Messina al fianco delle famiglie arcobaleno alla manifestazione “DisObbediamo”

“È l’amore che crea una famiglia” lo slogan della protesta che ha avuto luogo a Piazza Cairoli, Messina il 1 aprile. Scese in piazza centinaia di persone, riunite alla manifestazione promossa dall’Associazione Genitori OmosessualiFamiglie Arcobaleno“, che con la campagna “DisObbediamo” protestano contro la scelta del governo di impedire ai Comuni la registrazione automatica dei figli delle coppie dello stesso sesso.

Non solo: vuol essere anche un appello che si rivolge proprio ai sindaci e alle sindache di questo Paese che hanno sostenuto queste famiglie riconoscendo ai loro figli la loro identità familiare, invitandoli a disobbedire coraggiosamente.

Logo famiglie arcobaleno
© Victoria Calvo

Famiglie come tutte le altre

Ad aprire la manifestazione l’avvocata Maristella Bossa, socia di Famiglie Arcobaleno, con la quale, insieme alla compagna Isabella, lancia il forte appello.

La richiesta principale delle mamme, dei papà e degli alleati delle famiglie arcobaleno è il diritto al riconoscimento formale del rapporto di filiazioni di entrambi i genitori, sia quello biologico che quello intenzionale.

In questi anni, come sottolineano più volte, vi è un proprio vuoto legislativo, tappato parzialmente dal buon senso della magistratura e dei sindaci di molti comuni che hanno trascritto di loro spontanea volontà entrambi i genitori.

Un vuoto legislativo che, molto spesso, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, e più recentemente, Didier Reynders, commissario europeo per la Giustizia, ha chiesto all’Italia di provvedere per rimanere in linea con i principi dell’Unione Europea. Ribadita, quindi, la necessità di tutelare l’identità familiare del minore a prescindere dall’orientamento sessuale dei genitori.

È chiaro che si tratta di un’azione meschina e ideologica, un’azione che il governo ha posto in essere sulla pelle dei bambini, che ha lo scopo di screditare la capacità genitoriale delle coppie dello stesso sesso e che si inserisce in un contesto più ampio di discriminazione contro tutta la Comunità LGBTQIA+.

Una manifestazione di protesta pacifica, come spiega Maristella Bossa, «volta a fare sentire la propria voce, come in tutte le piazze d’Italia, esortando ognuno di essi ad esprimere la propria sensibilità di padre, di madre, di figlio, di nonno, di zio contro quest’ingiustizia e questa discriminazione, perché non esistono genitori di serie A e genitori di serie B».

Bandiera LGBTQIA
© Victoria Calvo

Le parole della madre arcobaleno Egle Doria

La testimonianza di una famiglia arcobaleno è al centro della manifestazione. Egle Doria, referente interna di Famiglie arcobaleno Sicilia, racconta dell’unione civile nel 2019 con sua moglie Maria Grazia Pironaci. Dal loro amore è nata la figlia Marina Demetra, concepita in una clinica in Spagna tramite la fecondazione medicalmente assistita.

Come racconta Egle «in Spagna, insieme, abbiamo firmato un consenso informato che attesta per la Spagna che noi siamo le sue mamme. Lo stesso hanno fatto tutte le altre, lo stesso hanno fatto tutti gli altri papà, i papà che viaggiano per riuscire a coronare il sogno di genitoriali, che è un diritto di ciascun cittadino, di ciascun essere umano».

Definisce questa giornata come un momento di festa, perché solo grazie all’aggregazione e alla riunione di esseri umani si può lottare per i diritti, contro le discriminazioni. Devono comunque essere non solo momenti di lotta, ma momenti di festa, guerre di pace.

Egle però attira l’attenzione su una questione: secondo la legislazione italiana, se il genitore biologico dovesse venire a mancare, il figlio risulterebbe adottabile perché non avrebbe più un genitore o un tutore.

Nel momento in cui uno di noi genitori viene a mancare, nostro figlio diventa adottabile. Questo che cosa significa? Significa far entrare in casa tutti. Assistenti sociali, giudici, l’avvocatura in genere…

Egle doria che parla alla manifestazione famiglie arcobaleno
© Victoria Calvo

Siamo ancora troppo indietro

Secondo un’indagine Censis del 2021, quasi 20 milioni di persone in Italia reputa le persone omosessuali come malate.

Se è vero che nel corso degli anni il pensiero del nostro Paese stia andando via via “svecchiando”, d’altro canto è impensabile che nel 2023 l’attuazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione – che riconosce e garantisce i diritti di tutti senza far alcuna distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali – sia ancora così lontana e incompleta.

Quanto ai papà, in media si pensa ancora che due papà non possano crescere un figlio per via della “incapacità” dell’uomo di prendersi cura della prole. E tuttavia, crescere un bambino va al di là del sesso dei genitori, prime guide nella sua vita, coloro che ne permettono lo sviluppo e la realizzazione personale. L’unica differenza è il riconoscimento da parte di uno Stato che non mette a pari livello i diritti di tutti i cittadini.

Gli organismi aderenti a Messina

Hanno aderito all’iniziativa organismi quali il Comitato Pari Opportunità del Consiglio Ordine Avvocati di MessinaAGEDO Reggio CalabriaANPI Sezione Comunale Aldo NatoliARCI Circolo Thomas SankaraARCI Circolo Paradiso per tuttiARCI MessinaARCIGAY MessinaAPS EIMI’Associazione Luca CoscioniCeDAV Centro Donne AntiviolenzaCentro Antiviolenza EVA LUNACentro Antiviolenza UNA DI NOI di Villafranca TirrenaNonUnaDiMeno MessinaPosto OccupatoClinica Legale e SocialeDiritti Umani CLESDUComitato Donne, Vita e LibertàEmergencyEumans!LELATPiccola Comunità Nuovi OrizzontiStretto PrideTenda della Pace e della Non ViolenzaTutrici e Tutori Volontari MSNAUna famiglia per amicoVeglie per le morti in mare.

Anche sindacati, CGIL e UIL, partiti e formazioni politiche: Cambiamo Messina dal BassoMessinAccomunaPartito Democratico+EuropaMovimento 5 StellePotere al PopoloRifondazione Comunista.

Victoria Calvo

Prisma: verso l’infinito spettro di colori

 

Prisma è una serie che brilla: di colori, di contemporaneità, di sensibilità, di nuove consapevolezze e di una realtà che amplia la visione nel suo insieme. – Voto UVM: 3/5

 

“Solo quando ci si sente pronti ad affrontare il mondo che tanto fa paura, si può spiccare davvero il volo e bisogna avere il coraggio per farlo. Perché, in fondo, tanti muri, vengono alzati dalle paure, non realmente da chi sta intorno”.

Non c’è incipit migliore per poter iniziare a parlare di Prisma, dal 21 settembre disponibile in otto episodi su Prime Video. La serie tv è stata presentata in anteprima mondiale, fuori concorso, al 75° Locarno Film Festival. Nata da un’idea di Ludovico Bessegato, già regista di Skam Italia e dalla sceneggiatrice e scrittrice Alice Urciuolo. Però l’autore ci tiene a fare una premessa: Prisma non è un semplice teen drama, è molto di più!

Da sinistra: Ludovico Bessegato e Alice Urciuolo, creatori di Prisma. Fonte: Amazon Prime Video.

Di cosa parla?

Ambientata a Latina, in provincia di Roma, è incentrata sulle dinamiche di vita di Andrea e Marco; due gemelli, identici ma al tempo stesso diversi, in ogni particolare, persino nello sguardo o nel sorriso. Entrambi interpretati magistralmente dall’attore emergente Mattia Carrano. I due sono profondamente diversi: Andrea è quello più estroverso, più casinista e ad un primo impatto più superficiale, uscito da poco dalla relazione con la sua ex, Micol. Marco, invece, è più timido e contrariamente al fratello è più impacciato nei confronti delle ragazze nonostante sia interessato a Carola (Chiara Bordi).

Ma c’è un’altra importante differenza che rende la trama ancora più interessante. Andrea è stato sospeso l’anno precedente, e successivamente bocciato, poiché scoperto a vendere illegalmente marijuana che, nonostante tutto, continua a vendere per poter guadagnare qualcosa. Mentre Marco, pur essendo stato vittima di un brutto incidente domestico al braccio, continua a praticare nuoto a livello agonistico.

Perché Prisma?

Il titolo scelto per la serie non è casuale. Il prisma ottico scompone la luce che, quando fuoriesce, si dirama nei sette colori dell’arcobaleno. E non è un caso che ogni puntata abbia proprio il nome di questi colori, quasi come se il protagonista si scomponesse alla ricerca di sé per poi ritrovarsi. Ma il termine “prisma” si riferisce anche alla fluidità di genere e alle sue mille sfumature, ai riverberi, a quei riflessi di luce abbagliante con i quali, quotidianamente, gli adolescenti si trovano a fare i conti. Non sono stati tralasciati nemmeno quei brevi e intensi momenti: quegli attimi, apparentemente vuoti, in cui ognuno di noi è sicuramente in grado di riconoscersi.

Durante gli otto episodi, attraverso una serie di flashback, tra comfort zone e safe space dove le inquietudini trovano pace, la tematica fondamentale è il percorso di scoperta dell’identità di genere di Andrea: il gemello che ad un primo impatto risulta essere il più estroverso e spavaldo ma così non è.

Mattia Carrano interpreta Andrea in una scena della serie tv. Regia: Ludovico Bessegato. Distribuzione: Amazon Prime Video. Fonte: birdmenmagazine.com

 

Esattamente come in SKAM ritornano le chat di Instagram e WhatsApp, le stories, i post, i messaggi vocali e i video girati con gli smartphone. Per sottolineare ancora una volta quanto ormai i social media siano parte integrante della vita della generazione Z. La serie televisiva include anche una nuova canzone firmata da Achille Lauro che appare in uno degli episodi, con un breve cameo, interpretando sé stesso. Sempre tramite cameo ci viene presentato Francesco Cicconetti, influencer transgender, tra i maggiori divulgatori LGBTQ+ attivi su Instagram.

La serie si propone come quello spaccato perfetto per trattare una molteplicità di temi sensibili: l’universo LGBTQ+, l’integrazione razziale, la disabilità, il sesso, l’inclusività e gli scontri generazionali tra genitori e figli. Tematiche affrontate in maniera del tutto reale. A tratti sembra quasi di essere catapultati all’interno di una qualsiasi giornata di un adolescente. Privilegiato dagli autori è, infatti, un linguaggio alla portata di tutti. Diretto ma senza troppe forzature ed estremante delicato che mai cade nel banale o nel ridicolo.

Prisma: verso l’infinito spettro di colori

Cos’altro dire se non che Prisma è una serie che brilla. Brilla di colori, di contemporaneità, di sensibilità, di nuove consapevolezze e di una realtà che, anche attraverso una foto sfocata o un grandangolo, amplia la visione nel suo insieme. Fatevi un regalo e guardatela!

 

Giorgia Fichera

Il dramma delle donne transgender: bloccate al confine ucraino in quanto “uomini”

Centinaia di donne transgender ucraine stanno tentando da giorni a mettersi in fuga dal conflitto.  A bloccarle è la presenza nei loro passaporti del genere maschile di nascita.

Ucraina: centinaia di transgender in fuga -Fonte:tgcom24.mediaset.it

La questione del riconoscimento del genere e dell’omosessualità risulta essere ancora un tabù e si configura come “una guerra nella guerra”. La mancanza di legittima identificazione comporta l’impossibilità per queste donne di attraversare il confine. Ciò accade in quanto, le regoli attuali in Ucraina, vietano ai residenti uomini dai 18 ai 60 anni di abbandonare il Paese poiché obbligati a imbracciare le armi e difendere la patria.

La legge marziale Ucraina: cosa prevede

Già introdotta nel 2018 durante le tensioni con la Russia nello stretto di Kerch, la legge marziale è stata nuovamente promanata dal Presidente Zelensky.

Dopo l’invasione su vasta scala è stata introdotta in tutto il Paese un sistema di governo straordinario. Si tratta di un ordinamento giuridico separato che cambia da Nazione a Nazione e che sostituisce quello normalmente vigente. Può entrare in vigore quando uno Stato si trova in guerra, oppure per eccezionali esigenze di ordine pubblico e anche dopo un golpe militare.

Ucraina: legge marziale -Fonte:adnkronos.com

Le norme riducono generalmente alcuni dei diritti normalmente garantiti ai cittadini e in linea generale viene limitata la durata dei processi, prescrivendo sanzioni più severe rispetto alla legge ordinaria.

Ad incidere notevolmente c’è la sospensione di alcune leggi ordinarie e il controllo della normale amministrazione della giustizia che passa ai tribunali militari. Tra la compressione ulteriore delle libertà dei cittadini è altresì introdotto il divieto di riunioni politiche e uno stringente coprifuoco.

Secondo quanto riportato dall’attivista dei diritti umani e Presidente dell’organizzazione Lgbt+ Ucraina “Insight”, Olena Shevchenko

“La legge marziale dice che tutti i maschi sono obbligati a prestare servizio militare, quindi non possono lasciare il Paese. Tecnicamente, la legge si applica anche alle persone trans, inclusi uomini trans certificati e donne trans che non hanno cambiato i loro genere sui documenti. Ma sembra che le guardie di frontiera ucraine stiano impedendo anche alle persone trans con un certificato valido che riflette il loro nuovo genere di lasciare l’Ucraina, e nessuno sa perché.”

In Ucraina cambiare il genere e il nome sul passaporto richiede un lungo processo che induce molte persone a non portarlo a termine data la capziosa burocrazia e le molteplici valutazioni psichiatriche. Ciò che viene in rilievo da una delle principali associazioni di beneficenza transgender è che chiunque abbia scritto “maschio” sul passaporto rischia di essere respinto dal confine. Si stima che ci siano centinaia di donne trans che tentano di fuggire, ma che il 90% di quelle con cui è in contatto ha finora fallito, finendo per contrassegnare un ulteriore esempio di transfobia legale.

Le difficoltà di legittimazione

La forte emarginazione e discriminazione della comunità Lgbt+ ha origini ben anteriori alla situazione bellica attuale. Prima del 2017 infatti i membri della comunità trans dovevano sottoporsi per diverso tempo alla supervisione di un istituto psichiatrico, che potesse far attivare il processo di transizione. Sebbene oggi questa procedura sia stata snellita, non sono state istituite leggi antidiscriminatorie a tutela della comunità.

Donne transgender respinte al confine -Fonte:luce.lanazione.it

Lo si vede anche dalla posizione che occupa l’Ucraina nella classifica per il “trattamento complessivo delle persone Lgbtq+”. Secondo la International lesbian, gay, bisexual, trans and intersex Association sarebbe al 39° posto su 49 Paesi europei. Ciò viene ad essere riconfermato dall’impossibilità dei matrimoni gay, seguendo la scia della Chiesa cristiano-ortodossa che considera l’omosessualità un peccato.

I racconti di Judis e Alice

Donne transgender “Ci spediscono a combattere” -Fonte:liberatv.ch

La vicenda raccontata al “The Guardian” mette in mostra il pericolo rappresentato dalle politiche transfobiche della Russia e la negazione del passaggio in Paesi più sicuri.

La storia di Judis tratta di una donna transgender il cui certificato di nascita la definisce femmina, ma che alle 4 del mattino del 12 marzo, dopo una lunga ricerca, le è stato negato dalle guardie della frontiera di arrivare in Polonia, stabilendo altresì che fosse un uomo. La donna ha così raccontato

“Le guardie di frontiera ucraine ti spogliano e ti toccano ovunque… Puoi vedere sui loro volti che si stanno chiedendo ‘cosa sei?’ come se fossi una specie di animale o qualcosa del genere.”

Esperienza simile è stata vissuta anche da Alice, donna trans di Brovary e da sua moglie Helen, non binaria.

“Ci hanno portato in un edificio vicino al valico di frontiera. C’erano tre agenti nella stanza. Ci hanno detto di toglierci le giacche. Ci hanno controllato le mani, le braccia, il collo per vedere se avevo un pomo d’Adamo. Mi hanno toccato il seno. Dopo averci esaminato, le guardie di frontiera ci hanno detto che eravamo uomini. Abbiamo cercato di spiegare la nostra situazione, ma a loro non importava.”

Un problema non solo ucraino

Il dramma provato dalla comunità riguarda anche i Paesi di arrivo, infatti, secondo le ultime stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) gli ucraini giunti in Polonia dall’inizio dell’invasione russa, lo scorso 24 febbraio, sono già due milioni.

Ecco che al fine di proteggere le persone transgender da potenziali discriminazioni, numerose organizzazioni si sono attivate per aiutare i rifugiati. L’attivista della “Warsaw Pride” in Polonia, Julia Maciocha ha dichiarato ai microfoni dell’organizzazione indipendente e no-profit “National Public Radio (NPR)”

“Non vogliamo che vengano tenuti in campi profughi o in grandi edifici o luoghi enormi dove non sono al sicuro perché ovviamente l’omofobia esiste ancora in Polonia. Vogliamo assicurarci che vengano collocati con persone che capiscano i loro bisogni.”

Si comprende come probabilmente molti di questi lasceranno presto la Polonia, spostandosi nell’Europa occidentale, dove le “leggi sono più amichevoli”.

Julia Maciocha -Fonte:transnational-queer-underground.net

La possibile soluzione

Trans in fuga dall’Ucraina -Fonte:ilsussidiario.net

Le centinaia di segnalazioni ricevute inducono le associazioni Lgbtq di Kiev a proporre un’unica soluzione. Al fine di “tutelare”, seppur marginalmente la delicata questione, invitano le donne trans ad andare dal proprio medico e poi, con il certificato, recarsi all’ufficio militare per essere eliminate dalla lista per l’arruolamento.  

Ciò di certo non minimizza la difficoltà di doverlo spiegare a chi è riuscita a raggiungere il confine portando con sé documenti ufficiali, schivando colpi di mortaio ed esplosioni.

Giovanna Sgarlata

Taiwan continua a mostrare la sua apertura mentale con le prime nozze gay militari. L’Italia invece continua a “giocare” sul ddl Zan

Mentre in Italia si continua a lottare per l’approvazione di una legge che tuteli le persone omosessuali ed i loro diritti, dall’altra parte del mondo si festeggiano due neo coppie sposine. Una notizia del genere ormai non desta molte attenzioni, ma il settore e lo stato in cui due donne hanno sposato le loro compagne genera un piacevole stupore.

La cerimonia

A Taoyuan, municipalità di Taiwan, due coppie gay composte da militari e civili sono convolate a nozze insieme ad altre decine di coppie etero, il tutto accompagnato da un enorme parata militare e da infinite bandiere arcobaleno. La cerimonia è stata officiata dal ministro della Difesa dell’isola e le foto sono poi finite sulla pagina Facebook dell’esercito taiwanese, diventando immediatamente virali e generando molti commenti a sostegno della comunità LGBTQ+.

Foto generale con tutte le coppie neo sposine. Fonte: Shutterstock

La situazione LGBTQ+ di Taiwan

Taiwan è stato il primo paese asiatico a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso, con una legge emanata a maggio dello scorso anno in difesa delle unioni omosessuali. Adesso fa un altro passo avanti. Mentre il resto dell’Asia resta dell’idea che l’omosessualità è qualcosa di immorale ed inaccettabile, la piccola Repubblica di Cina insulare dimostra che anche un settore chiuso e maschilista come quello militare può (e deve) aprirsi ai cambiamenti, spogliandosi dei suoi pregiudizi.

Yi Wang e Yumi Meng posano durante la sfiliata militare tenutasi in occasione delle nozze. Fonte: NEG ZONE

Le considerazioni delle due neo sposine

Le due coppie hanno seguito la tradizione, scegliendo l’una di indossare la divisa militare e l’altra il classico abito da sposa bianco e lungo. Sventolavano orgogliosamente bandiere arcobaleno che richiamavano la parata del Pride di Taipei, che si terrà sabato e che si prevede sarà uno dei più grandi a livello mondiale. Intervistata, la maggiore Yi  Wang ha detto:

Spero di aumentare la visibilità degli omosessuali in modo che la gente capisca che anche noi siamo solo una parte della vita quotidiana.

Chen Ying-hsuan, luogotenente di ingegneria, continua:

Spero che più coppie dello stesso sesso possano coraggiosamente distinguersi. L’esercito è aperto e siamo tutti uguali di fronte all’amore.

L’altra coppia è composta da Chen Ying-hsuan e Li-li Chen e anche loro hanno posato con i carro armato presenti alla sfilata. Fonte: SPYit

Il paragone con l’Italia

Tutto ciò deve fare riflettere sulla situazione in Italia. Se un paese con Taiwan, sotto il controllo cinese, riesce a svecchiarsi delle sue ideologie, perché non può farlo anche l’Italia, uno stato europeo libero e democratico? Forse è troppo difficile accettare qualcosa che non appartiene alla maggioranza ma che è indispensabile alla minoranza per vivere la sua quotidianità e la sua normalità. In un periodo in cui anche papa Francesco dichiara che occorre una maggiore apertura mentale, perché si continua ad assistere ad episodi omofobi nel territorio italiano?

La Camera dei deputati. Fonte: Il Messaggero

Il disegno di legge Zan

La legge Zan contro l’omostranfobia continua a trovare opposizioni ed è rimasta sospesa fino a due giorni fa, quando la Camera ha finalmente approvato i suoi primi cinque articoli che riguardano non solo l’omotranfobia, ma anche la misoginia e le discriminazioni verso i disabili. Il disegno di legge si compone in totale di dieci articoli e prevede anche l’introduzione di una giornata nazionale contro l’omotransfobia. A questa giornata si è opposto Vittorio Sgarbi, che è stato successivamente espulso dall’Aula poiché si è rifiutato di indossare la mascherina. Inoltre il centrodestra ha nuovamente tentato a forzare il voto assentandosi e facendo quindi mancare il numero legale ma questa volta non sono riusciti nell’intento. L’esame della legge riprenderà giorno 3 novembre.

Sarah Tandurella

Non è colpa nostra! Community Talk LGBTQ+ e 1°AperInchiesta sulla violenza

Si terrà giovedì 24 settembre, dalle ore 18:00 fino alle ore 20:00, presso la sede di Cambiamo Messina dal Basso (Via Mario Giurba 15), il Community Talk LGBTQ+ sulle varie forme di violenza. Al termine dell’evento, dalle ore 20:00 alle ore 23:00, il caffè letterario COLAPESCE (Via Mario Giurba 8/10) ospiterà l‘AperInchiesta che approfondirà l’argomento di discussione.

Nella nostra città la violenza omolesbobitransfobica è preoccupantemente diffusa ma ugualmente silenziata: passano sotto silenzio atti di bullismo, aggressioni e minacce, ma anche e soprattutto discriminazioni e stereotipi che avvolgono tutta la nostra quotidianità. Dopo alcuni fatti di victim blaming che ci hanno colpito da vicino, abbiamo deciso che è arrivata l’ora di affrontare la questione!

Cos’è il Community Talk?

È un’assemblea rivolta non solo alle/agli attivisti della nostra associazione ma a tutta la comunità LGBTQ+ in città per affrontare le questioni che ci riguardano collettivamente.

Cos’è l’AperInchiesta?

È un evento che si svolge sotto forma di domande davanti ad un aperitivo: esploreremo insieme un argomento e come questo riguarda noi e la nostra vita di tutti i giorni. In forma anonima tramite bigliettini o, per chi se la sente, intervenendo durante l’evento. Insieme poi discuteremo dei risultati emersi!

Me Too

Racconta con un video o un messaggio la tua storia, che tu abbia subito o assistito ad una violenza omolesbobitransfobica! Contro il rimosso della violenza, costruiamo una comunità forte e unita!
Dove mandare il tuo video: Instagram Liberazione Queer+ Messina, Facebook Liberazione Queer+ Messina.
Mappa per raggiungere Cambiamo Messina dal Basso

Mappa per raggiungere Colapesce

Per maggiori informazioni link all’evento: Non è colpa nostra! // #CommunityTalk LGBTQ+ e 1°AperInchiesta sulla violenza @Messina

Sense8: il finale di serie soddisfa le aspettative?

Questo è la vita. Paura, rabbia, desiderio, amore. Smettere di provare emozioni o smettere di volerne provare è come morire. 

Quando il 1° Giugno 2017 Netflix annunciò la cancellazione definitiva di questa serie, fu un duro colpo; soprattutto perchè il 5 Maggio dello stesso anno, la piattaforma aveva pubblicato la seconda stagione.
Le proteste e la successiva mobilitazione dei fan, hanno portato all’annuncio della stessa Netflix, in data 29 Giugno 2017, dell’intenzione di realizzare un episodio conclusivo, che è stato pubblicato l’8 Giugno 2018.

Per chi non avesse idea di cosa stiamo parlando, citiamo la descrizione di trama che fa Wikipedia:

Otto sconosciuti da diverse parti del mondo sviluppano improvvisamente una reciproca connessione telepatica. Appartenenti a diverse culture, religioni e orientamenti sessuali, scoprono quindi di essere dei sensate, persone con un avanzato livello di empatia che hanno sviluppato una profonda connessione psichica con un ristretto gruppo di loro simili. Mentre cercano di scoprire, disorientati, il significato delle loro percezioni extrasensoriali e iniziano a interagire a distanza tra di loro, un uomo di nome Jonas si offre di aiutarli. Allo stesso tempo un’altra enigmatica figura, Whispers, sfrutta la loro stessa abilità per dar loro la caccia.”

Se pensiamo che le ideatrici sono le sorelle Wachowski, che da fratelli hanno tirato fuori una trilogia come Matrix, che ha avuto un forte impatto culturale a livello mondiale, non possiamo definire Sense8 una serie fantascientifica.
C’è prima di tutto un’idea molto interessante di fondo, la connessione tra persone in diverse parti del mondo che non è semplice telepatia, ma qualcosa di molto più profondo.
I temi affrontati sono importanti, si parla di discriminazione, razziale, sessuale, religiosa, di ceto, si parla di paura, di odio, di passione, sesso, ipocrisia e affrontando tutti questi temi saltando da un genere all’altro, come durante la serie si salta da una parte del mondo all’altra.
Ci si ritrova a ridere e il secondo dopo piangere, esaltarsi e soffrire.
Non è una serie banale, forse non è per tutti, ma tutti dovrebbero vederla probabilmente.
Ammetto che all’inizio non è facile da “digerire”, ma l’apparente “lentezza” serve a “imboccarti” i concetti e a capire meglio i personaggi. Il ritmo diventa sempre più incalzante e vuoi sapere come va a finire il tutto.

E qui torniamo alla nostra domanda iniziale: La puntata conclusiva è stata soddisfacente? La risposta è Nì. Indubbiamente lo svolgimento dei fatti, come le Wachowski le avevano concepite all’origine, non doveva risolversi in un lungometraggio. Troppe le trame da concludere, le spiegazioni mancanti, le verità nascoste. Eppure hanno dato una fine decorosa a questo intenso percorso. Certo, si nota la necessità di “dover chiudere in fretta”, ma questo non ha tolto spazio a scene d’azione, momenti divertenti, piccanti, thriller. Per alcuni sarà sembrata una fine “a tarallucci e vino” o troppo “amore libero”, ma alla fine i fan volevano questo e si vede che è stato fatto tutto con amore, per i fan che hanno creduto in questa serie, che si sono emozionati e volevano vedere qualcosa di positivo.

Questa serie alla fine parla di amore, un amore che va oltre le distanze geografiche, oltre gli schemi tradizionali, per chi è troppo “bacchettone” può anche dar fastidio una serie così e magari spegne alla prima scena di bacio tra persone dello stesso sesso. Io dico peggio per loro, perché Sense8 non è solo questo e solo guardandola si può capire (a prescindere dalla scena finale che può piacere o meno, ma alla fine la maggior parte dei fan quello volevano, furbacchioni 😉 )

Alla fine, saremo tutti giudicati per il coraggio del nostro cuore.

 

Saveria Serena Foti

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e la proposta del movimento “Non una di meno”

Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Le ricorrenze di questo tipo sono utili per grandi manifestazioni, dibattiti, servono per rendere ancora più noto alla comunità che un movimento, un insieme di persone, sempre più forte e cospicuo, c’è.

A livello internazionale oggi si discute molto dopo le denunce contro Harvey Weinstein ma le violenze e gli abusi non esistono solo sui “divani dei produttori” e nel mondo del cinema.
Ci sono in qualunque luogo di lavoro e nella privacy delle case: è ora che “i riflettori” si accendano definitivamente anche su questi luoghi.
Un movimento femminista italiano esiste: donne giovani, preparate e disposte al dialogo intergenerazionale e fra generi. Sì GENERI.
Il movimento “Non una di meno” ha prodotto, a seguito di una serie di assemblee svoltesi in tutta Italia: “Abbiamo un piano. Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere.” un documento che si apre con una considerazione sulla lingua italiana e l’utilizzo dei generi maschile e femminile.


I lettori che non sono a conoscenza di queste evoluzioni sociali si dovranno sforzare un po’ per adottare questo nuovo punto di vista che inizialmente sembrerà distante ma in realtà è molto più razionale e ragionevole degli schemi sociali e linguistici a cui siamo abituati.

“Il linguaggio non è solo un’istituzione sociale o uno strumento di comunicazione, ma anche un elemento centrale nella costruzione delle identità, individuali e collettive.
La lingua italiana è una lingua sessuata, che già dalla sua grammatica riproduce e istituisce un rigido binarismo di genere (tra nomi, pronomi e aggettivi che cambiano a seconda se maschili o femminili) e una specifica gerarchia, in cui predomina il maschile, presentato come universale e neutro.
In questo Piano abbiamo scelto di svelare la non neutralità del maschile utilizzando non solo il femminile, ma anche la@ per segnalare l’irriducibilità e la molteplicità delle nostre differenze. Consapevoli che le lingue mutano e si evolvono, proviamo a rendere il nostro linguaggio inclusivo per avere nuove parole per raccontarci e per modificare i nostri immaginari.”

Pluralismo di visioni, generazioni, luoghi fisici e quindi cultura ed esperienze.
Sono 12 capitoli articolati in proposte per superare violenze, discriminazioni in tutti gli ambiti della quotidianità, partendo dal linguaggio passando per la scuola, il lavoro e il diritto alla salute (reddito di autodeterminazione per le donne che decidono di uscire dalla violenza; investimenti sulla formazione e su percorsi di educazione nelle scuole e nelle università che mettano in discussione e superino il “binarismo di genere” e gli stereotipi di genere; eliminazione dell’obiezione di coscienza per l’interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali pubblici; finanziamenti ai consultori per garantire l’accesso alla contraccezione, all’informazione e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili; banca dati per monitorare le differenze di retribuzione salariale; banca dati sulle molestie nei posti di lavoro).

“Quando affermiamo che la violenza è sistemica, intendiamo dire che le sue forme di espressione sono molteplici e trasversali: toccano infatti tutti gli ambiti delle nostre vite intrecciandosi continuamente tra di loro.”.


In allegato trovate il Piano, sono 57 pagine che si leggono d’un fiato.
https://nonunadimeno.files.wordpress.com/2017/11/abbiamo_un_piano.pdf

Per gli interessati oggi alle ore 17 alla Galleria Vittorio Emanuele ci sarà un sit-in con vari interventi organizzato dalla sezione Messina di Non una di meno.
Lunedì 27 novembre alle ore 9.30 presso l’aula “L. Campagna” del Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche, verrà presentato il volume “La violenza contro le donne nella storia. Contesti, linguaggi, politiche del diritto (secoli XV-XXI)” confronto organizzato dal gruppo delle Storiche delle istituzioni politiche dell’Università di Messina in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ricordando Antonella Cocchiara.

“Girls just wanna have fun-damental rights”.

 

Arianna De Arcangelis