I gitani, una cultura tra musica e libertà

Il termine Gitano ha un qualche collegamento diretto con il concetto di libertà, una cultura senza restrizioni.
Sebbene molti lo siano, non tutti i gitani sono, però, nomadi. Non tutti vivono in roulotte, tende o vagoni.

La verità è che negli ultimi mille anni, i gitani si sono spostati da un paese all’altro, principalmente a causa della persecuzione e della schiavitù.

I gitani, o più comunemente detti Gipsy, sono famosi per la loro ospitalità, la loro musica e il modo di fare festaiolo che tira dentro il loro mondo chiunque ne entri a contatto.

Nonostante sia difficile definire il suo stile e i suoi parametri, la musica Gipsy è passata almeno una volta nelle nostre orecchie. Mista nel suo genere ma caratterizzata da virtuosismi, cambi di tempo, gradi di scala alterati e strutture armoniche più complesse, modifica la musica esistente per portare qualcosa di nuovo e mai sentito prima.

I testi delle canzoni dei gitani sono spesso cantati in uno o più dialetti della loro lingua, e la danza, in particolare il flamenco, accompagna spesso la performance.

La musica Gitana varia in base alle zone in cui nasce, ma ci sono dei tratti caratteristici ineguagliabili.

L’uso di tre voci o parti: la linea melodica, la parte strumentale e quella vocale. La sincope che è un metodo musicale secondo cui la musica inizia subito dopo un battito, mantenendo un ritmo coerente. La capacità di suonare la musica con frasi diverse, e questo significa che l’ingresso e l’uscita di diversi temi musicali sono percepiti in momenti diversi durante una canzone, attraverso il ritmo o gli strumenti. L’armonia, nella quale viene usato un accordo minore invece di un accordo maggiore. Ed infine il canto, dove si enfatizzano le naturali capacità vocali.

Da dove nasce la musica gitana: i Baliardo e i Reyes

La musica gitana prende piede grazie a Ricardo Baliardo o, per meglio dire, Manitas de Plata. Chitarrista francese di flamenco che fu notato in America e riuscì così a registrare i suoi primi dischi, Ricardo era il fratello dei Baliardo e il cugino dei Reyes. È proprio così che inizia la generazione dei Gipsy Kings, una band di rumba catalana che per molti anni è stata composta da una famiglia unita.

I Reyes e i Baliardo, famiglie imparentate tra loro, sono di origine catalana, ma lasciarono il paese durante la guerra civile spagnola, istallandosi, poi, in Francia.

I piccoli Reyes nacquero e crebbero con la musica nel sangue. Il padre Josè Reyes trovò una casa discografica e in questo modo riuscirono a incidere il loro primo album.

I Gipsy Kings si componevano dei fratelli e di quello che per Josè Reyes era un figlio adottivo, Chico Bouchiki, che, dopo un forte litigio, si allontanò, mantenendo comunque un rapporto familiare intatto.

Dal 1978, suonano in giro per il mondo, portando quello che è a tutti gli effetti uno stile unico. Una fusione di rumba flamenca, flamenco tradizionale e musica pop.

Nonostante le varie critiche ricevute nel corso degli anni, i Gipsy Kings riuscirono a conquistare la Francia, e non solo, con Bambolèo, fino a rielaborare in chiave flamenco una dedica tutta italiana, Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno.

Rimasero nelle classifiche americane per ben quaranta settimane e portarono avanti la loro carriera, iniziando da feat con cantanti italiani come Gigi D’Alessio, fino a lavorare con la Disney per Toy story 3.

Nel 2006, abbiamo il loro ultimo album.

Da quel momento, ogni fratello ha composto un suo gruppo personale, con cui tutt’ora lavora. Pablo Reyes, ad esempio, uno dei fondatori, continua a girare il mondo, portando la sua musica, con il suo gruppo Gipsy Kings way e così tutti gli altri componenti.

Fonti: 

https://www.eroicafenice.com/salotto-culturale/la-cultura-dei-gitani-un-viaggio-tra-musica-e-tradizioni/

https://en.wikipedia.org/wiki/Manitas_de_Plata

https://it.wikipedia.org/wiki/Gipsy_Kings

Taobuk Festival 2023, un inno alle libertà

L’azione umana, la potenza creativa, l’espressione personale sono la più diretta manifestazione dell’essenza umana dettate dalla condizione di libertà o dalla sua ricerca.

Per lo scrittore Luis Sepulveda la libertà è uno stato di grazia, e si è liberi solo mentre si lotta per conquistarla.

Le lotte per la conquista dei diritti fondamentali hanno scritto pagine della storia di ogni Paese. Alcuni capitoli sono conclusi, altri sono ancora in fase di stesura, ma anche quando la storia sembra compiuta bisogna ricordarsi di custodire il libro, affinché quelle pagine così importanti, scritte con il sangue e bagnate dalle lacrime, non vengano strappate via.

Se la conquista è fondamentale, la salvaguardia è altrettanto necessaria. Godere delle libertà fondamentali è diritto di ogni individuo, proteggerle è il proprio compito.
 
Quello delle libertà è il tema scelto per la XIII edizione del Taormina Book Festival, evento che dal 15 al 19 giugno ha ospitato scrittori autorevoli, artisti, registi e divulgatori per una serie di incontri in cui importanti personalità provenienti da tutto il mondo hanno reso ancora una volta Taormina polo di cultura, scienza e sapere. 

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Le libertà, Palazzo dei Duchi di Santo Stefano. © UVM

Una libertà declinata al plurale

La libertà è un concetto che racchiude in sé molteplici sfumature e che, come affermava Benedetto Croce, è raggiungibile solo attraverso l’acquisizione delle varie forme di libertà, individuali e collettive. È questo il motivo della declinazione al plurale della tematica di quest’anno, il cui simbolo è la mongolfiera di Velasco Vitali, mezzo che permette di librarsi per osservare il mondo da un’altra prospettiva e superare i confini tra i popoli.
 
La concezione personale di libertà è differente per ogni individuo ed è intorno a queste varie forme che ha orbitato il festival, i cui diversi punti di vista hanno contribuito a plasmare un’idea sempre più ricca e diversificata del concetto di libertà.

 

La libertà è donna

“Siamo nel posto in cui l’acqua può essere trasformata in vino” ha esordito così la scrittrice iraniana Azar Nafisi, autrice di Leggere Lolita a Theran, da sempre impegnata nella lotta per la rivendicazione dei diritti delle donne in Iran e contraria a ogni forma di censura letteraria. La Nafisi ha dichiarato di aver conosciuto l’Italia molto tempo prima di visitarla, grazie a Dante, Calvino, Eco e Montale e ai più famosi cineasti, Pasolini, Fellini e Rossellini, ricordando il potere del diritto all’immaginazione.

Il mio popolo si è connesso al mondo così quando il mondo gli è stato portato via, attraverso le vostre grandi opere di immaginazione, la vostra musica, la vostra arte, i vostri libri. 
Un buon film è di per sé politicamente sovversivo, mette in dubbio la morte, conferma la vita e combatte le menzogne.

Le menzogne sono la base su cui si erge ogni sistema totalitario, compreso quello presente in Iran.
Per controllare la popolazione i regimi sottraggono l’identità storica, sociale, culturale, l’identità delle donne.
Le donne in Iran combattono la violenza con l’immaginazione, cantano e danzano per le strade per coprire il rumore dei proiettili.

Tra gli ospiti la scrittrice francese Annie Ernaux, vincitrice del premio Nobel per la letteratura 2022. Per l’autrice la scrittura diventa atto politico di denuncia dei vincoli sociali e delle sovrastrutture che intralciano la libertà. In questo senso l’Ernaux predilige alla parola “libertà” il termine liberazione che presuppone l’azione concreta e la continua ricerca di quest’ultima.
 
Per l’autrice statunitense Joyce Carol Oates, la libertà è come l’aria che respiriamo, nel momento in cui viene a mancare ne soffriamo la privazione.

 

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I redattori con l’autrice Joyce Carol Oates. © Giulia Cavallaro

 

Sotto il cielo di Taormina: cultura…

Fra gli eventi più attesi il tradizionale appuntamento con la serata di gala di Taobuk tenutasi sabato 17 giugno al Teatro Antico di Taormina, per una notte palcoscenico dei Taobuk Award, premi conferiti a eccellenze del mondo della letteratura, della scienza, delle arti e dello spettacolo nel corso di un evento diretto da Antonella Ferrara, ideatrice del Festival, e Massimiliano Ossini.

Ospiti d’onore le tre autrici internazionali Annie Ernaux, Azar Nafisi e Joyce Carol Oates. Tre figure femminili distanti nell’itinerario umano e artistico, ma accomunate dall’impegno sociale e dalla lotta per l’emancipazione femminile, premiate col Taobuk Award per l’eccellenza letteraria.

Il Taobuk Award per la scienza è stato conferito a David Quammen, divulgatore scientifico statunitense e giornalista del National Geographic.

 

Le autrici Annie Enaux, Joyce C. Oates e Azar Nafisi alla conferenza stampa. © Giulia Cavallaro

 

…ma anche musica e spettacolo

 
Coinvolgente è stata esibizione del celebre musicista tedesco David Garret, definito il più grande violinista della sua generazione, che si è esibito in un crossover tra musica classica e sonorità pop.
 
Nel corso dell’evento non sono mancati i momenti di commozione, come il monologo di Edoardo Leo sulla libertà di espressione degli artisti, primo bersaglio in una democrazia che vacilla.

Noi siamo le sentinelle della democrazia, parliamo al cuore delle persone e allora ci considerano pericolosi.
In ogni paese dove c’è un rischio di libertà gli artisti sono sempre i primi ad essere imbavagliati, censurati e controllati. La comicità, la satira, l’umorismo si fa sempre dal basso verso l’alto, è sempre una critica all’egemonia, è il compito della commedia. Fare la commedia è fare cultura e la cultura è sempre l’ultimo raggio di sole prima del buio.

Fra i momenti più attesi l’esibizione della cantautrice siciliana Claudia Lagona, in arte Levante, che ha emozionato il pubblico con il brano Mi manchi, ricevendo il Taobuk Award come narratrice di storie di luce e di buio, di gioia e scoramento, con uno stile limpido e intenso che arriva dritto al cuore di tutti.
 
Sono stati premiati nel corso della serata anche attori e registi a livello italiano e internazionale.

L’attrice Valeria Golino, acclamata per il suo ultimo lavoro, la serie Netflix La vita bugiarda degli adulti e Michele Placido, vincitore dell’Orso d’argento per il miglior attore al Festival di Berlino e del premio Federico Fellini 8½ per l’eccellenza artistica.

 

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La serata di gala al Teatro Antico di Taormina. © Giulia Cavallaro

 

Taobuk aperto a nuove prospettive

Anche quest’anno il Taobuk Festival, grazie alla sua natura trasversale, è stato capace di spaziare in ambiti e discipline apparentemente diversi coniugandoli in una direzione comune.

Il raggiungimento della libertà come condizione comune a tutti gli esseri umani è un processo in fieri, ostacolato dalle limitazioni delle libertà fondamentali minacciate o addirittura negate in molti Paesi.

Ma una scintilla di speranza si è accesa al centro del Mediterraneo, alimentata da spiriti tanto diversi quanto affini, uniti dall’amore per la cultura, l’arte e la musica. Armati di conoscenza per contrastare la violenza.

Camminando per le strade di un luogo come Taormina durante il Taobuk Festival perfino l’aria sa di speranza e anche la più assurda delle utopie sembra realizzabile, come godere tutti, un giorno, delle stesse libertà. 

 

 

Santa Talia

 

25 aprile: la Festa della Liberazione e il Comitato messinese di liberazione nazionale

Il 25 aprile di 76 anni fa il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) assume il potere “in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo italiano” e proclama lo sciopero e l’insurrezione generale contro l’occupazione nazifascista.

È questo il giorno che viene scelto simbolicamente per ricordare e festeggiare la Liberazione, sebbene gli scontri proseguirono ancora per qualche giorno. La legge n.269 del maggio del 1949 fissa ufficialmente la data del 25 aprile quale “festa nazionale”, confermando un precedente decreto del 22 aprile del 1946 con il quale si stabilisce che il 25 aprile, da quel momento in poi, sarebbe stata la “festa della Liberazione”.

La Resistenza e i Comitati di liberazione nazionale

Questo giorno è ricordato per celebrare la fine dell’occupazione nazi-fascista, ma anche per onorare l’apporto dato dalla Resistenza alla guerra di Liberazione.

La Resistenza è diretta dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) -e dalle sue ramificazioni-, formazione interpartitica che riunisce, nonostante le diverse e contrapposte ideologie, i partiti tradizionali antifascisti, ridotti al silenzio durante il ventennio mussoliniano.

I CLN conducono l’opposizione al nazifascismo e si occupano della gestione locale del potere con una precisa volontà di rinnovamento.

Risulta arduo descrivere in modo univoco il fenomeno dei CLN, poiché molti di essi presentano storie e caratteristiche peculiari. È comunque possibile notare delle chiare differenze fra i CLN centro-settentrionali e i CLN meridionali.

Partigiane in marcia – Fonte: fanpage.it

La Resistenza nel meridione

la storiografia, infatti, sottolinea come il Sud non ha conosciuto un movimento di Resistenza e guerra partigiana, a causa della precoce liberazione dei territori situati a sud della linea Gustav.

Difatti, la Sicilia è la prima ad essere liberata. Gli anglo-americani sbarcano sulle coste siciliane tra il 9 e il 10 luglio del 1943 e poco più di un mese dopo l’Isola è libera; in pochi mesi, le forze Alleate liberano gli altri territori meridionali della penisola italiana.

Quindi, per ragioni storiche, il Sud non ha partecipato alla Resistenza. Ma le cose non stanno proprio così.

La “Quattro giornate di Napoli” (27-30 settembre 1943), emblema della Resistenza nel meridione – Fonte: vesuviolive.it

Il meridione ha dato il proprio contributo alla guerra di Liberazione, costituendo i CLN ed, in particolare, con il sacrificio di molti uomini. Infatti, non è per nulla trascurabile la percentuale di partigiani meridionali che hanno combattuto la guerra partigiana nelle terre settentrionali.

Ed in particolare è proprio la Sicilia che spicca in tal senso: sono i siciliani che, tra le regioni del sud, contribuiscono con il maggior numero di uomini e donne, quest’ultime lontane dal fronte, ma fondamentali nelle azioni di resistenza passiva, sabotaggio e boicottaggio. Giovani e meno giovani, gente comune che ha donato il proprio sangue, ma anche uomini leggendari come Pompeo Colajanni, conosciuto con lo pseudonimo di “Nicola Barbato” e fondamentale nella Liberazione di Torino, e figure del calibro di Girolamo Li Causi e di Salvatore di Benedetto.

Il partigiano Pompeo Colajanni – Fonte: anpi.it

Il Comitato messinese di liberazione nazionale

A Messina -liberata il 17 agosto 1943- si costituisce il Comitato messinese di liberazione nazionale (CMLN). Formatosi il 25 novembre del 1943, il Comitato messinese inizia la sua attività poco più di un mese dopo, ribadendo la sua continuità con il Fronte unico dei partiti politici antifascisti.

Diversi gli esponenti che ricoprono il ruolo di Presidente del Comitato, tra cui Ettore Miraglia, Nunzio Mazzini Gentile, Eugenio Marotta, Giuseppe Romano e Placido Lauricella; la figura, però, più importante è senza dubbio quella dell’avvocato socialista Franco Fabiano, che ha ricoperto la carica di segretario.

Il CLN messinese non spicca per organizzazione e praticità: ben presto una parte di esso provoca una scissione con la creazione di un ulteriore Comitato di liberazione.

Inoltre, il giudizio di Antonio Stancanelli (prefetto di nomina AMGOT) e di Luigi Stella (prefetto di carriera, sostituto di Stancanelli) non è positivo; essi evidenziano la non eccelsa organizzazione, la mancanza di collaborazione ed un’eccessiva litigiosità. In effetti, non pochi sono i contrasti e le divisioni, parecchie le questioni irrisolte e le soluzioni arrivano con un certo ritardo.

L’ingresso dei soldati anglo-americani a Messina – Fonte: normanno.com

L’incertezza e la diffidenza

È doveroso comunque ricordare che, seppur liberata, la Sicilia vive un momento di profonda incertezza.

I CLN siciliani, infatti, svolgono la propria attività in un contesto particolarmente complicato per la presenza del MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia); inoltre il “risveglio” della mafia agraria -tornata in auge sfruttando sia il mercato nero sia le nomine presso le piccole amministrazioni comunali- complica la situazione.

Queste circostanze esterne influenzano negativamente anche il CLN messinese; inoltre la popolazione non esprimeva una grande considerazione nei confronti del Comitato, ma anzi un atteggiamento quasi diffidente e di poca fiducia.

Gli anni di transizione dal regime fascista e al nuovo Stato repubblicano saranno fondamentali per la città di Messina, alla ricerca di una sua identità e della rinascita politica.

 

Francesco Benedetto Micalizzi

Fonti:

Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, Istituo di Studi Storici Gaetano Salvemini – Messina, Atti di Convegno 1998, Sicania, Messina

 

Immagine in evidenza:

La Resistenza di Torino – Fonte: radiogold.it

Flat Brain Society: quando giudicare a tutti i costi è più importante che ragionare

È domenica sera. Dopo una giornata di studio sento che è ora di mangiare qualcosa- e vorrei ben vedere, sono le 22 inoltrate! -mentre accendo il pc. Niente Netflix e Narcos Messico per stasera, meglio evitare. Finirei per spararmi quattro puntate di fila e chi dorme poi? Meglio fare zapping tra i canali online. Da quando sono uno studente fuori sede non ho più avuto la tv, tanto ormai col web puoi vedere ciò che vuoi. Su Italia 1 ci sono le Iene, vediamo se trovo qualche servizio interessante.

Ecco un tizio che parla. La voce è cryptata. Sembra abbia fatto una scoperta incredibile che cambierà il modo di vedere le cose. La maschera di ‘Guy Fawkes‘, ormai abusata da chiunque dopo che ‘V per vendetta’ e ‘Anonymous’ hanno deciso di associarla all’idea di rivolta, completa la scena ed ecco che il nostro personaggio misterioso ci rivela la sua incredbile scoperta:’La terra è piatta!‘.

Non so se ridere o piangere.

Il servizio continua, l’inviato Gaston Zama affronta con un’ironia brillante quella che è la teoria della ‘Flat Earth Society‘, una società che ha origini inglesi ma che ormai si è diffusa in tutto il mondo. La iena ci porta in Campania, ad Agerola, dove parteciperà ad un convegno di un gruppo italiano di ‘terrapiattisti‘.

Lo spettacolo che vedo è una riunione che somiglia ad una riunione di una qualche nuova setta religiosa o di uno di quei brand che vendono porta a porta prodotti dalla dubbia utilità. Si passa dalla negazione di qualsiasi legge fisica, alla denigrazione di Einstein, alla negazione di ogni evento storico, passando per le scie chimiche, i vaccini considerati il male della scienza moderna, passando per tutte le teorie complottistiche conosciute, quali il finto 11 settembre o il finto allunaggio del 1969. Il culmine si raggiunge quando uno degli ‘esperti’ del convegno afferma di essere stato in grado di vedere dalla montagna più alta di Capo Nord, sino a terre lontanissime quali l’Australia. Viene negata persino l’esistenza stessa dei dinosauri-in realtà sarebbero dei giganti, come mostrano le porte del Duomo di Milano o di S.Pietro-e dell’Australia stessa(Ma come? Non l’aveva vista l’esperto?!). Ma la ciliegina sulla torta è il cosiddetto ‘effetto pacman‘, che sarebbe quello che causa il ritorno ad una stessa terra volando in direzione retta con un aeroplano, che va inevitabilmente a confutare la teoria della terra sferica.

Una volta finito il servizio spengo il computer, ho visto abbastanza. Sono amareggiato. Il primo pensiero va a tutte le grandi menti che si sono prodigate nel corso dell’esistenza per fornirci la conoscenza che abbiamo oggi. Penso cosa direbbero Copernico, Galileo, Einstein, Newton se vedessero che tutto quello che hanno scoperto e teorizzato fosse oggi confutato da gente comune convinta di potersi definire esperta dopo aver guardato qualche video su Youtube.

Cerco di capire cosa possa portare la società moderna a produrre individui che un giorno, per capriccio, decidono di andare contro ogni legge universalmente riconosciuta. Non credo sia colpa dell’ignoranza- in Italia il tasso di analfabetismo è sceso dal 13% nel 1950 al 3% nel 1990 ed è ancora in calo-. Forse è un po’ per il gusto di andare controcorrente, perché in fondo sentirci dei ribelli ci piace e ancora di più ci piacciono le ipotesi complottistiche. Ma quella che secondo me è la vera natura di questi fenomeni è Internet. Proprio lui, che ha connesso tutto il mondo, che ha portato la libertà di espressione in tutte le case, in fondo ci sta rovinando. Chiunque ormai, dopo aver letto una pagina sul web si sente in grado di poter dare giudizi su qualsiasi cosa, su una partita di calcio, su un dipinto, su un piatto, su un film o, appunto, sulla scienza. Proprio la libertà di espressione, se abusata, causa fenomeni di questo tipo, in cui gente comune crede di poter smontare anni e anni di studi basandosi su qualche stupida dimostrazione senza valore.

E allora poveri noi, chissà cosa ci riserva il futuro.

Ricordate la regola secondo cui se si ha qualcosa da dire bisognerebbe pensarci per 30 secondi e dirla solo se anche dopo quel lasso di tempo sembra qualcosa di sensato? Beh, vale anche per Internet e per i social network, anzi forse meglio pensarci per 30 minuti o, meglio ancora, 3 ore.

Nel frattempo questo servizio mi ha lasciato indignato, ma forse mi passerà, forse un giorno ne riderò quando sarò su un volo per Sidney.

P.s. Non vedo l’ora di guardare il sequel della storia questa sera alle Iene, quando due degli ‘esperti terrapiattisti’ incontreranno un astronauta italiano- sì, ovviamente anche le missioni nello spazio non sono mai avvenute ma sono frutto di computer graphic -ed avverrà finalmente uno scambio di opinioni.

Ivan Brancati

I 10 TIPI DI STUDENTE IN VACANZA

vacanze_200411La sessione estiva è quasi per tutti giunta al termine ed è arrivato il momento di fare quello che lo studio non ci ha permesso finora di fare. Le cose nella lista sono veramente tante e il tempo poco. Lo studente in vacanza sa già che dovrà scegliere bene su cosa concentrarsi di più e così ecco a voi i 10 tipi di studente in vacanza:
#1 IL BINGE WATCHER. Lo studente malato di serie tv ha passato un brutto periodo. La sessione estiva lo ha costretto ad accantonare il proprio account di Netflix per concentrarsi sui libri. Ma ora è arrivato il momento di recuperare. Programma della giornata: Sveglia, maratona di serie tv, pranzo, maratona di serie tv, cena, maratona di serie tv notturna, qualche ora di sonno. Semplice ed efficace.
#2 IL TIPO D’AMARE. Quando ti ritrovi su un libro, a metà luglio, con 38 gradi all’ombra, l’unica cosa che vuoi ardentemente è far riposare le tue terga al mare. Riconoscerete questo tipo di studente perché il giorno dell’ultimo esame assomiglia a Gunnarsson e due giorni dopo ha il colorito di Pogba.
#3 IL FESTAIOLO. Perdere la dignità dietro l’alcol durante l’anno può capitare. Perdere la dignità in vacanza è un must. Se la sessione estiva è andata male bevi per dimenticare, se è andata bene bevi per festeggiare. Il risultato sarà comunque quello: ogni sera col trattore in tangenziale e si va a comandare (no sul serio, fa troppo schifo quella canzone).
#4 IL CACCIATORE. Sulla scia del festaiolo troviamo il cacciatore. È tatticamente rimasto single per tutta l’estate alla ricerca di amori improbabili. È il re della serata e lo si vede dall’entrata (questa sì che era una canzone). I suoi sensi di ragno sono super attivi. Il suo radar da acchiappatore seriale è pronto all’uso. Punta la preda. Non lo ferma nessuno. Peccato che l’unica cosa che riuscirà a cacciare saranno le conchiglie sulla spiaggia. Rimandato.
Nota: la versione al femminile può risultare letale.
#5 IL LETARGO. Studiare è stancante. Lo sappiamo tutti. Passare un’estate a dormire potrebbe sembrare uno spreco ma a volte è necessario. Lo studente in letargo si sveglierà una mattina di settembre. Avrà messo su peso. La pelliccia sarà cresciuta. Le provviste di cibo saranno finite. E sarà in quel momento che uscirà dalla tana e ricomincerà a stud… ehm a vivere.

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#6 IL “LO DO A SETTEMBRE”. Tu, sai che parlo con te. Non ti invidio per niente. La sessione estiva non è andata come avevi programmato, eh? A giugno gli esami li hai rimandati a settembre come un segno di estrema speranza. Ad agosto però quella speranza si tramuta in disperazione. L’estate per te non esiste. Solo una lunga e triste sessione estiva lunga 3 mesi. Va bene dai ci vediamo quando ne esci vivo, ok?
#7 IL VAMPIRO. L’estate in realtà non è il massimo come stagione. Non fraintendetemi, si respira un’aria di vacanza, c’è il sole, c’è il mare, il sole, il sole, il sole. MADONNA QUANTO SOLE C’È D’ESTATE. Non tutti riescono a sopravvivere a tutto questo caldo. Il vampiro è quello studente che al sole è allergico. Ha deciso di dire no al sole e sì alla notte (non a valsoia).
#8 IL VIAGGIATORE. Comunque siano andati gli esami il viaggiatore sa già cosa fare per le vacanze. Ha tutto prenotato da mesi: volo, albergo, mete turistiche, escursioni. Non lascia nulla al caso. E poi ci sei tu, che sei povero come la merda e che al massimo puoi farti un giro su google maps. Dai almeno sei un terrone e puoi andare al mare.

#9 IL SOLITARIO. Jovanotti cantava “L’estate addosso”. Il solitario l’estate non ha proprio presente cosa sia. Per lui sono solo giorni lontani dai libri. Jovanotti parla di piccoli amori estivi intensi. L’unico amore estivo per il solitario è il climatizzatore. Effettivamente sono giorni molto caldi. Il contatto umano è un optional e le mura di casa sono l’unica spiaggia che vuole vedere. Non costringetelo ad andare a mare, gli basta la doccia di casa.

#10 IL LAUREATO. Come in un bellissimo film con Dustin Hoffman arriviamo all’ultimo punto. Il laureato. Hai finito. Mai più libri. Un’estate così non la vivevi da quando la maestra non ti lasciava il libro delle vacanze. Sei libero. Certo, è pur vero che adesso sei un disoccupato. È pur vero che non sai cosa sarà della tua vita. È pur vero che tutte le tue certezze ti stanno crollando inesorabilmente addosso e il tuo futuro è nero. Dai, sto scherzando. Non ti preoccupare. Troverai la tua strada. Vivi un’estate all’insegna dell’allegria e mettiti in gioco. Hai ancora tutta la vita davanti per preoccuparti!

Nicola Ripepi