Mileva Marić: la scienziata perduta

Mileva Maric è stata una brillante studiosa. La sua intelligenza l’ha portata a ricoprire un ruolo importante nella storia della fisica. Per lungo tempo, tuttavia, è rimasta nell’ombra, rilegata al ruolo di prima moglie di Einstein. Oggi siamo finalmente pronti a ridarle la posizione che merita.

Elenco dei contenuti

Tra passioni e bigottismo: la formazione

Milena Maric nasce a Titel, allora parte dell’Impero astro ungarico, il 19 dicembre 1875. Sin dalla giovinezza il padre nota in lei una spiccata intelligenza, nonché una forte curiosità. Si impegna, dunque, a garantirle una buona istruzione, impresa non semplice in quanto lei è una donna. Quando la famiglia si trasferisce a Zagabria viene iscritta a un liceo di lingua tedesca dove, tuttavia, non può diplomarsi. Il suo amore per le materie scientifiche la porta a un nuovo spostamento. Questa volta la destinazione è la Svizzera. Si diploma a Zurigo riuscendo successivamente a superare l’esame di ammissione al Politecnico. Da qui ha inizio la sua carriera universitaria.

Nello stesso anno conosce Einstein, suo collega. I due legano rapidamente. Le loro intelligenze si potrebbero definire complementari: lei ha una buona padronanza del linguaggio matematico, nonché una grande conoscenza della fisica; lui è dotato di un buon intuito.

Moglie e madre ti vogliamo

Mileva Maric e Albert Einstein
https://www.enciclopediadelledonne.it

La relazione con Einstein procede e la Maric rimane incinta. Questo evento segna la fine della sua carriera universitaria. Si  presenta alla seduta di laurea col pancione, condizione inaccettabile per la commissione dell’epoca. Viene, infatti, bocciata. Suo marito, invece, si laurea, ma non viene assunto negli ambienti accademici. Trova, piuttosto, lavoro come impiegato dell’Ufficio Brevetti di Berna.

Nel 1904 nasce il secondo figlio, Hans, e Marić si adatta al ruolo che all’epoca le spettava. Il confronto intellettuale con il marito è, tuttavia, vivace. Sono questi gli anni in cui viene sviluppata la teoria della relatività alla quale non è escluso che lei abbia contribuito attivamente.

La carriera di Einstein raggiunge in questo periodo i suoi maggiori picchi. A seguito della rilevanza assunta dalle sue teorie gli viene consegnata una cattedra a Praga e poi a Berlino. Qui inizia, inoltre, la frequentazione con la cugina Elsa Löwenthal, con la quale ha una relazione extraconiugale che presto si trasforma in un nuovo matrimonio.

Ultimi dolorosi anni

Nel 1914 Einstein e Moric danno inizio a una lunga trattativa per il divorzio che si conclude dopo ben cinque anni. Particolarmente difficile è stabilire i termini di separazione relativi l’aspetto finanziario. Moric deve prendersi cura dei due figli avuti durante il matrimonio e, dunque, chiede un mantenimento. Einstein tenta, senza riuscirci, di omettere che la causa del divorzio risiede nel tradimento da lui perpetrato.

Gli ultimi anni di vita sono per Milena piuttosto tristi. Einstein e il figlio maggiore si trasferiscono in America a causa dell’instaurazione del regime fascista. Milena rimane, invece, in Svizzera, dove si occupa del figlio minore: Eduard. Il ragazzo soffre di schizofrenia e la madre passa il resto della vita a prendersi cura di lui.

Nel maggio del 1948 viene ricoverata a seguito di un ictus morendo il 4 agosto dello stesso anno all’età di 73 anni.

Una laurea sudata

Gabriella Greison e la sua battaglia per ottenere la laurea postuma https://greisonanatomy.com

La storia di Mileva Maric è riemersa negli anni novanta del secolo scorso a seguito della pubblicazione della corrispondenza privata tra lei e il marito.

Da allora si è aperta la discussione circa il contributo di Mileva ai lavori di Einstein. Tale indagine riguarda prevalentemente i quattro articoli pubblicati nel 1905. L’estrema velocità con cui Einstein li porta a termine, pur essendo impiegato all’Ufficio Brevetti, ha indotto molti a pensare che Mileva abbia contribuito.

Un altro possibile indizio dell’aiuto da parte della Moric è dato dal fatto che Einstein usa il pronome plurale quando si riferisce alle pubblicazioni di quegli anni.

Non si è ancora giunti a una posizione certa circa il suo contributo. Ciò di cui siamo a conoscenza è, però, la sua grande intelligenza che non ha potuto dar frutto a causa dell’epoca in cui viveva.

Proprio a causa di tale ingiustizia nel 2019 la fisica e scrittrice Gabriella Greison ha tentato di ottenere come riconoscimento ufficiale da parte dell’ETH la laurea postuma per Mileva Marić. Questo voleva essere un segno simbolico, a dimostrazione che i tempi sono cambiati. L’esito è stato, però, negativo. I motivi sarebbero: la mancanza di articoli che dimostrino che Mileva aveva i requisiti per laurearsi; la carenza di tracce delle sue conoscenze circa la fisica.

Altra considerazione fatta è stata che non esiste una trafila che possa darle una laurea. Lo staff, in comunicazione con Gabrielle Greison dice: “Certo potremmo inventarla, ma non è usuale: le regole ora sono che dopo aver avuto il sì unanime di tutti quelli della commissione, nessuno escluso, la persona premiata deve presentarsi alla festa di fine anno e in questo caso la cosa è irrealizzabile, no?”.

Nel 2022, la Greison ripropone la stessa domanda, grazie al cambio ai vertici del rettorato dell’ETH, riuscendo, questa volta nel suo intento.

Vediamo, quindi, come anche oggi non sia facile uscire dal buio in cui la società getta molte menti, soprattutto di donna. Possiamo ritenerci soddisfatti del piccolo riconoscimento ottenuto, ma ci rendiamo conto che affinché venga fatto un piccolo passo è necessario insistere tanto, a nostro parere, troppo.

Bibliografia

Alessia Sturniolo

 

Viaggio nella matematica: dalle origini a problemi ancora irrisolti

La matematica spesso appare come un prodotto concluso, a volte lontano dalla realtà. Ma questa disciplina non rappresenta niente di tutto ciò. Tra le varie diramazioni del sapere, essa è una tra quelle che maggiormente ha origine nella pragmatismo. Lontana dall’aver risolto ogni dubbio continua ad interrogarsi, scavando per trovare le sue risposte.

La concretezza della matematica

Indagando le origini di questa disciplina, si può apprezzare il suo senso pratico. Nasce, infatti, per la contabilità statale. Probabilmente l’uomo iniziò a contare con le dita ma, in un secondo tempo, sentì la necessità di tenere memoria di quanto numerato. I metodi utilizzati a questo fine sono vari e differenti.

Quipu

Uno dei più antichi è quello dei quipu (parola che nella lingua degli Incas significa “nodo”). Si tratta di uno strumento di conteggio costituito da funi e nodi. Questo dispositivo era molto importante all’interno dello stato, tanto che vi era una figura ‘’specializzata’’ addetta ad utilizzarlo. Si tratta del quipucamayoes (“guardiano dei nodi“), funzionario incaricato a registrare nascite, matrimoni, decessi e altri dati utili all’amministrazione locale.

https://www.peruforless.com

Bolla

Altro metodo di conteggio si basava sull’utilizzo di pietre. Spesso venivano usate nella vendita di bestiame per verificare la correttezza dell’acquisto. Infatti, i greggi, venivano accompagnati da un involucro di argilla, detto bolla. Al suo interno vi erano le pietre che corrispondevano al numero di capi di bestiame da vendere. Da qui deriva il termine ‘’bolla di accompagnamento’’, ancora oggi comunemente utilizzato. Col tempo però, le bolle sono state sostitute da tavolette di argilla. Dall’evoluzione di tale metodo si giunge poi alla nascita del testo inciso, sottoprodotto, almeno in origine, della scrittura numerica.

Tavoletta di conteggio mesopotamica
Tavoletta di conteggio mesopotamica https://www.google.com

Nascita della geometria

Anche la nascita della geometria è legata alla risoluzione di un problema concreto. Dobbiamo agli Egizi lo studio di questa branca della matematica.  Gran parte delle attività delle popolazioni che abitavano questa zona, in antichità ruotavano attorno al Nilo. Le piene periodiche però, distruggevano i campi coltivati nei suoi pressi, elidendo i confini.  Una volta finito il periodo di piena, era dunque necessario trovare un modo per calcolare l’appezzamento di terreno che spettava ad ogni persona per ristabilire i confini. A tale scopo nacque la geometria.

E lo zero?

Lo zero (dall’arabo sifr “nulla”), rappresenta una delle dieci basi su cui si fonda la nostra scala numerica. Proprio a causa delle sua importanza nel mondo contemporaneo, sembra strano pensare che nell’antichità non ne esistesse il concetto. In origine, non aveva senso scrivere una quantità nulla, in quanto il computo presupponeva l’esistenza di oggetti da numerare. Quindi, quando si avevano numeri che presentavano lo zero in una delle cifre di cui si componevano, si creavano problemi di trascrizione.

Scrittura numerica in vari popoli dell’antichità. Notiamo l’assenza dello zero https://www.google.com

La prima comparsa dello zero risale all’epoca dei Sumeri, circa 3 mila anni fa. Era un simbolo cuneiforme e indicava l’assenza di un numero. Il suo sviluppo in senso moderno, va fatto risalire alla cultura Hindu, anche se il padre di tale numero è considerato il matematico arabo Muhammad ibn Musa al Khwarizmi. Il suo utilizzo rese i calcoli più rapidi e precisi. Il termine “zero” fu usato per la prima volta in Occidente dal matematico Leonardo Fibonacci nel 1202.

Le nostre sfide

La matematica di oggi, invece, su cosa si interroga? Quali sono i passi in avanti che abbiamo fatto? 

Nel maggio del 2000 Landon T. Clay ha messo in palio sette milioni di dollari per la risoluzione di altrettanti quesiti matematici, i cosiddetti “Problemi del Millennio“. Si tratta di interrogativi che ci poniamo da decenni. Vediamoli insieme:

  1. L’ipotesi di Riemann: riguarda la distribuzione dei numeri primi. Riemann notò che questa è legata al comportamento di una funzione ben precisa: la “zeta di Riemann“. Dimostrare quest’ipotesi avrebbe anche ripercussioni nel mondo della crittografia, dove alcuni algoritmi si basano sulla difficoltà di trovare fattori primi di numeri spropositatamente grandi.
  2. La teoria di Yang-Mills: utilizzata per spiegare le interazioni forti delle particelle elementari. Nonostante sia stata confermata dagli esperimenti, non è ancora stata compresa dal punto di vista teorico.
  3. Il problema P versus NP: Gli P sono problemi matematici veloci da risolvere per i computer, mentre gli NP sono veloci da controllare, ma non necessariamente da risolvere. Ci si chiede, dunque, se un problema la cui risposta può essere verificata rapidamente può anche essere risolto velocemente. Molti considerano questo il più importante problema aperto nell’informatica.
  4. Le equazioni di Navier-Stokes: spiegano il movimento dei fluidi nei loro moti turbolenti. La loro comprensione rimane per lo più oscura.
  5. La congettura di Poincaré: uno dei più importanti problemi della topologia, risolto nel 2003 da Grigorij Jakovlevič Perel’man.
  6. La congettura di Birch e Swinnerton-Dyer: riguarda le curve ellittiche nei numeri razionali. Se dimostrata, migliorerebbe anche la nostra conoscenza dei numeri primi.
  7. La congettura di Hodge: è un problema di tipo topologico, di cui si deve dimostrare l’inverso.

Tra passato e avanguardia

La matematica mantiene ancora il suo fascino, nascondendo una storia fatta di quesiti. Ci ha accompagnato nell’evoluzione della nostra civiltà e continua a stimolare l’intelletto di chi gli si avvicina. Oggi le domande da porsi sono numerose. La bellezza sta nel continuare a studiare una disciplina che l’uomo stesso ha creato, e che, nonostante ciò, continua a scoprire. È un po’ come se conoscendo la matematica interrogassimo la nostra intelligenza.

Alessia Sturniolo

Bibliografia

Il Pi greco parla la lingua dell’Universo

π.

Sedicesima lettera dell’alfabeto greco, un piccolo carattere che rappresenta parte della nostra cultura.

Questo simbolo, infatti, racchiude in sé una storia lunga millenni, colma di pensieri e uomini che si sono impegnati per quantificarlo, dandogli nuovi significati.

Il pi greco assume un ruolo importante in ambito matematico. Questo simbolo indica, infatti, una costante cui è stato attribuito un valore numerico. Si tratta di un numero irrazionale (cioè decimale illimitato non periodico) e trascendente (non è radice di nessuna equazione algebrica a coefficienti interi).

Il valore approssimato del pi greco. Fonte: codiceedizioni.it

π è l’iniziale di περίμετρος (“perimetro”) ed esprime il rapporto tra la lunghezza di una circonferenza e il relativo diametro.

Il π attraversa la nostra storia

Lo studio del π inizia in Egitto e prosegue nel tentativo di determinarne un valore sempre più preciso.

La più antica documentazione esistente sull’argomento ci è stata lasciata da uno scriba di nome Ahmes. Si tratta del Papiro di Rhind. Lo scritto recita: “Togli 1/9 a un diametro e costruisci un quadrato sulla parte che ne rimane; questo quadrato ha la stessa area del cerchio”. Il testo di Ahmes implica che il rapporto tra circonferenza e diametro è pari a 3,16049. Questo valore si discosta di meno dell’1% da quello vero, testimoniando una notevole precisione per il tempo.

Le formule contenute nel Papiro Rhind rappresentano anche il primo caso documentato di un tentativo di “quadrare il cerchio”, ossia di costruire un quadrato con la stessa area del cerchio.

Frammento del Papiro di Rhind, 1650 a. C. Fonte: mediterraneoantico.it

Gli studi riguardanti la circonferenza furono ripresi nel quarto secolo a.C. dai greci.

Antifonte e Brisone di Eraclea, in particolare, tentarono di trovare l’area di un cerchio usando il principio di esaustione.

Archimede, un paio di secoli dopo, usò lo stesso metodo concentrandosi, però, sui perimetri anziché sulle aree. Stimò per la circonferenza una lunghezza compresa tra il perimetro di un poligono inscritto e uno circoscritto.
Archimede riuscì, quindi, stabilì che il π doveva trovarsi tra 3,1408 e 3,1428.
Successivamente  rese pubbliche le sue scoperte nel libro “Misura del cerchio”.

Parte della Scuola di Atene di Raffaello in cui viene rappresentato Archimede intento a disegnare un cerchio. Fonte: www.arte.it

Anche in Cina, molti matematici si prodigarono nel calcolo del valore del pi greco. L’astronomo Tsu Chung Chi e suo figlio, in particolare, dedicarono molti anni allo studio di questa costante. Usarono nei loro studi dei poligoni, inscritti nella circonferenza, con innumerevoli lati. L’operazione fu immane, ma gli permise di giungere a un risultato che si discosta dal valore reale solamente per una cifra su un miliardo.

Altro studioso interessatosi alla determinazione del valore di questa costante fu Ludolph Van Ceulen, il quale arrivò tramite il metodo di Archimede, incrementando, però, di molto il numero di lati, a calcolare 35 cifre decimali del π. Quando morì, nel 1610, decise di far incidere la nuova versione del π sulla sua tomba.

La tomba di Ludolph Van Ceulen. Fonte: Wikipedia.it

Dobbiamo aspettare l’avvento dei calcolatori moderni per avere a disposizione sempre più cifre decimali di questa costante. Il sito angio.net/pi, per esempio, ha un database che raccoglie 200 milioni di cifre del π ed è possibile inserire una combinazione di numeri per sapere dove questa si trova. Essendo un numero irrazionale, infatti, esso ha infinite cifre decimali che non si ripeteranno mai uguali ed è quindi possibile trovare una qualsiasi sequenza di numeri, da qualche parte, al suo interno.

Il fascino del π

Il pi greco, però, non è presente solo nella matematica e in tutte quelle scienze che se ne servono.  Rappresenta una costante della natura stessa. Lo ritroviamo nel pallone calciato in rete, nella ali degli aerei, nell’iride dei nostri occhi o, ancora, nella doppia spirale del DNA. È anche per questo che si continua lo studio sulle cifre decimali del pi greco (attualmente siamo arrivati a 5 mila miliardi di numeri dopo la virgola) nella ricerca di regolarità, sequenze ripetute o altre sorprese del numero.

È possibile, inoltre, trovarlo guardando le stelle in cielo. Lo ha fatto Robert Matthews, della University of Aston in Birmingham, combinando un set di dati astronomici con la teoria dei numeri. Matthews ha calcolato le distanze angolari tra le 100 stelle più luminose del cielo e le ha usate per generare un milione di coppie di numeri casuali, giungendo a stimare per il π un valore di 3,12772, che si discosta di appena lo 0,4% da quello reale.

Emerge anche dalle acque dei fiumi. Ad accorgersene è stato il matematico Hans-Henrik Stolum, che in uno lavoro pubblicato su Science nel 1996 ha analizzato la sinuosità di fiumi e torrenti, scoprendo che questi scorrono seguendo una geometria frattale, caratterizzata dall’“alternanza di configurazioni ordinate e configurazioni caotiche”. In particolare, è possibile approssimare il rapporto tra la lunghezza di un fiume dalla sorgente alla foce e quella in linea d’aria a pi greco. La sinuosità media di un fiume è, dunque, molto vicina a 3,14.

Nella matematica e nella fisica pi greco è praticamente ovunque. Compare all’interno di equazioni e formule fondamentali, nei moti ondosi, nel movimento dei pianeti, nelle collisioni tra le particelle elementari. Lo ritroviamo anche nella meccanica, nell’energia sprigionata dagli urti.

π: dalla fisica alla musica

Il π, in realtà, fa ormai parte anche della cultura pop moderna. Esiste, ad esempio, una disciplina sportiva, non ufficiale, che consiste nel decantare a memoria quante più cifre decimali del π. Akira Haraguchi, ingegnere giapponese, è il campione assoluto di questo sport. È riuscito a memorizzare ben 100.000 cifre.

Esiste anche uno stile di scrittura, chiamato Pilish, in cui la lunghezza delle parole utilizzate corrisponde alle cifre del π.

Esempio di pilish. Fonte: pbs.twimg.com

Un’iniziativa molto curiosa è stata, invece, quella di Daniel McDonald che ha tentato di riportare in musica le cifre del π. Ha creato la melodia associando un numero ad ogni nota nella Scala Armonica Minore di La.
Successivamente ha suonato la melodia con la sua mano destra mentre l’armonia veniva creata dalla sinistra.
È possibile trovare il video della composizione al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=OMq9he-5HUU.

Potremmo pensare di definire il pi greco come il compagno della nostra evoluzione, simbolo di progresso. Dalla prima intuizione ad oggi, il suo studio ci permette di comprendere meglio la realtà che ci circonda. Più scrutiamo a fondo, più notiamo una sorta di armonia nella natura che dal più piccolo elemento si ripercuote nei grandi corpi gassosi che soggiornano la volta celeste.
Quella stessa è presente anche in noi, piccola rappresentazione della complessità delle stelle, e in ogni petalo, nella curvatura di un onda. Il pi greco contribuisce a permetterci di capirla in un percorso che probabilmente sarà infinito, proprio come le sue cifre.

Alessia Sturniolo

Bibliografia

Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: La Farina e Archimede

In attesa del rientro in classe degli studenti delle scuole superiori siciliane, previsto, salvo rinvii, per l’inizio della prossima settimana, torna il nostro spazio dedicato alle scuole messinesi. Come preannunciato, oggi è il turno degli altri due licei del centro: il Liceo Classico “G. La Farina” e il Liceo Scientifico “Archimede”.

 

Liceo Classico “G. La Farina”

Il Liceo Classico “G. La Farina”, oggi parte dell’I.I.S. “La Farina – Basile” in quanto accorpato al Liceo Artistico “E. Basile” – di cui tratteremo prossimamente -, avviò le attività didattiche nel 1932. L’edificio è situato in via della Munizione, il cui nome ricorda un teatro che, in precedenza, fu magazzino di armi e munizioni. Si dice che in questo teatro anche La Farina – tra i tanti – inscenò una sua opera; probabilmente questo è uno dei motivi per cui fu scelto come nome dell’istituto quello del patriota messinese.

L’edificio del Liceo Classico “Giuseppe La Farina” – Fonte: normanno.com

Giuseppe La Farina (1815 – 1863) nacque a Messina e si laureò in Giurisprudenza presso l’Università di Catania. In giovinezza fu anche redattore di alcuni giornali cittadini. La sua grande passione, però, fu la politica, per la quale, nel 1937, dovette lasciare la città dello Stretto, insieme alla moglie Luisa di Francia – zia di Sant’Annibale-, con l’accusa di aver partecipato a un movimento rivoluzionario.

Soggiornò nella città di Firenze, prima di rientrare nel 1848 in Sicilia in occasione dei moti per l’indipendenza del Regno di Sicilia. La Farina fu uno dei protagonisti del biennio rivoluzionario, ricoprendo la carica di deputato al Parlamento di Palermo e quella di ministro (prima della Pubblica Istruzione, poi dei lavori pubblici, dell’interno e della guerra).

Terminata l’esperienza rivoluzionaria, si trasferì prima in Francia e successivamente a Torino, dove fondò un’associazione patriottica: la Società nazionale italiana. A seguito della spedizione dei Mille (1860), il Presidente del Consiglio del Regno sabaudo Cavour lo inviò a Palermo quale rappresentante in Sicilia del Governo, anche se la sua permanenza sull’Isola durò poco, a causa dei contrasti con Garibaldi.

Monumento a Giuseppe La Farina in Piazza Solferino, Torino – Fonte: vivatorino.it

Nel 1861 fu eletto deputato della città di Messina nel primo Parlamento del Regno d’Italia – con sede a Torino – in cui ricoprì l’incarico di vicepresidente della Camera dei deputati. Due anni più tardi si spense nella città della Mole.

Nel 1872, in occasione dell’inaugurazione del Gran Camposanto, le sue ceneri furono trasportate nella città natale, ove tutt’ora giacciono nel famedio del cimitero.

Liceo Scientifico Statale “Archimede”

Poco distante dal centro storico, in prossimità dello svincolo autostradale Messina-Boccetta, è situato il Liceo Scientifico “Archimede”, fondato nel 1969. L’edificio principale è quello che ospitava il Convitto “Cappellini”, un ospizio di beneficienza istituito nell’Ottocento. L’istituto è intitolato al celebre scienziato Archimede, che, seppur non abbia avuto un legame diretto con la città di Messina, ha apportato un importante contributo all’evoluzione della scienza e della tecnica.

L’edificio del Liceo Scientifico “Archimede” – Fonte: elencoscuole.eu

Archimede (287 a.C. – 212 a.C.) nacque a Siracusa, la città siciliana più potente dell’epoca, alleata di Roma durante la Prima Guerra Punica. Molto probabilmente, durante gli anni della guerra, Archimede non ha vissuto in patria, poiché si stabilì, per motivi di studio, ad Alessandria d’Egitto, la capitale culturale dell’Ellenismo.

Rientrato in Sicilia, fu apprezzato dal re Gerone, soprattutto per due episodi leggendari. Si narra che Archimede riuscì a muovere una nave con il solo aiuto di un congegno meccanico – da qui la celebre frase “datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo!” – e smascherò un orefice che aveva ingannato il Re, realizzando una corona non totalmente d’oro. L’intuizione, secondo la leggenda, gli venne quando si immerse in una vasca e, esclamando “Eureka!”, si accorse che l’acqua fuoriuscita poteva essere uno strumento di misurazione del volume dei solidi.

Busto di Archimede – Fonte: libertasicilia.it

Lo scienziato siracusano, maestro della tecnica, inventò numerose macchine – come il planetario -, persino belliche. Archimede, infatti, dopo la morte di Gerone, diresse le operazioni militari, per difendere la sua città dall’assalto dei Romani. Nonostante le ingegnose invenzioni rallentarono l’avanzata romana, la città di Siracusa capitolò e, durante il saccheggio, Archimede perse la vita – per mano di un soldato che violò l’ordine di catturarlo vivo -, mentre era immerso nello studio di alcune figure geometriche.

I suoi numerosi studi, ripresi da matematici del Cinquecento e del Seicento, tra cui Francesco Maurolico, costituirono le basi per importanti evoluzioni della scienza matematica.

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia e i personaggi degli altri celebri istituti del centro: l’Istituto Tecnico Economico “Jaci”, l’I.I.S. “Verona-Trento” e l’I.T.T.L. “Caio Duilio”.

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

islafarinabasile.edu.it

liceoarchimedeme.it/

treccani.it/enciclopedia/archimede

tempostretto.it

Immagine in evidenza:

Archimede (fonte: le-citazioni.it) e Giuseppe La Farina (fonte: universome.eu)

Aggiornamento Covid-19: proiezioni matematiche della pandemia

Sono passati diversi giorni dalla pubblicazione dell’articolo che spiegava la matematica del coronavirus. Tuttavia in quel periodo eravamo ancora agli albori, con una quantità di dati molto scarsa. Adesso i dati sono sufficienti per prevedere con buona accuratezza il futuro comportamento di questa terribile pandemia.

Bisogna però premettere che i modelli matematici applicati per studiare il virus non sono universali ed esatti, questo perché ad influenzare l’andamento del virus è anche il comportamento umano, e nessuna equazione matematica (almeno per ora) è in grado di prevedere le azioni degli esseri umani.

Tralasciando il comportamento umano, il virus si diffonde in una maniera piuttosto semplice: chi ne è portatore ha una certa probabilità di contagiare chi gli sta vicino. È ovvio quindi pensare che la crescita dell’epidemia è di tipo esponenziale, dato che nel corso di una giornata siamo a stretto contatto con 50 o anche più persone. Quindi, se fossimo infetti, avremmo trasmesso il virus ad una buona percentuale di loro, che diventeranno a loro volta portatori di virus.

Un esempio di andamento esponenziale è rappresentato in Figura 1, in cui si vede che il numero di infetti cresce senza sosta. Fortunatamente l’epidemia non si propaga in questo modo e la causa è dovuta a due fattori. Il primo è che il numero di umani, per quanto grande sia, è sempre un numero finito. Questo vuol dire che prima o poi l’epidemia si dovrà arrestare. Il secondo è che facciamo di tutto per non prendere il virus: ci isoliamo a casa, indossiamo le mascherine ed i guanti, tossiamo nel gomito, ecc…

Da queste considerazioni ci aspettiamo quindi che l’andamento dell’epidemia sia inizialmente esponenziale, ma che poi inizi a decrescere fino a fermarsi. In Figura 2 è rappresentato esattamente questo tipo di comportamento.

Figura 2. Esempio classico di un comportamento logistico.

La funzione qui raffigurata si chiama sigmoide (o funzione logistica), ed è l’esempio più classico che si può considerare per un’epidemia.

Molti scienziati, durante questi mesi di quarantena, hanno cercato la teoria più appropriata per descrivere il coronavirus. La sigmoide è di sicuro un buon punto di partenza, ma presenta diversi difetti, come ad esempio il fatto di essere simmetrica. Per simmetria si intende che il modo in cui l’epidemia cresce è uguale al modo in cui decresce. Ma questo non è generalmente vero.

Le teorie più affermate sono:

  • Gompertz
  • Richards
  • S.I.R.

Tutti questi modelli hanno una forma simile a quella di una sigmoide, ma presentano un’asimmetria. Per esempio la Figura 3, che rappresenta il caso della regione di Hubei in Cina, assomiglia molto ad una sigmoide, ma se si guarda con maggiore attenzione si può osservare che l’epidemia è scesa poco più velocemente della salita, manifestando così una lieve asimmetria. La teoria a mio avviso più completa per lo specifico caso del COVID-19 è una versione modificata del modello S.I.R. [1]. Ma prima è opportuno spiegare il modello classico. (Per chi non ha voglia di addentrarsi nelle equazioni, può tranquillamente saltare questa parte).

La sigla S.I.R. sta per Susceptible (Suscettibile), Infectous (Infetto), Recovered (Guarito). Questo modello infatti si occupa di descrivere l’andamento temporale di queste tre classi di persone.

Appartengono alla classe S le persone che non hanno ancora contratto il virus, e che quindi sono potenzialmente esposte al rischio. Alla classe I appartengono tutte le persone infette, e che quindi possono anche trasmettere il virus. Appartengono infine alla classe R tutte le persone che sono uscite dallo stato di infezione (che comprende sia i guariti che i deceduti).

Quali sono le equazioni matematiche che descrivono le quantità S,I ed R? Di certo non sono semplici, ma si possono fare alcune considerazioni. Col passare del tempo le persone suscettibili diminuiscono. Quanto diminuiscono? Dipende da quante persone a rischio ci sono e, ovviamente, dal numero di persone infette. Dire che le persone suscettibili diminuiscono significa che la sua variazione è un numero negativo.

Esempio fittizio dell’andamento delle classi S (blu), I (verde) ed R (rosso) nel caso del modello S.I.R. classico.

Per quanto riguarda la variazione di persone ricoverate, questa è sicuramente una porzione delle attuali persone infette. Infine, la somma S+I+R deve dare il numero dell’intera popolazione (in questo caso dell’Italia). Queste considerazioni si traducono in “matematichese” in un sistema di equazioni differenziali:

La modifica attuata a questo modello si occupa di inserire un fenomeno fino ad ora mai analizzato, ovvero il “lockdown”, o meglio dire il blocco totale del paese.

È ovvio che il lockdown influenza non di poco l’espansione dell’epidemia, diminuendola in maniera significativa. Questo fenomeno si manifesta all’interno della costante α, ossia la costante diventa una variabile:

dove a1, a2 sono delle costanti da determinare e t0 è il giorno in cui è stato applicato il lockdown (nel caso dell’Italia il 9 Marzo).

Esiste un metodo matematico, chiamato fitting, che permette di trovare la curva che più si avvicina ai dati reali. In parole povere il fitting modifica i parametri α, β, a1 e a2 in modo da seguire il più possibile l’andamento reale dell’epidemia.

Le Figure 5 e 6 mostrano i fit eseguiti sui dati italiani (totale infetti e nuovi infetti al giorno), utilizzando sia il modello S.I.R. modificato sia il modello Richards.

Figura 5: In viola il modello S.I.R. fittato. In giallo il modello Richards fittato. Nmax indica il numero massimo di persone contagiate.

Come si può vedere il modello S.I.R. presenta un errore più grande, perché è più difficile da determinare.

Figura 6: Nuovi infetti al giorno. In viola il modello S.I.R. modificato, in giallo il modello Richards.

Secondo le teorie quindi l’epidemia dovrebbe essere presente ancora per un altro mese. È ovvio che queste sono solo previsioni matematiche che, come detto nell’introduzione di questo articolo, non prevedono il comportamento inaspettato dell’essere umano.

Quindi, se è vero che sembra di aver superato il picco di contagi, è anche vero che potrebbe continuare a salire se domani ce ne andassimo tutti in giro. Quindi consiglio a tutti quanti di rimanere a casa, perché questa è soltanto la versione più ottimista della situazione attuale.

Potete continuare a seguire l’andamento del virus in tutta Italia e regione per regione al link https://github.com/albertomercurio/covid-19_italy che viene aggiornato giorno dopo giorno.

Alberto Mercurio

[1] https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0960077920301636

COVID-19, la matematica dell’epidemia che ci indica l’andamento del virus in Italia

Sul Coronavirus si è detto quasi tutto, ma una domanda che tutti ancora si pongono è: “Quante persone infette raggiungeremo in Italia?”. Ecco, con l’aiuto della matematica è possibile prevederlo, con qualche “ma” che questo articolo si occuperà di approfondire.

Chi scrive non è né un virologo né un epidemiologo, ma solo uno studente di Fisica dell’Università degli Studi di Messina a cui piace mettere in pratica le proprie conoscenze.

Si sa che la matematica è dappertutto nella nostra vita, e che le “noiose equazioni” siano utili – in particolare – da conoscere per spiegare alcuni fenomeni della realtà. Queste equazioni ci permettono di prevedere situazioni apparentemente incontrollabili, come è già stato ampiamente studiato nel caso delle epidemie.

Basandoci sull’intuito, un’epidemia dovrebbe diffondersi in maniera esponenziale. Che significa? Per chiarire questo concetto basta vedere la Figura 1.

Figura 1: Andamento di una funzione esponenziale

Un andamento esponenziale è caratterizzato dal fatto che il numero di persone infette non aumenta in maniera costante, ma la sua velocità di diffusione cresce sempre di più. La caratteristica di un andamento esponenziale è che prima o poi l’epidemia sarebbe in grado di raggiungere tutti.

Fortunatamente non è così, altrimenti ci saremmo estinti secoli fa. L’evoluzione di un’epidemia segue una funzione che si chiama “sigmoide” o “funzione logistica”. Questa funzione ha un andamento a forma di “S”, come si può vedere nella Figura 2.

Figura 2: Andamento di una funzione sigmoide. Come si può vedere, dopo un certo punto l’epidemia si stabilizza.

Esiste una tecnica matematica, chiamata fitting, che permette di trovare la giusta tipologia di sigmoide (che dipende sia dagli infetti massimi che l’epidemia riesce a prendere, sia dal punto in cui la velocità dell’epidemia cessa di crescere, chiamato punto d’inflessione) che descrive al meglio i dati reali.

Facendo un esempio molto pratico, si può analizzare la situazione dell’epidemia in Cina, ovvero dove tutto è iniziato, e soprattutto dove tutto sta per finire. Infatti, dopo più di un mese e mezzo di sofferenze, il Paese conta pochissimi contagiati al giorno, pur avendo quasi un miliardo e mezzo di abitanti.

Analizzando la Figura 3 si può vedere l’avanzamento del virus in Cina a partire dal 22/01/2020. Come per magia ecco la famosa sigmoide! I triangoli neri sono i dati registrati, la linea in rosso è la funzione teorica ricavata tramite fit, quella in blu è la figura teorica di un’ipotetica epidemia esponenziale. I dati ottenuti mostrano che il limite massimo di contagiati in Cina sarà di 80748, con un’incertezza dello 0.8%.

Figura 3: Andamento dell’epidemia in Cina

Si può fare lo stesso con il caso italiano? In linea teorica sì, ma si va in contro a gradi d’incertezza ancora troppo grandi, dato che in Italia il fenomeno è appena iniziato. La mole di dati acquisita durante i due mesi di epidemia in Cina non è equiparabile alla scarsità dei dati italiani acquisiti negli ultimi 15 giorni. Però nessuno ci vieta di studiarne l’andamento.

In Figura 4 e 5 sono presenti diversi grafici. Abbiamo i soliti triangoli neri, che sono i casi registrati dalla Protezione Civile ogni giorno alle 18. La figura in blu rappresenta l’andamento esponenziale, non veritiero. La figura rossa rappresenta il fit dei dati acquisiti fino ad oggi.

Figura 4: Andamento dell’epidemia in Italia

Com’è possibile notare otteniamo incertezze considerevoli, che non danno nessuna validità alle previsioni matematiche, ma che ci fanno capire che la strada potrebbe anche essere preoccupante.

Figura 5: Andamento dell’epidemia in Italia su larga scala

Mettendo a confronto il caso italiano con il caso della singola regione di Hubei (il cui capoluogo è Wuhan), è possibile notare una somiglianza. Il numero di abitanti nei due casi è molto simile, come anche la sua densità, quindi rende lecito il paragone. Osservando la Figura 6, gli infetti italiani sembrano seguire una curva leggermente più bassa di quella di Hubei.

Figura 6: Paragone tra il caso italiano e quello di Hubei

Purtroppo bisogna aspettare ancora dei giorni per avere un numero di dati tale da permettere una procedura di fit accurata. Intanto però, seguendo le direttive del nuovo Decreto Legislativo, possiamo agire concretamente affinchè il numero massimo dei contagiati sia il minore possibile.

Nel frattempo potete tenervi aggiornati seguendo il link https://github.com/albertomercurio/covid-19_italy in cui aggiorno continuamente la situazione con nuovi fit.

Alberto Mercurio

Bibliografia:

https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.02.16.20023606v5

https://www.worldometers.info/coronavirus/coronavirus-cases/#total-cases

https://xkcd.com/605/

Il De Motu Animalium e la nascita della biomeccanica: l’eredità di Borelli.

E’ impossibile essere sicuri di qualcosa, se non della nascita di Borelli a Messina e del suo insegnamento nell’Ateneo peloritano, e sulla prima ho ancora dei dubbi.

Il perché, lo scoprirete continuando a leggere sulla vita di Giovanni Alfonso Borelli, altro celebre personaggio legato a Messina, forse, sin dalla nascita.

Matematico, astronomo, fisiologo e filosofo, il Borelli lascia poche notizie della sua vita; di fatto, tutto ciò che sappiamo, lo dobbiamo all’epistolario scambiatosi con personaggi noti dell’epoca, tra cui Marcello Malpighi, che anch’egli fu docente all’Università di Messina.

Nasce il 28 Gennaio del 1608 e, per quanto riguarda la città d’origine, troviamo a competere Castel Nuovo di Napoli e Messina, che potrebbe però essere la città natale del fratello minore.

In seguito all’esilio del padre e al conseguimento della laurea in medicina, Borelli si trasferisce a Roma. Qui inizia ad interessarsi alla fisica ed alla meccanica, interesse che lo aiuterà a sviluppare la metodologia di pensiero secondo la quale l’applicazione della matematica, della meccanica e del metodo sperimentale, può risolvere i problemi biologici.

Nel 1635 Borelli fu chiamato dal senato accademico dell’Università di Messina, al fine di occupare la nuova lettura de matematiche.

Tra il 1647 e il 1648, scoppiò un’epidemia in Sicilia che diede l’occasione a Borelli di scrivere la sua prima opera da medico: “Cagioni delle febbri maligne in Sicilia negli anni 1647-1648”.

Nella primavera del 1656 Borelli lasciò Messina al fine di occupare la cattedra di matematica all’Università di Pisa. Per sottolineare l’importanza del soggiorno pisano, è giusto considerare che il territorio di Pisa ha visto passare i più illustri scienziati del tempo, tra i quali Andrea Vesalio e Galileo Galilei. La tradizione galileiana traeva nuove risorse grazie alla fondazione dell’Accademia del Cimento che ha costituito un evento di notevole importanza per l’evoluzione del pensiero scientifico. Di questa facevano parte Vincenzo Viviani, Carlo Roberto Dati, Alessandro Segni, Francesco Redi, Evangelista Torricelli, Antonio Oliva e Giovanni Alfonso Borelli che diede un contributo notevole a ogni importante esperienza dell’accademia.

Parallelamente alle esperienze di matematica e fisica, Borelli si occupò di anatomia e soprattutto di fisiologia.

Quest’ultime compiono in questi momenti dei progressi significativi, soprattutto grazie all’applicazione del metodo sperimentale alla fisiologia. Grazie anche a Borelli, nasce un nuovo movimento: la scuola iatromeccanica, che postula l’applicazione delle leggi fisiche per l’interpretazione dei fenomeni fisiologici.

Tuttavia, già nel 1665 sorgevano i primi dissidi e le prime inimicizie tra gli accademici del Cimento, per cui Borelli cominciava a maturare il convincimento di ritornare a Messina.

Copertina della prima edizione, postuma (1710) del De Motu Animalium di Giovanni Alfonso Borelli, testo considerato l’atto di nascita della moderna biomeccanica

 

Qui riprese l’attività di docente impegnandosi sullo studio dei fenomeni riguardanti l’astronomia e la fisiologia, ma termina il suo periodo più fecondo di risultati. Durante il soggiorno messinese, Borelli frequentò la casa del Visconte Ruffo, luogo nel quale, a quanto sembra, si cospirava contro il regime spagnolo. Per le sue idee e per il suo operare in nome della libertà e dell’indipendenza, Borelli fu accusato di ribellione e dovette espiare la sua colpa a Roma, un territorio non dominato dalla corona spagnola.

Esule e povero, arrivò a Roma nel 1674. Nonostante tutto, non abbandonò l’attività letteraria e riuscì a portare a termine la sua più grande opera, il De Motu Animalium, pubblicata postuma,  con la quale cercò di spiegare il movimento del corpo animale basandosi su principi meccanici e tentando di estendere all’ambito biologico il metodo di analisi geometrico-matematico elaborato da Galileo in ambito meccanico. Grazie a questo trattato, Borelli è considerato il fondatore della moderna biomeccanica, tanto che ad oggi il premio istituito dalla American Society of Biomechanics per le migliori ricerche in questo settore scientifico porta il nome di “Borelli Award”.

A Roma morì il 31 dicembre 1679.

 

Erika Santoddì

Immagini:

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Portrait_of_Giovanni_Alfonso_Borelli_Wellcome_L0010325.jpg

https://en.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Alfonso_Borelli#/media/File:Borelli_-_Motu_Animalium.jpg