Dimissioni De Luca: o me o La Paglia. E denuncia un commerciante

(fonte: messinatoday.it)

Si apre un nuovo capitolo della lotta tra Cateno De Luca e l’ASP di Messina, il servizio locale adibito alla lotta contro il Coronavirus.

Infatti, già settimane fa il sindaco metropolitano aveva richiesto la rimozione del direttore generale dell’ASP Paolo La Paglia “a fonte di gravi e reiterate omissioni” che avrebbero comportato la cattiva gestione dell’emergenza.

De Luca ha così annunciato, tramite una diretta Facebook avvenuta nel pomeriggio del 14 gennaio, di volersi dimettere. Lo fa leggendo il testo integrale della lettera da lui redatta, ma avvisa: saranno valide tra 20 giorni. Tre settimane per ritirarle, a patto che La Paglia venga rimosso dal proprio incarico e l’ordinanza (ritirata alcuni giorni fa) rientri in vigore.

È questo l’ultimatum offerto dal sindaco alla fine di una battaglia che egli dichiara come persa. Sulla pagina Facebook del primo cittadino, su uno sfondo con immagine del generale Che Guevara, si legge:

Ho lottato ed ho perso! Ma chi ha vinto?

(fonte: facebook.com, Cateno De Luca Sindaco di Messina)

Una diretta piena di contenuti

Tuttavia, il sindaco non si è limitato a rassegnare le dimissioni. Nelle quasi due ore di trasmissione, ha trattato alcuni post di Facebook dell’ex deputato regionale Pd Franco De Domenico e del sindacalista della Uil Michele Barresi, indicandoli come propri avversari.

Poi l’attacco a Ferdinando Croce, sostenitore dell’ex avversario Dino Bramanti, e che secondo il sindaco potrebbe candidarsi per il centro destra. “A Croce non consento di fare il depistatore. Domenica ci ha depistato sull’apertura dei barbieri e parrucchieri. Oggi si dice fiducioso sulla gestione dei rifiuti da parte del Comune. Peccato che Messina servizi ha avuto ieri l’elenco dei soggetti in isolamento A1, mentre ancora aspettiamo dall’ASP quelli della categoria A” (Tempostretto)

Da pochi giorni, il servizio di raccolta dei rifiuti Covid è passato nelle mani di Messinaservizi. L’avv. Croce ha dichiarato che l’ASP non riesce a gestire la situazione rifiuti per via dell’aumento dei contagi, ma garantirà un rimborso al Comune e la vaccinazione dei suoi dipendenti, secondo quanto disposto dall’Ufficio straordinario per l’emergenza Covid diretto dalla Dott.ssa Marzia Furnari.

Il primo cittadino lamenta la mancanza dei dati delle utenze dei rifiuti Covid, dei contagiati e dei vaccini che dovrebbero giungere direttamente dall’ASP.

Non manca, infine, l’attacco al Consiglio Comunale diretto dal presidente Cardile:

Hanno concordato una riunione contro di me, ma non mi sottraggo al confronto

(il sindaco De Luca e Ferdinando Croce – fonte: messinatoday.it, vocedipopolo.it)

La denuncia al commerciante di Facebook

Nella medesima diretta, De Luca ha dichiarato di essere intenzionato a denunciare il commerciante Campanella, reo di aver pubblicato su Facebook un proprio sfogo contro le restrizioni imposte dall’ordinanza del sindaco.

Ho dato mandato di denunciare chiunque mi minacci o attacchi me.

Dichiara il sindaco, giustificando la propria denuncia in base all’odio nei suoi confronti che quel video avrebbe suscitato: il commerciante avrebbe invitato chi come lui a scendere in piazza per protestare contro le misure di restrizione.

Ma non indietreggia di un solo passo: infatti la sua ordinanza rientrerà in vigore con misure ancor più drastiche, tra cui la chiusura totale.

“Io chiuderò il mio mandato prendendomi la responsabilità d’interrompere questa catena di contagi. Io non ho paura e farò l’ordinanza e farò di tutto per farla rispettare. Lego il mio destino al risultato del provvedimento. Se la mia ordinanza fallirà io tolgo il disturbo”. (Tempostretto)

I due volti di Messina

Intanto, l’intera città è divisa in due grandi schieramenti: chi offre la totale fiducia al sindaco e chi si ritiene molto più scettico al riguardo. I commenti alle sue dirette, ma anche ad altri tipi di post, evidenziano due atteggiamenti totalmente polarizzati. In tutto ciò, il sindaco sembra fare particolare affidamento sui propri sostenitori.

Lo «scarica barile» tra ASP Messina ed il sindaco De Luca è tutt’altro che concluso e rimane senza esclusione di colpi, lasciando aperto un grande interrogativo: in quali mani giace il futuro dei messinesi? 

Valeria Bonaccorso

Il Natale sempre più rosso sul calendario: lockdown nei festivi e prefestivi. Il 27 sarà il Vaccine Day

Sarà un Natale diverso quello che vivremo quest’anno. Lo immaginavamo già da tempo. Ieri sera, dopo giorni di incertezze, è arrivato il nuovo decreto legge a confermare i nostri timori.

L’Italia blindata nei giorni festivi e prefestivi, con restrizioni che ricordano il primo lockdown. Nei giorni lavorativi, invece, zona arancione.

Restrizioni e deroghe nei giorni rossi

La chiusura è dunque prevista dal 24 al 27 dicembre, dal 31 dicembre al 3 gennaio e il 5 e il 6 gennaio.

In questi giorni saranno vietati gli spostamenti tra regioni. Sarà possibile uscire soltanto per lavoro, salute e in altri casi di comprovata necessità. Chiusi negozi, centri estetici, bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie. Consentiti la consegna a domicilio e, fino alle 22, l’asporto. Aperti invece supermercati, negozi di beni alimentari e prima necessità, farmacie, edicole, parrucchieri e barbieri.

La risposta alla domanda che sta molto a cuore agli italiani: “Si potrà festeggiare il Natale?”, sembra essere no. Sicuramente i cenoni con parenti e amici, le grandi tavolate e le strade gremite quest’anno vivranno soltanto nei nostri ricordi. Nonostante ciò, grazie alle deroghe previste dal decreto, necessarie, come affermato ieri in conferenza stampa dal premier per “consentire quel minimo di socialità che si addice a questo periodo”, sembra ancora possibile salvare il Natale. Infatti, sarà permesso ospitare nella propria abitazione due persone non conviventi dalle ore 5 alle ore 22. Saranno esclusi dal computo gli under 14, le persone con disabilità e conviventi non autosufficienti. Inoltre, verrà consentito un solo spostamento al giorno verso le case di amici e parenti, sempre con autocertificazione. Insomma, sarà un festeggiamento all’insegna dell’intimità e della tranquillità.

Deroghe previste anche per l’attività motoria che sarà consentita nei pressi della propria abitazione e all’aperto ma in forma individuale.

Restrizioni nei giorni arancioni

Misure meno restrittive saranno invece applicate nei giorni 28, 29, 30 dicembre e 4 gennaio, in cui l’intero territorio nazionale sarà zona arancione. Saranno consentiti gli spostamenti all’interno del proprio comune e dai piccoli comuni, cioè quelli con un numero di abitanti inferiore o uguale a 5000, in un raggio di 30 km. Tuttavia, non sarà possibile raggiungere i comuni capoluoghi di provincia. Resteranno chiusi bar e ristoranti con asporto consentito fino alle ore 22 e consegne a domicilio senza restrizioni. I negozi saranno aperti fino alle ore 21. Resta valido il coprifuoco alle ore 22.

Provvedimenti previsti dal decreto per le feste natalizie – Fonte: www.ansa.it

Una scelta sofferta ma necessaria

È stata una scelta sofferta, lo ha dichiarato Conte in conferenza stampa. Una scelta influenzata dalla preoccupazione del Comitato tecnico-scientifico per la possibile impennata della curva dei contagi nel periodo natalizio, soprattutto visti gli assembramenti degli ultimi giorni. È un momento cruciale in cui non sono permessi errori. Lo si comprende bene dalle parole di Provenzano, il ministro per il Sud e la coesione territoriale:

“Non possiamo permetterci una terza ondata perché gennaio e febbraio dobbiamo dedicarli alla vaccinazione e alla riapertura delle scuole”.

Questo è stato ribadito anche dal commissario straordinario Domenico Arcuri:

“Sarebbe complicato iniziare la campagna vaccinale con un nuovo incremento di contagi”.

Insomma, ci sono delle priorità che hanno reso necessario sacrificare il Natale. Del resto, gli ultimi dati sui contagi non sono rassicuranti. Ieri sono stati individuati 17.992 nuovi casi su 179.800 tamponi effettuati e 674 vittime. La trasmissione dell’infezione sta riprendendo quota, come emerge dalla dichiarazione del presidente dell’Istituto superiore di sanità Brusaferro:

“Abbiamo un Rt che cresce e in alcune regioni cresce di più e supera l’1. Rt è il primo indicatore a muoversi e poi viene seguito da nuovi casi, ricoveri e decessi”.

Le regioni con Rt pari o superiore a 1 sono il Molise, il Veneto e la Lombardia. I valori più bassi sono stati registrati in Valle d’Aosta e Campania con 0.63.

Bollettino Covid del 18 Dicembre – Fonte: www.chedonna.it

Il decreto Ristori

Accanto alle restrizioni, il nuovo decreto prevede un intervento economico a favore dei lavoratori più sacrificati dalla stretta natalizia.

“Comprendiamo le difficoltà economiche e comprendiamo l’ulteriore sacrificio degli operatori coinvolti direttamente da queste misure. Siamo al loro fianco”, ha detto Conte.

Il provvedimento dispone 645 milioni per ristoranti e bar costretti alla chiusura. Il premier rassicura che ci saranno benefici anche per gli altri operatori.

Teresa Bellanova coglie la palla al balzo e non perde l’occasione per mettere in risalto i meriti di Italia Viva:

“Dopo la nostra sollecitazione, è stata accolta in Consiglio dei ministri la proposta di stanziare subito ristori per i bar e ristoranti che devono chiudere per effetto delle nuove misure del governo”.

In attesa del vaccine day

Fonte: www.vecteezy.com

Tra regali di Natale e panettoni, restiamo intanto in attesa del 27 dicembre, il vaccine day, cioè il giorno in cui avrà inizio la campagna vaccinale in alcuni Paesi europei, simbolo dell’unione dell’Europa nella lotta contro la pandemia. Come comunicato ieri da Domenico Arcuri durante l’incontro tra Governo e Regioni, in Italia, il 26 dicembre arriveranno allo Spallanzani 9750 dosi di vaccino Pfizer. Il giorno dopo raggiungeranno i punti di somministrazione delle Regioni. Le regioni che riceveranno più dosi per questa prima inoculazione sono la Lombardia con 1620 dosi, l’Emilia Romagna con 955, il Piemonte con 910 e il Veneto con 875.

Dal 28 avrà inizio  la distribuzione ordinaria. È previsto un invio alla settimana in quantità sufficiente alla somministrazione delle due dosi da assumere entro i termini stabiliti. Le prime dosi verranno spedite da Pfizer nei punti provvisti di celle frigo, necessarie per la conservazione del principio attivo del vaccino. Laddove non si è ancora attrezzati, le dosi saranno inviate nei presidi ospedalieri più vicini.

Non ci sarà un obbligo di vaccinazione. Verranno vaccinati per primi gli operatori sanitari e sociosanitari, gli ospiti e il personale delle residenze per anziani. Alcune settimane dopo la prima fase di vaccinazione, ci sarà il richiamo per i primi vaccinati e si inizierà a somministrare le dosi alle categorie più fragili.

La notizia del vaccine day in Europa e quella dell’approvazione della Fda americana, giunta nelle ultime ore, al vaccino di Moderna ci fanno sperare e sognare il momento in cui questo incubo avrà fine.  Fino a quel momento non possiamo non mantenere cautela e prudenza.

“Dobbiamo ancora rimanere concentrati, non abbassare la soglia di attenzione”, esorta il premier.

Chiara Vita

 

Natale anti Covid: pronti per la campagna di vaccinazione e nuove restrizioni in arrivo

Le numerose scene di assembramenti a cui abbiamo assistito nell’ultimo fine settimana e l’aumento del rapporto tamponi-positivi sarebbero le cause di una rinnovata necessità da parte del Governo di imporre nuove misure restrittive in vista delle festività natalizie.

La riunione con le Regioni 

Già nella prima mattinata di oggi si è svolta la riunione con le Regioni, alle 12.30 quella con i capi delegazione. Alla prima presenti anche il ministro della salute Roberto Speranza, che ha ricordato l’efficacia dei risultati nelle zone rosse a discapito di quelle gialle. Presenti anche il commissario straordinario all’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri e il direttore della Protezione civile, Angelo Borrelli. Ferma la posizione del presidente degli Affari regionali Boccia:

“La decisione che si aspetta riguarda tre giorni, ovvero 25, 26 e 31 dicembre, tutto il resto del periodo è già sottoposto a prescrizioni molto chiare. Ritengo che dalle giornate prefestive fino al 6-7 gennaio sia più utile chiudere per tutti. Vogliamo chiudere il più possibile. La mia posizione e quella di Speranza sono note, vogliamo condividerle con le Regioni.”

Lazio, Friuli Venezia Giulia, Molise, Marche sono favorevoli alla posizione del governatore del Veneto Zaia che, nel corso della riunione, ha richiesto la zona rossa per tutta Italia fino all’Epifania tuonando: “Se non lo fa il governo, lo facciamo noi”. Continua poi: “Se non chiudiamo tutto adesso ci ritroveremo a gennaio a ripartire con un plateau troppo alto”. Posizione condivisa anche da Speranza e Boccia.

Gli assembramenti verificati negli ultimi giorni nelle maggiori città italiane hanno fatto preoccupare i vertici del Governo che stanno discutendo su ulteriori misure restrittive in vista delle vacanze natalizie. Fonte: Corriere.

Il Comitato tecnico scientifico

La linea di massima sicurezza rimane prerogativa fondamentale anche per il Comitato tecnico scientifico che tuttavia, nel documento presentato stamane, ribadisce la responsabilità della politica nella decisione ultima da compiere. Agostino Miozzi, medico e coordinatore del Cts in un’intervista al Messaggero afferma: “Bisogna capire che non esiste rapporto familiare sicuro, che un tampone negativo non basta per dare sicurezza sulla contagiosità”.

Alla luce di quanto affermato, Conte non ha lasciato dubbi sulle modifiche ulteriori da apportare in vista del Natale, rassicurando su un nuovo piano anti-Covid già predisposto.

“Il sistema delle regioni colorate sta funzionando, abbiamo evitato un lockdown generalizzato come in Germania. Con misure calibrate e ben circoscritte stiamo reggendo bene questa seconda ondata” ha osservato il Premier.

Le ipotesi: zona rossa o arancione?

Diverse le ipotesi sul tavolo. Il Governo potrebbe optare per un mini-lockdown dal 24 dicembre al 7 gennaio oppure solo nei giorni festivi (24-25-26-31 dicembre, 1-5-6 gennaio) sul modello del lockdown tedesco.

Nessuna decisione ufficiale è stata ancora presa. Alle 12.30 vertice di maggioranza per rivedere le soluzioni riguardo gli spostamenti tra piccoli comuni nelle giornate del 25 e 26 dicembre e 1 gennaio. All’incontro assente Italia Viva per via di un incontro della ministra Bellanova, che rientrerà solo in serata da Bruxelles dopo una conferenza sul Made in Italy agroalimentare.

Chiaro il punto di vista di Renzi che si dice pronto a sostenere le decisioni di governo purché si diano chiare e immediate disposizioni ai cittadini.

Sul vaccino

L’importanza “di essere pronti con i piani regionali” garantisce, secondo Speranza, anche la via più veloce verso la somministrazione del vaccino che, rispetto alle valutazioni fatte in precedenza, è pronto a partire addirittura con alcuni giorni di anticipo. Il ministro della Salute sui social afferma:

“Quella del vaccino covid è la sfida più importante dei prossimi mesi. L’Italia ha sempre lavorato perché il percorso di approvazione di Ema fosse al tempo stesso rigoroso, trasparente e veloce. È una buona notizia che tale processo possa completarsi già prima di Natale. Significherà che avremo finalmente a disposizione un vaccino efficace e sicuro. Ho proposto, insieme ai ministri di altri 7 Paesi Europei, tra cui Francia e Germania, che le vaccinazioni partano lo stesso giorno già nel mese di dicembre. Ci vuole ancora cautela e prudenza nei prossimi mesi, finché non avremo raggiunto una copertura vaccinale sufficiente, ma la strada è giusta e finalmente si vede la luce in fondo al tunnel”.

Il ministro della salute Roberto Speranza
“Finalmente si vede la luce in fondo al tunnel” afferma Roberto Speranza in un post Facebook dopo la notizia sui vaccini. Fonte: IVG.it

Segnali positivi anche dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen durante l’intervento alla plenaria del parlamento europeo: “Iniziamo quanto prima con la campagna di vaccinazione insieme, noi 27, iniziamo lo stesso giorno”. Continua poi il portavoce della commissione europea: “La Commissione è pronta a sostenere un inizio della vaccinazione nello stesso momento per tutti gli stati membri. Se l’Ema dà la sua raccomandazione positiva il 21 dicembre, la Commissione farà in modo di dare l’autorizzazione in due giorni ed è in contatto permanente con i Paesi membri per lanciare la campagna di vaccinazione il prima possibile”.

Alessia Vaccarella

 

il DPCM del 4 novembre: l’Italia divisa in fasce

“Non ci saranno chiusure generalizzate ma sarà un “lockdown light”, simile al modello tedesco. Il tentativo è di non paralizzare il paese, anche se è abbastanza complicato fare una misura delle restrizioni da adottare basata su zone”.

fonte: il Corriere della Sera

Nel corso della notte il Presidente del consiglio Giuseppe Conte ha firmato il nuovo DPCM. Le misure contenute nel decreto entreranno in vigore venerdì e rimarranno valide fino al 3 dicembre. Al momento sembra scongiurato il rischio di un lockdown nazionale generale ma il governo ha reputato necessario intervenire in maniera più decisa rispetto alle scorse settimane. Gli ultimi dati forniti dalla Protezione Civile parlano infatti di 30.550 nuovi contagi da Coronavirus registrati nelle ultime 24 ore.

A differenza di quanto avvenuto a marzo si è deciso di adottare differenti gradi di intervento per diverse zone del territorio. A seconda del tipo di zona e il relativo rischio le misure e le limitazioni potranno essere più o meno stringenti. Alle soluzioni previste per le singole zone si accostano poi quelle che invece avranno portata generale e che quindi dovranno trovare applicazione su tutto il territorio italiano.

 

Misure in vigore in tutta Italia

Gli interventi che varranno per tutta Italia si vanno ad aggiungere a quelli già in vigore, come la chiusura dei bar e ristornati alle ore 18. Il meccanismo individuato dal decreto è quello di una prima linea di “misure nazionali, più leggere e valide per tutti”. Tra queste:

  • il divieto di spostamenti dalle 22 alle 5 del mattino salvo comprovate esigenze lavorative, di necessità o di salute da accertare con autocertificazione;
  • la chiusura dei centri commerciali nei giorni festivi e prefestivi;
  • la chiusura dei corner di giochi e scommesse all’interno di bar e tabacchi;
  • lo stop ai musei e allo svolgimento delle mostre;
  • la riduzione dall’80 percento al 50 percento della capienza sui mezzi pubblici (fatta eccezione per i mezzi di trasporto scolastico);
  • la didattica a distanza al 100% per gli studenti delle superiori e obbligo di mascherine per gli altri ordini e gradi;
  • la didattica a distanza anche per le università, eccetto alcune attività per le matricole e laboratori.
  • sospensione di tutte le prove scritte in presenza per concorsi pubblici, privati e di abilitazione, eccetto area medico-sanitaria e Protezione Civile.
  • resta ferma la raccomandazione di evitare spostamenti non necessari.

Le misure in questione sono le uniche che troveranno applicazione nelle “zone gialle” individuate nel decreto. L’eventuale adozione di misure più dure dovrà avvenire da parte del Presidente della Regione interessata di concerto con il ministro della salute Roberto Speranza, che aggiorneranno lo “status” di ciascuna regione in base a parametri oggettivi valutati nel tempo.

 

Divisione in zone di rischio del territorio nazionale

A fronte di un diverso trend di diffusione del virus il provvedimento prevede misure differenziate per le regioni sulla base di diversi fattori: l’indice Rt (vedi prossimo paragrafo) e 21 indicatori fissati dagli esperti (tra cui la percentuale dei tamponi positivi, il numero di nuovi focolai e l’occupazione dei posti letti sulla base della disponibilità). In base a questi fattori sono state individuate tre diverse fasce di rischio e, di conseguenza, tre aree di intervento: “zona rossa” (rischio molto elevato), “zona arancione” (rischio alto) e “zona gialla” (rischio medio-alto).

Cos’è l’indice Rt e in che fascia si colloca la Sicilia

L’indice Rt (indice di trasmissibilità) ci aiuta a capire la misura della trasmissibilità di una malattia infettiva e, sulla base di esso, ci consente di valutare l’efficacia delle misure di contenimento del contagio. Nella settimana tra il 19 e il 25 ottobre, per esempio, l’indice Rt nazionale era di 1,7. Al momento sono poche le regioni ad avere un indice di trasmissibilità inferiore all’ 1,5 e tra queste vi è la Sicilia. La nostra regione secondo gli ultimi report avrebbe un indice Rt pari a 1,42 che, tenendo in considerazione anche gli altri 21 fattori, la collocherebbe in fascia arancione, quindi con rischio alto.

fonte: Quotidiano.net

 

Zone arancioni e relative misure

Tra le regioni rientranti in uno scenario intermedio vi sono la Sicilia e la Puglia. In queste saranno in vigore le seguenti misure aggiuntive:

  • sarà vietato ogni spostamento, in entrata e in uscita, dalla Regione salvo che per comprovate esigenze. Saranno però consentiti gli spostamenti necessari allo svolgimento della didattica nel rispetto dei limiti in cui è consentita. Sarà consentito il rientro nel proprio domicilio o nella propria residenza;
  • sarà vietato ogni spostamento in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze di lavoro, studio, necessità e salute oltre che per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel proprio comune;
  • saranno sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ad esclusione delle mense e del catering. Resta consentita la consegna a domicilio senza limiti di orario e l’asporto fino alle 22.

Zone Rosse

Le Regioni che invece si trovano in uno scenario di massima gravità e con un livello di rischio molto alto sono la Lombardia, il Piemonte, la Calabria e la Valle d’Aosta. Per queste regioni scatterà di fatto un lockdown simile a quello di marzo ed avrà una validità di 15 giorni. In queste è previsto:

  • Blocco totale della mobilità interna ed esterna (salvo spostamenti per motivi di lavoro, salute o necesità)
  • Chiusura dei negozi al dettaglio, tranne alimentari, farmacie, parafarmacie tabaccherie, edicole.
  • Parrucchieri, barbieri e lavanderie rimarranno aperte.
  • Smart working per tutte le attività con eccezione per le attività indifferibili
  • Chiusura delle università salvo specifiche eccezioni (corsi di medicina e relativi tirocini).
  • È sempre consentito il rientro nel proprio comune di domicilio o residenza e la possibilità di accompagnare i propri figli a scuola. Si potranno fare attività motorie sportiva in prossimità della propria abitazione, ed esclusivamente individuale.
  • Continuerà la didattica in presenza solo per la scuola dell’infanzia, elementare e prima media.
  • Sospensione di tutte le competizioni sportive e le attività all’interno dei centri sportivi, salvo quelle riconosciute di interesse nazionale dal CONI.

 

É bene ricordare infine che il meccanismo di collocamento delle regioni nelle varie fasce è “semiautomatico”: ciò significa che l’applicazione delle relative misure avverrà sulla base dei criteri oggettivi indicati all’interno del medesimo decreto, escludendo di fatto qualsiasi forma di discrezionalità da parte del Governo o dei Presidenti di Regione.

Maria Cotugno

 

L’Europa verso un “lockdown light”: come stanno affrontando questa seconda ondata i principali Paesi UE

Tutta Europa gradualmente sta richiudendosi come a marzo.

L’impennata nel numero dei contagi delle ultime due settimane rischia di vanificare gli sforzi e i sacrifici che i cittadini europei hanno affrontato dall’inizio di quest’anno e il rischio di un secondo lockdown, totale e generalizzato, si fa sempre più incombente. Tale misura, osteggiata dalle opposizioni e mitigata dalle limitazioni degli ultimi dpcm, sembra essere un’extrema ratio a cui il nostro capo dell’esecutivo ancora non vuole ricorrere preferendo aspettare che i risultati delle misure adottate negli scorsi giorni si palesino.

Dove però le misure di prevenzione e sanificazione già precedentemente in vigore non sono riuscite a rallentare la curva dei contagi ecco che l’intensificazione delle misure di restrizione si è resa necessaria. Solo nel vecchio continente le proiezioni del numero dei contagi hanno raggiunto stime viste precedentemente solamente a marzo: in Francia vi sono 1 milione e 279 mila contagi, in Spagna 1 milione e 136 mila, mentre in Italia e Germania sono a 616.595 mila e 479mila casi. Obiettivo dichiarato di questi quattro Paesi è quello di domare la curva ed eventualmente allentare la stretta nel periodo natalizio in modo tale da non rallentare ulteriormente la ricrescita economica.

fonte: il Corriere della Sera

Francia

Mercoledì sera il presidente Macron ha parlato alla nazione spiegando come dinanzi al peggioramento «esponenziale» della pandemia le misure attualmente in vigore, sebbene utili, non siano più sufficienti.

Un nuovo lockdown nazionale, della durata di un mese, che partirà oggi e durerà fino a dicembre, si è reso necessario per evitare scenari ben più catastrofici. Le scuole resteranno aperte, mentre le attività universitarie subiranno delle restrizioni. Resteranno aperti uffici pubblici, aziende agricole ed alcune fabbriche ma tutti quelli che potranno rimanere a casa grazie allo smart working dovranno farlo. Si potrà uscire solo per andare al lavoro o fare la spesa, con l’autocertificazione. L’obbligo di mascherina viene esteso anche all’interno della propria abitazione se ci si trova in presenza di familiari. Infine, è disposta la chiusura di tutti i bar e ristoranti così come per i negozi.

fonte: Huffington Post

Germania

Per contrastare la diffusione del virus la cancelliera tedesca Angela Merkel ha disposto, d’accordo con i presidenti dei Land, un “lockdown light“. Dal 2 novembre e per almeno un mese i cinema, i teatri, le palestre e altri luoghi di aggregazione sociale rimarranno chiusi. Bar e ristoranti continueranno a lavorare ma solo per il servizio d’asporto. Rimarranno aperti invece i negozi, che dovranno adottare nuove misure di distanziamento: un cliente ogni 10 metri quadrati. Così come in Francia anche in Germania le scuole resteranno aperte. Nei luoghi pubblici inoltre non potranno incontrarsi più di due nuclei abitativi e riunirsi sarà possibile fino a un massimo di 10 persone.

Spagna

Misure di contenimento sono state adottate anche nel paese iberico ma per il momento soltanto a livello regionale. Il premier Pedro Sanchez ha prolungato lo stato d’emergenza di ulteriori sei mesi consentendo però alle regioni di decidere autonomamente se chiudere i confini. Al momento sono sette le regioni che hanno optato per tale misura. Inoltre è attualmente previsto un coprifuoco nazionale dalle 23 della sera alle 6 della mattina successiva. Limitate le riunioni gli incontri, con al massimo sei persone, a meno che non siano conviventi. A Madrid, per fronteggiare i focolai nelle zone più povere, sono state disposte misure restrittive straordinarie per 850 mila persone per 14 giorni. Non è ancora un nuovo lockdown, ma qualcosa che ci assomiglia. Si potrà uscire di casa solo per lavorare, studiare, fare la spesa, e curare le persone malate. Per le strade e alle fermate dei mezzi pubblici ci saranno controlli da parte delle forze dell’ordine e in caso di violazione verranno erogate multe dai 600 euro in su.

Italia

Nel frattempo anche in Italia, che solo ieri ha sfiorato quota 27 mila nuovi contagi, si comincia a sentire l’eco di nuove restrizioni che non escludono un nuovo lockdown.

Si sta, infatti procedendo verso il temuto “scenario 4” prospettato dall’ISS nel documento del 12 ottobre, ovvero una condizione “Situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo“, dove l’impennata dell’indice di trasmissibilità (RT) supererebbe le soglie del 1,5% in tutte le regioni, provocando difficoltà nell’individuazione di nuovi casi e il collasso delle strutture sanitarie.

Tutte premesse, dunque, che prevederebbero come unica soluzione la limitazione degli spostamenti attraverso la chiusura del comuni e delle regioni

uno scenario di questo tipo potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali – si legge nel documento – senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1,5 mesi, a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani). A questo proposito, si rimarca che appare piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di un’epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità.”

Filippo Giletto

 

Lockdown Israele, inferno a Gaza. Azaiza: “è sempre più difficile sopravvivere”

 

(HAZEM BADER / AFP)

 

Non molti giorni fa è stata comunicata al mondo la notizia del secondo lockdown per Israele e tutti i suoi territori (Vedi articolo), compresa la famosa Striscia di Gaza, sede di un climax di tensioni ormai da decenni. Ma il territorio è già isolato dall’interno dal 24 agosto, quando si sono verificati alcuni casi di coronavirus dovuti alla diffusione della comunità. La situazione è devastante: lo comunicano alcuni attivisti come Mohammed Azaiza, coordinatore sul campo dell’organizzazione non-profit Gisha – Legal Center for Freedom of Movement, che da anni si occupa della protezione dei palestinesi ed, in particolare, dei residenti di Gaza.

Un appello straziante

La diffusione del virus sta costringendo tutti noi a confrontarci con la terribile realtà di Gaza. Siamo estremamente consapevoli della condizione del sistema sanitario, qui. Teniamo conto del numero di ventilatori disponibili, dei test e dei risultati. Siamo anche ben consapevoli della disastrosa situazione economica che abbiamo raggiunto con questa crisi, e della debole situazione dell’infrastruttura. A metà agosto Israele ha chiuso di nuovo l’accesso al mare per due settimane ed ha costretto migliaia di persone le cui vite dipendono dalla pesca a ritornare a riva. Senza la pesca, non c’è nulla da mangiare. Un pescatore con quattro figli ha osato sfidare la decisione. ‘Mi sono messo in mare, a circa un miglio e mezzo dalla costa, anche se ho un braccio rotto per via di un alterco con la marina israeliana,’  ha detto, ‘per sfamare la mia famiglia. Mi sono sentito un ladro’.”, scrive Azaiza all’inizio della propria lettera, pubblicata sul giornale online Haaretz.com il 16 settembre. Ma non finisce qui.

La centrale elettrica è stata spenta perché Israele ha impedito la spedizione di carburante a Gaza. La fornitura di elettricità è precipitata proprio nei giorni più caldi. ‘Per tutta la notte ho strofinato le facce dei miei figli con un panno bagnato,’ mi ha detto il pescatore, che vive con la propria famiglia vicino la costa. ‘Dormono accanto alla porta, nella speranza di una piccola brezza.’ La scorsa settimana, la centrale ha ripreso ad operare ed ora abbiamo elettricità per otto ore al massimo, seguite da otto ore prive. Non è abbastanza.

(aa.com.tr)

Una previsione che si avvera

Un rapporto dell’ONU risalente al 2012, denominato “Gaza nel 2020: un luogo vivibile?” ipotizzava che, nelle medesime condizioni in cui si trovava allora, Gaza sarebbe diventata invivibile. La conferma arriva proprio oggi, dalla gente che tra il virus letale, la guerra civile ed il taglio delle risorse fatica a vedere la fine del tunnel.

Quella previsione si è avverata”, dice Mohammed, e continua: “Il 70% di noi non supera i trent’anni. Centinaia, se non migliaia, di cittadini di Gaza si sono spostati in altri paesi. Alcuni hanno raggiunto le loro destinazioni. Altri hanno perso le loro vite nel tragitto. Ed alcuni hanno poi scelto di togliersela. Immaginate come si saranno sentite quelle persone – scegliere la morte perché è più semplice che far fronte a ciò che la vita qui ha da offrire. E quando i giovani sono insorti per protestare contro la situazione disperata, abbiamo visto le proteste alla recinzione di confine, dove dozzine di persone hanno perso la vita per via dei cecchini israeliani. Abbiamo una generazione che non sa cosa sia la libertà. Questi giovani non si sentono considerati umani a sufficienza da rispettare i loro diritti, i diritti che tutti meritiamo.

(dailysabah.com)

I dati

“I due milioni di abitanti di Gaza necessitano disperatamente di soluzioni sostenibili e a lungo termine. L’embargo via mare e via terra, che Israele impone da tredici anni, ha condotto la principale economia di Gaza e le attività commerciali ad un freno totale. Come risultato diretto, più del 38% della popolazione vive in povertà; il 50% è disoccupato e più del 90% delle acque sono imbevibili. La decisione dello scorso mese di vietare le entrate di carburante a Gaza ha creato maggiori fardelli umanitari. Con l’aumento dei casi di COVID-19 a Gaza, il sistema sanitario deve far fronte ad un crollo totale, a meno che l’embargo – che contravviene al diritto internazionale – non venga abolito. E’ necessario ed urgente che venga eliminato.” (unric.org)

Afferma Michelle Bachelet, Alto Commissario per i Diritti Umani alla 45esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU.

Le parole degli abitanti di Gaza, ma ancor di più i dati, dimostrano la sussistenza di una situazione critica tuttavia sconosciuta a molti. Benché il mondo sia ormai consapevole del conflitto centenario che intercorre tra le due nazioni – Israele e Palestina- sembra che sempre più si stia decidendo di lasciarle al loro destino, non tenendo in considerazione le vite dei civili.

“Noi, popolo di Gaza, non abbiamo influenza o controllo sul nostro destino. Mi chiedo spesso, e sono certo che se lo chiedano anche altre persone: cos’altro dobbiamo fare affinché il mondo comprenda la criticità della nostra disperazione?

Conclude Azaiza appellandosi a chiunque, là fuori, sia disposto a porgere un orecchio e mettersi all’ascolto di questa gente abbandonata a sé stessa.

 

                                                                                                                                                                                                              Valeria Bonaccorso

Israele ritorna in lockdown: proteste e malcontento dei cittadini

Salgono i casi di coronavirus nel mondo. Secondo l’Oms, i nuovi contagi nel mondo sono stati oltre 252 mila. India, Stati Uniti, Brasile, Israele e Francia sono le nazioni che registrano il maggior numero di incrementi giornalieri.

Tra i paesi sopracitati il primo a tornare in lockdown è l’Israele. A seguito dei dati registrati nelle ultime 24 ore – si registra un aumento vertiginoso di 8.107 casi in un giorno – il governo ha predisposto venerdì 18 settembre un lockdown nazionale. Si parla di tre settimane di chiusura, ma ovviamente non c’è nulla di certo. Saranno i dati e il quadro epidemiologico generale a stabilire ulteriori misure restrittive.Israele, primo Paese al mondo a tornare in lockdown: da oggi scuole, alberghi e centri commerciali chiusi - Il Fatto Quotidiano

Seconda volta per Israele

E’ la seconda volta che il paese affronta il lockdown. Le disposizioni  dettate dal governo prevedono una chiusura a partire  dalle 14:00 di oggi. Centri commerciali, alberghi rimarranno chiusi, insieme a scuole di ogni ordine e grado soltanto per una settimana ( momentaneamente). Divieto per i cittadini di allontanarsi dalle proprie abitazioni, oltre i 500 metri e solamente per motivazioni  di prima necessità, quali cibo e farmaci. Bar, ristoranti e luoghi culturali saranno chiusi, mentre sarà prevista l’apertura per alcune strutture religiose.Misure restrittive che preoccupano  cittadini e imprenditori.Covid in Israele, lockdown per almeno tre settimane - La Stampa - Ultime notizie di cronaca e news dall'Italia e dal mondo

Il Rosh Hashanah

Se il primo lockdown avvenuto a marzo e aprile, ha interferito con la “Pesach” (Pasqua ebraica), la festa che segna la liberazione degli antichi ebrei dalla schiavitù in Egitto, il nuovo lockdown rischia di mettere in stand by il cosiddettoRosh Hashanah”, il capodanno ebraico che cade esattamente 162 giorni dopo la Pesach. La festa del Rosh Hashanah viene celebrata sia dai credenti che non insieme a parenti e amici. Ha una durata di due giorni e sarebbe dovuta iniziare questo venerdì sera fino al 20 settembre. Il capodanno ebraico è ricco di tradizioni, in molti si recano nelle sinagoghe per pregare, specialmente durante il digiuno dello Yom Kippur (giorno dell’espiazione) che cade alla fine di questo mese. A seguito delle restrizioni delle ultime ore, quest’anno non saranno consentite le abituali riunioni di famiglia; nelle sinagoghe le preghiere saranno limitate a piccoli gruppi. Il numero di fedeli che potrà assistere alle funzioni sarà limitato, 10 persone al chiuso e 20 all’aperto.

Proteste contro il primo ministro

Cresce il malcontento degli israeliani nei confronti del presidente Benyamin Netanyahu. Secondo un sondaggio pubblicato da Israel ha Yom, il 59 % degli intervistati reputa “non buona” o “pessima” la gestione della crisi sanitaria, mentre il 54 % ha criticato il comportamento del governo in campo economico. Per tali ragioni molti protestanti  si sono recati alla residenza di Netanyahu  a Gerusalemme, chiedendo le dimissioni di quest’ultimo per la pessima gestione del Covid-19. Gli israeliani si sono mostrati sconfortati di fronte alla vanificazione dei risultati di recupero ottenuti dopo il primo lockdown, puntando il dito contro le autorità locali, incapaci di controllare il picco delle ultime settimane.Israele, ancora più di 4'000 contagi: decretato il lockdown di almeno 3 settimane - Ticinonline

Le parole del presidente israeliano

Reuven Rivlin, presidente israeliano di fronte alla frustrazione dei cittadini per le modalità di gestione della pandemia, ha voluto rilasciare un messaggio di conforto, dichiarando come il lockdown ostacoli “la nostra capacità di stare insieme, di celebrare insieme, di piangere insieme, di pregare insieme” ma “voglio che alziamo la testa e abbiamo fede”.

 

Eleonora Genovese

Coronavirus, quarantena almeno fino al 18 Aprile: le prime proiezioni

Un nuovo Dpcm dovrebbe estendere le misure restrittive almeno fino al 18 aprile, chiaramente in relazione all’andamento dei contagi ed alle indicazioni dei virologi, dovrebbe scattare una graduale riapertura delle attività in cui non vi sono assembramenti di persone. Per un ipotetico ritorno alla normalità, poi, si dovrà aspettare almeno la fine di maggio. 

Ad oggi appare inevitabile il prolungamento delle misure restrittive, a dirlo il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli:

non siamo in una fase marcatamente declinante ma in una fase, sia pure incoraggiante, di contenimento; dovremo immaginare alcuni mesi nei quali adottare disposizioni attente per evitare una ripresa della curva epidemica.

Una fase fondamentale nell’ottica di un allentamento della stretta imposta dall’esecutivo riguarderà, nelle prossime settimane, il calo dei casi nell’indice di contagiosità.
Prima di allentare la morsa all’intero paese, il dato numerico riportato dall’indice dovrà scendere sotto l’uno, ossia un soggetto positivo che infetti meno di una persona.

L’assoluta rilevanza di questo parametro è confermata anche dalle parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Bisogna ragionare in termini di proporzionalità», ha evidenziato a proposito della riapertura delle attività attualmente sospese a causa dell’emergenza Coronavirus.

Sul tema caldissimo in termini socio-economici della chiusura prolungata delle attività commerciali, il premier ha risposto che questa è stata l’ultima e più drastica delle misure e, dunque, sarà anche la prima ad essere sciolta. Per le scuole e le università, invece si potranno apportare modifiche e migliorare il sistema al fine di far perdere agli studenti l’anno scolastico o gli esami universitari.

Ad una possibile apertura dell’Italia prima della fine della pandemia, Conte ha replicato:

Quando il comitato scientifico dirà che la curva inizia a scendere potremo studiare delle misure di rallentamento. Però dovrà essere molto graduale.

Il rischio, che l’Italia non può di certo permettersi, di una riapertura non calibrata e ponderata potrebbe determinare un drastico nuovo aumento dei casi, vanificando i risultati raggiunti con estremi sacrifici.

L’idea più razionale pare quella di una riapertura parziale di alcune fabbriche probabilmente quelle che operano in contesto di “vicinanza lavorativa” alla filiera agroalimentare e sanitaria, e quella meccanica e logistica.

Le progressive misure di ripartenza potrebbero interessare anche alcuni negozi, mentre tutte le attività caratterizzate dalla concentrazione di persone in spazi chiusi (bar, ristoranti, locali per il divertimento, cinema, teatri, stadi) andrebbero automaticamente in coda.

La graduale riapertura verrà monitorata  da un’intensa attività di controlli da parte delle forze dell’ordine, per verificare che le persone non escano più di quanto necessario.

Nella giornata di sabato i soggetti sottoposti a controlli sono stati 203.011, gli “irregolari” sono stati 4.942.

Cittadini che, nonostante i divieti, hanno ignorato tutte le misure di contenimento spostandosi dalla propria abitazione.  Cinquanta di questi sono usciti di casa nonostante fossero in quarantena, perché risultati positivi al Covid-19, adesso rischiano di essere processati per epidemia colposa.

Le settimane che seguiranno saranno sicuramente quelle decisive nella prospettiva di una vittoria che, in questo momento appare ancora lontana, ma raggiungibile se l’Italia tutta si dimostrerà coesa, determinata, responsabile e consapevole.

Occorre che i cittadini investano le ultime energie emotive rimaste, affinché il nemico invisibile e beffardo che ha sconvolto la vita e le abitudini radicate di miliardi di persone possa essere finalmente abbattuto.

Antonio Mulone