… Messina 1949 è il nome di un asteroide?

Pochi sanno che di Messina come città ne esistono due, una nella ridente isola del Mediterraneo e l’altra in Sud Africa; ancora meno persone sono a conoscenza che addirittura nello spazio, nella fascia tra Marte e Giove (detta fascia principale degli asteroidi) vi è un corpo celeste, scoperto l’8 luglio del 1936 da Cyril V. Jackson, che venne chiamato proprio 1949 Messina. I motivi di tale denominazione sono probabilmente riferibili al soggiorno che lo scienziato stesso ebbe nella città sullo Stretto, e rimanendo affascinato dalla solarità dei cittadini e dalle bellezze del paesaggio pensò di dedicare la scoperta proprio alla nostra città.

Sebbene la vita degli asteroidi sia abbastanza breve a causa della loro conformazione che per materiali è molto simile a quella terrestre, per quel tanto che 1949 Messina rimarrà nello spazio ci sarà sicuramente da andarne fieri.

Paola Puleio

…a Messina si trova il secondo organo a canne più grande d’Italia?

Appassionati di musica, esultate: Messina ha una sorpresa che fa per voi. Se vi dovesse capitare di fare due passi in piazza Duomo a Messina una domenica mattina, tenete le orecchie bene aperte: già dall’esterno del grande tempio cittadino, potreste facilmente sentire la nitida voce, ora possente ora dolcissima, del secondo più grande organo a canne d’Italia.

Proprio così: con le sue 16.000 canne, l’Organo della Cattedrale di Messina è il secondo in Italia per dimensioni, sorpassato (peraltro neanche di troppo) solo dal grande Organo del Duomo di Milano.

Il pallino per la musica, a Messina, pare non essere mai mancato, così come la voglia di fare le cose in grande. La presenza di un organo in Cattedrale è documentata dal 1560, quando fu edificato all’angolo del pilastro sinistro dell’abside un maestoso strumento riccamente intagliato, per volontà dell’Arcivescovo; neanche 15 anni dopo, per volere del Senato, gli organi diventano due, uno di fronte all’altro; nel corso del XVI secolo, ne viene edificato un terzo, poi un quarto, dove oggi si trovano rispettivamente le cappelle dell’Assunta e del Risorto; ben quattro strumenti, che durante le solennità venivano suonati da altrettanti organisti, che, insieme col coro e altri musicisti, formavano l’organico della Cappella Musicale del Duomo di Messina, stipendiata

dal Senato.

Di questo grandioso apparato musicale, più volte ritoccato nel corso dei secoli per adattarsi ai gusti dell’epoca, oggi non resta nulla; ma, fortunatamente, durante il periodo di ricostruzione successivo al terremoto del 1908, si pensò di riparare al danno subito con un nuovo strumento più grande di tutti i precedenti messi assieme. Commissionato alla ditta Tamburini di Crema, una delle più importanti d’Italia, il nuovo organo fu ultimato nel 1930, ma ebbe vita breve: distrutto infatti dai bombardamenti del 1943, fu ricostruito dalla stessa ditta, ma ancora più in grande, nel 1948.

È questo l’organo che possiamo vedere e sentire oggi: con le sue cinque tastiere e i suoi 170 registri, può passare, nelle mani giuste, dai suoni più dolci e delicati a quelli più possenti e maestosi, in una gamma pressochè infinita di sfumature timbriche.

Ma c’è di più: le canne infatti sono divise in più corpi d’organo, distribuiti appositamente in diverse zone della chiesa: nei transetti di destra e di sinistra, dietro l’altar maggiore, in controfacciata, addirittura sopra l’arco trionfale. Il suono arriva quindi agli ascoltatori da davanti, da dietro, dai lati, persino dall’alto, in modo da sfruttare al meglio le peculiarità acustiche dell’edificio e creare incredibili effetti stereofonici.

Trattandosi di un organo sinfonico (secondo il gusto continentale in voga quando fu costruito), rende il massimo delle sue potenzialità in concerto, soprattutto in pezzi appositamente pensati per questo tipo di strumenti, come quelli di autori francesi del periodo romantico e tardo-romantico (vi offriamo un assaggio qui), pur potendo eseguire qualsiasi repertorio; oltre ad essere ovviamente ottimo per accompagnare il canto liturgico e la musica sacra.

Ma direi che ne abbiamo già parlato abbastanza: ora tutto quello che vi resta da fare è lasciar parlare la musica, correndo in Duomo ad ascoltarlo…

Gianpaolo Basile

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1)  Mstyslav Chernov, https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:Messina_Duomo_,_Organ._Messina,_Island_of_Sicily,_Italy,_Southern_Europe.jpg#mw-jump-to-license

2)  Hajottu, https://commons.m.wikimedia.org/wiki/File:Kathedrale_von_Messina@_Orgel_20171018.jpg#mw-jump-to-license

 

 

…uno tra i più talentuosi protagonisti del barocco italiano ha vissuto a Messina?

Caravaggio in un celebre ritratto d’epoca

 Forse non tutti sanno che la città di Messina può vantarsi di essere stata, anche se per un breve periodo, la casa di Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio.

Ma cosa spinge il geniale pittore lombardo a stabilire la sua dimora a Messina? Prima di rispondere, bisogna fare delle premesse.

Caravaggio ebbe un’ indole violenta, oggi lo si definirebbe una testa calda. Non stupisce infatti che la sua vita sia stata un susseguirsi di risse, denunce e processi. Momento cruciale è quando, nel maggio del 1606, a Roma, ferisce mortalmente un nobile romano. Per sfuggire alla pena capitale, ossessionato dalla paura della morte, il pittore passerà il resto della sua breve vita -morirà quattro anni dopo, a soli 38 anni– scappando dalle guardie del Papa.

Prima si rifugia a Napoli, poi a Malta. Inizialmente viene accolto nell’ ordine dei Cavalieri di Malta, poi, a causa di una rissa, viene imprigionato dall’Ordine stesso. Grazie all’aiuto della famiglia Colonna, riesce ad evadere e fugge in Sicilia. Dopo essere stato a Siracusa ospite del pittore Mario Minniti (amico e forse anche amante) i due approdano nella città di Messina. Caravaggio vi si ferma per meno di un anno (dalla fine del 1608 fino all’estate successiva), ma è un periodo particolarmente fecondo per la sua produzione artistica.

Ma quindi, perché proprio Messina?

Perché la città offre tutto quello che un artista potrebbe desiderare. In quel tempo a Messina, grazie alla grande crescita economica e alla presenza del suo porto, si sviluppa una borghesia mercantile cosmopolita con un grande senso estetico. Caravaggio, infatti, trova subito diversi committenti, disposti a tutto pur di avere un suo quadro. C’è anche da dire che la protezione di persone potenti, come l’arcivescovo di Messina, e la possibilità di approfondire la conoscenza delle opere di Antonello, potrebbero aver influito sulla sua scelta.

Purtroppo,  nonostante il periodo messinese sia stato piuttosto proficuo, sono pochi i quadri certamente attribuibili alla permanenza del pittore in città.

“La resurrezione di Lazzaro” (a sinistra) e “L’adorazione dei pastori” (a destra). Messina, Museo Regionale.

Sicuramente in quei mesi Caravaggio dipinge “La resurrezione di Lazzaro” e “L’adorazione dei pastori”, opere che è possibile osservare al Museo Regionale. Curioso il fatto che, mentre nella maggior parte delle tele prodotte in quel periodo ricorrono temi come morte e penitenza, gli unici due dipinti sicuramente messinesi hanno come soggetto la vita.

C’è da dire che “La resurrezione di Lazzaro” è protagonista di uno degli aneddoti più noti della vita dell’irrequieto pittore, avvenuto al momento della consegna del dipinto. Sembrerebbe infatti che, a seguito di una critica mossa da un accompagnatore del committente, Caravaggio abbia preso a colpi di pugnale la tela con veemenza. Dopo essersi ricomposto egli si rivolse al committente, dicendogli di non preoccuparsi, in quanto presto avrebbe sostituito la tela appena distrutta con un’altra migliore.

È bello pensare che Caravaggio, il pittore della luce, tra gli artisti italiani più apprezzati al mondo, osservando il sole che emerge dallo Stretto ed illumina la città di Messina, come tutti quelli che giornalmente vedono tale spettacolo, sia rimasto a bocca aperta.

Renata Cuzzola

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  1. By Ottavio Leoni – milano.it, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=331612
  2. Ph: Giulia Greco

…dietro le origini della nostra Università si cela un primato mondiale?

Il portale dell’antico collegio, nel cortile interno della nuova sede universitaria

Ebbene sì, possiamo vantarcene: la nostra Università detiene un primato storico-culturale a livello mondiale! Fu fondata, infatti, dalla Compagnia di Gesù come primo collegio al mondo aperto esclusivamente ai laici. “Primum ac Prototypum collegium”: così si legge sull’iscrizione in latino posta sopra l’antico portale del collegio, unico elemento rimasto della struttura originaria e ancora oggi visibile nel cortile della sede centrale dell’università, passando da via Venezian. Non si trattava, dunque, solamente del primo istituto di formazione gesuita ma anche di un prototipo, un modello per le innumerevoli strutture che tale ordine religioso avrebbe costruito a seguire in tutto il mondo.

Le origini di quello che può considerarsi il nucleo storico della nostra Università risalgono al 1548. In quell’anno il Senato messinese, appoggiato dal viceré Juan de Vega, diede il suo consenso alla fondazione di un collegio gesuita. Ad interessarsi personalmente e a presentare istanza per la creazione dell’istituto di formazione presso il papa, Paolo III, fu sant’Ignazio di Loyola in persona.

Ignazio di Loyola in un dipinto di Pieter Paul Rubens

Il religioso spagnolo, fondatore nel 1534 della Compagnia di Gesù, si trovava allora in Italia con i suoi; qui si dedicava alle opere di carità e alla predicazione, attività principali del neonato ordine religioso. In Messina, posta tra l’Occidente e l’Oriente, scorse il terreno adatto in cui creare un importante centro culturale e religioso; così, il 16 novembre del 1548, ottenne l’istituzione formale dello Studium attraverso la bolla papale “Copiosus in misericordia Dominus”. Questa prevedeva che a gestire il collegio fosse proprio la Compagnia del Gesù, mentre spettava alla città finanziarne le attività.

Ovviamente ciò portò i gesuiti e le istituzioni locali ad avere non pochi contrasti, che si sarebbero risolti nel 1550 con la divisione dello Studium in due rami: uno laico, con gli insegnamenti di diritto e medicina, retto dal Senato; l’altro gesuitico, con gli insegnamenti di teologia e filosofia, retto dalla Compagnia di Gesù. Quest’ultima poi, nel 1565, verrà addirittura estromessa totalmente dalla gestione dello Studio, il quale aderirà al modello universitario “bolognese”.

Un altro ostacolo, non di poco conto, che la neonata Università messinese si trovò ad affrontare fu l’ostilità del Siciliae Studium Generale di Catania, che, istituito nel 1445, rivendicava solo per sé il diritto di conferire titoli dottorali in Sicilia. Solamente nel 1596, grazie all’intervento del tribunale della Sacra Rota, lo Studium di Messina conferì la sua prima laurea. Nello stesso periodo la città ottenne da Filippo II una cospicua donazione di 200 mila onze, che permise la rifondazione dell’Università.

Da allora ha inizio una storia che, passando tra varie chiusure e successive riaperture dello Studium, collegate alle vicissitudini storiche della città dello Stretto, porta ai nostri giorni ed a quella che è oggi la nostra Università. La quale, diciamolo, ha avuto degli albori tanto originali quanto gloriosi!

Francesca Giofrè

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  1. Giulia Greco
  2. Di Pieter Paul Rubens – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6675601