La Marvel da il via alla Fase 5 con Ant-Man and the Wasp

 

Un film che, se preso come storia singola senza farsi troppe aspettative, potrebbe divertire ma che all’enorme schema della Marvel aggiunge poco. – Voto UVM: 2/5

 

Con questo nuovo film, è iniziata ufficialmente la Fase 5 del Marvel Cinematic Universe (MCU). La nuova pellicola realizzata dai Marvel Studios è Ant-Man and the Wasp: Quantumania, film del 2023 diretto da Peyton Reed e con protagonista Paul Rudd. Nel cast sono presenti anche Evangeline Lilly, Jonathan Majors, Michelle Pfeiffer, Michael Douglas e Kathryn Newton.

Trama

Sono passati ormai tre anni dagli eventi di Avengers: Endgame. Scott Lang/Ant-Man (Paul Rudd), sta vivendo un periodo sereno: è diventato un autore di successo e vive felicemente con la sua compagna Hope Van Dyne (Evangeline Lilly). Sua figlia Cassie (Kathryn Newton) sta lavorando da tempo ad un dispositivo che consentirà l’esplorazione del Regno Quantico senza recarsi fisicamente. Questo luogo misterioso è stato a malapena menzionato da Janet Van Dyne (Michelle Pfeiffer), visto che lei è rimasta lì per tanto tempo. Ma qualcosa non va dopo l’accensione del dispositivo e il segnale viene captato da qualcuno e di conseguenza, Scott, Hope, Cassie, Janet e Hank Pym (Michael Douglas) vengono trascinati all’interno del Regno Quantico. Lì dovranno vedersela con un misterioso individuo: Kang Il Conquistatore (Jonathan Majors).

Mancanza di comunicazione ai Marvel Studios?

Ma è una sensazione o ultimamente, i Marvel Studios non osano più di tanto? Da premettere che ormai sono anni che lavorano su questo universo in cui cercano di far incastrare tutto con i personaggi e le loro storie. Se si guardano le prime tre fasi che vanno a comporre la Saga dell’infinito, nonostante ci siano stati alcuni errori, però tutto tornava e piano piano erano riusciti a comporre bene il puzzle che avevano in mente. Ma ora, sembrano che non si impegnino al massimo. Ci sta perdersi in qualcosa, dopo tutto questo tempo, ma ultimamente molte cose non tornano. Sembra che puntino più sull’andare avanti in modo pigro e poco chiaro.

I Marvel Studios devono stare attenti

E’ aumentato più il profilo quantitativo, ma allo stesso tempo è diminuito quello qualitativo. Si può notare già da alcuni prodotti della Fase 4, dove ci sono stati non solo film, ma anche Serie Tv distribuite esclusivamente su Disney Plus. Già lì, si percepisce il poco impegno e sembra che addirittura i vari addetti che ci sono dietro l’universo della Marvel non si parlino tra loro e questa mancata comunicazione sta portando a delle vere incongruenze narrative.

Devono stare attenti, perché c’è il rischio che poco a poco, anche gli spettatori più distratti si accorgeranno che alcune cose non tornano. Ci sta introdurre poco a poco gli elementi che servono a proseguire in una direzione precisa e ci si aspetta che abbiano una spiegazione, in seguito. Ma conta anche il modus operandi adottato per fare ciò e bisogna stare attenti a non creare confusione e buchi di trama. Il problema non sta solo nel come si cerca ad arrivare all’obiettivo. Sta anche nel come si realizzano i vari prodotti singoli. La Fase 5 è appena iniziata e sembra che stia ancora proseguendo allo stesso identico modo dei prodotti Marvel precedenti.

Marvel, Star Wars o Rick e Morty?

Ant-Man and the Wasp: Quantumania è un film che, se preso come storia singola senza farsi troppe aspettative, potrebbe divertire. Ma all’enorme schema della Marvel, aggiunge poco e non lo fa nel migliore dei modi. Se si guardano i presupposti narrativi da cui parte il vero fulcro del film, sono di una stupidità abissale e il luogo dove si svolge la trama, è l’osmosi di una puntata di Rick e Morty e di un film di Star Wars, con l’aggiunta di un pizzico di Tesoro, Mi Si Sono Ristretti I Ragazzi.

La trama è coinvolgente ed è presente anche quella leggerezza che diverte, distribuita con le giuste dosi. Però ad un certo punto, il film lascia lo spettatore confuso con delle dinamiche narrative non mostrate benissimo e in un modo poco chiaro. Si riscontrano dei punti negativi anche nel comparto tecnico. La colonna sonora è buona, però il montaggio non è chiaro, per via dell’assenza di elementi che non fanno capire certe cose e le situazioni rappresentate sono unite a casaccio, da un flebile fil rouge. Ma la cosa che disturba di più è la CGI fatta male.

Kang è un buon villain o no?

Per quanto riguarda i vari personaggi, si dimostrano poco caratterizzati e non sono approfonditi per come dovrebbero. L’unico che si salva è Paul Rudd nei panni di Scott Lang. Gli altri, onestamente, non spiccano al massimo: Hope Van Dyne viene mostrata così poco che fa persino dubitare la sua presenza certe volte; la giovane Cassie Lang non lascia nulla; Hank Pym non è lo stesso personaggio caratterizzato come nei precedenti film e potevano approfondire di più Janet Van Dyne.

Per concludere, si parla di Kang. Se si sa che questo nuovo villain verrà introdotto in questo film e dovrà avere un ruolo simile a quello di Thanos, non si aspetta che venga tutto spiegato subito ciò che lo riguarda. Però, qualche approfondimento in più su di lui non sarebbe stato male. Jonathan Majors non si è impegnato abbastanza, ma c’è la possibilità che possa fare di meglio e che il suo personaggio venga esplorato come si deve, in futuro.

Vedremo cosa accadrà nel futuro del Marvel Cinematic Universe.

 

Giorgio Maria Aloi

Black Panther: Wakanda Forever, più di un nuovo inizio

Tanta carne al fuoco difficile da gestire. Forse meno contenuti avrebbero fatto bene per la riuscita finale – Voto UVM: 3/5

 

La scelta della produzione di continuare la saga di Black Panther senza l’interprete del re T’Challa, Chadwick Boseman, ha destato molta curiosità e qualche perplessità fra il pubblico. Apparso già in Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, l’attore conquistò i cuori di molti fans. Ricordiamo che la prima pellicola sulla Pantera Nera accolse molte critiche positive, tanto da accaparrarsi ben tre Oscar nel 2019 e molti altri riconoscimenti importanti. Ci siamo trovati, quindi, al primo sequel sul supereroe wakandiano senza l’eroe stesso. Come si sarà giocato le sue carte il regista e sceneggiatore Ryan Coogler per non perdere la fiducia dei suoi fan?

Black Panther
Frame dal trailer “Black Panther: Wakanda Forever”. Fonte: Marvel Entertainment.

Black Panther: e prima venne il lutto…

Le prime scene sono di quanto più feroce: la scomparsa improvvisa di T’Challa scuote le vite della sorella Shuri (Letitia Wright) e della madre Ramonda (Angela Bassett) che incapaci si trovano ad assistere alla sua dipartita. Durante la celebrazione, in tutto il suo sfarzo, gli abiti bianchi sostituiscono quelli neri a cui siamo abituati e i balli si contrappongano ai canti misericordiosi tipici della religione cristiana.

Alla fine della cerimonia la scena ci catapulta a 9 mesi più tardi, dove le superstiti reali del popolo wakandiano si ritrovano a fronteggiare il mondo intero. Nel precedente film il re T’Challa aveva dichiarato che la città di Wakanda avrebbe aperto le sue porte a tutto il popolo terrestre, andando contro gli ideali conservatori dei suoi antenati e in particolar modo di suo padre T’Chaca. Mettendo così le risorse del suo popolo sotto il mirino delle super potenze mondiali.

Black Panther
Dal trailer di “Black Panther: Wakanda Forever” Fonte: Marvel Entertainment.

Girl power reale in Black Panther

L’eredità di T’Challa passa ai superstiti della famiglia reale, ovvero le donne, che hanno sempre affiancato in vita l’eroe caduto. Shuri e la regina Ramonda dovranno fare i conti con le potenze mondiali che faranno di tutto per ottenere il preziosissimo vibranio. Una risorsa talmente ricercata da far emergere dai mari un’antica civiltà che per proteggere il suo stato di quiete minaccerà i protettori di Wakanda. Una giovane scienziata, Riri Williams (Dominique Thorne), sarà il deterrente fra queste due civiltà fuori dal mondo conosciuto e si rivelerà essere un personaggio molto simile ad un genio, miliardario, playboy e filantropo che conosciamo bene. La nuova nazione, il popolo di Talokan, e il suo leader verranno descritti fin dalle loro origini con molta minuzia. Forse anche troppa. Come troppe sono state le parole spese per spiegare il motivo per cui i Talokiani vivono nei fondali marini.

Black Panther
Dal trailer di “Black Panther: Wakanda Forever” Fonte: Marvel Entertainment.

Come la vendetta muove tutto

Nel film vedremo come le idee tra Shuri e Ramonda siano diametralmente opposte. Da una parte la ragazza, che crede nell’evoluzione e nell’innovazione tecnologica, mentre dall’altra la regina Ramonda, molto più conservatrice. E proprio in mezzo a queste due linee di pensiero si inserisce Namor (Tenoch Huerta), il leader dei Talokiani, un reazionario personaggio pragmatico mosso dalla sola unica vendetta nei confronti dei paesi della superficie. Talmente astuto tenta di indurre alla vendetta anche Shuri utilizzando come tramite le avversità storiche e politiche, come nel ricordarci del colonialismo occidentale dei secoli scorsi. Non a caso l’incipit della pellicola vede coinvolte la Francia e gli U.S.A. per questioni di potere.

Lunga vita al re, ma non alla durata del film

Premesso che fare un film senza il suo protagonista non sarebbe stato facile, questo nuovo tassello dell’MCU si incastra prepotentemente in un grande puzzle che non trova più i suoi stessi confini. Commemorare la scomparsa dell’interprete di T’Challa, favorendo l’entrata in scena dei nuovi protagonisti ci è sembrata una buona mossa da parte degli autori. Eppure, la seconda metà della visione perde il grosso del suo climax iniziale, recuperato solamente nell’unica scena post credit.

Se molti spiegoni e alcune ridondanze fossero state fatte fuori dal minutaggio, una durata ridotta sarebbe stata più che gradita. Oseremmo dire che alcuni aspetti sulla civiltà di Talokan sarebbero stati un ottimo materiale per un film stand alone con un suo carattere e un suo scopo. In definitiva, potremmo dire che Black Panther: Wakanda Forever restituisce un’ottima commemorazione, una bella storia di rinascita e anche alcuni sprazzi di critica politica, se solo la carne al fuoco non fosse stata così tanta.

 

Salvatore Donato

Spider-Man: No Way Home, la chiusura del cerchio

Tra grandi crossover e coreografie mozzafiato, Spider-Man No Way Home è un film che tocca nel profondo i fan dell’uomo ragno – Voto UVM: 5/5

 

Dopo quasi 20 anni di filmografia Sony sul “tessiragnatele”, Jon Watts col terzo capitolo della sua trilogia chiude un enorme cerchio narrativo.

Il film riprende esattamente dove si era concluso il precedente (Spider-Man Far From Home), quando grazie ad un trucco, Mysterio riesce a svelare l’identità di Spider-Man facendolo anche passare per l’autore della sua morte e conseguentemente scatenando una ripercussione sull’immagine del ragno.      Peter Parker (Tom Holland) decide così di andare a trovare Doctor Strange (Benedict Cumberbatch) per cercare un incantesimo tramite il quale tutti potessero dimenticare l’identità di Spider-Man.

L’incantesimo viene però alterato da Peter risultando nell’effetto opposto, ossia diversi villain appartenenti ad altri universi che sono a conoscenza che Peter Parker è Spider-Man, vengono teletrasportate nel MCU.  Rivediamo dall’universo narrativo dello Spider-Man di Sam Raimi dei ritorni illustri quali quello di Doc Ock (Alfred Molina), l’Uomo Sabbia (Thomas Haden Church) e Green Goblin (di un William Dafoe assolutamente strepitoso).

Alfred Molina di nuovo nei panni di Dottor Octopus dopo 17 anni

Mentre dall’universo narrativo dell’Amazing Spider-Man di Marc Webb, vediamo il ritorno di Electro (Jamie Foxx) e di Lizard (Rhys Ifans).

Gli eventi narrati nel film proseguono – come già detto – la storia da dove si era interrotta nel precedente capitolo e si sviluppano in modo assolutamente prevedibile nella prima parte della pellicola, con un Peter Parker che cerca di porre rimedio a ciò che Mysterio ha compiuto al termine di Spider-Man Far From Home.

Ma è nella seconda parte che il film diventa dirompente specialmente a livello emotivo.

Spider-Man si ritroverà a combattere nemici per lui sconosciuti, ma che al tempo stesso conoscono bene l’Uomo Ragno ma soprattutto Peter Parker.

Saranno proprio loro a spingere Peter verso una crescita emotiva esponenziale, ma non priva di possibili ricadute che potrebbero trascinare il nostro eroe in un tetro baratro senza possibilità di risalita, crescita messa in mostra dal miglior Tom Holland mai visto nelle vesti del ragno.

Un percorso di crescita che nessun altro film appartenente al MCU è stato in grado di portare in scena, un percorso affrontato anche dai personaggi secondari, tra i quali più di tutti brilla una Zia May (Marisa Tomey) alquanto commovente.

Tom Holland e Zendaya in una scena del film

Le coreografie dei combattimenti sono tra le migliori in assoluto mai viste non solo nel MCU, ma nel mondo dei cinecomics in generale.

Partendo dallo scontro tra Doc Ock e Spider-Man sul ponte fino ad arrivare a quello tra lo stesso e Goblin, quest’ultimo violento e crudo come pochi si sarebbero immaginati.

Non mancano ovviamente i riferimenti fumettistici, soprattutto quelli relativi a Soltanto Un Altro Giorno di Straczynski e Quesada.

 

Spider-Man, One More Day: copertina del fumetto. Fonte: Marvel Comics

 

Parlare di Spider-Man No Way Home è davvero complesso, in quanto ogni parola potrebbe risultare di troppo a chi il film non l’ha ancora visto, e soprattutto perché questa pellicola – più di tutte le altre sul ragno – tocca profondamente il cuore degli appassionati del più grande supereroe.

In conclusione, Spider-Man No Way Home è il film delle origini dell’Uomo Ragno di Tom Holland che ha l’abilità di chiudere molteplici storie, ma soprattutto di dare inizio a qualcosa di nuovo.

Il ragno sarà sempre iconico e quale modo migliore di finire un ciclo se non quello di tornare dove tutto è iniziato?!

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Giuseppe Catanzaro

Marvel: Croce e Delizia

Il mese di luglio è stato il punto di svolta di questa nuova fase del MCU (Marvel Cinematic Universe) grazie alla conclusione della serie su Loki e del tanto atteso film sulla Vedova Nera.

Loki

La terza serie su Disney+ risulta essere inaspettatamente la più impattante sul nuovo corso narrativo della Fase 4, ma anche quella che vanta una qualità di scrittura maggiore.

Locandina della serie. Fonte: LaPresse

Gli eventi della serie partono dalla fuga di Loki durante Avengers Endgame (2019) avvenuta grazie ad una Gemma dell’Infinito – che portano il protagonista (interpretato da un Tom Hiddleston in grande spolvero) ad arrivare in un pianeta sperduto nel quale verrà arrestato dalla TVA (Time Variance Authority) e condotto nel loro quartier generale.

Qui arrivato, Loki scopre di essere una “variante”, ossia una versione di sé stesso che non è andata incontro alla sorte che il destino gli aveva serbato.

La serie si rivela dunque il fulcro dal quale si dirameranno i futuri di tutti i personaggi dell’universo cinematografico della Casa delle Idee, che delinea e prospetta un imminente multiverso.

Le parti migliori risultano essere i dialoghi, scritti in maniera impeccabile e mai stucchevole o noiosa e che fanno capire in maniera chiara allo spettatore i background di ogni singolo personaggio.

Brillano anche i costumi e tutte le citazioni ai lettori delle varie controparti cartacee.

In conclusione, Loki è una serie fresca e scorrevole, ma di impatto, quella che più di tutte le altre dà l’impressione allo spettatore di leggere un fumetto: sembra proprio che la Disney non abbia intenzione di sbagliarne una!

Black Widow

Totalmente all’opposto qualitativamente parlando è il film incentrato su Natasha Romanoff.

Locandina del film. Fonte: Comics Universe

La pellicola narra gli eventi vissuti dalla Vedova Nera (Scarlett Johansson) nel periodo che intercorre tra Civil War e Avengers Infinity War.

Una Natasha in fuga (in quanto ha violato i trattati di Sokovia essendosi schierata dalla parte di Capitan America) riceve una lettera dalla propria sorella adottiva (anch’essa vedova nera), la quale, una volta incontrata, le chiede aiuto per liberare tutte le altre vedove nere ancora prigioniere della Stanza Rossa.

Il film vuole essere uno spy-movie dai toni un pò più canzonatori e leggeri rispetto ad un Capitan America: The Winter Soldier (2014), riuscendo ad esserne solo una brutta copia in tutti gli aspetti. Cerca di spremere tutto ciò che è rimasto da spremere, da un personaggio che non aveva più niente da dire già in Avengers Endgame.

Dialoghi vuoti e privi di mordente, coreografie dei combattimenti deboli e non spettacolarizzate quanto dovrebbero – tranne in rarissimi casi – e una trama scialba che non aggiunge letteralmente nulla alla visione di insieme del MCU se non per la scena post credit.

Tirando le somme, Balck Widow non è un film pretenzioso ma riesce a far male anche quelle cose in cui dovrebbe brillare un po’ di più, un tributo finale assai amaro ad un personaggio che ha accompagnato i fan dell’universo cinematografico Marvel sin dagli inizi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Giuseppe Catanzaro