Sophie, la luna e chissà

Sophie pensava ai mille volti dell’amore…

Quella sera in tv non c’erano programmi interessanti o almeno a lei non importavano più di tanto.

Da tempo si chiedeva cosa l’aspettasse là fuori: quella persona che tanto desiderava accanto in che parte del mondo poteva essere?

“L’amore”… si proprio questa parola dai mille significati… era ogni giorno circondata d’amore, amici, famiglia, il suo gattino bianco che ogni sera l’aspettava davanti casa. Ma cos’era veramente per lei l’amore?

La notte si fermò un momento a pensare, poi ad un tratto il silenzio, il vuoto.

Si riprese dopo un po’, ritornó in sè e diede una risposta … per lei l’amore era elevare a potenza, qualcosa che capiva lei e solo lei. Le delusioni del passato l’avevano spinta a chiudersi e costruirsi l’armatura, un muro che anche chi le stava accanto faceva fatica ad oltrepassare.

Giorno dopo giorno decise di dedicarsi un minuto della giornata, capire cosa le piacesse veramente e cosa la facesse stare bene. Ritagliarsi un mondo tutto suo, in cui le parole invece che volare al vento restavano scritte su un foglio non bianco, ma colorato dalle sue mille idee e dal suo amore che teneva solo per sè. Prese una penna e iniziò a scrivere.

Quella notte non riuscì a dormire, non importava se l’indomani la sveglia suonasse, quella era la notte dei miracoli, qualcosa stava accadendo, qualcuno stava bussando alle porte del destino di Sophie. In quel foglio scrisse solamente una frase che racchiudeva tutto l’amore che aveva e diceva proprio così: 

È la notte dei miracoli, forse qualcuno mi sta aspettando là fuori, voglio continuare ad amare come un tempo facevo, voglio ritornare a vedere il rosso sangue dell’amore, voglio sentire le nostre anime unirsi per poi amarsi più di prima “.

Qualunque cosa stesse pensando Sophie stava intuendo qualcosa e chissà cosa starà facendo adesso, magari sotto la luna di dicembre con un bicchiere di vino in mano, accanto a qualcuno o soltanto a danzare con le stelle e farsi compagnia.

Gabriella Puccio

#loveislove, ma non basta

Omosessualità: se non fossi in Italia, sarebbe difficile scrivere di questo argomento.

Perché? ”- direte. Per il semplice fatto che in ben 22 paesi è vietato anche solo pronunciare la ”temibile” parola omosessuale.
Ad esempio, in Medio Oriente l’omosessualità risulta un’espressione dell’occidentalizzazione e, quindi, saldamente condannata.

Essere gay, però, non è un’invenzione occidentale, ma è una condizione assolutamente naturale della realtà umana – affermava Hillary Clinton nel lontano 7 dicembre 2011, in occasione della Conferenza organizzata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).  Sei anni dopo questo famoso discorso, nonostante la tutela degli omosessuali ed il riconoscimento del matrimonio gay, negli Stati Uniti esistono ancora delle criticità e, con la recente elezione di Trump alla presidenza, si prevedono tempi duri per le LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).

Se nel continente americano, gli omosessuali – seppur non totalmente in egual misura – vengono riconosciuti, tutelati e hanno diritti al pari di ogni cittadino ritenuto ”normale”, facendo un salto nelle terre storicamente nemiche degli USA, esiste una realtà più assurda di una classificazione di cittadini A e B.

Yuri Guaiana, da sempre attivista gay, ci dimostra che proprio in questi paesi dell’Est Europa, il #loveislove per molti è una realtà utopistica.

Come è stato raccontato in vari reportage, la situazione degli uomini nella piccola repubblica caucasica è tragica: almeno un centinaio di gay sono detenuti illegalmente in un centro di prigionia ad Argun, ad est della capitale Groznyj. Secondo i testimoni, i prigionieri vengono catturati attraverso uomini-esca che si fingono a loro volta gay, portati in luoghi segreti e torturati a lungo con tubi di gomma o cavi elettrici; vengono anche ricattati fino a dover pagare un vero e proprio pizzo in denaro per evitare l’outing.

In molti sono già scappati dalla loro terra natia, quella che li sevizia nei nuovi lager del 2017.

Di fronte allo sdegno mondiale per quanto sta accadendo, quindi, l’ALL OUT ha raccolto due milioni di firme, in cui si chiede la fine immediata delle persecuzioni in Cecenia.

Motivi, questi, per cui Yuri Guaiana si è recato a Mosca dove ha consegnato la petizione con tutte le firme raccolte. Come poteva rispondere la pacifica Federazione? Guaiana è stato prima arrestato e poi, su pressione della Farnesina, rilasciato.

La situazione in Cecenia è talmente grave che diversi politici stranieri hanno sentito il dovere di condannare le violenze e le intimidazioni contro la gay community cecena.

Ma l’Italia? Sembra essere avara di parole da spendere in merito. Il ministro Andrea Orlando, solo in occasione dell’incontro per il primo anniversario dell’approvazione delle unioni civili, ha condannato la situazione, ricordando che Putin è al centro di simpatie di alcuni politici italiani. Poi, in prima linea, il silenzio di Angelino Alfano, responsabile degli Esteri e – per voler finire – il totale disinteresse dei media.

Ma d’altronde, si sta parlando di omosessuali, mica di diritti umani.
Si sta chiacchierando solo di un nuovo stile di vita condivisibile o meno, mica di violenza ingiustificata, di razzismo o di ghettizzazione.

O forse, si sta parlando di coraggio, di amore, un sentimento che non dovrebbe subire discriminazione, che dovrebbe essere libero per tutti; quell’amore che non dovrebbe avere sessualità, ne pregiudizi o intolleranze. Eppure, adesso, l’amore non basta per vincere l’ignoranza e la violenza di chi non lo conosce.

Jessica Cardullo

“Carol”

Quando si entra in sala , per quelle due ore ci allontaniamo dalla nostra quotidianità e viviamo altre vite, epoche e mondi. cate-blachett
Capita però qualche volta che il mondo e la storia con cui entriamo in contatto lascino qualcosa dentro di noi, una sensazione, difficile da descrivere e spesso fonte di riflessione.

Ed è per questo che oggi mi prenderò la briga di darvi un consiglio cinematografico che potrà essere utile non solo per apprezzare un bel film ma anche per compiere questa riflessione e, forse, ampliare il nostro punto di vista. Mi permetterò di parlarvi di questo film che si chiama “Carol” del regista Todd Haynes.

Presentato a maggio a Cannes, apprezzatissimo dal pubblico di tutti i festival da Roma a Londra. Ha fatto conquistare a Rooney Mara la palma d’oro a Cannes. Candidato a 5 Golden Globes e 6 Oscar fra cui miglior attrice protagonista e miglior attrice non protagonista.

La storia è tratta dal libro di Patricia Highsmith “The Price of Salt” nel quale si narra l’incontro e l’amore che nasce fra due donne nell’America degli anni 50. Potrei essere più specifica ma vi rovinerei, la sensazione che durante tutto il film si prova. I motivi per cui andare al cinema sono molteplici, non mi soffermerò molto sul fatto che l’interpretazione di Cate Blanchett (Carol) è sublime e coinvolgente , come sempre, e che Rooney Mara (Therese) non sbaglia nessuna delle sue scelte lavorative.

La sintonia fra le due attrici è tangibile, traspare dallo schermo. I soliti malpensanti hanno additato questo a passate e possibili preferenze sessuali delle due, a cui la Blanchett a Cannes , con la tua solita schiettezza che tanto ci piace, ha tagliato corto dicendo “La domanda che mi fu posta , da quel che ricordo, era “ ha mai avuto relazioni con donne?” e io dissi “certo, ma se lei si riferisce a relazioni sessuali la risposta è no.” Ma ovviamente ciò non è stato trascritto. Ma la vera domanda , nel 2015, dovrebbe essere “a chi importa?”.

Todd Haynes , il quale per la prima volta non ha scritto la sceneggiatura del film, con una delicatezza disarmante racconta questo amore, le difficoltà e i tabù degli anni ’50, un’epoca che gli è cara (v. Lontano dal paradiso) , e riconferma di essere uno dei migliori registi del nostro tempo e di avere quella empatia che pochi registi riescono a trasmettere al pubblico.

La bellezza pervade il film: la fotografia e i costumi , compiti assegnati a due “pezzi da 90” come Edward Lachman (Io non sono qui, Erin Brockovich, Il giardino delle vergini suicide,Radio America) che gioca con la luce e sfrutta l’effetto della pellicola in super 16mm con cui è girato il film e Sandy Powell (The Wolf of Wall Street, Cenerentola, The Aviator, Gangs of New York) che trasmette i sentimenti di ogni personaggio con i vestiti e i loro colori.

Un film giocato sui piccoli gesti, i più veri. Sulle mani, mani che sfiorano, che stringono, che danno conforto, in una società rigida, ancorata a tanti preconcetti ed al silenzio, per vergogna per paura di perdere tutto. Il silenzio a cui ci si ribella perchè non si vuole più negare se stessi , per quel sentimento identico per tutta l’umanità che è l’amore.

Tempo storico lontano dal nostro, ma in realtà i punti di contatto purtroppo sono ancora gli stessi. Todd Haynes e le sue due muse narrano con semplicità dell’amore, i sentimenti , i tremori, la passione delle due donne , gli stessi che tutti noi abbiamo provato almeno una volta nella vita. Ed è proprio questa disarmante chiarezza che ci fa uscire dalla sala soddisfatti, contenti e pensare che l’amore è amore per tutti e dire , forse anche a chi è restio riguardo a questi rapporti, “Who cares?”.

Arianna De Arcangelis