestazioni popolari furono una prova della rinascita della città, di un dinamismo incessante, motivato dalla volontà di spazzare definitivamente la precarietà del periodo della guerra.

Particolarmente ricco di eventi era “l’Agosto Messinese“, il cuore delle estati in riva allo Stretto negli anni ’50. Voluta dall’assessore Lucio Speranza, questa imponente manifestazione abbracciava una serie di eventi di varia natura: la gara automobilistica della “X ore notturna”, la “coppa Cesare Lo Forte” di pallacanestro, ma, soprattutto, le esibizioni tenute al cosiddetto “Teatro de Dodicimila”, allestito per l’occasione in Piazza Municipio.

Il clou della manifestazione si raggiungeva in occasione della “Passeggiata dei Giganti” Mata e Grifone e la processione della Vara.

Locandina dell'”Agosto Messinese” – Fonte: pinterest.it

Gli eventi di carattere internazionale

La rinascita di Messina passò anche dagli eventi di carattere internazionale che si svolsero in quegli anni e tennero i riflettori puntati sulla nostra città. Dal 1946 tornò, con la VII edizione, la Fiera Internazionale di Messina, inaugurata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola.

Nel 1953 l’arte diventa protagonista con la mostra su Antonello da Messina e il ‘400 siciliano, tenuta nel Palazzo Municipale.

Nel 1955 si svolsero due memorabili eventi: la Conferenza di Messina, fortemente voluta dal ministro degli Esteri – nostro concittadino – Gaetano Martino, dove si posero le basi per i futuri Trattati di Roma e la nascita della Comunità Economica Europea (CEE) e all’EURATOM, e la prima edizione della Rassegna Cinematografica Internazionale di Messina e Taormina -chiamata così dal 1957-, oggi conosciuta come Taormina Film Fest.

Da sinistra a destra: Paul-Henri Spaak (Belgio), Walter Hallstein (RFA), Antoine Pinay (Francia), Joseph Bech (Lussemburgo), Gaetano Martino (Italia) e Johan Willem Beyen (Paesi Bassi) – Fonte: normanno.com

La grande lezione della Storia

La vitalità del secondo dopoguerra dimostra che è possibile rinascere dopo un evento traumatico, come quello vissuto nell’ultimo anno. La nostra città ha tante questioni aperte, dal dibattito urbanistico – ma non solo – sul destino del quartiere fieristico al fenomeno dell’emigrazione giovanile, dalla riqualificazione dei torrenti inquinati alla ricerca di un’identità perduta da tempo. Come la fenice abbiamo l’occasione di risorgere dalle nostre ceneri e spiccare nuovamente il volo, per riportare Messina ai fasti del suo glorioso passato.

 

 

Mario Antonio Spiritosanto

Articolo pubblicato sulla Gazzetta del Sud in data 25 marzo 2021

 

Fonti:

Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, Istituo di Studi Storici Gaetano Salvemini – Messina, Atti di Convegno 1998, Sicania, Messina

Immagine in evidenza:

Il “Teatro dei Dodicimila” in Piazza Municipio durante l'”Agosto Messinese” negli anni ’50 – Fonte: pinterest.it

No Delivery Day: “Non ordinate, non consegniamo in nome dei nostri diritti”. Anche a Messina i rider scioperano

Oggi, 26 marzo, è la giornata in cui i rider di tutta Italia hanno deciso di scioperare con l’obbiettivo di portare alla luce una condizione lavorativa dove mancanza di tutele e contratti irregolari sono in realtà sotto gli occhi di tutti. Proprio coloro che durante il lockdown e le restrizioni varie imposte dalla pandemia erano gli unici a popolare le strade fino a tarda notte, intemperie avverse o meno, per fornire un servizio altrimenti lasciato morire, sono gli stessi che adesso scendono in piazza per rivendicare a gran voce diritti che faticano ad essere riconosciuti. Definiti “essenziali” dalle istituzioni ma rimasti ad esse fino ad ora soltanto invisibili, i rider annunciano il “No food deliveryaccolto in tutta Italia, compresa la città di Messina, il cui appuntamento è fissato a Piazza Cairoli alle ore 19.00.

La denuncia di RiderXidiritti

Il movimento RiderXiDiritti rivolge un appello di supporto a tutti i cittadini, destinatari di una lettera aperta, in cui spiegano:

Siamo pedine nelle mani di un algoritmo, siamo considerati lavoratori autonomi; siamo inseriti in un’organizzazione del lavoro senza alcun potere ma non siamo considerati lavoratori dipendenti dai nostri datori di lavoro. Il lavoro autonomo è solamente un espediente: consente a multinazionali feroci di non rispettare i contratti e di non riconoscerci tutele”.

Continuano affermando una realtà già nota a livello giuridico in Europa e in Italia, ma sorda alle orecchie delle grandi multinazionali, che ammettono esclusivamente un modello di business basato su sfruttamento, cottimo e precarietà:

In tutta Europa i tribunali stanno riconoscendo la verità: il nostro è un lavoro subordinato. Anche il tribunale del lavoro di Palermo, nel primo grado di giudizio, si è mosso in questa direzione. Il Tribunale di Milano ha fatto luce su casi palesi di caporalato dentro Uber Eats, che arrivavano a sorveglianza, non solo digitale ma persino fisica, con contorno di violenza e aggressioni nei confronti di riders resi ricattabili (reclutati anche nei centri di accoglienza) da indigenza ed estremo bisogno. Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto che l’algoritmo è un dispositivo discriminatorio nei confronti dei lavoratori. La procura di Milano ha recentemente ribadito che il tempo dello schiavismo deve finire e deve cominciare quello di un lavoro che riconosca tutti i diritti di cittadinanza; ha per questo comminato maxi-multe per centinaia di milioni di euro alle aziende, intimandogli di assumerci e riconoscerci tutele piene”.

Il sostegno su Twitter della Cgil Lombardia. Fonte: Twitter.

La situazione in Italia: il contratto Assodelivery-sindacati

E se in Europa, come afferma la Cgil di Roma e Lazio, le aziende si sono messe già in moto per garantire diritti, sicurezza e salario, in Italia Assodelivery – prima e unica associazione dell’industria del food delivery alla quale aderiscono Deliveroo, Glovo, SocialFood e Uber Eats – “preferisce soccombere in tribunale e rischiare di pagare milioni di multe piuttosto che trattare davvero con le organizzazioni sindacali.”

Infatti, nella giornata del 24 marzo, Assodelivery in accordo con le rappresentanze sindacali di Cgil, Uil e Cisl ha siglato un protocollo riassunto in tre punti fondamentali: il primo riguarda l’impegno delle aziende aderenti ad Assodelivery ad adottare un modello organizzativo in grado di prevenire comportamenti scorretti e l’adozione di un Codice Etico; il secondo punto assume l’impegno delle piattaforme a non ricorrere ad aziende terze, almeno fino a quando non verrà creato un apposito albo delle stesse piattaforme; l’ultimo punto prevede la costituzione di un Organismo di Garanzia (che coinvolgerà sia rappresentati delle aziende e sia rappresentati sindacali) il cui compito sarà di vigilare sulle dinamiche lavorative dei rider e riportare eventuali specifiche segnalazioni alla Procura della Repubblica.

A presenziare l’accordo anche il ministro Orlando, il quale ha convocato per il primo aprile un tavolo per garantire procedure anti-Covid su salute e sicurezza dei lavoratori (non dimenticando che durante la pandemia i rider hanno ottenuto le mascherine dalle aziende solo dopo il ricorso a vie legali) e la contrattazione su diritti e tutele da mettere in atto il prima possibile.

Immediata la risposta di Deliverance Milano, che ha scritto: “Nonostante la buona notizia di oggi confermiamo lo sciopero del 26 Marzo e le manifestazioni organizzate in oltre 20 città italiane in occasione del No Delivery Day, a riprova del fatto che non bastano gli impegni formali ma occorre aggiungere sostanza e serietà alle promesse fatte ai lavoratori, da parte delle aziende e delle istituzioni.”

Uniti contro lo sfruttamento, Messina non si tira indietro

Le pretese sono più che mai legittime in un sistema come il nostro (formalmente) democratico: essere alla pari di tutti i lavoratori dipendenti del nostro paese. Un’intera categoria privata di salari, sicurezza, malattia, ferie, contributi, mensilità aggiuntive, TFR, contratte nazionale, è una sconfitta morale e sociale per tutti, non riguarda i singoli lavoratori. Un gesto semplice – rifiutarsi per un giorno di fare click – può sostenere una causa che non è solo quella dei rider, ma quella della civiltà di un Paese e del mercato del lavoro. Uniti possiamo fare la storia verso i diritti del futuro contro un regime di sfruttamento ottocentesco”.

NoDeliveryDay
Locandina a Messina per la mobilitazione nazionale dei rider. Fonte: Normanno.

La partecipazione prevista anche per i rider di Messina, che si augurano possa cambiare qualcosa grazie a un movimento di risonanza nazionale: “Già nelle grandi città ci sono state attuazioni del genere. A Messina ancora no e ciò ci preoccupa perché il mercato del lavoro continua a rimanere precario e senza tutele anche da parte di aziende locali.”

Che sia giunto finalmente il momento in cui sarà riconosciuta dignità ai lavoratori che ne sono giuridicamente privi?

Alessia Vaccarella