Tempi brutti per la poesia – di ALTERA

Sabato 20 aprile 2019. Ore 18.00. Messina. Viale Giuseppe Garibaldi, 56. La Gilda dei Narratori. Reading poetico, con accompagnamento musicale, organizzato dal collettivo ALTERA.

Poesia: veicolo spontaneo di una comunicazione oggi più che mai desiderosa di espressione e di emozioni, di conoscenza e di parole. È un bisogno emotivo. Una necessità fisica. Anche quando fa male, la poesia serve, sì. Come uno spintone che nell’assenza di amore e contatto e abbracci, è pur sempre qualcosa. Nella poesia si trova senso e si riconoscono i propri simili, ci si sente vivi nelle parole di altri. È la ricerca della parola esatta. La prosa può anche essere approssimativa, ma la poesia no, deve trovare la parola esatta, per poter esprimere il sentimento più profondo e più giusto dell’uomo. È connaturata nell’uomo.

La poesia è “bastarda”, figlia di tante madri, diretta verso una sensibilità in cui è la parola in tutte le sue componenti – significato, lettere, fonetica, immagini, tipografia, senso – fa emozionare. La poesia, oggi relegata in un angolino per pochi volenterosi, ogni tanto riesce a fare capolino in iniziative come questa, trovando una nuova direzione che, mettendo nuova linfa nel vecchio tronco, la riporta in piazza, in strada, nei microfoni, in mezzo alle persone. Nella nostra epoca, più che mai, c’è la necessità di sdoganare di più le pagine poetiche, di fare in modo che facciano meno paura e più compagnia, che diventino di tutti.

Il programma dell’evento ha previsto l’essenziale partecipazione viva ed attiva di tutti i presenti soprattutto nel momento finale di libera lettura dei versi.

Gabriella Parasiliti Collazzo

 

 

Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore, Susanna Cascini.

Quando una storia finisce è inevitabile sentirsi un varco dentro, i ricordi scavano nel presente e nel passato alla ricerca di una colpa, di un segnale, ci sforziamo di mettere tutto in una scatola immaginaria e di posarla via, la verità è che ci sentiremo meglio soltanto soffrendo.
È proprio questo che ho capito già dal titolo. Triste verità.

«Non era una sprovveduta, aveva già lasciato qualcuno ed era già stata lasciata a sua volta, quindi sapeva come funzionava e conosceva le regole: non chiamarlo, non cercarlo, non seguirlo (!), non inviargli messaggi, bloccarlo su ogni social network, non giocarsi la dignità. Conosceva le regole, ma le stavano strette, perché stavolta, in quella storia, ci aveva creduto talmente tanto da sentirsi quasi adatta a un futuro felice.»

La trama è molto semplice: si tratta di un amore andato a male, ormai finito da un pezzo, quando, un giorno, Tommaso la guarda mentre è seduta a leggere e lei lo prega di non piangere, e nell’aria galleggia la consapevolezza che ora è davvero finita. Anna cade in una profonda depressione, il mondo intero si schianta su di lei. Comincia a scrivere un diario di monologhi contando i giorni dalla fine, dalla separazione.

«E sembrava, dalla velocità con cui era sparito, che non avesse mai realmente avuto l’intenzione di restare, come se fin dall’inizio avesse saputo che prima o poi se ne sarebbe andato, come se fosse sempre stato di passaggio.»

Nella prima parte Anna deve fare i conti con i ricordi, con il dover andare avanti mentre spera che lui ritorni dicendo che era tutto uno scherzo. Però i giorni passano e nulla cambia, Tommaso è lontano e Anna comincia a chiedersi se il problema fosse lei con il suo modi essere.

Un libro che, tra una pagina e l’altra, fa pensare “è così che mi sento adesso”,che ti spinge a reagire con forza, a imparare, insieme ad Anna, a sanare le ultime ferite e fare a meno di lui. È facile immedesimarsi tra le righe di Susanna Cascini, tra le fragilità che fanno un po’ parte di tutti. La paura di non essere stati abbastanza, perfetti, o entrambe le cose. Semplicemente non essere. Non a tutti è concesso di tornare indietro per recuperare la storia quando l’amore finisce.

«Non è scritto da nessuna parte che qualcosa, solo perché è tanto bello, debba durare per sempre. Finisce tutto, finiscono anche le cose belle. L’importante è che ci siano state. Diamo per scontato che d’amore ce ne sia per tutti, ma non è così. L’amore è un miracolo. L’amore, quando arriva, non ci può dire quanto resterà. Siamo noi che pensiamo che sia “fino all’infinito e oltre” o “fino all’eternità”, ma l’amore, in realtà, come viene poi se ne va.»

Consigliato a chi, prima o poi, si troverà a guardarsi dentro per capire cosa è accaduto, a chi continua a provarci nonostante l’immensa paura di non farcela.

Serena Votano

 

La bellezza invisibile della città

Vi capita mai di girovagare per la libreria alla ricerca di un libro da leggere? E ancora, vi capita mai di non sapere proprio decidere tra due libri?

Non vi dirò quel era la seconda scelta ma sicuramente la prima scelta è stata “Le città invisibili” di Italo Calvino. Ciò che mi convinse fu la “fine del romanzo”, lo scrivo tra virgolette poiché effettivamente leggendolo non c’è una fine univoca ma si vedono finali dappertutto, diceva più o meno così:

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Una serie di città reali e città immaginarie raccontate da Marco Polo, frutto dei suoi viaggi e della sua immaginazione, che ogni sera appagano la curiosità dell’Imperatore dei Tartari Kublai Khan. Il dialogo tra questi due si suddivide in 9 capitoli con un’ulteriore divisione interna: 55 città con nomi di donne, suddivise in 11 categorie (dalla città della memoria alle città nascoste). Al suo interno si susseguono evocazioni di luoghi leggendari, contraddizioni umane, follia, le vie dell’immaginazione si intrecciano con quelle della realtà, il lettore vedrà queste città sorgere davanti ai suoi occhi.

Viaggi per rivivere il tuo passato?- era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche essere formulata così: Viaggi per ritrovare il tuo futuro? E la risposta di Marco:- L’altrove è uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà

Calvino non fa che spingere l’individuo a guardarsi intorno, riflettere sulle persone vicine e far capire che, piuttosto che legarsi passivamente alle persone potenti in maniera uguale, l’individuo deve scegliere con attenzioni chi avere accanto e sapergli dedicare tempo e spazio. E forse prendersi cura di questi ultimi.

Consigliato a chi è alla ricerca di un posto per sé, una città su misura per tutti coloro che hanno il desiderio di scappare dal passato e lasciare che un nuovo futuro prenda piede. Sarà fantastico scoprire come il passato lasciato alle spalle può essere il presente di qualcun altro.

Serena Votano

Io uccido

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Uno dei primi aspetti che il lettore nota di un libro quando si trova in libreria a sbirciare tra gli scaffali in cerca
di una nuova lettura è sicuramente la copertina…

Un semplice foglio di cartoncino o di carta lucida piegato a dovere con stampata un’immagine e un titolo, accompagnato dal nome dello scrittore, al quale quasi nessuno riesce a resistere.
Dietro questo semplice particolare si nasconde il lavoro di migliaia di professionisti del marketing che studiano la posizione, il colore, la grandezza di ogni carattere e pixel perché, dopotutto, non sempre “il libro non si giudica dalla copertina”

“Io uccido” di Giorgio Faletti è uno di questi. Ci dice subito ciò a cui stiamo andando incontro, ci fa capire che ciò che stiamo per leggere ha la stessa forza di quello che si vede prima di sfogliare la prima pagina: uno sfondo rosso sangue con “incisa” una semplice frase sopra, appunto “io uccido”.La storia è ambientata a Montecarlo, mecca della ricchezza, dell’eccesso, della vita mondana, degli yatch e dei grandi casinò, città rinomata per l’alta sicurezza e per la grande efficienza della polizia (la Surete National) che viene però sconvolta da un caso che mai si era registrato nel Principato: un serial killer sta terrorizzando la popolazione e nessuno riesce a catturarlo.

Il tutto ha inizio in una calma notte d’estate quando, durante una trasmissione radio notturna, il Dj Jean-Loup Verdier riceve una telefonata in studio da parte di un ascoltatore, ma la sua voce non è normale, è piatta, senza emozione, come se fosse stata privata di ogni tipo di colore o sfumatura. Durante la telefonata ogni parola del misterioso ascoltatore non fa altro che portare l’oscurità dentro la sala, finché la situazione non precipita quando l’uomo ammette di essere un killer…

E allora tu che cosa fai, di notte, per curare il tuo male?

Io uccido…

Dopo un primo momento di silenzio, dagli altoparlanti della radio risuonano flebili le note di una vecchia canzone: “Un uomo, Una donna” di Francis Lai, poi il silenzio. La telefonata viene archiviata come un brutto scherzo fatto da qualche ascoltatore annoiato, ma lascia comunque sbigottito il conduttore. La stessa notte Jochen Welder, campione di Formula Uno, e la sua compagna, Arijane Parker, campionessa di scacchi, allontanatisi con la barca in mare aperto, vengono sorpresi da un uomo misterioso che, prima affoga la giovane donna in mare, e poi uccide il compagno a coltellate. La mattina seguente la polizia scopre i cadaveri sulla barca, ad entrambi è stato terribilmente mutilato il volto, e sullo stesso tavolo su cui giacciono vi è una frase scritta con il sangue “Io uccido…”. Il caso verrà affidato al commissario Nicolas Hulot che verrà aiutato dall’amico Frank Ottobre, agente dell’FBI in congedo.

Così inizierà una serie di omicidi efferati, tutti anticipati da una chiamata in radio, sempre alla stessa trasmissione, sempre con un indizio musicale e sempre con la stessa firma…

In questo libro Faletti dimostra la forte conoscenza del luogo in cui cala la storia e lo si può capire dalle descrizioni delle strade, degli edifici, dei comportamenti delle persone, che riescono a far immedesimare il lettore nella scena e a fargli comprendere l’essenza di ogni singola frase presente nelle pagine di questo romanzo. Nulla è lasciato al caso, ogni tassello è sapientemente inserito nel testo per far risaltare gli eventi e le emozioni che lo scrittore vuole trasmettere a chi legge.

Fondamentale è la musica, nella quale il killer cela la soluzione di ogni omicidio, l’unica possibilità di salvezza per le sue vittime, e l’ultimo barlume di lucidità della sua mente malata e ferita da un passato doloroso di cui non riesce a fare a meno.

La musica non tradisce, la musica è la meta del viaggio. La musica è il viaggio stesso.”

È una lettura consigliata per gli amanti dei thriller psicologici che ti lasciano con il fiato in gola fino all’ultima riga, di quelli che fanno dell’angoscia l’elemento fondante. È un libro per tutti quelli che odiano le storie semplici, lineari, atone. È un romanzo per coloro che riescono a comprendere il “senso della copertina” già dal primo sguardo…

Giorgio Muzzupappa