Dalla Spagna a Messina per la ricerca in fisica – Intervista a David Bronte Ciriza

Il ragazzo che vedete in foto è David Bronte Ciriza, ha 24 anni ed è nato e cresciuto a Pamplona, Spagna. A 22 anni ha conseguito la laurea triennale in fisica a Madrid. In seguito al master e a una specializzazione in biofisica, ha intrapreso un percorso di dottorato di ricerca.
Dopo molte peripezie, ha scelto proprio l’Università di Messina per migliorare il suo profilo. Di recente, come riportato qui, David è stato nominato dal Biophotonics Congress per un articolo sull’impiego di tecniche di machine learning per il calcolo delle forze ottiche. Il metodo sviluppato in questi mesi permetterebbe di determinare con precisione molto maggiore, rispetto a quanto avevamo a disposizione finora, le forze impresse dalla luce. Ma facciamo spiegare meglio di cosa si tratta a David in persona.

David Bronte Ciriza

In che cosa consistono gli studi a cui stai lavorando?

Cerchiamo un modo per utilizzare la forza che la luce imprime sulla materia per manipolarla in modo preciso e meticoloso. In particolare, ci occupiamo di materia attiva, un tipo di materia caratterizzata dalla capacità di convertire l’energia presente nell’ambiente che la circonda in energia meccanica. L’esempio più lampante di materia attiva sono gli esseri umani, ma ovviamente rientrano nella categoria anche batteri e altri microrganismi. Più nello specifico, mi concentro su corpi di dimensioni che vanno da 0.5 a 5 micrometri.

Quali potrebbero essere le eventuali applicazioni pratiche derivanti dalla riuscita di questo progetto?

Domanda interessante. Come sempre accade in questi casi, gli sviluppi di una tecnologia nascente sono totalmente imprevedibili, potrebbe avere delle conseguenze rivoluzionarie o trovare impiego in settori estremamente di nicchia. I più grandi utilizzi che mi vengono in mente, in questo momento, sono in medicina e nell’ambito della risoluzione di catastrofi ambientali. In medicina possiamo usare le forze ottiche per limitare i danni che trattamenti invasivi arrecano a tessuti prossimi a quelli che necessitano di cure, colpendo gli agenti patogeni in modo più preciso e circostanziato. Per quanto riguarda le questioni ambientali, sono molte le idee sulla manipolazione della materia attiva per confinare sostanze altamente inquinanti in un’area limitata, in modo che questi non contaminino corsi d’acqua, laghi e oceani.

Quali sono state le difficoltà che hai dovuto affrontare vivendo qui a Messina, soprattutto in tempi di Covid?

Beh, di sicuro non è stato facile, soprattutto nei primi tempi. È quasi una sfida: sei lontano dalla tua famiglia e dai tuoi amici.  Inoltre, a causa delle differenze linguistiche, è complicato comunicare come vorresti con gli altri e quindi costruire una vera e propria rete sociale. Per la verità, queste sono problematiche affrontate altre volte (non è la mia prima esperienza all’estero). Devo dire che da questo punto di vista la pandemia ha complicato moltissimo le cose.

A proposito di Spagna, credi ci siano delle differenze sostanziali con l’Italia riguardo gli ambienti lavorativi?

Si, ho notato una grandissima differenza, non solo con Madrid ma anche con le università australiane. L’atmosfera qui è più rilassata e meno competitiva, l’ambiente è più raccolto e c’è molto più spazio per i rapporti umani fra colleghi. Spesso mi sembra di far parte, oltre che di un gruppo di lavoro, di una famiglia vera e propria.

Hai trovato dei tuoi coetanei fra i colleghi di lavoro o sono tutti più grandi di te?

Questa è una differenza sostanziale rispetto alle altre esperienze che ho fatto. Finora ho sempre lavorato con ragazzi della mia età, qui a Messina invece sto avendo a che fare con professionisti già totalmente affermati e non con degli studenti. Questa circostanza la vedo come un’incredibile opportunità di crescita, sia personale che professionale. La loro esperienza non solo mi incentiva a darmi da fare ma mi permette anche di imparare in maniera attiva da loro. D’altro canto, è doveroso ammettere che la presenza di miei coetanei sul posto di lavoro avrebbe sicuramente favorito il mio inserimento nei gruppi sociali di riferimento.

Ci sono mai state delle discussioni spiacevoli a lavoro?

Innanzitutto, c’è da dire che mi sento davvero molto fortunato. I miei colleghi sono assolutamente gentili e amichevoli, a partire dalla ragazza alla reception fino agli addetti alle pulizie. Ci sono state, nei primissimi giorni, delle incomprensioni dovute soprattutto a fraintendimenti linguistici, che anzi hanno assunto dei connotati estremamente divertenti!

 

Nel corso della sua permanenza a Messina, David, fra le tante conferenze internazionali, ne ha tenuta una sul machine learning al Liceo Archimede. Vorrei proporre la frase di apertura di quell’evento: “ciao comari e compari siciliani, fino a qualche anno fa ero un ragazzo come voi, incerto sul mio futuro, con una mezza idea di voler diventare un fisico...”. Una frase da poco, senza troppe pretese, studiata per rompere il ghiaccio coi ragazzi. Tuttavia, queste poche parole possono racchiudere l’essenza del viaggio che tutti noi, per un motivo o per un altro, siamo chiamati ad affrontare.

Gianluca Randò

Machine learning: come nasce “l’intelligenza”

Vi siete mai chiesti quale sia il meccanismo insito nell’apprendimento? Cosa rende gli esseri umani, gli animali e alcune piante in grado di imparare? Una questione quantomeno spinosa, che si inasprisce ancor più se pensiamo che per rispondere è necessario prima definire il concetto stesso di apprendimento. E badate, è un Problema tutt’altro che semplice, al centro di discussioni di carattere filosofico, metafisico e scientifico da secoli.

Cos’è l’apprendimento

Sarebbe lecito in prima battuta vedere l’apprendimento come la capacità di reagire in modo diverso, rispetto al passato, a determinati stimoli. Di mutare, quindi, il modo con cui ci interfacciamo con la realtà.
Pensiamo a un predatore che impara a cacciare: sta reagendo a uno stimolo (la presenza della preda) in modo diverso rispetto a prima. Anche un bambino che impara a leggere sta relazionandosi alle lettere in un modo nuovo. E’ evidente che un approccio del genere non è in grado di esaurire completamente la questione ma è sufficientemente “potente” da rendere possibile una prima formalizzazione della faccenda.

Fu proprio questo l’aspetto che non sfuggì ad Arthur Lee Samuel, considerato il pioniere dell’intelligenza artificiale. Infatti, è su tale presupposto che oggi si fonda il machine learning, la disciplina che si occupa di insegnare alle macchine come imparare.
Un algoritmo classico non è altro che una serie di operazioni che un PC esegue e che qualcuno deve implementare. Il machine learning supera questo scoglio, servendosi di un algoritmo in grado di generarne degli altri, per poi modificarli e ri-assemblarli, così da renderli in grado di fronteggiare circostanze sempre diverse. Il ML, infatti, può gestire situazioni molto complesse, tutte riconducibili al problema di natura strettamente dicotomica di riconoscere due elementi distinti, per esempio un uomo da una donna, un cane da un gatto o un cavallo da un catamarano.

Come si insegna a un pc?

fonte: www.iberdrola.com

Se vi state chiedendo come un computer possa imparare a farlo, provate a ricordare come ci siete riusciti voi. Qualcuno deve aver puntato un dito contro un uomo, un gatto, un catamarano e contemporaneamente pronunciato le rispettive parole.

Per capire meglio, immaginiamo di dare a una macchina dei numeri che descrivano un uomo veicolando informazioni riguardo la forma del viso. Noi vogliamo che ogni volta che l’algoritmo si imbatte in valori simili dia 0. Per imparare a farlo, la macchina avvia i numeri a una sorta di percorso, che li modifica secondo leggi ben precise, e ne restituisce un valore fra 0 e 1. Questa sorta di catena di montaggio è strutturata in modo tale che 2 input numerici iniziali simili restituiscano valori finali simili. Dopodiché, a seconda di quanto il valore risultante sia vicino a 0, la struttura stessa del percorso viene modificata insieme alle leggi che la caratterizzano.
Le modifiche apportate saranno tali che la prossima volta che la macchina incontrerà “un uomo” risponderà con un valore finale più spostato verso lo zero.

In altre parole, ogni uomo è individuato da parametri numerici paragonabili quantitativamente a quelli di un altro uomo, ma distanti da quelli di una donna. Il percorso viene tarato in modo che con una classe di parametri esso restituisca 0, mentre con un’altra (quella che identifica una donna) restituisca 1.

Differenze geometriche quantificabili tra il viso di una donna e quello di un uomo. Fonte https://design.tutsplus.com

Infinite applicazioni

Il ML esprime tutto il suo potenziale creando un’ “intelligenza” dal nulla, in maniera del tutto artificiale. Ora, nell’immaginario collettivo, queste parole portano alla mente un insieme di sensazioni per lo più negative. Pensiamo al freddo metallo dei Terminator, alle profonde crisi esistenziali dei protagonisti dei romanzi di Philip K. Dick, fino alle angoscianti puntate di Black Mirror.

La realtà purtroppo è meno eccitante di cosi. Molto più modestamente, le intelligenze artificiali (IA) trovano applicazioni nei campi in cui è necessario elaborare un’enorme quantità di dati con un’atteggiamento che coniughi lo zelo di una macchina e la flessibilità mentale di un umano. I più noti esempi sono le IA sviluppate da Google, che ottimizzano la nostra esperienza sui motori di ricerca.  All’avanguardia quelle sviluppate da Naughty Dog per rendere l’interazione con i personaggi dei loro videogame più coinvolgente.

Istantanea della fase di progettazione di The Last Of Us 2, i suoi personaggi sono animati da un’avanzatissima intelligenza artificiali che li rende in grado di sfruttare l’ambiente che li circonda proprio come farebbe un essere umano. Fonte: www.assistivetechnologyblog.com

Innumerevoli sono poi le applicazioni in campo medico. Che ci crediate o no, anche le IA hanno avuto una parte, seppur marginale, nell’emergenza che stiamo vivendo. Il contact tracing, il tentativo di sviluppare vaccini, il recupero e l’elaborazione dei dati necessari alla modellizzazione della diffusione del virus, sono tutte applicazioni del machine learning, seppur migliorabili.

Ad ogni modo, questo strumento ha tutte le carte in regola per essere addestrato a gestire situazioni altrettanto complesse con molta più efficacia. Secondo le previsioni dei maggiori esperti del campo, già in un futuro prossimo potrebbe rivelarsi un alleato indispensabile per l’amministrazione di risorse fisiche e non solo.

Estratto del primo adattamento cinematografico de “il cacciatore di androidi” romanzo di Philip K. Dick ambientato in un 1992 distopico che narra le vicende di androidi ribelli. fonte: www.tomshw.it

Il bue e il trattore

Ma cosa ne pensiamo noi a riguardo? Dopo tutto, a ben pensarci non siamo in una situazione diversa da quella di un vecchio bue da traino davanti a un trattore ruggente. Alcuni obietterebbero che la differenza fra noi e l’animale è che il genere umano ha il destino nelle proprie mani, strizzando di fatto l’occhio a un atteggiamento restio allo sviluppo di queste tecnologie. Un dibattito fra i cosiddetti progressisti e conservatori si ridurrebbe dopo poche battute alla più grande questione etica in cui l’uomo si sia mai impelagato. Quale sarebbe il nostro posto in un mondo popolato da entità che abbiamo artificialmente “sporcato” con la nostra coscienza? Come gestire queste entità? Saremmo formalmente costretti a definire una linea di confine fra noi e loro, e quale sarebbe questa linea? Fino a che punto potremmo usare delle macchine prima di considerarle umani? Immaginate la confusione dei sindacati di tutto il mondo!

La serie TV Westworld è la risposta alla vecchia domanda: cosa mai potrebbe andare storto in un parco a tema western le cui attrazioni principali sono degli androidi che non sanno di esserlo? Fonte: www.theverge.com

Molti nel corso degli anni, quando ancora il ML era in stato embrionale, decisero di farsi interpreti di questi dilemmi e di presentarli al grande pubblico. Affidarono l’arduo compito di diffondere il messaggio alla letteratura, alla cinematografia, al teatro, alle serie TV, in poche parole all’unica disciplina che, paradossalmente, nessuna macchina, forse, riuscirà mai a comprendere: l’arte.

Gianluca Randò