Cecità: la necessità di una guida nel pieno di una pandemia

Voto UVM: 5/5 libro; 4/5 film

“Ciechi che, pur vedendo, non vedono”

Nel 1995 José Saramago, Nobel per la Letteratura, scrisse un romanzo che poi fu reso anche film: il titolo originale “Ensaio sobre a Cegueira” non sembrava poi così accattivante, così si è scelto di ridurlo a Cecità (in inglese Blindess).

Josè Saramago

 

Ambientato in una città senza nome e in un periodo senza data, l’autore ci rende spettatori e partecipanti, di uno scenario complesso.

Il tutto comincia all’improvviso, in pieno traffico cittadino, coinvolgendo un uomo qualunque: questo viene colpito da una cecità particolare che non lascia segno; “Non le riscontro alcuna lesione, i suoi occhi sono perfetti” sentiremo dire al medico, ma questo mal bianco si dimostrerà essere una malattia molto contagiosa, dalla causa sconosciuta che colpirà a ciel sereno una società impreparata (non era il COVID-19, ma si, è perfetto per l’attuale pandemia).

Non abbiamo nomi, solo dei “titoli” per descrivere i personaggi: scelta curiosa, ma sicuramente abile; la consideriamo come un espediente per dare spazio al lettore, per riproporsi in chi vuole.  Attraverso i personaggi, viene espressa la criticità della risposta umana all’incertezza e alla paura: c’è chi vorrebbe trarre vantaggio dalla sventura altrui come il ladro di automobili, che deruberà il primo cieco non appena ne avrà la possibilità, e chi come la moglie del medico deve tenere le redini della situazione.

Ma poco importa, finiranno tutti nello stesso posto e saranno queste “etichette” a stabilirne atteggiamenti e movimenti.

In tutto ciò, le forze dell’ordine, che al caro José non dovevano andare molto a genio, vengono condannate, descritte come prive di intelligenza ma piene di paura. Talmente tanta da decidere di portare i malati in un ex manicomio.

Ex Manicomio

Lo scenario si sposta in una struttura dismessa, priva dei beni essenziali e soprattutto priva di umanità.

Prime persone messe in quarantena, fonte: cinematographe.it

Lo descrive perfettamente, in maniera cruda e attraverso gli occhi dell’unica donna che ci vede, la moglie del medico: “Se non siamo capaci di vivere globalmente come persone, almeno facciamo di tutto per non vivere globalmente come animali”.

Il film le ha dato un volto: bionda e candida, sicuramente non una scelta casuale; man mano che la situazione peggiora e che l’umanità si mostra sempre più fragile , lei deve resistere, ma inevitabilmente la sua immagine ne risente.

Nessuno la vede, ma noi si. Come se ci aspettassimo che l’unica donna non cieca, non possa avere i piedi sporchi. Invece lei li ha, si deteriorerà fuori pur di non perdere quella luce che ha dentro. Come a voler dimostrare quanto siano inutili bellezza ed eleganza se si è vuoti dentro. Banale penserete, invece no.

Julianne Moore, fonte: cinematographe.it

All’interno del manicomio si ricreerà una società rudimentale, in cui il più forte prende l’unica cosa che può: il cibo. E si fa pagare con le uniche cose che gli altri hanno: beni materiali (per quanto sia possibile in quella situazione). E quando questi non bastano, vorrà di più: “dateci le donne”, così da prendere anche quello che “di materiale” non è.

Ecco che l’equilibrio si rompe, Saramago non si risparmia e sottolinea l’indifferenza che soffoca la speranza: dalle continue richieste di aiuto e di umanità non si ottiene nessuna risposta.

Né dalle autorità, né da quelli che possiamo considerare “pari” dei nostri protagonisti. Grida che nascondono il silenzio e un candore, che coprendo gli occhi nasconde la brutalità della scena. Brutalità che si vedrà anche fuori, la città diventa il nuovo scenario.

Città

“E’ una vecchia abitudine dell’umanità, passare accanto ai morti e non vederli”: nonostante sembri un post scritto adesso su un social, evidenzia le crepe della società orfana di nome e di epoca descritta nel romanzo.

E si… crepe sempre esistite e adesso più evidenti che mai.

Tutti ciechi ed affamati, tutti impauriti e arrabbiati. Tranne la moglie del medico, lei non può permetterselo. Deve fare tutto ciò che può per la sua nuova famiglia, i cui membri (marito escluso) non l’avevano letteralmente mai vista, ma che si fidavano ciecamente (scusate il gioco di parole) di lei.

fonte: movieplayer.it

Madre, sorella, la loro e la nostra guida. Azzarderei che era l’unica a non avere quel bagliore negli occhi, perché era l’unica ad averlo nel cuore e nella mente. E anche quello – in tal caso fortunatamente era contagioso.

Ma come a voler sottolineare ancora l’indifferenza degli uomini, dei pari soprattutto, l’autore inserisce una figura: quella del cane delle lacrime. Non si infetta, non è contagioso ma ha solo bisogno di amore. Lui supporta la donna, la segue, le fa compagnia, la difende e creerà un legame che non sarà possibile dissolvere.

In cecità non c’è niente che non abbiamo già visto, anzi, è tutto descritto alla perfezione. Ovviamente amplificato, con una sintassi molto particolare, scenari cupi e dettagli raccapriccianti.

Ma con molta verità.

Non si parla di profezie e complotti: anche lì le autorità erano impreparate. Né di eroi, ma di semplici combattenti; non si parla di ricchi e poveri, ma di pari.

Cosa ci insegna questo ? Non lo sappiamo con certezza ma ci dà speranza laddove serve.

La ragazza con gli occhiali scuri (senza occhiali in questa scena)- fonte: lafabricadeisogni.it

La moglie del medico si alzò e andò alla finestra. Guardò giù, guardò la strada coperta di spazzatura, guardò le persone che gridavano e cantavano. Poi alzò il capo verso il cielo e vide tutto bianco, è arrivato il mio turno, pensò. La paura le fece abbassare immediatamente gli occhi. La città era ancora lì.”

Barbara Granata 

#iorestoacasa: Guida di sopravvivenza pt.5

Il surrealismo della situazione odierna continua a lasciarci in bilico senza certezze su come si evolverà il nostro futuro.

Per sopravvivere all’eccesso di tempo libero già vi abbiamo consigliato serie tv, giochi da tavolo, libri, film e videogiochi.

Oggi diamo uno sguardo verso alcuni titoli di quella che viene considerata la Nona Arte: il fumetto.

Ancora oggi c’è un alone di incomprensione verso una delle forme di intrattenimento che (grazie anche all’esplosione cinematografica correlata) risulta essere tra le più seguite ed usufruite tra quelle a nostra disposizione.

Il mondo del fumetto è più vasto e vario di quanto chiunque di noi possa immaginare (sia esso americano, giapponese, italiano, francese, belga etc…), dando la possibilità di avere letture vicine al nostro modo di essere, o, al nostro modo di pensare su questo o quell’argomento.

Ma, soprattutto, ci dà la possibilità di farci trovare una storia, sia essa fantasiosa o molto prossima alla nostra realtà, che possa (veicolata da personaggi caratterizzati nei più minimi particolari e da disegni che resteranno impressi nella nostra mente) farci riflettere su noi stessi ed emozionarci come mai avremmo creduto possibile.

Eccovi alcuni validissimi esempi del genere, nell’ormai consueto format giorno per giorno.

Lunedì    

Rocky Joe (1968-1973): il manga (fumetto giapponese) sul pugilato più famoso ed importante di sempre, scritto da Asao Takamori e illustrato da Tetsuya Chiba, consta di 13 volumi, editi da Star Comics.

Uno dei quartieri più poveri di Tokyo fa da cornice all’incontro che cambierà per sempre la vita del protagonista Joe, ossia quello con un ormai ex allenatore di box Danpei Tange, che vedrà in lui le potenzialità per diventare un astro nascente della disciplina.

Un viaggio umano fatto di redenzione, tormenti, coraggio, ma soprattutto di scelte che porteranno ad un finale intensissimo che eleva l’opera a capolavoro del genere.

 

Joe Yabuki – Fonte: Stay Nerd

 

Martedì

Monster (1994-2001): il capolavoro massimo del mangaka (fumettista giapponese) per eccellenza, Naoki Urasawa.

Completo in Italia in 9 volumi edito ad opera di Planet Manga.

Un colpo fortissimo sferrato contro tutto il marcio che alberga nella mente degli uomini.

Il dottor Tenma, famosissimo e stimatissimo chirurgo, si troverà ad andare contro gli ordini del suo primario quando preferirà operare un bambino a discapito del sindaco, il quale morirà sotto i ferri per colpa di un altro chirurgo molto meno capace.

Il nostro protagonista verrà conseguentemente sempre più allontanato dalla cerchia dei medici più influenti fino a quando un evento non gli sconvolgerà ulteriormente la vita.

Un’efferata carneficina e la scomparsa del bambino precedentemente salvato da Tenma, porteranno quest’ultimo ad essere il fulcro di tutte le domande che si porrà il lettore e che troveranno man mano risposta in un frenetico susseguirsi di colpi di scena.

 

 

Il dott. Tenma – Fonte: La Valdichiana

 

Mercoledì

Gen di Hiroshima (1973-1974): uno dei masterpiece del fumetto mondiale scritto e disegnato da Keiji Nakazawa.

Completo in Italia in 3 volumi edito ad opera di Hikari Edizioni.

L’autore ci narra le vicende da lui realmente vissute: l’orrore della strage di Hiroshima visto dagli occhi di un bambino, viene trasposto su carta senza alcun tipo di censura o riguardo verso la sensibilità del lettore, ma tende comunque a sensibilizzarlo verso quello che è stato una dei più grandi crimini contro l’umanità della nostra storia.

 

La copertina del primo volume – Fonte: Amazon.it

 

Giovedì

The Killing Joke (1988): Alan Moore ai testi e Brian Bolland ai disegni, creano un’opera senza tempo.

Volume unico edito in Italia ad opera di Rw Lion.

Risulta oltremodo difficile sviluppare una storia in poche pagine, non per Alan Moore che in meno di 70 riesce a descrivere perfettamente il rapporto intricato tra il cavaliere oscuro e la sua nemesi per eccellenza, Joker.

Una narrazione compatta e mai lenta che scorre tra le dita voltando ogni pagina, così come fa il sopraggiungere di una risata dopo una barzelletta.

 

La storica copertina del volume – Fonte: Wikipedia

 

Venerdì

Marvels (1994): Kurt Busiek e Alex Ross innovano il concetto di supereroe.

Volume unico edito in Italia ad opera di Panini Comics.

Tramite il grande schermo abbiamo amato le avventure dei supereroi di casa Marvel, ma il team sopracitato è riuscito a creare un nuovo punto di vista per il genere supereroistico, quello del comune essere umano.

Attraverso il punto di vista del fotografo Phil Sheldon, ci vengono narrate alcune vicende di queste “meraviglie” e di come esse abbiano influenzato la vita del suddetto protagonista, sia nel bene che nel male.

 

La copertina del N. 1 – Fonte: MangaMania

 

Sabato

All Star Superman (2005-2008): Grant Morrison e Frank Quitely creano la storia per eccellenza del supereroe per eccellenza.

Volume unico edito in Italia ad opera di Rw Lion.

L’azzurrone ci ha sempre abituati a grande eroismo con le sue azioni, ed ora che è arrivata la fine per lui, è più eroico di quanto sia mai stato.

Una malattia dovuta all’assorbimento di troppi raggi solari porterà la vita di Superman a un capolinea in breve tempo.

E’ così che decide di mettere a posto tutte le cose lasciate in sospeso attraverso dialoghi  toccanti e profondi tra i quali spicca quello con il suo principale antagonista Lex Luthor, Superman si congeda dal suo compito portato avanti per tutti quegli anni.

 

La copertine del volume – Fonte: RW Edizioni

 

Domenica

We3 (2004): Lo stesso team creativo di All Star Superman crea una graphic novel (romanzo grafico) con una narrazione e un’impostazione delle tavole mai viste prima.

Volume unico edito in Italia ad opera di Rw Lion.

Un cane, un gatto e un coniglio.

Sembra l’inizio di una fiaba, in realtà è un percorso che questi tre poveri animali trasformati in armi dovranno affrontare attraverso la crudeltà dell’uomo e di quanto quest’ultimo non si faccia scrupoli utilizzando qualsiasi mezzo pur di raggiungere il suo scopo.

 

La copertina del volume – Fonte: Amazon.it

 

 

 

Giuseppe Catanzaro

 

 

#iorestoacasa: libri e film messinesi da (ri)scoprire

In questi giorni di quarantena in cui siamo costretti a stare distanti, noi di UniVersoMe cerchiamo comunque di starvi un po’ più “vicini”. Tutti hanno dovuto riorganizzare le loro vite, le loro giornate; c’è chi guarda serie tv, chi legge, chi ancora improvvisa palestre in casa. Oggi anche noi abbiamo voluto darvi alcuni consigli e idee per impegnare il vostro tempo nel migliore dei modi.

La particolarità? Abbiamo scelto di dare risalto alle personalità messinesi contemporanee e vi proponiamo quindi libri e film di autori, registi ed attori messinesi. Scopriteli insieme a noi!

Per chi vive sulle tartarughe, Leonardo Mercadante

Nel primo libro che vogliamo consigliarvi, l’autore analizza la curiosità, la capacità di preoccuparci del prossimo, l’empatia propria dell’infanzia. Al centro della storia è appunto un bambino che riflette sul mondo dei grandi, ponendo domande e cercando continuamente risposte. “Se siamo tutti nel mondo, e ogni cosa è sopra qualcos’altro, il mondo dov’è?”.

Fonte: Edizioni Smasher

Ma nel mondo degli adulti non sembra esserci molto spazio per il protagonista e le sue risposte lo portano in un mondo parallelo fantastico. Qui, attraverso metafore e fantasia viene affrontato quello che è in fondo il processo a cui va incontro l’umanità intera: un’umanità che si pone delle domande, si affida a sacerdoti e scienziati e alle loro verità. “[…]Spesso la fiducia è un salto nel buio. Ma dove si trova allora il confine tra pensiero libero e fiducia nell’altro, tra sano individualismo ed egoismo? E quando la fiducia nell’altro diventa invece un delegare le proprie responsabilità per non occuparsene più?”.

Storia di un bambino qualunque dunque, con le sue domande quantomeno attuali, ma anche la storia di tutte le altre persone che vivono in questo pianeta, la mia, la tua, una storia di fiducia e di potere, di autonomia e libertà.

L’autore ha inoltre proposto un’iniziativa: ha deciso di regalare 7 copie del libro a chiunque donasse una quota agli ospedali messinesi per l’emergenza del Coronavirus, sottolineando quanto sia importante cercare tutti di fare il possibile nel nostro piccolo.

Risa, Michele Ainis

In questo periodo di riflessione forzata, Risa sembra fare al caso nostro. E’ un racconto breve, a tratti autobiografico, dal quale il lettore (in particolare il lettore messinese) sarà magneticamente attratto.

Centrale è il tema del viaggio del protagonista Diego, di ritorno a Messina dopo tanti anni passati a dirigere il suo ufficio giudiziario in Pianura Padana. Tornato in città, si troverà dinnanzi un luogo sconosciuto, irreversibilmente cambiato, come cambiati erano i ricordi della gente che lo abitava.

Tramite la lente dei suoi personaggi, l’autore racconterà con espressioni oniriche ed immagini surreali i misteri di Risa, che altro non è che “Messina rigirata all’incontrario; la Messina che c’era e che non c’è più”. Un non luogo, capace di ingoiare persone, interi palazzi e persino i più cari ricordi.

Un libro, o meglio, un’immersione in apnea e ad occhi aperti, per scrutare i misteri di una città annegata nella mente dei suoi abitanti. Una breve lettura, che dura giusto il tempo di riaffiorare in superficie.

Due amici, Spiro Scimone e Franco Sframeli (2002)

Per gli appassionati di teatro, questa pellicola non sarà una sorpresa: Franco Sframeli e Spiro Scimone sono infatti due grandi del palcoscenico messinese, che nel lontano 2002 si sono messi in proprio anche nel mondo del cinema, ottenendo applausi e premi alla Mostra del Cinema di Venezia.

Locandina del film – Fonte: trovacinema.it

Questo particolarissimo film racconta la storia di due siciliani emigrati al nord, in una città qualunque con un grande fabbrica. Nunzio è un operaio dal carattere semplice e ingenuo, che soffre di una fastidiosa e persistente tosse causata dalle polveri industriali. Pino invece è un killer solitario, scostante e chiuso in sé stesso.

Da questo strano duo di personaggi origina un’opera teatraleggiante, dall’atmosfera surreale e dai dialoghi (in dialetto messinese) che tanto ricordano il teatro di Beckett.

Insomma, una chicca che forse in pochi conoscevate, ma da recuperare subito.

La risalita di Colapesce, Giuseppe Staiti

Chiudiamo con due vecchie conoscenze della nostra rubrica. Abbiamo visto come, soprattutto in questo momento, abbiamo bisogno di un po’ di evasione dalla realtà. E il libro del giovane scrittore messinese, già intervistato da noi durante la presentazione, si inserisce perfettamente in questo articolo: tra mito e modernità, Giuseppe dà una nuova chiave di lettura della tradizione.

Se già vi abbiamo suggerito il libro, non possiamo che rinnovare l’invito, anche a chi aveva perso la prima puntata.

«Pupara sono» Per la poesia di Jolanda Insana, Giuseppe Lo Castro e Gianfranco Ferraro

Può mancare un libro di poesie nella nostra lista di consigli?

Ovviamente no, a maggior ragione se della nostra Jolanda e se contiene tantissimo altro materiale inedito, disegni e saggi. Poco tempo fa vi raccontavamo come fossimo venuti a conoscenza dell’eclettica poetessa messinese.

Giulia Greco – Libreria Colapesce, Messina 2020

Siamo certi che Jolanda non si sarebbe fatta prendere dallo sconforto in questi tempi difficili, ma ci avrebbe regalato qualche brano o qualche poesia tragica, ma allo stesso tempo carica di speranza.

Facciamoci coraggio a vicenda, anche se a distanza e nelle nostre case: e, perché no, in compagnia di un buon libro o di un buon film tutti al messinese!

Emanuele Chiara, Cristina Lucà, Salvatore Nucera

 

Muri d’odio – ieri e oggi

A trent’anni dalla caduta del muro di Berlino, nuovi confini e chilometri di filo spinato dividono continuamente il mondo; sono barriere fisiche o ancora immateriali. 

La notte di Berlino 

15 Giugno 1961. Riecheggiano nitide le parole di Walter Ulbricht, presidente del consiglio di Stato della DDR – “Nessuno ha intenzione di costruire un muro” – alle porte di Brandeburgo. 

13 Agosto 1961. Data simbolo della costruzione del muro che per 28 anni dividerà una città in due, separerà famiglie, affetti; le sue fondamenta sono nient’altro che la bassezza degli interessi politici. 

Il buio e il freddo calano su Berlino in una notte lunga come quei 155 km dai quali non sembra oltrepassare un alito di vento: il filo spinato, le torri di guardia, i fossati, i campi minati, i bunker inaspriscono l’aspetto già crudele di un recinto che vuole sottolineare la prigionia. 

Se è stata sufficiente una notte per costruire la Grande Muraglia della Germania, è stata altrettanto sufficiente una notte per abbatterla. 

9 Novembre 1989. Il rumore della moralità, della speranza abbattono la costruzione dell’oppressione di un popolo: il muro di Berlino cade, diventando esempio della libertà oltre le barriere imposte. 

 

I muri di oggi 

Se trent’anni fa si contavano 16 muri – con la caduta di quello di Berlino – oggi gli studiosi ne contano circa 77. Paradossale, no? Lo avreste mai detto, ad oggi, in questa nostra società che sproloquia tanto la cosiddetta ‘’globalizzazione’’? 

Tra Ungheria e Serbia, tra Ucraina e Russia, tra Corea del Nord e Corea del Sud, tra Turchia e Iran, tra Stati Uniti e Messico; in Palestina erge un ‘’muro di prigione’’ che circonda Gerusalemme. 

Muri come barriere oltre la dignità, oltre la tolleranza, oltre l’umanità. I muri di cemento di oggi vedono la loro progettazione nei cardini della paura dello sconosciuto, del potere di chi può attraversarli ghettizzando la popolazione confinata. 

 

Muri oltre la geografia 

Dimentichiamoci, se pur possibile, delle barriere presenti sulla nostra cartina geografica e pensiamo a quali altri muri – oggi, tutti i giorni – ergiamo o da cui veniamo emarginati. 

Sono i muri costruiti dalle parole che diciamo, che giudicano, che allontanano e, perché no – volendo usare un ossimoro- abbattono le persone costruendo fortezze inespugnabili di insicurezza e solitudine. 

Ci sono i muri mediatici, quelli di informazione e di comunicazione che alimentano ignoranza, individualismo e i soliti muri dei potenti che silenziano spesso la realtà per impedire crescita e consapevolezza. 

 

Ma a somme fatte: a cosa servono realmente questi muri? La risposta è semplice: a niente. 

I muri – geografici e interumani- non hanno mai risolto un problema, ma hanno solo alimentato odio e discriminazione; hanno tolto e tolgono aria e libertà, incentivando lo smarrimento. 

I muri, le barriere, le parole che si innalzano come limiti possono spaventare, ma mai spegnere sogni e speranza. 

 

Jessica Cardullo

 

Inaugurazione BookSharing del Dipartimento di Ingegneria

L’associazione UnitaMente è lieta di invitarVi lunedì 17 alle 14.30, presso il Bar del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Messina, dove si terrà l’inaugurazione del primo BookSharing.
Lo scopo dell’iniziativa è quello di promuovere la cultura e la socializzazione all’interno del Dipartimento, in modo da creare una vera e propria comunità, i cui membri possano condividere il piacere per la lettura e scambiare opinioni. Il BookSharing è il primo passo verso questo obiettivo.

Si allega la locandina qui di seguito:

Locandina_48

Vasco Brondi – Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero.

Prima di capire di cosa parla questo libro, vorrei raccontarvi come ho finito per leggerlo.
Ecco, sul sito in cui l’ho comprato volevo controllare il costo della spedizione, così ho riempito il carrello … procedi … procedi … e … acquistato! 
Ma come?? Volevo semplicemente controllare il costo e poi magari decidere se comprarlo o meno! Sarà destino.
Ed è stato destino veramente.

Alla fine credo sia un libro d’amore incondizionato, forse di quelli che davvero si possono scrivere solo a vent’anni, con l’inesperienza necessaria. Il dolore già provato ma non ancora integrato e rielaborato. […] La realtà, che fino a qualche istante prima era fatta più che altro di fantasie imprecise e perfette, diventa finalmente materica, imperfetta e travolgente. È un libro pieno di gioia: me lo ricordo benissimo, ero allegro e disperato mentre lo scrivevo. Quando ci ripenso, penso a una di quelle giornate estive in cui piove con il sole.

Nella prefazione inserita dopo la ristampa del 2015 a parlare è Vasco Brondi, lo stesso ragazzo che con lo pseudonimo Le luci della centrale elettrica ha pubblicato il disco “Canzoni da spiaggia deturpata”.

Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero “è praticamente un libro fotografico senza fotografie”, si dice nel risvolto della copertina, e io lo interpreterei proprio così, come una serie di polaroid: ogni pagina descrive un ricordo, un attimo immortalato in quelle righe che sembrano pensieri buttati giù mentre si è in viaggio, persi davanti al finestrino come solo i migliori sognatori sanno fare.

Mentre mi parli e contribuisci allo scioglimento dei ghiacciai, e ti giri verso di me chiedendomi se ho ancora sonno. e ti dico che è presto che sarà al massimo mezzogiorno, invece sono le tre di pomeriggio, e devo andare a lavorare e tu te ne devi andare. Lasciandoti dietro un profumo di fumo buono, presumibilmente di nero. cosa ti dimentichi. che tanto non ti devi preoccupare, questi rapporti vanno sempre a finire male. gli attacchi di panico e il ciclo. e le lenzuola sono così bianche per farsi sporcare.

Questo libro è stato pubblicato otto anni fa dopo aver aperto un blog in cui ogni sera veniva pubblicato un pensiero, bianco su nero, in cui metteva insieme tutto ciò che nelle canzoni non ci entrava. Da tutto ciò è nato questo libro che, in fondo, non è un romanzo, non è nemmeno un diario o una raccolta di racconti, poesie neanche a pensarci. A volte non segue regole di punteggiatura o regole grammaticale, è un libro indipendente e perfettamente imperfetto, a modo suo.

Non basta leggerlo una volta.

Adesso se fossimo in un telefilm ti dicevo che ti amavo. Così, coniugando male i verbi. E noi siamo meglio di un telefilm, e infatti non ci diciamo niente.”

Consigliato a tutti. Senza discriminazioni.

Serena Votano

 

Werther – quando l’amore fa male

Partiamo subito col precisare che J.W. Goëthe non si identifica assolutamente in Werther, anzi, esprimeva fastidio quando gli veniva chiesto cosa si nascondesse dietro la trama del romanzo.

anch’io tratto il mio cuoricino come un fanciullo malato: gli è permesso ogni capriccio. Non dirlo in giro, però: c’è gente che me ne farebbe un rimprovero.”

 

In “I dolori del giovante Werther” troviamo una serie di lettere indirizzate a Wilhelm dove Werther è concentrato solo su se stesso e sulla sua sofferenza. Sta stretto nel mondo che lo circonda, i limiti umani lo mettono in crisi e il non poterli superare lo farà implodere, arrivando al suicidio (allarme spoiler).

Che la vita dell’uomo sia solo un sogno è già parso a molti, e anche con me si accompagna spesso questo sentimento. Quando considero i limiti in cui sono rinchiuse le facoltà pratiche e indagatrici dell’uomo, quando vedo come ogni attività metta capo alla soddisfazione di bisogni che a loro volta non hanno alcuno scopo se non di prolungare la nostra misera esistenza, e ancora, come ogni accontentarsi di certi risultati della ricerca sia semplicemente la rassegnazione del sognatore, pago di decorare con figure variopinte e luminosi paesaggi i muri della sua prigione, tutto questo, Wilhelm, mi fa ammutolire. Poi torno a guardare in me stesso, e trovo un mondo! Ma fatto a sua volta più di presentimento e di oscuro desiderio che di rappresentazione oggettiva e vivente energia. “

Werther comincia a frequentare Charlotte (Lotte) e la famiglia, il suo amore per lei nasce proprio perché sa di non poterla avere. Lotte, bella e sensibile, è fidanzata con Albert, che si trova lontano. Ed è subito friend zone.

come adoro me stesso, da quando lei mi ama”

Quando Albert fa il suo ritorno, tra i due uomini si stabilisce un rapporto cordiale, nonostante Albert sia l’opposto di Werther, razionale e privo di romanticismo. Tuttavia il matrimonio non impedisce ai due, attirati l’uno verso l’altro, di scambiarsi un bacio. Ma Lotte non può cedere al suo amore, ormai, e l’amore da cura diventa malattia.

Questa è l’ultima volta Werther! Lei non mi rivedrà”

E lanciando allo sventurato il più amoroso degli sguardi corse nella stanza attigua e si chiuse la porta alle spalle.

“Werther tese le braccia verso di lei, ma non osò trattenerla.”

Un romanzo dai sentimenti forti, contornato da personaggi dotati di profondità e stati d’animo sconvolgenti.
Un libro che da un cazzotto allo stomaco proprio per la descrizione dei sentimenti che i giovani provano e soffocano. Forse dalle reazioni folli, ma chi siamo noi per giudicare?

PS: si può parlare di spoiler su un libro di più di 200 anni fa?

Serena Votano

Terapia di coppia per amanti, certo.

Due adulti sposati (non tra loro) si ritrovano uniti da una passione incontrollabile che “degenera” in amore, dopo 3 anni di relazione clandestina l’attrazione fisica viene soppiantata da una forte intesa, probabilmente anche a causa dei rispettivi matrimoni ormai giunti al loro termine.

Vivo nel rimpianto del tempo presente, nella nostalgia delle cose che potremmo condividere e che invece ci stiamo perdendo. Neanche quando stiamo insieme riesco ad essere felice. Ormai non è più la gioia di stringermi a lui la ragione per cui accetto di vederlo. Quello che chiedo ai nostri incontri è di lenire questo stato di angoscia anche solo per qualche ora, trovare un pò di distensione, di pace. Paradossalmente dimenticare. Ecco: lo vedo per dimenticarlo. Per non pensare più a quanto mi complichi la vita amarlo.”

Viviana è sexy ed elegante. Modesto è ironico e simpatico.

Nessuno dei due ha il coraggio di affrontare i rispettivi coniugi, di prendere quella decisione drastica che cambierà la loro vita, la troppa paura li porta a non sapere quale decisione prendere, ma sono giunti al limite: è necessaria una chiave di svolta. E così entra in gioco lo psicologo, dopo l’idea di Viviana: la terapia di coppia. Per amanti, certo. Anzi … la terapia di coppia può essere per tutti, mica per forza per marito e moglie.

Ovviamente la reazione di Modesto poco conta, d’altronde la decisione è già stata presa unilateralmente.

“-Ci tieni a me? T’interessa come mi sento? L’hai capito che sto male? Non ti sembra il caso di occuparti della mia sofferenza e anche della tua, visto che stiamo insieme?
L’ultimo passaggio, non so se avete notato – quello in cui parlava di occuparsi della sua sofferenza e anche della mia -, era un capolavoro d’intimidazione. La mafia dovrebbe imparare dalle persone innamorate.”

Un romanzo a due voci, quella di lui e quella di lei che si alternano capitolo dopo capitolo, poi l’inusuale terza voce dello psicologo il quale si ritroverà al centro di un conflitto sentimentale drammatico e ridicolo insieme.

Scrivendo d’amore e nello specifico di un amore fra amanti, si corre il rischio di cadere nella banalità, De Silva con intelligente ironia riesce a raccontarci un altro aspetto dell’amore: non deve essere analizzato o pianificato, non bisogna pretenderne l’eternità, bisogna viverlo e lasciare che si prenda il suo spazio.

Insomma, finalmente un libro che fa anche sorridere oltre che riflettere

Perché gli vuoi bene, ai tuoi fallimenti, e ti senti anche una brava persona, quando lo dici

Dal 26 ottobre al cinema, diretto da Alessio Maria Federici, con Ambra Angiolini e Pietro Sermonti.

Serena Votano