Pietro Castelli: il docente che fondò a Messina il più antico Orto Botanico in Sicilia

Pietro Castelli. Questo nome, riferito al contesto messinese, in un primo momento evoca nient’altro che il nome di una via o quello dell’Orto Botanico cittadino. Eppure, soprattutto noi studenti, dovremmo sapere che il signore in questione è stato uno dei più illustri Professori del nostro Ateneo.

http://www.ortobotanico.messina.it/home_page/storia_dell_orto/00000192_PIETRO_CASTELLI__1580_1661_.html

Romano, nato intorno al 1570, è stato un medico e un botanico. Studiò medicina nella sua città, sotto le direttive di Andrea Cesalpino, di cui fu discepolo. Presso la stessa università di Roma cominciò ad insegnare sul finire del secolo. In quegli stessi anni diresse, all’interno degli Orti farnesiani (considerati il più antico orto del mondo occidentale, che sorse per volere della famiglia Farnese sul Palatino), l’orto dei semplici, ossia quella superficie ove venivano coltivate le piante medicinali per la preparazione dei farmaci. A quel periodo, precisamente al 1625, risale Hortus Farnesianus, una descrizione delle piante presenti in quell’orto, corredata da realistici disegni. Tale opera fu stampata sotto il nome del medico e direttore degli Orti farnesiani Tobia Aldini, ma in realtà secondo molti studiosi fu scritta interamente da Castelli.

Al 1631 risale il suo trasferimento nella città dello Stretto; qui, nel ruolo di Professore dell’Università, fin da subito sollecitò la realizzazione di un orto in cui fossero presenti le varie tipologie di piante medicinali. Scrisse egli stesso: «Arrivato che qui fui, considerando quanto era necessario l’Horto de’ semplici [] ne feci più volte istanza all’Ill.mo Senato; finalmente fui inteso nell’anno 1638 [] E mi fu consegnato il fosso fuori delle mura, tra i due ponti, lungo canne 72 et largo 24 et oltre il ponte canne 200…». Nacque così a Messina, nel 1638, il primo Orto Botanico della Sicilia, che successivamente verrà intitolato proprio al suo fondatore. In esso, cominciarono ad essere coltivate tantissime specie vegetali, provenienti da tutta Italia, dalla Sicilia (specialmente dalla zona dell’Etna) e anche dai vicini paesi africani. Innovativo fu anche il modo in cui Castelli procedette a dividere le varie specie, attraverso dei criteri che riflettevano le sue idee in merito alla classificazione degli organismi vegetali. In poche parole, la suddivisione da egli operata si basava sulla parentela tra le piante, che era dedotta paragonando le caratteristiche dei fiori e dei frutti di ognuna di esse. Un metodo sistemico-filogenetico, insomma, che diventò poi il punto di partenza per l’organizzazione degli orti botanici moderni.

Nel 1640 Castelli volle mettere nero su bianco quanto aveva creato e così pubblicò un’opera, dal titolo “Hortus Messanensis”, in cui descrisse minuziosamente l’orto e in particolare la suddivisione che ivi aveva attuato, in quattordici sezioni (“hortuli”) in base appunto al suo metodo di classificazione delle piante. Ognuno di questi hortuli portava il nome di un Santo e a sua volta era diviso al suo interno in numerose aiuole.

http://www.ortobotanico.messina.it/home_page/storia_dell_orto/00000030_Primo_periodo__L_antico_Orto_Botanico.html

 

Pietro Castelli avrebbe vissuto a Messina ancora per oltre un ventennio, finché la morte non lo colse proprio nella città dello stretto nel 1661, non prima però che venisse nominato Nobile della città di Messina dal Senato cittadino che riconobbe certamente i suoi grandi meriti. Dopo la sua morte, l’Orto botanico fu intitolato alla sua memoria e venne affidato alle cure e alla direzione di un altro eminente medico e botanico, Marcello Malpighi.

Francesca Giofrè

Scienza e ricerca nella Messina del 600: Marcello Malpighi e la nascita dell’Anatomia microscopica

Marcello Malpighi

Il Seicento è considerato universalmente dagli storici della scienza un secolo di svolta nella nascita e definizione delle moderne discipline scientifiche: l’affermarsi progressivo di un nuovo metodo sperimentale, la cui concettualizzazione si fa classicamente risalire a Galileo Galilei, costituisce una autentica ventata di rinnovamento nelle conoscenze inerenti tantissimi campi dello scibile umano. Lo sviluppo della tecnica, in particolare dell’ottica, fornisce ai ricercatori lenti e strumenti di ingrandimento assolutamente innovativi per l’epoca, mentre l’affermarsi di questo nuovo approccio metodologico toglie loro ogni paura di usarli, nonostante le numerose remore da parte dei pensatori ancorati alla tradizione scolastica. Così, se Galileo con i suoi cannocchiali punta queste lenti verso il cielo, ad ingrandire oggetti distantissimi come pianeti e asteroidi, altri preferiscono usarle per studiare ciò che è troppo piccolo per essere visto ad occhio nudo: è la nascita dei microscopi. Tra questi studiosi, pionieri della microscopia, ce n’è uno che prima degli altri riuscì ad applicare questo nuovo sguardo allo studio della struttura fine della materia vivente di animali e vegetali. Parliamo di Marcello Malpighi, anatomico, medico e botanico considerato oggi il padre dell’Anatomia Microscopica: una scienza senza la cui affermazione praticamente nessuno dei progressi in campo medico e biologico di cui oggi godiamo giornalmente sarebbe stato possibile.

Fino a qui è storia relativamente nota: ma quello che forse non tutti sanno è che proprio l’Università degli Studi di Messina fu teatro di alcune di queste fondamentali scoperte scientifiche. Proprio a Messina infatti, Marcello Malpighi insegnò come docente primario di Medicina teorica nel periodo che va dal 1662 al 1666, ed è a Messina che diede alla luce alcune delle sue opere più importanti. 

Giovanni Alfonso Borelli

L’Università di Messina in quel periodo è una università giovane, ma assolutamente all’avanguardia per quanto riguarda gli studi scientifici: nel 1635 un altro grande scienziato, Giovanni Alfonso Borelli, magari meno noto ma non meno importante per lo sviluppo della scienza e della medicina moderna, vi insegna matematica. Borelli non è stato un microscopista, ma un fisico, matematico e fisiologo, padre della moderna biomeccanica; lo accomunano a Malpighi l’interesse verso il nuovo metodo sperimentale e l’appartenenza all’Accademia del Cimento, cenacolo di studenti galileiani e terreno fertile per le nuove idee scientifiche. Fu dunque probabilmente Borelli, che di Malpighi era fraterno amico e corrispondente, a fare il nome di Malpighi negli ambienti colti messinesi; così quando nel 1661 si viene a rendere necessario un nuovo professore di Medicina teorica, anche se Borelli da tempo non si trova più a Messina (città in cui ritornerà qualche anno dopo), i membri del Senato sembrano non avere alcun dubbio e, all’unanimità, lo fanno convocare nella città dello Stretto.

Sezione e anatomia microscopica dei polmoni di rana, in una tavola disegnata da Malpighi.

Senza dubbio Malpighi non era certo stato con le mani in mano fino a quel periodo. Docente a Bologna, nel 1661 era stata pubblicata una delle sue prime grandi scoperte scientifiche: la prima descrizione dell‘anatomia microscopica degli alveoli polmonari, che contiene la prima dimostrazione di come vene e arterie siano tra di loro comunicanti attraverso i capillari. Una scoperta che cambierà il corso della storia della Medicina e avrà una notevole risonanza anche internazionale già negli anni successivi; una scoperta che però si pone in netto contrasto con le teorie di Galeno che venivano allora sostenute da buona parte dei suoi contemporanei, e che gli costa quindi numerose antipatie accademiche. Per questo quando allo scienziato arriva l’offerta di insegnare a Messina, non si fa sfuggire l’occasione di cambiare aria e fa subito i bagagli alla volta dell’ateneo peloritano.

Il periodo messinese è per Malpighi un periodo estremamente produttivo: a Messina, Malpighi studia l’anatomia del rene, descrivendo per la prima volta i corpuscoli renali, che oggi portano il suo nome (corpuscoli del Malpighi); si dedica anche alla neuroanatomia, descrivendo i recettori responsabili del senso del gusto e del tatto; studiando la circolazione del sangue, descrive per primo i globuli rossi; cura inoltre il suo interesse verso la botanica, divenendo direttore del celebre Orto botanico, che era stato fondato dal suo predecessore, Pietro Castelli, anche egli medico e botanico.

Una rappresentazione moderna del corpuscolo del Malpighi.

Nonostante questo, la tappa di Messina resta per Malpighi una semplice stazione di transito: nel 1666 fa ritorno a Bologna, dove acquista fama come medico pratico; negli anni successivi collabora con la Royal Society inglese, che ne pubblica l’opera omnia; dopo numerose altre scoperte (e altrettanti caotici ed aspri screzi accademici con i colleghi bolognesi) finisce la carriera a Roma, in carica di medico privato del Papa, ricco, potente ed affermato. 

Seppure breve, la parentesi messinese resta comunque una importante tappa della carriera di questo insigne scienziato e vale la pena ricordare che alcune delle conoscenze che oggi fanno parte dei pilastri della moderna scienza medica, sono state scoperte proprio nel nostro Ateneo…