L’OSPE, il precursore delle moderne coworking?

Come avrete intuito dal titolo, questo articolo non si vuole limitare a raccontare una parentesi della storia messinese. Ci sono infatti delle pillole di conoscenza che andrebbero rinfrescate per fornire spunti di riflessione, guardando al presente ed al futuro della città dello Stretto.

La nascita dell’OSPE

Una di queste pillole riguarda la storia dell’OSPE, una piccola libreria del centro messinese esistita tra gli anni ’50 e gli anni ’80. Quel luogo, nella sua semplicità, è stato testimone del passaggio di numerosi artisti e scrittori, attratti da un ignoto centro gravitazionale che rendeva quelle quattro mura un luogo sicuro in cui dare libero sfogo alla creatività.

La libreria, sita in origine in via Tommaso Cannizzaro n.100, prendeva il nome dall’acronimo O.S.P.E., Organizzazione Siciliana Propaganda Editoriale (un’agenzia di distribuzione di giornali operante nel ventennio fascista). L’agenzia fu rilevata e trasformata da Antonio Saitta, gentiluomo d’altri tempi, libraio e poeta messinese. Intorno a lui sono nati numerosi movimenti ed iniziative culturali, come la galleria del Fondaco e l’Accademia della Scocca.

L’OSPE, liberatosi dell’acronimo, pochi anni dopo trovò la sua collocazione definitiva a Piazza Cairoli, in posizione attigua all’attuale Bar Santoro.

Gli accademici della Scocca. Fonte: Villaroel G., Messina anni 50′

La galleria del Fondaco

Il Fondaco è stato un punto di ritrovo in cui pittori emergenti e di ogni età potevano mostrare i propri quadri, i quali venivano tenuti esposti nel retrobottega dell’OSPE, frequentato dai curiosi che volessero immergervisi, ma anche dagli affezionati amici del libraio Saitta. Tra questi, in particolare il Professor Salvatore Pugliatti era stimato con affetto dai molti artisti e poeti di passaggio a Messina, che non mancavano di fare tappa all’OSPE.

Lo ricorda lo stesso Salvatore Quasimodo nella sua lirica Vento a Tindari : “Tindari mite ti so / fra larghi colli pensile sull’acque […]/ E la brigata che lieve m’accompagna / s’allontana nell’aria […]/ Soave amico (ecco Pugliatti, n.d.r.) mi desta“.

Nell’attività del Fondaco si annoverano anche numerosi premi, come la Tavolozza d’Oro, riconosciuto ad artisti siciliani che non avessero esposto in altre mostre nazionali.

Salvatore Quasimodo fotografato dentro l’OSPE. Fonte: D’Arrigo C., Antonio Saitta, OSPE: la scocca della cultura.

L’Accademia della Scocca

La libreria dell’OSPE non fu solo un luogo d’incontro tra intellettuali ed artisti, bensì un’occasione per stringere nuovi legami, vere e proprie amicizie per la vita. È così che tra una poesia ed un quadro, tra uno scaffale impolverato e la contabilità del negozio, nacque nel piano interrato dell’OSPE, un vero e proprio convivium, in cui gli assidui frequentatori della libreria si recavano per banchettare, ma anche per organizzare le iniziative future, viaggi di gruppo, in un’atmosfera di totale leggerezza e fraternità.

È in quest’ambiente che nacque una vera e propria “accademia”. Una scocca di amici, come si sarebbero definiti di lì a poco, tanto bastava a far rivivere lo spirito goliardico che animava quegli anni. Ai membri dell’accademia (tra i quali comparivano Vann’Antò, Pugliatti, Quasimodo, Saitta e molti altri) venivano conferite delle onorificenze ad personam con i quali i commensali si appellavano con scherno (come Gran Collare dell’Ordine dei Fichi d’India, Cavaliere dell’Abbacchio, Cigno della Scocca, Cocca della Scocca e così via).

La fine dell’OSPE (?)

Come il Sole d’estate, di cui si desidera rimandare il tramonto, così la felice esperienza dell’OSPE dovette pian piano volgere al termine. La scomparsa di alcuni compagni della Scocca, in particolare del Prof. Pugliatti, determinò il venir meno di quella magica atmosfera che si veniva a creare nel retrobottega della libreria. Il poeta libraio Antonino Saitta, ormai anziano, era riuscito a costruire un ambiente culturale e di confronto che difficilmente sarebbe sopravvissuto senza qualcuno che ne rifondesse la linfa vitale.

Eppure, da quella piccola bottega di Piazza Cairoli, sommersa dai corsi di gestione, l’essenza dell’OSPE ha lasciato i confini materiali della libreria per trascendere in qualcosa di più ampio, nel pieno spirito del suo fondatore. Se infatti la libreria non esiste più (i locali sono stati acquistati dal vicino bar), a permanere è una forte voglia di rivalsa e di rilancio. In un mondo che oggi va ad una velocità ben diversa da quegli anni, la cultura non è più qualcosa di elitario, ma è libera di spostarsi dai confini del passato grazie alle moderne tecnologie ed ai nuovi lavori, sempre più trasversali e creativi.

Una moderna coworking in cui i content creator si trovano per lavorare, studiare o prendere una piccola pausa.- Fonte: www.sharedspace.work

La voglia di mettersi in gioco, incontrandosi e creando nuovi legami, sono tutti aspetti che erano incarnati dalle sagge menti che vollero creare – dopo il buio del secondo dopoguerra – un mondo migliore di quello che si lasciavano alle spalle. Questo spirito si spiega bene con la parola inglese serendipity, che indica “l’occasione di fare felici scoperte per puro caso” e anche “il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra”.

Forse la vecchia libreria dell’OSPE oggi non esiste più, se non nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di viverla ormai tanti anni fa. Tuttavia, quel luogo di fortunato incontro continua a rivivere tutte le volte in cui persone così diverse avranno modo d’incontrarsi, dialogare, in qualche modo unendosi in una sinfonia di scienze e di arti, dettata dalla seducente imprevedibilità del caso.

 

Salvatore Nucera

Fonti:

D’Arrigo C., Antonio Saitta. OSPE: la scocca della cultura, 2016, Messina. 

Grasso S., La libreria inghiottita dal bar, in Corriere della Sera, 21.12.1988

 

La scrittrice Giorgia Spurio presenta: “Gli occhi degli orologi”

Martedì 16 aprile 2019. Ore 17:00. Messina. Alla Libreria Dedalus – via Camiciotti, di Roberto Cavallaro, è avvenuta la presentazione del romanzo premiato al salone del libro di Torino “Gli occhi degli orologi” di Giorgia Spurio. L’incontro organizzato in collaborazione con le ACLI – Associazioni Cristiane Lavoratori Italiane, GA – Giovani delle Acli e AAS – Acli Arte e Spettacolo- ha visto la partecipazione della stessa autrice Giorgia Spurio.

Il romanzo edito da Il Camaleonte Edizioni è un capolavoro della narrativa dove flashback commoventi e pensieri su temi attuali creano l’intreccio di una storia in bilico tra istanti poetici, desolazione e speranza. “Gli occhi degli orologi” è un’opera narrativa futuristica, ambientata nel 2048, dopo le Nuove Crociate contro il terrorismo e l’immigrazione, gli Orologi sono divenuti il Dio del tempo e lo strumento di controllo dei Governi.

Gli occhi ricordano la vista, un senso, mi piaceva donarlo ad un elemento inanimato come l’orologio, in quanto immagino un futuro senza specie animali e siccome, comunque, avremo bisogno della natura, ci mancherà, percepiremo la sua assenza, li inseriremo nella tecnologia.

In questo mondo post-apocalittico le persone sono diventate degli automi. Gli episodi, esplicitati con estrema durezza, sono dominati da atmosfere lente e progressive. Un libro che rischia di essere profetico. Come la stessa autrice ha dichiarato nel corso della presentazione.  L’opera è intrisa di riferimenti a Victor Hugo, Calvino, Dostoevskij, D’Annunzio, Pirandello ma è dal 1984 di Orwell che prende spunto per ricavarne il titolo e non solo. Un romanzo che, data la struttura stilistica, ricorda i romanzi di formazione ottocenteschi, Giorgia fa questa scelta volutamente e consapevolmente per coinvolgere maggiormente il lettore. Un libro che narra una storia nella storia, un romanzo distopico che parla di mondo devastato dalla Grande Guerra e di una generazione con poche speranze e alla deriva. Un testo che offre continui spunti di riflessione sull’attuale essere delle cose e sulle relazioni familiari.

Durante l’incontro, dopo i saluti del titolare, sono intervenuti: Ivan Azzara, coordinatore GA Messina, Selene Schirru, presidente AAS Messina, Mariachiara Villari, vice coordinatrice GA Messina, e Antonio Gallo, presidente provinciale ACLI Messina.

Il romanzo è disponibile in tutte le librerie d’Italia e su Amazon.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Racconti e Poesie dal Midwest USA – KENT HARUF

Giovedì 11 aprile 2019. Messina. Via Giuseppe Garibaldi, 56. Libreria La Gilda dei Narratori. Un’immersione nelle atmosfere del Midwest statunitense. Partendo dai romanzi senza tempo di Kent Haruf, uno dei più grandi scrittori americani degli ultimi quarant’anni, ci si è immersi in questo affascinante mondo letterario grazie agli interventi di Roberta D’Amico ed Ignazio Lax, che hanno raccontato le storie e le gesta degli uomini e dei libri di questa Letteratura.

L’evento è stato reso ancora più suggestivo dal tappeto musicale e dalle letture poetiche a cura del collettivo “Altera“: Antonio Fede, Massimiliano Fede, Mariaconcetta Bombaci.

Pubblico attento per la narrazione di Vincoli. Una storia semplice ma intensa, come in tutti i romanzi di Haruf, che attraversa quasi un secolo di vita e traccia anche un bel quadro della conquista americana dell’ovest. A differenza degli altri romanzi, in questo c’è anche un piacevole risvolto noir che tiene incollati fino alla fine. Un viaggio nella storia di una famiglia delle pianure americane, narrata dalla voce della loro vicina, Sanders Roscoe. Un romanzo corale e travolgente, intenso e poetico, con cui Haruf inizia il suo viaggio nell’America rurale, teatro delle sofferenze e metafora della tenacia dello spirito umano, anticipando tutti gli elementi che rendono unica la sua poetica. Uno stile descrittivo e sublime caratterizza i personaggi. Si è in grado si percepire su di sé l’odore dei campi e di sudore dei protagonisti. Un romanzo duro ed estremamente vero, dà una perfetta idea della mentalità del luogo all’inizio del ‘900.

Non Resta che leggerlo.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Il Sincero Festival: un atmosfera magica e intima che unisce le persone!

Mercoledì 10 Aprile 2019. Messina. Ore 21.00. Colapesce Cocktail Bar – Caffetteria – Libreria.  Il siciliano Davide Rosolini, CantAttore,FantArtista, CreAttivo e Creatino, si è esibito in live con il suo Tradi Tour.

Quattro termini del tutto singolari lo descrivono: CantAttore perchè opera da anni nel teatro canzone ed i suoi brani sono dei veri e propri microspettacoli teatrali che hanno spesso a che fare con tutti quei problemi semplici della vita dove ci si può sempre trovare dentro la pesantezza di una domanda esistenziale. FantArtista poichè oltre a cantare, suonare e scrivere si imbatte nella realizzazione di strane opere e gadget per i suoi spettacoli, dal Kit dell’ uomo solo al porta portachiavi, dai cartelloni guida per il pubblico  a straordinarie mostre di arte contemporanea. CreAttivo per la sua forte e ricca attività creativa che gli fa sfornare album, canzoni, fumetti, trailer, film, spettacoli, miracoli.  Creatino poichè in fondo è uno di quei creativi molto cretini, che parlano d’ amore con uno sguardo placido e scanzonato senza prendersi mai sul serio.

Davide Di Rosolini, nato a Modica (RG) nel Gennaio del 1982, ha iniziato la sua carriera musicale nel 1998 come bassista/chitarrista in diverse band. Ha pubblicato due dischi con la band Tetra Martire, dov’era cantate e chitarrista: Tre quarti d’ira (2004), Poco prima della fine (2005).È stato fondatore del duo di teatro-canzoni Unduo, insieme a Costanza Paternò con cui ha pubblicato due dischi: Travolti da un insolito destino (2008), Novena (2009). È l’ideatore e il direttore artistico del Sincero Festival. È fondatore dell’associazione no profit per lo sviluppo della musica d’autore MU. Dal 2010 ad oggi pubblica album da solista: Disordine sotto il soppalco (2010), T.R.I.S. (2011), Praticare il bivacco (2012), Combattere l’ansia (2012), Flli Di Rosolini in Novena (2013), Disordine sopra il soppalco (2014), Chilometri, etilometri & aritmie (2015), Il male (2016) e “il male (il film)”(2017).

Locale gremito e pubblico attento in occasione del Sincero festival. Nato nove anni fa dalla mente di tre artisti: Davide Di Rosolini, per l’appunto, Cristiano Fronte e Giorgio Trufley. Il Sincero Festival, è una realtà particolarissima che nonostante non gode di nessun tipo di patrocinio riesce a portarsi avanti attraverso un autogestione consapevole e attraverso la sensibilità di artisti internazionali che, innamorati del progetto, vengono da ogni parte del mondo per sostenerlo.

E’ l’esperimento più riuscito di festival autogestito. Nonostante non goda di nessun contributo pubblico e sia vivo solo grazie alle offerte libere del pubblico e al contributo degli artisti che, innamorati dell’iniziativa, lo sostengono ogni anno portando il meglio dei loro spettacoli, riesce a regalare un atmosfera magica e intima che unisce le persone e fa crescere dentro i cuori di tutti il senso di appartenenza ad una grande famiglia.

Gabriella Parasiliti Collazzo

“La mafia dei pascoli”: affinché tutto questo sangue non sia stato versato invano

21 Marzo 2019. Messina. È stato presentato alla Feltrinelli Point  “La mafia dei pascoli”, il libro di Nuccio Anselmo e Giuseppe Antoci, con la prefazione di Gian Antonio Stella, edito da Rubbettino, che ricostruisce le infiltrazioni mafiose al Parco dei Nebrodi e racconta la lunga storia di Cosa nostra barcellonese.

Il libro,di stampo autobiografico, racconta di milioni di euro guadagnati per anni in silenzio da Cosa nostra. Parla di un business “legale” e inesplorato. Boss che riuscivano inspiegabilmente ad affittare tanti ettari di terreno nel Parco dei Nebrodi, in Sicilia, terrorizzando allevatori e agricoltori onesti, li lasciavano incolti e incassavano i contributi dell’Unione Europea perfino attraverso “regolari” bonifici bancari. Un affare che si aggirerebbe, solo in Sicilia, in circa tre miliardi di euro potenziali negli ultimi 10 anni. Soldi non spesi, appalti truccati, truffe ingegnose, guadagni esorbitanti. Che nessuno vedeva o denunciava. Nessuno vedeva, sentiva o parlava. Fino a quando in quei boschi tanto magici quanto dannati non è arrivato Giuseppe Antoci, che è riuscito ad estirpare via la mafia dal Parco realizzando un protocollo di legalità che poi è diventato legge dello Stato ed oggi è applicato in tutta Italia. Cosa nostra aveva decretato la sua fine. La notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 Antoci è stato vittima di un attentato, dal quale è uscito illeso solo grazie all’auto blindata e all’intervento armato del vice questore Daniele Manganaro e degli uomini della sua scorta. Antoci, nel libro, racconta a Nuccio Anselmo la sua esperienza, e il coraggio di tanti altri servitori dello Stato che gli hanno consentito di andare avanti nella sua battaglia. E per comprendere meglio il contesto Anselmo ha scritto anche della catena di omicidi ancora irrisolti avvenuti in quelle terre, di Cosa nostra barcellonese e dei Nebrodi, del primo grande processo contro il racket dei clan tortoriciani e delle dinamiche mafiose del territorio.

Insieme agli autori, Anselmo e Antoci, hanno dialogato: Sebastiano Caspanello, giornalista, e Carmelo Scilla, avvocato.

Gli autori hanno deciso di destinare i loro diritti sul libro all’Associazione “Quarto Savona 15”, dal nome in codice dell’auto blindata fatta saltare in aria a Capaci il 23 maggio del 1992 durante la strage che uccise Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta. L’associazione “Quarto Savona 15” è nata su iniziativa di Tina Montinaro, vedova di Antonio, caposcorta del giudice. L’obiettivo è quello di mantenere viva la memoria della strage di Capaci del 1992, “trasformando il dolore in azioni concrete”.

L’associazione non ha scopi di lucro, non ha connotazioni politiche né partitiche. Ne fanno parte studenti, docenti, imprenditori, professionisti, impiegati, dipendenti pubblici, giornalisti, appartenenti alle forze dell’Ordine.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Simonetta Agnello Hornby ci invita per un “caffè amaro”

Messina, ore 18:30 di un pomeriggio afoso dell’8 Giugno. Una folla gremita riempie la Feltrinelli Point. Dentro, a catturare l’attenzione di tutti, c’è Simonetta Agnello Hornby. La scrittrice, palermitana di nascita ma naturalizzato britannica, presenta “Caffè amaro” (€ 18.00, Editore Feltrinelli, p. 348), romanzo d’amore ambientato in Sicilia a metà dell’Ottocento. Con molta chiarezza ed al contempo con l’animo di chi certi problemi, certi disagi ma anche certe passioni li sente dentro, Simonetta ha raccontato il suo libro, sviscerandone i vari aspetti. C’è Maria, appena quindicenne, con le sue forme acerbe ma perfette ed una sensualità che emerge (“La bellezza è, prima di tutto, armonia”. È l’armonia che muove il mondo, che ci fa innamorare. Come in un romanzo, ciò che colpisce è l’equilibrio tra le parti”). C’è Pietro, ricco 34enne proprietario di alcune zolfatare, che inizierà Maria alle arti dell’amore. E, a incorniciare questa travagliata storia, c’è il contesto, un secolo buio, difficile per l’Italia ed in particolare per la Sicilia che, come sostiene la stessa Simonetta, soffre i postumi dell’unificazione. Ed è proprio qui, in mezzo a tutti questi lettori, che l’autrice descrive le passioni, le esperienze, le idee che dominano in “Caffè Amaro”. Simonetta non ci risparmia di darci una parte di sé stessa e ci racconta della sua famiglia, del suo lavoro da scrittrice, della sua predilezione per protagoniste femminili (“Le mie protagoniste sono sempre donne perché ho sempre conosciuto donne interessanti, fonti d’ispirazione per me”), facendoci conoscere la mente che c’è dietro il romanzo. Ed è proprio qui che, di fronte al suo pubblico siciliano, anzi messinese, Simonetta conclude dimostrando l’attaccamento alla sua terra d’origine, alle sue tradizioni ed anche al tanto amato dialetto, che nemmeno i suoi anni lontana dalla patria le hanno fatto dimenticare. (“Abbiamo il dovere di trasmettere ai nostri successori il folklore. Solo così possiamo creare un’identità, solo così possiamo far nascere una mente sana”).

Edvige AttivissimoIMG-20160609-WA0001