“Roma città libera”: XXIX Edizione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

Giovedì 21 marzo, ricorrerà la XXIX Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Ricordo” e “Impegno” sono parole simbolo, valori su cui questa giornata si fonda, perché non vi sia rassegnazione dopo la tristezza, ma voglia di cambiamento e di resilienza. L’evento principale a livello nazionale, quest’anno, si svolgerà a Roma.

L’evento nazionale e principale per il 21 marzo 2024, si svolgerà a Roma (fonte: www.libera.it)

La ventinovesima edizione

«Il 21 marzo è Memoria, memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie. Persone, rese vittime dalla violenza mafiosa, che rappresentano storie, scelte e impegno. Lo stesso impegno che viene portato avanti dalle centinaia di familiari che camminano con Libera e che ne costituiscono il nucleo più profondo ed essenziale, nella continua ricerca di verità e giustizia.».

Queste sono alcune parole scritte sul proprio sito ufficiale da Libera, l’associazione contro le mafie, fondatrice della Giornata in ricordo delle vittime di mafia.

Dopo la calda giornata estiva in cui, quasi trent’anni fa, avvenne l’incontro tra Don Luigi Ciotti e la madre di Antonino Montinarocaposcorta del giudice Falcone – si decise di dar seguito alla commemorazione delle vittime, perché il loro ricordo possa ispirare legalità.

Venne così istituita la Giornata e ideata la formula ricorrente delle celebrazioni, dalla lettura di un elenco con nomi di persone innocenti uccise dalla mafia, ai momenti di riflessione e di condivisione di testimonianze di familiari di quest’ultime. Si scelse, inoltre, proprio il 21 marzo, equinozio di primavera, per trovare nel parallelismo con la rinascita della natura dopo l’inverno, l’augurio di una rinascita nella legalità.

Visto l’enorme movimento che ormai coinvolge associazioni, scuole, enti e organismi locali e nazionali, e l’impatto che ne consegue sulle coscienze dei cittadini, lo Stato ha riconosciuto ufficialmente la Giornata con la legge n.20 dell’8 marzo 2017.

Alla vigilia del trentennale, Libera ribadisce le motivazioni dietro la causa, che si rinnova ogni anno, e ha spiegato, in un comunicato ufficiale, la scelta di Roma per l’evento nazionale.

“Roma città libera” oltre che aperta

«Consci della forza criminali e forti della ricchezza di questi percorsi di alternativa, saremo a Roma per riaccendere i riflettori sulla presenza della criminalità organizzata nella Capitale e nel Lazio e per combattere la pericolosa e sempre più dilagante normalizzazione dei fenomeni mafiosi e corruttivi. Cammineremo, come ogni anno, al fianco dei familiari delle vittime innocenti, per sostenere le loro istanze di giustizia e verità, per rinnovare la memoria collettiva e manifestare insieme a loro il nostro impegno per il bene comune. […]

A ottant’anni dalla liberazione dell’occupazione nazi-fascista, oggi Roma deve nuovamente aprirsi e liberarsi.».

Un percorso che coinvolgerà migliaia di partecipanti. Roma, scelta come simbolo di questo 21 marzo, sarà lo specchio, in piccolo, di ciò che avverrà contemporaneamente in tutta Italia. Nelle altre città italiane, infatti, si svolgeranno cortei e celebrazioni locali coordinati dalle delegazioni di Libera. Ovunque la lettura dei nomi delle vittime e l’approfondimento su tematiche specifiche e testimonianze di familiari di chi ha perso la vita per mano della criminalità organizzata.

Libera ha diffuso il programma dell’evento a Roma, tramite i propri canali ufficiali. Di seguito riportiamo alcune informazioni principali:

  • 8.30 Ritrovo e concentramento in piazza Esquilino;
  • 9.00 Partenza del corteo;
  • 10.30 Arrivo del corteo al Circo Massimo e a seguire saluti di Roberto Montà presidente di Avviso Pubblico;
  • 10:45 Lettura dei nomi delle vittime delle mafie dal palco (oltre 1000 nomi);
  • h 11.45 Intervento conclusivo di Luigi Ciotti;
  • Dalle 14.30 alle 17.00 Seminari di approfondimento.

Anche lì dove il senso di appartenenza a qualcosa di più grande sembra essersi affievolito più che mai, Libera riesce – come abbiamo visto negli anni – a riunire e creare una barriera fatta di verità e giustizia, muovendo cortei affollatissimi e che rinnovano la memoria, dove la mafia ha tentato di cancellare con la violenza.

Quest’anno, dunque, il ritorno del palcoscenico principale di Libera nella Capitale, avviene dopo la prima volta nel 1996. L’intento è quello di far convergere un’attenzione in più sulla città eterna, il cuore dell’Italia, dove varie criminalità organizzate si sono sviluppate e si nutrono del tessuto sociale.

Roma città libera”, titolo scelto per l’evento nazionale, è uno slogan che riecheggia il capolavoro cinematograficoRoma città aperta”. L’augurio tramite questa scelta è quello che la capitale possa trovare ancora la libertà, ribellandosi ancora a un’altra morsa avvelenata, dopo quella del nazi-fascismo.

Oltre la mafia tradizionalmente conosciuta, nel contesto romano vi sono criminalità organizzate autoctone e straniere in espansione, che spingono perché la dinamica mafiosa si insinui e pervada il tessuto sociale, fino a confondere i confini tra sano e marcio, tra legalità e illegalità.

Che Roma diventi simbolo di un’Italia rinnovata nei sani principi delle donne e degli uomini di giustizia.

 

Rita Bonaccurso

La vita di Pio La Torre e la necessità di riappropriarsi della nostra Sicilia

Tra gli enti pubblici a cui sono assegnati il maggior numero di beni confiscati alla mafia , spicca il piccolo comune di Roccella Valdemone in provincia di Messina. Con soli 657 abitanti ha in gestione ben 285 immobili e terreni sottratti a Cosa Nostra. A guidare la classifica è Palermo  con 1558  beni confiscati, seguita da Reggio Calabria con 374 beni.  Sui primi 10 comuni di questa graduatoria ,figlia di uno studio condotto dalla segreteria regionale dello Spi Cgil Sicilia e aggiornato al  novembre del 2023, 6 si trovano in Sicilia. L’isola detiene il 38,81% dei beni confiscati dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso.

Una legge che parte da lontano e che bisogna applicare

La via della semplice repressione — che colpisce la escrescenza, ma che non modifica l’humus economico, sociale e politico nel quale la mafia affonda le sue radici — non ha portato e non poteva portare a risultati definitivi.

Così si esprimeva Pio la Torre nel 1976 ,nella relazione di minoranza per la commissione d’inchiesta antimafia. Una visione che metteva al centro la vita dei cittadini e cittadine ed il loro diritto al lavoro e al futuro, da perseguire anche grazie alla costruzione di spazi di giustizia sociale . L’attività politica e di sindacalista di Pio la Torre ha sempre avuto come faro la Sicilia e lo ha portato a diventare deputato del partito comunista italiano.

È lui che si fa portavoce di una proposta normativa innovativa : una definizione precisa  del reato di associazione criminale di stampo mafioso e l’introduzione delle misure di prevenzione patrimoniali.  Le quali permettevano di sottrarre tutto ciò che è stato strumento o profitto di azioni illecite agli indiziati  di azioni criminali di stampo mafioso. Sulla base della proposta di legge da lui presentata, venne promulgata la legge 13 settembre 1982, n.646 detta Rognoni-La Torre.

Pochi mesi dopo muore a Palermo , su mandato di Totò Riina e Bernardo Provenzano, come tutti gli uomini e le donne di cui la mafia ha avuto paura.

La mobilitazione di Libera

corteo di una manifestazione “Libera”

Libera è una rete di associazioni coinvolte in un impegno, non solo “contro” le mafie ma anche “per” la giustizia sociale, la ricerca della verità, per la tutela dei diritti. Sintomo di questo impegno propositivo è stata la raccolta firme iniziata nel 1995 e terminata un anno dopo, per presentare una petizione popolare a sostegno di un disegno di legge per il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi e ai corrotti. Dare nuova linfa alla visione sociale e comunitaria della lotta alla mafia introdotta da Pio La Torre, consentendo che queste ricchezze tornino alla comunità, sotto forma di opportunità di sviluppo economico e coesione sociale.  La proposta di legge verrà poi approvata il 7 marzo del 1997.

Da quel giorno molti passi in avanti sono stati fatti affinché questa legge trovi piena applicazione, attraverso la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici delle aziende sequestrate e la trasformazione dei luoghi sequestrati in luoghi parlanti, segni di una nuova comunità, di impegno e reazione.

 

Giuseppe Calì

 

 

 

 

 

Cosa Nostra: Le storie di Ignazio e Beppe. Il dovere nel ricordo

Spesso si parla di quanto la mafia sia responsabile dell’impoverimento della Sicilia e di come si infiltri nel tessuto socio-economico nutrendosi delle sue risorse. Talvolta però, in questo slancio di invettive generiche seppur corrette, si tende a dimenticare chi ha pagato il prezzo più alto di tutti.

Così dal 1996 Libera, una rete di associazioni e movimenti contro le mafie e per la giustizia, si impegna a mantenere attiva la memoria nei confronti delle vittime della criminalità organizzata. Le si ricorda il primo giorno di Primavera, come simbolo di rinascita, in nome della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Fin troppi nomi di questi martiri provengono dalla provincia di Messina, le cui storie necessitano di essere preservate e raccontate affinché il loro impegno non resti vano. Diviene così un dovere sociale ascoltare il dolore dei loro cari, attraverso l’estremo coraggio che trasuda dalle loro parole.

Un padre, un marito

Il 27 Gennaio 1991 per me è una data da abolire. Non dovrebbe esistere nel calendario. […] Ti hanno comunque anche privato anche della tua adolescenza, perché da quel giorno ti sei trovata a crescere immediatamente, un giorno bambina e il giorno dopo donna, però non puoi essere che fiera di aver avuto un padre così.

Queste sono le parole che in un videomessaggio Donatella Aloisi dichiara in una puntata del maggio 2009 di Mi manda Raitre, riferendosi alla morte del padre. Durante la trasmissione Rosa e Cinzia, rispettivamente moglie e figlia di Ignazio Aloisi, hanno raccontato con umanità e delicatezza il loro tragico vissuto.

Ignazio Aloisi era una guardia giurata e come ogni sera trasportava l’incasso giornaliero da un casello autostradale messinese con un furgone blindato. Il 3 settembre 1979 però è vittima di una rapina a mano armata del quale riconosce subito l’esecutore. Si tratta del vicino di casa Pasquale Castorina, affiliato al clan del boss messinese Luigi Sparacio.

Ignazio si reca dunque in Questura dove, senza esitazioni, fa subito il nome del vicino. Un anno dopo, con l’avvicinarsi del processo, Castorina minaccia Ignazio sparando un colpo di pistola in aria. Seguono altri avvertimenti tramite chiamate telefoniche, che Ignazio e la famiglia denunciano, senza ottenere che siano messi a verbale. Nonostante i tentativi vani del malavitoso, Ignazio non arretra e le sue dichiarazioni portano alla condanna di Castorina, che giurò vendetta. Sconterà la pena otto anni dopo.

Il 27 Gennaio 1991 Ignazio si trovava con la figlia Cinzia allo stadio Celeste, per una partita del Messina, la loro squadra del cuore. Dopo la vittoria, padre e figlia, si recarono come di consueto in una pasticceria di un amico di Ignazio, che però non aveva ancora aperto l’attività. I due, quindi, decisero di incamminarsi verso casa, che stava vicino allo stadio, intraprendendo una scorciatoia. Ad un tratto un uomo incappucciato sbuca dalla strada principale e spara tre colpi a Ignazio lasciandolo a terra esangue. Le grida di aiuto di Cinzia, non cambiarono le sorti del padre già morto.

Castorina venne così condannato a 22 anni di reclusione. Egli tenterà di alleggerire la propria posizione diventando collaboratore di giustizia e nel contempo infamerà la memoria di Ignazio, dichiarando di non essersi semplicemente vendicato di chi lo fece arrestare, bensì di un ex complice che lo avrebbe incastrato, poiché insoddisfatto della spartizione del bottino della rapina del 1979. Accuse che, seppur debolissime (l’unico elemento in comune fra i due era il vivere nello stesso stabile), resero Ignazio vittima due volte: non solo martire, ma anche non riconoscibile dal Ministero dell’Interno, come vittima innocente di mafia.

Ignazio Aloisi: vittima innocente della mafia
Ignazio Aloisi: vittima innocente della mafia (Wikimedia)

Il professore

Fu il cane a portarmi dove c’era il sangue di mio padre. Ebbi la necessità di sentire il suo odore. A distanza di anni è quell’odore che mi spinge a continuare a lottare per ottenere giustizia per la sua uccisione.

Così scrive Sonia Alfano nel suo libro La zona d’ombra (Rizzoli, 2011) circa l’omicidio del padre Beppe Alfano avvenuto nel gennaio 1993. Beppe stava rientrando in casa con la moglie Mimma, quando si accorse che qualcosa stava andando storto. Fermò la sua Renault rossa e chiese alla moglie di salire a casa, lui rimase in macchina. Probabilmente intuì che avrebbe messo in pericolo la sua famiglia se non fosse rimasto da solo. Poco dopo arrivarono le pallottole: tre colpi di calibro al 22 alla testa e al torace.

La figlia Sonia parlava al telefono con i colleghi del padre, corrispondente per il quotidiano La Sicilia: chiamavano per informare Beppe che c’era stato un omicidio vicino a casa, e se dunque potesse andare a vedere per conto del giornale. Sapevano anche il cognome della vittima: “Alfano”.

Beppe era un giornalista ma non si iscrisse mai all’ordine, per protesta contro l’esistenza stessa dell’Albo. Sebbene fosse la sua principale occupazione, lo era diventata per il suo instancabile desiderio di verità e non per professione. Di lavoro faceva infatti il professore di educazione tecnica a Terme Vigilatore, dopo un primo a periodo a Cavedine (Trento).

Era un uomo attivo politicamente, in particolare militava nel Movimento Sociale Italiano. La sua inclinazione alla cronaca lo portò a indagare sulle intricate relazioni fra la mafia barcellonese, politica e massoneria. S’interessò delle ingerenze della criminalità organizzata, nelle grandi occasioni di finanziamento nell’ambito dei contributi e dell’edilizia: fondi all’agricoltura, raddoppio ferroviario e costruzione dell’autostrada Palermo-Messina.

Fu però il suo interesse nei confronti della latitanza barcellonese del boss di Catania Santapaola, che spinse Cosa Nostra a progettare l’eliminazione. Fu Santapaola stesso a chiedere a Gullotti, genero del boss barcellonese Rugolo, di organizzare l’omicidio. In particolare ebbe peso un’altra sua pericolosa investigazione: capì l’interesse mafioso nella gestione di alcuni finanziamenti regionali all’AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici). Il dirigente Mostaccio aveva infatti numerosi intrecci con la criminalità organizzata locale.

Beppe Alfano: giornalista ucciso dalla mafia (Wikimedia)

Francesco D’Anna

Messina scende in piazza: IO VEDO, IO SENTO, IO PARLO

21 Marzo 2019.Si è svolta a Messina in Piazza Lo Sardo (Piazza del popolo) la XXIV° Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie organizzata da Libera “Orizzonti di Giustizia Sociale. L’iniziativa nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage di Capaci e non sente pronunciare mai il suo nome. Un dolore insopportabile. Una vittima meno vittima. Una vittima di serie B. Una vittima a cui viene negato anche il diritto di essere ricordata con il proprio nome.

Così, dal 1996, ogni anno, un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno quotidiano. Un lungo rosario civile recita nomi e cognomi, per farli vivere ancora una volta, per non farli morire mai. Perché nessuno muore finché vive nel cuore di chi resta. Tanti i luoghi del nostro Paese che si uniscono per un abbraccio sincero ai familiari delle oltre 900 vittime innocenti delle mafie, non dimenticando le vittime delle stragi, del terrorismo e del dovere. Un appuntamento preceduto da centinaia di iniziative promosse in Italia e in Europa, tra incontri nelle scuole, cineforum, dibattiti e convegni.

Libera sceglie l’equinozio di primavera non a caso. Ѐ fortemente metaforico. Vuole far sì che si viva in modo differente il solstizio, promuovendo e realizzando un percorso simbolico di risveglio delle coscienze e della memoria. Un percorso di preparazione che dura da diversi mesi, realizzato dalle organizzazioni del Presidio “Nino e Ida Agostino”, da associazioni come le Acli e dalle oltre 20 scuole, che hanno partecipato consapevolmente all’iniziativa e hanno dato vita ai “100 passi verso il 21 marzo” attraverso parole e striscioni narrando “Storie di memoria, Percorsi di verità”. Una giornata di impegno, partecipazione, riflessione, di lotta per il bene comune, per la dignità e la libertà delle persone.

Antonio Gallo, Presidente Provinciale delle Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) di Messina spiega la volontà di unirsi ad un’associazione come Libera:

“Insieme alle altre associazioni che hanno aderito, noi delle Acli ci consideriamo in prima linea in questo percorso, la nostra società nasce nel 1944 da principi cristiani, infatti, il nostro punto di riferimento è la dottrina sociale della chiesa, di conseguenza è insito nel nostro DNA associativo essere paladini della legalità e di ogni forma di antimafia. Ci poniamo l’obiettivo di continuare a lavorare per la cultura della giuridicità, per fare in modo che questa straordinaria partecipazione si trasformi in un nuovo impegno di tutti i cittadini, dal Nord al Sud della Penisola.  Per la fioritura di una nuova terra. Una terra di speranza e riscatto, per una nuova primavera dell’impegno civico e sociale. Oggi partecipiamo attivamente all’iniziativa ma è solo una delle tante iniziative a cui abbiamo aderito e aderiremo. Negli anni scorsi abbiamo, infatti, partecipato a delle marce in nome di Falcone e Borsellino”.

I promotori dell’evento sottolineano che per contrastare le mafie e la corruzione occorre sì il grande impegno dell’arma, ma prima ancora, occorre diventare una comunità solidale e corresponsabile, che faccia del “noi” non solo una parola, ma un crocevia di bisogni, desideri e speranze. Non vi è la necessità di grandi opere ma dell’opera quotidiana di cittadini responsabili, capaci di tradurre la domanda di cambiamento in forza di cambiamento.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Messina si prepara alla Giornata della Memoria e dell’Impegno: Don Ciotti incontra “la meraviglia” degli studenti.

Si è tenuta ieri alle ore 15:30 presso l’istituto Jaci la conferenza con il presbitero Don Luigi Ciotti, in vista della grande ricorrenza che la nostra città è stata designata per ospitare quest’anno: la Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

Un impegno alla memoria, non un semplice evento” ci tiene a sottolineare Don Ciotti. “Il primo diritto di ogni persona è quello di essere chiamata per nome” dice ancora il sacerdote. Sarà proprio a questo che si dedicherà la mattinata di Lunedì 21 Marzo: dopo un grande corteo, saranno nominate ognuna delle persone appartenenti alla lunga e dolorosa lista dei morti innocenti per mano delle mafie, in presenza di oltre 600 familiari. Il pomeriggio, invece, sarà dedicato ad attività seminariali di approfondimento.

Un appuntamento che si ripeterà per la ventunesima volta proprio nel giorno dell’equinozio di primavera, scelto da “Libera” (la rete di associazioni iniziata da Don Ciotti stesso), poichè simbolo nell’immaginario collettivo di rinascita e speranza.

L’Italia dovrà umilmente fermarsi“: Messina sarà, infatti, solo il polmone dell’evento, il “ponte” di dialogo con tutta Italia. In contemporanea, in oltre 1000 luoghi italiani sarà letta la medesima lista. La Rai ha scelto di documentare i cortei di solo quattro centri d’Italia: Torino, Perugia, Napoli e, ovviamente, Messina. La rete di Libera si pone come obiettivo il cambiamento nella coscienza italiana, un”autoriforma” come il fondatore stesso la chiama. E non è un caso che gli studenti siano diretti interessati di questo messaggio.

“Mi rivolgo a voi che siete qui e siete una meraviglia: Riempite la vita di vita!”, questa l’incitazione che, con sentimento, rivolge il padre alla giovane audience di ieri.“Cominciai il mio percorso quando avevo solo 17 anni. Ero un ragazzino molto imbranato, ma il mio essere testardo e curioso mi portò dove sono oggi”, ci dice raccontando la sua vita. Tanti i racconti, tanta l’emozione che scaturisce dalla sua voce. Due gli incontri determinanti nella sua vita e due le associazioni da lui iniziate (prima di Libera, il Gruppo Abele). Un caso? Assolutamente no.

Molte le aspettative per la grande manifestazione di lunedì; “Stanate i messinesi” ci dice scherzosamente.

Noi Studenti dell’università di Messina e lettori di UniversoMe, ci saremo. E’ stata, infatti, indetta la sospensione dell’attività didattica in tutto l’Ateneo per permettere agli studenti la partecipazione alla giornata.Giornata che si accinge a diventare ufficiale: al Senato e alla Camera dei Deputati, sono in atto, da ieri pomeriggio, le votazioni riguardo il testo sull’istituzione della giornata in memoria delle vittime delle mafie.

 

Martina Galletta

Io non taccio: combattere con vigore per la libera informazione

Mai smettere di parlare, investigare, raccontare la verità senza paura, come ogni buon cittadino. Queste le motivazioni principali ma ancor di piu, i temi scottanti che hanno animato la presentazione di ieri, lunedi 28 Dicembre, presso la Feltrinelli Point in via Ghibellina, del romanzo”Io non taccio: l’Italia dell’informazione che dà fastidio” edito da CentoAutori, casa editrice di Villa Ricca, a Napoli, dove denunciare e portare aria nuova è difficile. Scritto da otto giornalisti, accomunati dall’aver subito tutti minacce e intimidazioni, con tanto di aggressioni fisiche, per aver fatto sempre il loro dovere al servizio della libera informazione, il libro ha ricevuto il Premio “Paolo Borsellino” 2015 e e nelle varie storie raccontate cerca di tratteggiare il quanto mai vituperato mestiere del giornalista: pagato poco o niente, difeso a intermittenza dalle Istituzioni, in un paese dove la corruzione e il malaffare pervadono ormai incessantemente la vita pubblica. Storie di umiliazioni, sofferenza: tutto per difendere il proprio diritto a parlare, a non tacere di fronte alle ingiustizie che avvengono nel proprio territorio. Presente Paolo Borrometi, coautore del libro, con il quale hanno dialogato le giornaliste Gisella Cicciò (RTP) Rosaria Brancato (Tempo Stretto), che al termine dell’incontro ha accettato di scambiare quattro chiacchiere con noi.

1. La libera informazione vive oggi un momento particolare. Ma è piu facile essere giornalisti oggi rispetto magari a trent’anni fa?

Bella domanda. Sicuramente trent’anni fa c’era una coscienza civile diversa. La società se sentiva di dover stare vicino ad un giornalista ci stava, oggi probabilmente è diverso ma dipende in un certo senso dai mezzi di comunicazione che abbiamo adesso. Pensando alla mia terra, da Giovanni Spanpinato ( ucciso nel 1972) a me è cambiato realmente poco, soprattutto nella capacità corale di descrivere un territorio o un problema. In questo senso un aiuto fondamentale puo’ venire dai giovani che piu di noi devono lottare e cercare sempre la verità in ogni circostanza.

2. Lei ha parlato spesso dello strumento della querela, fim troppo abusato da chi in un certo senso minaccia i giornalisti chiedendo risarcimenti milionari. Puo’ capitare il contrario?

Non si vuole assolutamente dire che esistono solo querele ingiuste contro i giornalisti ma credetemi, è un fenomeno drammatico. Se guardiamo le statistiche notiamo che oltre il 70% delle querele fatte a chi scrive si risolvono in un nulla di fatto, ma creano tanti problemi. È chiaro che anche noi sbagliamo: sono il primo a dire che la mia categoria deve tirarsi un po’ le orecchie a vicenda diciamo. Penso al titolo di qualche tempo fa sul Giornale “Bastardi islamici”. Il direttore della testata è stato, a mio avviso, giustamente querelato e questo è un esempio sbagliato di giornalismo. Dobbiamo sicuramente avere senso di responsabilità, abbiamo uno strumento, la penna, che dobbiamo sempre utilizzare nel migliore dei modi.

3. E l’opinione pubblica invece? Com’è cambiata rispetto a trent’anni fa?

Io oggi la vedo molto distratta. Ci si blocca spesso su polemiche di piccolo taglio e ci si interessa poco dei temi davvero importanti. Ci vorrebbe uno scatto d’orgoglio dell’opinione pubblica, specialmente per quel riguarda la politica, che se certamente è colpevole , ha però come complice il silemzio e il qualumquismo della gente. C’è un problema con le nostre coscienze e dobbiamo essere consapevoli che se ci giriamo dall’altro lato siamo complici.

4. Si dice spesso che Messina e Ragusa, della quale lei è originario, sono province “babbe”. Ma se i babbi siamo noi, gli intelligenti chi sono?

Dobbaimo capire che ci hanno sempre chiamati “babbi” ma non lo siamo proprio.. I furbetti del quartierino sono stati aiutati in un certo senso dall’ auto- convimzione di essere immuni dalla malavita organizzata. Oggi sappiamo che la provincia di Ragusa è usata come sede d’investimenti per le latitanze degli uomini d’onore e non ultimo, per essere il luogo d’incontro della Camorra, della Stidda, di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta, per quanto riguarda il settore dei trasporti e dei mercati ortofrutticoli.

5. Abbiamo di fronte una quotidianetà difficile da vivere, soprattutto per noi studenti. C’è un messaggio che lei vorrebbe dare?

Non credo di esserne capace (ride ndr). Dico solamente quando a un ragazzo gli viene detto “sei il futuro di questo paese” lo si allontana dalle responsabilità. I ragazzi sono il presente di questo paese e debbono essere consapevoli. Non si deve mai delegare ad altri, nè lasciarsi andare, informarsi sempre su quel che succede intorno a noi e coricarsi la sera con la coscienza pulita. È l’unico messaggio che posso dare.