Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: Basile e Bisazza

In attesa del rientro a scuola dopo le vacanze di Pasqua, torna la nostra rubrica dedicata agli istituti superiori messinesi. Oggi parleremo dei personaggi a cui sono intitolate le due scuole del quartiere Annunziata: il Liceo Artistico “E. Basile” e l’Istituto Superiore Statale “F. Bisazza”.

Liceo Artistico “E. Basile”

Isituito nel 1956 come sezione staccata dell’ Istituto Statale d’Arte di Palermo, dopo essere stato ospitato per anni nei locali del Real Convitto “Dante Alighieri”, attualmente il liceo si trova nel quartiere Annunziata  in via U. Fiore e fa parte dell’ ’I.I.S. “La Farina – Basile”, in seguito all’accorpamento con lo storico liceo classico – di cui abbiamo parlato precedentemente in un nostro articolo -. Nel 1982 è intitolato ad Ernesto Basile, autorevole esponente del liberty siciliano.

Facciata del Liceo “E. Basile” – Fonte: messinaweb.Eu

Nato a Palermo il 31 gennaio 1857, studia presso l’università del capoluogo sotto la guida del padre, professore di Architettura.

Successivamente al conseguimento della laurea si dedica allo studio dei monumenti architettonici siciliani, in particolare, di epoca normanna e rinascimentale contribuendo con il padre alla stesura del volume “Curvatura delle linee dell’architettura antica “ ( Palermo 1884). Grazie a questo lavoro, Basile, si educa ad uno storicismo che se pur acriticamente accolto, sarà la caratteristica preponderante delle sue prime esperienze.

Nel 1890 ottiene la cattedra che era stata del padre e sette anni dopo viene nominato anche direttore della Reale accademia di belle arti di Palermo.

Nel 1981 gli viene commissionata la realizzazione degli edifici per L’esposizione nazionale di Palermo. I disegni ottengono immediatamente un grande successo grazie alla perfetta aderenza del suo linguaggio all’ambiente sociale e culturale siciliano.

Ernesto Basile – fonte: comune.palermo.it

Nel 1898 costruisce le ville Paternò ed Igea a Palermo, che segnano un’importante svolta artistica per il Basile: all’impostazione ancora arabo-normanna si unisce una rigorosa semplificazione formale e una libertà volumetrica del tutto innovativa. Il problema di Basile era quello di inserire il linguaggio liberty all’interno di una società, quella siciliana, che ne aveva ignorato premesse e sviluppi.

L’inserimento di elementi decorativi floreali, tipici del’ 400 siciliano, si spiega con il tentativo di trovare una giustificazione al nuovo linguaggio, fondandolo su una tradizione storica e fortemente legata al territorio. Tipico a tal riguardo il palazzo di Montecitorio  in Roma che sancisce definitivamente la scissione delle esperienza del Basile in architettura ” minore ” e ” maggiore”.

Le successive opere sono fortemente caratterizzate da questa contraddizione stilistica; tra le tante  ricordiamo il municipio di Reggio Calabria, ma anche la Cassa di Risparmio di Messina.

L’ultima opera del Basile è la chiesa di S. Rosalia in Palermo, iniziata nel 1928 e non ancora terminata nel 1932, anno della morte dell’eclettico architetto siciliano.

Istituto Superiore Statale “F. Bisazza”

L’altro istituto del quartiere Annunziata è uno dei più recenti della città di Messina ed incoropora vari licei: il Liceo Scientifico (con le vari sperimentazioni), il Liceo Linguistico, il Liceo dell Scienze Umane e – dal prossimo anno scolastico – il Liceo Musicale. La scuola è intitolata al poeta e letterato Felice Bisazza.

L’Istituto “F.Bisazza” – fonte: messinaora.it

Nato a Messina il 29 gennaio 1809, Felice Bisazza frequenta il Regio Collegio Carolino di Messina, riservato ai figli delle famiglie messinesi più nobili e, appena quindicenne inizia, da autodidatta, gli studi letterari.

Bisazza acquisisce la fama a livello nazionale attraverso la collaborazione – sia prosa che in versi – con numerosi giornali, prima cittadini e poi regionali.

Nel 1831 pubblica la sua prima raccolta di saggi e di liriche originali, i Saggi poetici; nel 1833 redige Il Discorso sul Romanticismo, molto importante dal punto di vista storico, più che stilistico, poiché provoca fermento nell’ambiente culturale dell’Isola, che non ha accolto favorevolmente il romanticismo. Infatti, Bisazza è uno dei pochi – e impavidi – romantici siciliani e spesso deve difendersi dagli attacchi di altri letterati.

Nel 1835 si reca a Napoli per collaborare con importanti testate della città partenopea, ma, dopo quasi un anno, lascia la città per delle allusioni sul dispotismo borbonico e sulla situazione della patria.

L’anno successivo decide, dedicando l’edizione napoletana della Morte di Abele (1836) a Re Ferdinando II, di ritrarsi da qualsiasi manifestazione di liberalismo, per potersi dedicare completamente – e senza ostacoli – all’insegnamento e agli studi; così, dopo il biennio rivoluzionario siciliano del 1848, ottiene la cattedra di lingua e letteratura italiana presso l’Università di Messina.

Nel 1858, presso l’Ateneo Peloritano pronuncia un discorso Della letteratura poetica, sotto il doppio aspetto della rappresentazione e della purificazione, da cui si evince il suo moderato romanticismo religioso e moralistico.

Dopo la costituzione del Regno d’Italia, Bisazza omaggia le vicende dell’unificazione – auspicata sin dalla giovinezza – e suoi protagonisti. Nel 1865 partecipa alle celebrazioni dedicate al sommo poeta Dante.

Felice Bisazza muore a Messina il 30 agosto 1867. Nel 1872 il municipio di Messina colloca le sue ossa nel cimitero monumentale, accanto alle tombe degli amici La Farina e Natoli.

Felice Bisazza e il timbro postale a lui dedicato – Fonte: sikilynews.it

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia del personaggio a cui è intitolato un importante istituto situato a Provinciale: il Liceo “E. Ainis“.

 

Emanuele Paleologo, Mario Antonio Spiritosanto

Fonti:

treccani.it/enciclopedia/felice-bisazza

treccani.it/enciclopedia/ernesto-basile

iislafarinabasile.edu.it/basile

liceobisazza.edu.it

Femminismo sui social o nella letteratura: la risposta a Jane Austen

Come ogni 8 Marzo che si rispetti, le città e i social si riempiono di mimose.

L’8 Marzo è quella “festa” in cui tutte (e tutti) diventano femministe e si urla a gran voce «viva le donne!», «auguri a tutte noi!» o – per meglio dire – spesso si condivide soltanto una storia o un post ad hoc. Questo può essere definito femminismo? Può realmente creare un movimento per quei diritti che ancora mancano? Ciò che vediamo sui social è femminismo o mero esibizionismo?

Ma un’altra domanda sorge spontanea: è giusto chiamarla “festa”? No. L’8 marzo non è propriamente una festa, ma una ricorrenza per ricordare i diritti per cui le donne hanno combattuto e le lotte che hanno affrontato.

Ultimamente nel web e sui social si è sviluppato un “finto” femminismo che va a schiacciare l’uomo e la donna stessa. Ma che vuol dire essere davvero femministe?  E chi lo è stato in passato? Sono tanti e troppi i nomi, ma una delle femministe più influenti e conosciute è Jane Austen.

Jane Austen: ritratto di una femminista

Non so cosa significhi amare la gente a metà, non è nella mia natura. I miei affetti sono sempre eccessivi.

   Ritratto di Jane Austen. Fonte: Marieclaire

Essere femministe tra ‘700 e ‘800 non era semplice:  essere donna a quei tempi voleva dire essere ” una donna di casa”,  “una donna nata per essere moglie e madre”, ” una donna che deve lavare e cucire”, e tante altre definizioni stereotipate. Essere donna significava essere ciò che vuole e pretende la società.

Cosa rende una  “donna” tale? Non credo che ci sia un’unica risposta, ma molteplici, perché si è ciò che è solo quando si è liberi di sentirsi bene con sé stessi: solo allora si può diventare “qualcuno”.

Ma – tornando a noi – stavamo parlando di Jane Austen, scrittrice femminista vissuta a cavallo tra ‘700 e ‘800. Jane Austen con il suo lavoro è riuscita a rompere la patina delle etichette, trasformando l’impensabile in normalità. Le eroine dei suoi romanzi sono semplici ragazze che vogliono affermare la propria identità in un mondo costruito su misura per il genere maschile, un mondo in cui essere donna equivale a trovare marito, una società in cui solo diventando moglie si diventava “Donna”.

La Austen con la sua impronta è riuscita togliere il velo del finto perbenismo e ne ha tessuto un altro, allungato poi da altre donne con battaglie e piccoli segni di protesta. È riuscita a costruirsi la propria strada senza affiancarsi a un uomo: rifiutò infatti il matrimonio per dedicarsi totalmente alla scrittura. Il suo essere nubile è un segno di protesta che sembra urlare: “non ho bisogno di un uomo che mi mantenga, il mio essere e il mio modo di fare  costruiscono ciò che sono, la mia identità”.

Curioso sapere che la Austen non firmò mai col suo nome i propri libri, ma utilizzo l’appellativo “The Lady”: come mai? Non si conosce la verità: forse la scrittrice non voleva dare troppo nell’occhio o forse voleva semplicemente urlare la propria protesta senza troppi meriti ed elogi.

Orgoglio e pregiudizio (1813)

 L’immaginazione di una donna corre sempre: dall’ammirazione passa all’amore, dall’amore al matrimonio, tutto in un istante.

Copertina del libro. Fonte: libraccio.it              

Orgoglio e pregiudizio è uno dei libri più famosi della scrittrice. I protagonisti sono Elizabeth (pregiudizio) e lo scapolo Mister Darcy (orgoglio), due giovani ragazzi dotati di originalità, giacché ragionano con la propria testa, rinnegando il pensiero tradizionale e seguendo la loro propria identità in un mondo in cui non sei tu a decidere chi devi essere.

Elizabeth fa parte della famiglia Bennet ed è la seconda di cinque figlie, si è sempre sentita fuori luogo perché a differenza delle altre sorelle e della madre la frivolezza non fa parte di lei. Il padre, Mr Bennet, nutre una preferenza verso la nostra eroina, proprio per il suo essere “la pecora nera” della famiglia.

Nei pressi di casa loro, si trasferisce un giovane scapolo, Mr Bingley, accompagnato da Mr Darcy, e la madre di Elizabeth, col suo animo di donna frivola, vede un opportunità per le sue figlie: un marito per “sistemarle”.

La famiglia Bennet farà conoscenza dei nuovi vicini e durante un ballo Elizabeth noterà Mr Darcy, ma quest’ultimo mostrerà indifferenza scatenando sentimenti di antipatia in Elizabeth. Da quel ballo, la vita della protagonista cambierà: scoprirà di nutrire un interesse verso Mr Darcy e nascerà una delle storie d’amore più belle della letteratura mondiale.

Mai aveva sentito così chiaramente di poterlo amare, come ora che tutto l’amore era vano.

Ma cosa ha reso così importante Orgoglio e pregiudizio nel panorama femminista? L’opera è riuscita a scavare nell’animo di un’eroina anticonformista ma non esibizionista, forte e indipendente, che ha saputo imporre sé stessa e il suo modello di vita semplicemente con la razionalità delle proprie scelte, senza per questo rinunciare all’amore. A testimonianza di come il femminismo “reale”- quello di Jane Austen e di tante altre sue colleghe scrittrici – continuerà a gridare dai loro libri fino a quando ogni singola donna non sarà considerata veramente uguale all’uomo.

Alessia Orsa

L’OSPE, il precursore delle moderne coworking?

Come avrete intuito dal titolo, questo articolo non si vuole limitare a raccontare una parentesi della storia messinese. Ci sono infatti delle pillole di conoscenza che andrebbero rinfrescate per fornire spunti di riflessione, guardando al presente ed al futuro della città dello Stretto.

La nascita dell’OSPE

Una di queste pillole riguarda la storia dell’OSPE, una piccola libreria del centro messinese esistita tra gli anni ’50 e gli anni ’80. Quel luogo, nella sua semplicità, è stato testimone del passaggio di numerosi artisti e scrittori, attratti da un ignoto centro gravitazionale che rendeva quelle quattro mura un luogo sicuro in cui dare libero sfogo alla creatività.

La libreria, sita in origine in via Tommaso Cannizzaro n.100, prendeva il nome dall’acronimo O.S.P.E., Organizzazione Siciliana Propaganda Editoriale (un’agenzia di distribuzione di giornali operante nel ventennio fascista). L’agenzia fu rilevata e trasformata da Antonio Saitta, gentiluomo d’altri tempi, libraio e poeta messinese. Intorno a lui sono nati numerosi movimenti ed iniziative culturali, come la galleria del Fondaco e l’Accademia della Scocca.

L’OSPE, liberatosi dell’acronimo, pochi anni dopo trovò la sua collocazione definitiva a Piazza Cairoli, in posizione attigua all’attuale Bar Santoro.

Gli accademici della Scocca. Fonte: Villaroel G., Messina anni 50′

La galleria del Fondaco

Il Fondaco è stato un punto di ritrovo in cui pittori emergenti e di ogni età potevano mostrare i propri quadri, i quali venivano tenuti esposti nel retrobottega dell’OSPE, frequentato dai curiosi che volessero immergervisi, ma anche dagli affezionati amici del libraio Saitta. Tra questi, in particolare il Professor Salvatore Pugliatti era stimato con affetto dai molti artisti e poeti di passaggio a Messina, che non mancavano di fare tappa all’OSPE.

Lo ricorda lo stesso Salvatore Quasimodo nella sua lirica Vento a Tindari : “Tindari mite ti so / fra larghi colli pensile sull’acque […]/ E la brigata che lieve m’accompagna / s’allontana nell’aria […]/ Soave amico (ecco Pugliatti, n.d.r.) mi desta“.

Nell’attività del Fondaco si annoverano anche numerosi premi, come la Tavolozza d’Oro, riconosciuto ad artisti siciliani che non avessero esposto in altre mostre nazionali.

Salvatore Quasimodo fotografato dentro l’OSPE. Fonte: D’Arrigo C., Antonio Saitta, OSPE: la scocca della cultura.

L’Accademia della Scocca

La libreria dell’OSPE non fu solo un luogo d’incontro tra intellettuali ed artisti, bensì un’occasione per stringere nuovi legami, vere e proprie amicizie per la vita. È così che tra una poesia ed un quadro, tra uno scaffale impolverato e la contabilità del negozio, nacque nel piano interrato dell’OSPE, un vero e proprio convivium, in cui gli assidui frequentatori della libreria si recavano per banchettare, ma anche per organizzare le iniziative future, viaggi di gruppo, in un’atmosfera di totale leggerezza e fraternità.

È in quest’ambiente che nacque una vera e propria “accademia”. Una scocca di amici, come si sarebbero definiti di lì a poco, tanto bastava a far rivivere lo spirito goliardico che animava quegli anni. Ai membri dell’accademia (tra i quali comparivano Vann’Antò, Pugliatti, Quasimodo, Saitta e molti altri) venivano conferite delle onorificenze ad personam con i quali i commensali si appellavano con scherno (come Gran Collare dell’Ordine dei Fichi d’India, Cavaliere dell’Abbacchio, Cigno della Scocca, Cocca della Scocca e così via).

La fine dell’OSPE (?)

Come il Sole d’estate, di cui si desidera rimandare il tramonto, così la felice esperienza dell’OSPE dovette pian piano volgere al termine. La scomparsa di alcuni compagni della Scocca, in particolare del Prof. Pugliatti, determinò il venir meno di quella magica atmosfera che si veniva a creare nel retrobottega della libreria. Il poeta libraio Antonino Saitta, ormai anziano, era riuscito a costruire un ambiente culturale e di confronto che difficilmente sarebbe sopravvissuto senza qualcuno che ne rifondesse la linfa vitale.

Eppure, da quella piccola bottega di Piazza Cairoli, sommersa dai corsi di gestione, l’essenza dell’OSPE ha lasciato i confini materiali della libreria per trascendere in qualcosa di più ampio, nel pieno spirito del suo fondatore. Se infatti la libreria non esiste più (i locali sono stati acquistati dal vicino bar), a permanere è una forte voglia di rivalsa e di rilancio. In un mondo che oggi va ad una velocità ben diversa da quegli anni, la cultura non è più qualcosa di elitario, ma è libera di spostarsi dai confini del passato grazie alle moderne tecnologie ed ai nuovi lavori, sempre più trasversali e creativi.

Una moderna coworking in cui i content creator si trovano per lavorare, studiare o prendere una piccola pausa.- Fonte: www.sharedspace.work

La voglia di mettersi in gioco, incontrandosi e creando nuovi legami, sono tutti aspetti che erano incarnati dalle sagge menti che vollero creare – dopo il buio del secondo dopoguerra – un mondo migliore di quello che si lasciavano alle spalle. Questo spirito si spiega bene con la parola inglese serendipity, che indica “l’occasione di fare felici scoperte per puro caso” e anche “il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra”.

Forse la vecchia libreria dell’OSPE oggi non esiste più, se non nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di viverla ormai tanti anni fa. Tuttavia, quel luogo di fortunato incontro continua a rivivere tutte le volte in cui persone così diverse avranno modo d’incontrarsi, dialogare, in qualche modo unendosi in una sinfonia di scienze e di arti, dettata dalla seducente imprevedibilità del caso.

 

Salvatore Nucera

Fonti:

D’Arrigo C., Antonio Saitta. OSPE: la scocca della cultura, 2016, Messina. 

Grasso S., La libreria inghiottita dal bar, in Corriere della Sera, 21.12.1988

 

Festival Internazionale del Libro Taobuk: stage, campus e tirocini per studenti Unime

Sono state presentate in diretta Facebook, sulla pagina ufficiale dell’Ateneo peloritano, le iniziative della X edizione del Festival Internazionale del libro Taobuk per gli studenti Unime.

All’incontro, dopo i saluti del Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea e del Prorettore ai Servizi agli studenti, prof.ssa Roberta Salomone, è intervenuto anche il Direttore esecutivo Taobuk, dott. Alfio Bonaccorso. Nel corso della diretta, introdotta e moderata dal prof. Francesco Pira, Delegato alla Comunicazione, sono state illustrate le attività del campus e degli stage nelle quali saranno coinvolti gli studenti che decideranno di partecipare. Le collaborazioni col Festival  ogni anno si rivelano un efficace laboratorio per ragazzi con diversi background universitari ma con la medesima voglia di cimentarsi con un grande evento culturale internazionale.

Partecipare al festival come volontario significa:

  • Collaborare con la direzione artistica in un’attività di Stage;
  • Dare il proprio contributo alle attività del Campus;
  • Partecipare agli incontri di Taobuk Lab;

Stage

Gli studenti Unime avranno l’opportunità di effettuare stage formativi nell’ambito del Festival letterario internazionale di Taormina. Tali Stage prevedono un rapporto di collaborazione con la Direzione artistica, che provvederà ad assegnare ad ognuno dei selezionati un ruolo in base alle mansioni richieste e nel rispetto delle inclinazioni e delle preferenze di ciascuno. I ruoli proposti sono:

  • Segreteria Organizzativa (ad. es., Ufficio del Cerimoniale, affiancamento alla Direzione artistica);
  • Responsabili di progetto (ad. es., Taormina Design Promenade, Taormina Cult, Mostre antologiche personali);
  • Supporto alle attività dell’Ufficio Stampa;
  • Social Media Menagement;
Fonte: taobuk.it

Campus

L’Associazione attiverà un Campus, considerato l’officina culturale e creativa del Festival, un’occasione di confronto e crescita condivisa.
Le attività del campus sono svariate, partecipare è il modo per poter entrare nel vivo dell’organizzazione dell’evento. I ruoli da ricoprire sono:

  • Taobuk infopoint;
  • Taobuk assistenza eventi;
  • Taobuk squadre mobili;
  • Taobuk supporto logistica ed allestimenti;
  • Taobuk Family: attività per bambini;
  • Accompagnamento autori;
  • Photobuk: fotografi del festival;
  • Taobuk operatori video;
  • Taobuk free-lance;

Taobuk infopoint

Lungo i percorsi del Festival saranno disposti più punti-info, abilitati a dare informazioni sul calendario e sugli eventi connessi a Taobuk.
I punti informativi saranno gestiti da volontari dotati di una grande predisposizione ai contatti umani, un carattere dinamico e versatile, una dedizione al proprio lavoro sin dall’acquisizione delle informazioni di base apprese dal regolamento e dal calendario del Festival e una capacità pratica nel gestire il punto-info affidato.
In genere l’impegno comincia con incontri formativi, una settimana prima dell’inizio del festival, utili per fare pratica, in vista della settimana di impegno durante la manifestazione, in cui le mansioni di ciascuno dovranno essere ben chiare.
È fondamentale essere affidabili nel rispetto dei turni assegnati e predisposti al contatto col pubblico e alle potenziali situazioni da fronteggiare.
Chi si dedica alle informazioni telefoniche, deve essere altrettanto cordiale e disponibile nel contatto telefonico.

Taobuk assistenza eventi

Scegliere di svolgere il servizio eventi a Taobuk significa lavorare a servizio ed in sintonia con gli altri. I volontari, infatti, lavorano in squadra, perché a Taobuk il lavoro di squadra è il primo ingrediente per l’ottima riuscita di ogni incontro ed appuntamento.
Ogni squadra diviene responsabile di un luogo del Festival. Il volontario lavora insieme alle squadre volanti, alla logistica, alla segreteria, ma soprattutto con gli autori e con il pubblico.
Dovrete occuparvi dell’ingresso e dell’uscita delle persone, dell’assistenza al pubblico ed agli autori, anche in caso di emergenze, come pioggia e variazioni di luoghi ed orari, dell’organizzazione della fase degli autografi, della gestione dei microfoni per gli interventi.

Taobuk Squadre Mobili

I volontari delle squadre mobili non sono vincolati a un luogo o a uno specifico servizio ma devono essere reperibili e a completa disposizione degli organizzatori per varie mansioni, come spostare scatole portare sui vari luoghi cose utili al festival aiuto nell’allestimento e nella gestione degli eventi distribuzione programmi e locandine festival prima e durante il Festival.

Taobuk supporto logistica ed allestimenti

Il gruppo di supporto alla logistica e agli allestimenti assiste le squadre di lavoro nell’allestimento dei luoghi di Taobuk, con i materiali necessari allo svolgimento dell’evento (sedie, palchi, striscioni, e banner).
Si inizia circa una settimana prima dell’inaugurazione del Festival e si finisce qualche giorno dopo la fine del festival.

fonte: taobuk.it

Taobuk Family : attività per bambini

Il vostro compito principale sarà di intrattenere i più piccoli, guidati da un animatore esperto, nelle varie attività proposte: dipingere, colorare, tagliare, incollare, suonare.
I bambini dovranno essere guidati nelle varie attività promosse dall’artista ma anche accompagnati al bagno e seguiti in tutte le loro necessità. Finito il laboratorio, al volontario è richiesto di prestare il suo aiuto nel riordinare e ripulire gli ambienti.

Accompagnamento autori

Il servizio di accompagnamento consiste in quattro funzioni principali:

  • accompagnamento degli autisti che conducono gli autori stranieri da e per l’aeroporto di Catania, intrattenendoli durante il viaggio e rispondendo alle loro domande sul festival;
  • accompagnamento dell’autore dall’hotel al luogo dell’evento;
  • assistenza in caso di semplici problemi di comunicazione;
  • accoglienza e benvenuto all’autore nel momento in cui arriva in hotel.

Photobuk: fotografi del festival

All’aspirante volontario fotografo di Taobuk serve una buona macchina fotografica digitale, il relativo cavalletto, una conoscenza di base dei programmi informatici per la scelta e archiviazione delle proprie foto in cartelle, una disponibilità di tempo durante i giorni del festival. Non si accettano persone che non offrano la propria disponibilità per almeno due giorni interi (mattino, pomeriggio, sera). Il volontario fotografo deve avere dimestichezza con l’uso di Instagram, Facebook e Twitter. Gli aspiranti fotografi, oltre alla compilazione del form presente in questa pagina, devono inviare al seguente indirizzo comunicazione@taobuk.it una scheda tecnica relativa alla macchina fotografica e una breve autopresentazione, specificando eventuali precedenti esperienze.

Taobuk operatori video

I video-reporter Taobuk necessitano di una telecamera digitale propria e di un cavalletto. La loro funzione è di essere degli inviati sugli eventi ma non solo; pronti a cogliere ogni dettaglio delle giornate del Festival, vanno alla ricerca di particolari curiosi, inquadrature strane, situazioni particolari, per catturare l’atmosfera frizzante di Taobuk.
È richiesta la partecipazione a tutto il periodo del Festival. Gli aspiranti videoreporter, oltre alla compilazione del form presente in questa pagina, devono inviare al seguente indirizzo comunicazione@taobuk.it una scheda tecnica relativa alla telecamera digitale e una breve autopresentazione, specificando eventuali precedenti esperienze.

Taobuk free-lance

Il volontario free-lance, detto anche inviato, affianca la redazione testi e ha come mansione principale quella di seguire dal vivo gli eventi che gli vengono assegnati per poi scriverne nel minor tempo possibile una sintetica cronaca che verrà pubblicata in tempo reale sul sito internet e sui canali social del Festival. Nel caso si abbiano particolari conoscenze su un determinato scrittore o romanzo sarà possibile stendere un approfondimento.

fonte: Facebook TAOBUK Taormina book festival

Taobuk Lab

Un’ulteriore possibilità per vivere il Festival come uno straordinario laboratorio culturale a cielo aperto è riservata agli studenti delle Università di Messina e Catania e agli studenti delle scuole superiori, grazie a Taobuk Lab, che nasce da una collaborazione con le Università, gli Istituti di Scuola Superiore e le diverse associazioni culturali operanti sul territorio. I protagonisti saranno gli studenti che avranno l’opportunità di confrontarsi non solo con grandi autori del panorama internazionale, giovani autori e grandi personalità della cultura e delle arti in genere, ma anche di poter beneficiare di incontri informali e workshop che avranno luogo nel corso delle giornate di Taobuk in alcuni tra i luoghi più suggestivi di Taormina. La partecipazione ad almeno il 60% degli incontri Taobuk Lab in programma, darà diritto a CFU validi come “Altre attività formative” o Crediti Scolastici validi per la maturità.
Per richiedere informazioni relative all’accredito Taobuk Lab bisogna contattare la direzione organizzativa tramite email all’indirizzo: taobuklab@gmail.com oppure tramite la pagina Facebook ufficiale : www.facebook.com/taobuklab.

Per poter accedere alle selezioni i volontari dovranno registrarsi attraverso un form disponibile online sul sito del Festival entro e non oltre il 25 settembre. Nei giorni a seguire, colloqui one-to-one tenuti dall’organizzazione di Taobuk completeranno la selezione in base alle figure richieste, valorizzando le inclinazioni di ciascuno.

Da quest’anno, inoltre, il Festival provvederà alla copertura delle spese di ospitalità per gli studenti universitari che seguiranno gli eventi Taobuk.

Fonte: taobuk.it

Ogni anno Taobuk sceglie un tema, attorno al quale prende forma il calendario di incontri, con il concorso di autorevoli scrittori, pensatori ed artisti, in un serrato fluire di idee, novità. Quest’anno, decima edizione del Festival, Taobuk svolge un ragionamento intorno al tema dell’entusiasmo: risorsa imprescindibile dell’uomo.

Al centro della kermesse la letteratura, attraverso il punto di vista di scrittori internazionali. Il cartellone di Taobuk, tuttavia, si impreziosisce anche di mostre, spettacoli teatrali, pièce di danza e retrospettive cinematografiche, in suggestive location.

Taobuk promuove inoltre al suo interno assieme al Think Tank VISION una sezione tematica di due giorni, che si svolgerà a Taormina e a Messina il 2 e 3 ottobre, dal titolo “L’Europa in un mondo post-pandemico”: trenta tra intellettuali, politici, giornalisti e storici portatori di una propria visione si ritroveranno a discutere le strategie per costruire una ‘nuova’ Unione. Gli interventi si avvarranno del coordinamento scientifico di Francesco Grillo, economista, fondatore e direttore del think-tank Vision, di Bill Emmott, saggista ed ex direttore del quotidiano inglese “The Economist”, e di Stefania Giannini, vicedirettrice UNESCO Italia.

Durante tutta la durata del festival (dal 1 al 5 ottobre) sarà possibile visitare due mostre di artisti contemporanei: Giuseppe Patané e Basso Carnassa. Revelations, mostra dell’artista catanese Giuseppe Patané, nata come evoluzione di un percorso di riflessione iniziato durante il periodo del lockdown: una serie di opere che sono un vero e proprio inno al Creato, alla natura, agli animali, a un universo ancestrale e primitivo raccontato con il solo utilizzo delle mani. All’arte pittorica e ‘materica’ farà da complemento la fotografia con Ritratti Eloquenti, 40 fotografie della vasta collezione di Basso Cannarsa, “il fotografo degli scrittori”. Da Primo Levi a Margaret Atwood, da Federico Fellini ad Arundhati Roy, da José Saramago a Natalia Ginzburg. Un allestimento, in collaborazione con Dedica Festival, che dà libero accesso al visitatore alla dimensione più intima dei soggetti ritratti, posti in dialogo con citazioni tratte dalle proprie opere o interviste.

Nella serata di gala del 3 ottobre, presso la cornice unica del Teatro Antico di Taormina, saranno consegnati i Taobuk Awards. I personaggi premiati saranno: la scrittrice Svetlana Aleksievic, vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 2015; lo scrittore Mario Vargas Llosa, Premio Nobel per la Letteratura nel 2010; lo scrittore Giorgio Montefoschi, Premio Strega nel 1994; e ancora al regista, produttore e sceneggiatore Pupi Avati, vincitore di tre David di Donatello e di un Nastro d’Argento; al cantautore, musicista e produttore Brunori Sas vincitore, tra gli altri, del Premio Tenco e di un Nastro d’Argento per la miglior colonna sonora; e al violoncellista Mario Brunello, eccellenza della musica italiana esibitosi nelle maggiori sale da concerto del mondo, diretto da nomi quali Claudio Abbado, Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti e Zubin Mehta.

Parteciperanno al gala anche Davide Dato, Primo Ballerino dell’Opera di Vienna, e la compagnia Les Italiens de l’Opera, rappresentata dai ballerini Alessio Carbone, fondatore della compagnia nonché Étoile dell’Opéra di Parigi, Andrea Sarri e Letizia Galloni.

Per maggiori info visitate il profilo Facebook TAOBUK Taormina book festival  o il sito  taobuk.it

Cristina Geraci

5 grandi viaggi letterari: l’estate a portata di libro

In un mondo diventato così piccolo da sembrare uno di quei souvenir a sfera che giriamo e rigiriamo nel palmo della mano, è sicuramente molto più facile andare in vacanza, anche virtualmente vista l’attuale situazione a livello mondiale. I mezzi di comunicazione hanno da tempo accorciato le distanze, voli low-cost ci permettono di spostarci anche all’estero a basso prezzo e – nell’ipotesi meno fortunata – app come Google Maps ci proiettano negli angoli più nascosti di qualsiasi città del mondo. Come se non bastasse, i social network ci bombardano costantemente di immagini di realtà esotiche: i templi buddisti della Thailandia, i colori del mar dei Caraibi o le insegne luminose di Times Square non sono un mistero nemmeno per chi non li ha mai visti dal vivo.

Fonte:hotmag.me

Ma come viaggiava l’uomo del passato? Quando non esistevano così tante immagini a portata di mano, l’uomo si affidava al potere dell’immaginazione e le pagine di un buon libro diventavano un comodo ticket to ride verso posti remoti nello spazio e nel tempo. Ora che la sessione estiva volge al termine, salutate per qualche settimana i libri universitari, ma non rinunciate alla letteratura tout court.

Noi di UniVersoMe vi consigliamo 5 libri ideali per queste vacanze estive capaci di farvi conoscere altre realtà.

1) L’amante di Margherite Duras

L’Indocina di una giovane scrittrice

È un’esperienza autobiografica ad alimentare la trama di questo romanzo di Margherite Duras. Pubblicato nel 1984, dallo stile semplice e scorrevole, L’amante rievoca la relazione tra l’autrice francese ancora quindicenne e un cinese ventisettenne di buona famiglia, fonte di scandalo non solo per la differenza d’età, ma anche di classe e di etnia tra i due.

Fonte: Ibs.com

Scritto ora in prima ora in terza persona, il romanzo ci coinvolge quasi come fosse un diario e si trasforma in uno spaccato dell’Indocina francese degli anni ’30: la sua società multietnica ma ancora arretrata, le estati afose e umide sul fiume Mekong, le lampade dalle luci rossastre. Duras dipinge una precisa atmosfera, ma non si dimentica dell’introspezione: il rapporto conflittuale con una madre autoritaria, l’amore viscerale per i suoi fratelli e le prime esperienze sessuali sono confessati con estrema schiettezza.

2) La casa degli spiriti di Isabel Allende

Alla scoperta del Cile

Il romanzo di esordio di Isabel Allende è un misto tra realtà storica e leggenda, fantasia e autobiografia. La casa degli spiriti è la storia di una famiglia dell’America latina che parte dal capostipite, Esteban Trueba self-made man, che dal lavoro in miniera riesce a costruire un vero e proprio latifondo finendo alla nipote Alba, giovane romantica che si ribellerà alla dittatura cilena.

Fonte: feltrinelli.it

I riferimenti alla storia del Cile e soprattutto al regime del generale Pinochet sono evidenti, perciò il romanzo non è solo un viaggio avvincente nell’America Latina, ma anche nella sua storia più recente senza dover riaprire i libri di scuola! Da questo grande classico della letteratura latino-americana è stato tratto l’omonimo film con protagonisti Jeremy Irons, Meryl Streep e Winona Ryder. Un cast stellare, ma una resa troppo piatta del racconto dell’Allende.

3) Le avventure di Gordon Pym di Edgar Allan Poe

Viaggio estremo verso l’Antartide

Fonte: abebooks.it

Il titolo può trarci facilmente in inganno e farci pensare a uno di quei romanzi d’avventura di lupi di mare tipici della letteratura tra Sette e Ottocento. Già l’autore può darci un indizio. Edgar Allan Poe è infatti il maestro del terrore e sebbene la storia di Arthur Gordon Pym che si imbarca clandestino sulla baleniera Grampus non rientri apparentemente nel genere horror, a mano a mano la vicenda prosegue su un crescendo di tensione psicologica e di particolari macabri e assurdi che scioccano il lettore. Un libro per chi non si spaventa dei viaggi estremi della fantasia

4) Sulla strada di Jack Kerouac

Vagabondando attraverso gli States

Siamo davanti a un grande classico della letteratura on the road, il romanzo che ha ispirato e continua a ispirare generazioni di giovani alternativi che, zaino sulle spalle, si mettono per strada senza avere una meta ben precisa, ma alla ricerca di una vita più libera.

Fonte: 900letterario.it

Ispirato ai viaggi dell’autore attraverso gli States , Sulla strada non ha una trama lineare, ma è una raccolta a tratti caotica di episodi vissuti lungo le strade americane. Ciò può disorientare facilmente il lettore che trova però un appiglio nella simpatia dei personaggi modellati su altrettanti “vagabondi” reali della vita di Kerouac, scrittori beat e non.

Come dimenticarsi di Dean Moriarty? Un esuberante che cerca di dimostrare l’esistenza di Dio mentre guida, uno di

 “quei pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano”.

Non so quanti giorni si impieghino a leggere On the Road, sicuramente molti di meno rispetto a quelli che ci vogliono a guidare realmente dalla east alla west coast. Ma comunque, che sia un mese o una settimana, una volta chiuso il libro, vi mancherà stare accanto a Dean dal lato del passeggero e vi dispiacerà un po’ non averlo come amico.

5) Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino

Un labirinto di storie

Se Sulla strada è quasi un rally spericolato lungo le praterie americane, una corsa mozzafiato da farvi aggrappare con gli artigli ai sedili, il romanzo di Calvino è invece un volo pieno di turbolenze, un libro dalla trama difficilmente definibile. Non esiste un’unica storia dentro Se una notte d’inverno un viaggiatore: si parte dal racconto che dà il titolo al libro, che si interrompe nel punto di massima tensione, proprio quando il lettore è sempre più curioso di scoprire come va a finire.

Fonte. amazon.it

Da qui si dipanano una serie di altri racconti dai generi e dalle ambientazioni più disparate, tutte però incompiute; un labirinto di storie che incastrano il lettore, il quale si ritrova catturato, ansioso com’è, di arrivare al “nocciolo”. In tutto questo non è solo, ma continuamente accompagnato dall’autore che lo chiama in causa già dalla prima pagina:

Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo “Se una notte d’inverno” un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto…

 

Cogliamo perciò l’invito di Calvino ad evadere anche solo per un po’ dalla realtà circostante, a farci condurre sulle vie delle parole in mondi che la nostra immaginazione può sempre creare e ricreare da capo… anche riaprendo lo stesso libro!

Angelica Rocca

Addio a Luis Sepúlveda, lo scrittore che ci insegnò a volare

Ha perso l’ultima delle sue innumerevoli battaglie l’instancabile scrittore Luis Sepúlveda, stroncato oggi all’età di 70 anni dal Covid-19 nell’ospedale di Oviedo in cui era ricoverato ormai dal 25 febbraio.

Chi era Sepúlveda?

  “Vola solo chi osa farlo”

Luis Sepúlveda. Fonte: Open

Non solo grande romanziere, ma anche giornalista, sceneggiatore e regista teatrale, nonché attivista, Sepúlveda nasce ad Ovalle in Cile nel 1949 e la sua infanzia è già segnata da due grandi passioni che lo accompagneranno per il resto della vita: la letteratura e la politica. Cresce infatti col nonno e lo zio, che non solo erano anarchici ma avvicinarono anche il piccolo Luis alle opere di grandi della letteratura come Cervantes, Salgari, Conrad e Melville. Già a quindici anni lo scrittore manifesta le sue passioni: entra a far parte della Gioventù Comunista e compone poesie e racconti per il giornale scolastico.

Nonostante il grande amore per il proprio Paese manifestato anche attivamente a fianco di Salvador Allende, Sepúlveda sarà presto costretto a lasciare il Cile, in quanto dissidente politico, durante la dittatura di Pinochet.

La critica al regime era infatti un tema fondamentale dei suoi spettacoli teatrali. Ciò non gli impedirà di continuare a combattere per moltissime cause anche al di fuori dalla sua patria: basti pensare all’impegno nella rivoluzione del ‘78 in Nicaragua e ultimo – e non meno
importante – quello a bordo di una nave di Greenpeace nel corso degli anni ’80. Non a caso la causa ecologista ispirerà l’opera per cui è più caro ai suoi lettori: “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.”

Dentro due storie dello scrittore

Diario di un killer sentimentale                                                                                                                                  

“Il volto umano non mente mai: è l’unica cartina che segna tutti i territori in cui abbiamo vissuto.”

Diario di un killer sentimentale: copertina. Fonte: kobo.com

Un volto, quello del protagonista di questo breve ma intenso romanzo di Sepúlveda, che non si svela mai fino in fondo se non in originali dialoghi a tu per tu con l’uomo dello specchio. Un volto che non si confessa nemmeno in un’opera composta appunto come un diario, un dramma schietto scandito in sette giorni, quanti sono quelli della settimana.

Sepúlveda scrive quest’opera con irriverenza e maestria, ma non lascia mai rivelare al protagonista il suo nome pur lasciandoci nel titolo un indizio: egli è un killer, uno spietato esecutore di morte, un “assassino free-lance”, assoldato all’occasione per eliminare personaggi che nemmeno conosce. Il codice di un tale professionista ha determinate regole: non lasciare mai tracce e vivere in totale solitudine.

Quale peggiore errore, allora, se non innamorarsi?
L’incontro con una “gran figa francese” e la successiva rottura daranno il via a un’escalation di crolli psicologici e fatali errori, proprio mentre il nostro protagonista deve portare a termine il suo più difficile “incarico”: uccidere un noto filantropo. E in questo gioco di dadi alla cieca, il destino tirerà il suo colpo finale. Chi è veramente l’uomo da eliminare?

Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

“Devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice,
e allora i tuoi sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli,
perché sarà l’affetto tra esseri completamente diversi.”

 

Scena tratta dal film d’animazione “La gabbianella e il gatto”.                                          Fonte: gingergeneration.it

Un altro libro molto famoso del nostro scrittore racconta la storia di un gatto e una gabbianella.

Chi non ha letto il libro o visto il film?

Chi non si è emozionato quando la gabbianella ha spiccato il volo verso il cielo?

Il romanzo è stato pubblicato nel 1996 ed è ambientato ad Amburgo, città della Germania situata sulle sponde del fiume Elba. Dal libro è stato tratto appunto un film d’animazione intitolato “La gabbianella e il gatto” diretto da Enzo D’Alò. Lo stesso Luis Sepùlveda partecipò al doppiaggio, interpretando il poeta. La storia racconta di un gatto di nome Zorba che un giorno nel giardino della sua casa incontra una gabbiana di nome Kengah, sfuggita da una macchia di petrolio che aveva avvelenato il mare; ma con sé lo sfortunato volatile porta al nostro Zorba una sorpresa: un uovo pronto a schiudersi, del quale la futura mamma non potrà occuparsi e fa promettere a Zorba di prendersene cura.

“Prometti che non mangerai l’uovo» stridette aprendo gli occhi. «Prometto che non mi mangerò
l’uovo» ripetè Zorba. «Promettimi che ne avrai cura finché non sarà nato il piccolo» stridette
sollevando il capo. «Prometto che avrò cura dell’uovo finché non sarà nato il piccolo». «E prometti
che gli insegnerai a volare» stridette guardando fisso negli occhi il gatto. Allora Zorba si rese conto
che quella sfortunata gabbiana non solo delirava, ma era completamente pazza. «Prometto che gli
insegnerò a volare»”.

Zorba manterrà le promesse e chiamerà la gabbianella “Fortunata”, ma non sarà solo in questa avventura: ad accompagnarlo nell’ardua impresa ci saranno anche i suoi amici gatti. Ma Zorba – in quanto “madre adottiva”- farà di tutto per la sua gabbianella e le insegnerà a volare. Tuttavia, sarà anche Fortunata ad aiutare il nostro gatto: gli insegnerà che non esistono disuguaglianze e che tutti siamo capaci di volare se lo vogliamo.

“«Ora volerai» miagolò Zorba. «Ti voglio bene. Sei un gatto molto buono»
stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra- «Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo»
miagolò Zorba”

Gli insegnamenti di Sepúlveda

“Le mie storie hanno spesso la forma della favola, è un genere che mi consente di creare dei
personaggi soprattutto animali in grado di trasmettere dei valori come la giustizia, la fratellanza, la
solidarietà.” 

Luis Sepúlveda: ritratto. Fonte: tpi.it

Considerato come un vero e proprio guerriero, Luis Sepúlveda ha dato un contributo non solo alla letteratura ma acnhe alle lotte politiche ed ambientalistiche. Con i suoi libri e il suo vissuto ci insegna che niente è perduto, che non dobbiamo mai abbassare la testa davanti a qualcuno o qualcosa, siamo noi ad avere in mano la nostra vita. Si è liberi anche con le catene addosso!

“Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” è un altro dei libri più famosi dello scrittore ed è dedicato a Chico Mendes, un sindacalista
brasiliano vittima dei latifondisti impegnati alla deforestazione dell’Amazzonia. Il libro ci insegna che l’uomo è un essere vanitoso e che pensa solo al guadagno: non si sofferma a pensare al futuro, non si chiede che cosa stia sbagliano ma continua ad andare avanti distruggendo tutto ciò che gli viene incontro.

Ecco perché Luis Sepúlveda è considerato un guerriero!                                                         

Come Zorba, anche il nostro scrittore ci ha insegnato a volare e ci ha fatto capire che siamo noi a dover rendere migliore questo mondo. Ci ha fatto comprendere che la disuguaglianza esiste perché siamo noi a crearla.

Sepúlveda è stato sconfitto dalla pandemia: ma le sue opere ci hanno lasciato il ricordo di un uomo che ha sempre combattuto per difendere i propri ideali, senza mai arrendersi.

“La libertà è uno stato di grazia e si è liberi solo mentre si lotta per conquistarla.”

 

Alessia Orsa, Angelica Rocca

Per quando torneremo: letteratura e solidarietà contro il Coronavirus

Può l’arte – e in particolar modo la letteratura – lanciare un messaggio di speranza in un periodo buio come questo?

Può trasmettere quel senso di coesione necessario in momenti di crisi, nei quali è facile lasciarsi andare alla caccia al capro espiatorio per reagire al senso di impotenza che ci accomuna?

Tra social challenge, catene di solidarietà via whatsapp, conversazioni su Skype e flash mob musicali capaci di far rivivere il deserto delle strade post-quarantena, l’essere umano, anche ai tempi del Covid- 19, ha dimostrato di non riuscire a mettere da parte un bisogno fondamentale: quello di esprimersi e comunicare!

Italia popolo di grandi tradizioni, Italia popolo di santi e navigatori, ma soprattutto Italia popolo di artisti e di poeti.

Quindi quale mezzo migliore della letteratura per comunicare oltre i muri delle nostre case dentro cui siamo trincerati da giorni?

È in questo spirito che si inserisce l’iniziativa lanciata da IL CLEB, book club molto dinamico nato a Prato nel 2019, grazie a Sara Ruperto e Arzachena Leporatti, con “l’intento di promuovere la scrittura femminile contemporanea“, rivolgendosi però a un pubblico che non sia solo di donne, in contrasto con il tipico pregiudizio “se lo scrive una donna lo legge solo una donna”.

In questa particolare situazione d’emergenza, IL CLEB ha postato sui social un’open call rivolta a scrittori famosi e non, uomini e donne, del Sud e del Nord, per realizzare un ambizioso progetto: Per quando torneremo, e-book scaricabile dal portale web.

 

“Per quando torneremo”, copertina dell’e-book.                     Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

L’intento, ovviamente, è quello di rendersi utili in modo creativo, non fermando le menti e le penne, mantenere accesi gli animi di chi scrive e di chi legge in attesa di quando torneremo appunto a riappropriarci della nostra quotidianità.

A tutti noi è infatti la dedica ripetuta nella prima pagina dell’e-book!

La dedica sull’e-book – Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Ma quella che può sembrare un’astratta iniziativa letteraria si traduce in aiuto concreto: il ricavato della vendita online degli e-book sarà interamente destinato agli ospedali impegnati nella lotta contro il Coronavirus.

In particolar modo, l’80% dei fondi andrà all’ospedale di Prato, mentre un altro 20% sarà devoluto ad altre strutture ospedaliere della Toscana e a vari istituti di ricerca che operano nel campo delle malattie infettive.

Per quanto torneremo è un’originale raccolta di poesie e racconti che affrontano i più svariati temi con diversi stili, in cui compaiono nomi già affermati nel campo dell’editoria nazionale accanto a giovani penne. Il tutto corredato dalle “illustrazioni cariche di colori, pop e ironiche” di Martina Filippella (sua è la copertina e la maggior parte delle raffigurazioni) e di Francesca Bonazzi.

Illustrazione di Martina Filippella
Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Un progetto solidale realizzato nello spazio di pochi giorni proprio per rispondere all’emergenza Covid-19.

Un libro collettivo che mi rende orgogliosa di averne preso parte con tre poesie che tenevo nel cassetto da diverso tempo e, un po’ per timidezza, un po’ per pigrizia, non avevo ancora pubblicato.

“Estremista”, poesia di Angelica Rocca a p. 98 dell’e-book.
Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Ma, quando la nostra società là fuori sembra sgretolarsi sotto il peso di un nemico invisibile, allora arriva il momento di esporsi, di chiedersi cosa ognuno di noi può fare con quel poco di talento e capacità che si trova a disposizione per dare concretamente una mano.

Arriva il momento in cui restare a casa ci fa sentire eroi, ma allo stesso tempo impotenti soldati in congedo. Scatta perciò il bisogno di farsi sentire, di non lasciare solo chi combatte in prima linea 24 ore su 24 in una corsia d’ospedale dentro tute asettiche che permettono a malapena di respirare.

Ma è ovvio che pochi di noi sanno infilare un ago nella carne, pochi di noi sanno somministrare farmaci, pochi di noi sanno ridare il respiro a un malato in rianimazione. L’unica arma che personalmente possiedo sono le parole e mi sembrava giusto adoperarle – soprattutto in questo caso – per uno scopo umanitario.

Perché in situazioni come queste non si può rimanere letterati d’élite dietro scrittoio e calamaio, non si ci si può rinchiudere nella rassicurante torre d’avorio della cultura e lasciare il mondo andare a rotoli.

“Estranei”, poesia di Lavinia Barletta a p.79 dell’e-book. Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

In barba perciò a chi dice che arte, poesia e letteratura sono inutili perdite di tempo. Per quando torneremo dimostra che ciò non è vero. Rispondo agli increduli con le parole del professor Keating ne L’attimo fuggente: «Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo!»

Angelica Rocca

Ringraziamenti

Ringrazio Lavinia Barletta, amica e poetessa che mi ha “girato la call” permettendomi di partecipare al progetto, ringrazio ancora una volta IL CLEB e in particolar modo Sara che gentilmente ha risposto su Instagram alle mie curiosità: sue sono le parole tra virgolette disseminate nell’articolo.

Qui il link al sito in cui troverete tutte le informazioni per scaricare l’e-book e donare:

https://perquandotorneremo.wixsite.com/home

Racconti e Poesie dal Midwest USA – KENT HARUF

Giovedì 11 aprile 2019. Messina. Via Giuseppe Garibaldi, 56. Libreria La Gilda dei Narratori. Un’immersione nelle atmosfere del Midwest statunitense. Partendo dai romanzi senza tempo di Kent Haruf, uno dei più grandi scrittori americani degli ultimi quarant’anni, ci si è immersi in questo affascinante mondo letterario grazie agli interventi di Roberta D’Amico ed Ignazio Lax, che hanno raccontato le storie e le gesta degli uomini e dei libri di questa Letteratura.

L’evento è stato reso ancora più suggestivo dal tappeto musicale e dalle letture poetiche a cura del collettivo “Altera“: Antonio Fede, Massimiliano Fede, Mariaconcetta Bombaci.

Pubblico attento per la narrazione di Vincoli. Una storia semplice ma intensa, come in tutti i romanzi di Haruf, che attraversa quasi un secolo di vita e traccia anche un bel quadro della conquista americana dell’ovest. A differenza degli altri romanzi, in questo c’è anche un piacevole risvolto noir che tiene incollati fino alla fine. Un viaggio nella storia di una famiglia delle pianure americane, narrata dalla voce della loro vicina, Sanders Roscoe. Un romanzo corale e travolgente, intenso e poetico, con cui Haruf inizia il suo viaggio nell’America rurale, teatro delle sofferenze e metafora della tenacia dello spirito umano, anticipando tutti gli elementi che rendono unica la sua poetica. Uno stile descrittivo e sublime caratterizza i personaggi. Si è in grado si percepire su di sé l’odore dei campi e di sudore dei protagonisti. Un romanzo duro ed estremamente vero, dà una perfetta idea della mentalità del luogo all’inizio del ‘900.

Non Resta che leggerlo.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Il Cavallo Rosso, l’opera epica di Eugenio Corti

Più grandi scrittori del ‘900. Voto Uvm: 5/5

 

 

 

 

 

Eugenio Corti nasce a Besana in Brianza nel 1921. Sin da giovane avverte il fascino della letteratura e coltiva la scrittura curando un diario personale, che solo di recente, a qualche anno dalla morte (4 Febbraio 2014) è stato dato alla stampa. In queste sue riflessioni giovanili si legge tutto l’impeto ed il desiderio di dedicare il proprio talento verso qualcosa di grande. Quella della scrittura cominciava ad intuirla come una chiamata, come il motivo del suo stare al mondo. E’ veramente impressionante come accanto all’entusiasmo tipico del giovane si affacci, già allora, la ferma consapevolezza di dover prima ben formarsi per poter maturare la propria opera. 

Le vicende umane del secolo scorso lo portarono a combattere nella seconda guerra mondiale, e quest’esperienza risulterà fondamentale per il suo essere scrittore, tant’è vero che la guerra divenne, una volta tornato, il suo motivo d’ispirazione. Questo avvalora ulteriormente il suo contributo letterario all’umanità: non si tratta di una scrittura reazionaria e/o ideologica- come del resto gli é stato tristemente “rimproverato” da chi mal (o per nulla) ha conosciuto l’uomo Eugenio Corti attraverso quanto ha scritto; é stato piuttosto il senso di responsabilità scaturito dalla consapevolezza di trovarsi coinvolto in una vicenda umana immane che l’ha portato a raccontarla, affinché la memoria dei fatti non si perdesse e le generazioni future potessero evitare di ripercorrere le stesse strade che segnarono in modo drammatico il secolo breve dominato dai totalitarismi, di fatto, «marxismo e nazismo (…) erano dello stesso sangue».

Il Cavallo Rosso, rappresenta l’opera maggiore ed anche la più conosciuta di Eugenio Corti. In poco più di 1000 pagine l’autore narra le vicende di diversi uomini e donne ben radicati nel comune humus della società contadina e cattolica del tempo che, improvvisamente, si trovano proiettati nei tragici eventi del Novecento. L’opera è divisa in tre parti di cui, nella prima, dalla descrizione iniziale della vita civile a Nomana– nome immaginario di un paese in Brianza (probabilmente la stessa  Besana) si passa alle vicende belliche ed in particolare, trova ampio spazio la narrazione della campagna in Russia. Qui il romanzo si fa fortemente autobiografico perché per la narrazione lo scrittore ha ampiamente attinto alla sua esperienza diretta della guerra, essendo stato uno tra i pochissimi italiani che sono riusciti a sopravvivere alla terribile ritirata di Russia dal Dicembre 1942 al Gennaio 1943. In queste pagine si legge la sofferenza di un popolo, quello russo, completamente ridotto alla miseria dall’utopia comunista, storie di intere famiglie straziate dalla fame dopo la collettivizzazione delle terre, il dolore di chi si è visto sparire di punto in bianco qualcuno di caro perché ingiustificatamente etichettato come “nemico politico”, gli agghiaccianti atti di cannibalismo descritti nel Gulag sovietico di Crinovia, come molti altri tragici eventi compiuti anche da parte delle truppe naziste spesso colpevolmente sottaciuti dalle nostre parti.

 

 

Allo stesso modo la narrazione documenta l’incredibile inadeguatezza di mezzi e l’imbarazzante ristrettezza di risorse con cui il fascismo spinse l’Italia in guerra. Per contro, Corti non manca di raccontare il valore degli uomini chiamati a combattere e, specie, gli atti di vero eroismo compiuti dal Corpo degli Alpini. 

Nelle altre parti del libro, mentre alcuni protagonisti fronteggiano la guerra, altri personaggi, soprattutto femminili, vivono in Italia le vicende di quegli anni. Viene descritto lo scontro politico tra la Democrazia Cristiana, luogo naturale di collocamento ideale e politico di alcuni dei protagonisti, ed il partito comunista. Com’é noto lo scontro si conclude il 18 Aprile 1948 con la vittoria della DC. Vittoria successivamente inficiata dal declino dei cattolici nella vita politica italiana, decadenza che paradossalmente si verifica mentre la DC si mantiene come partito politico dominante. Sappiamo anche che all’occupazione della cariche di potere é corrisposta un’azione politica incoerente con quei princípi che nel ’48, si pensava, venissero rappresentati. Quindi si arriva alla terza parte in cui il romanzo prosegue seguendo i protagonisti ed i loro discendenti fino alle soglie della data del referendum sul divorzio negli anni settanta.

L’autore rende la lettura della sua opera estremamente attiva in quanto accanto allo snodarsi della trama si ripropongono costantemente riflessioni sul senso della storia, del vivere e del morire, sulla fede e la presenza di Dio nelle vicende umane. Riflessioni che, certamente, investono l’occhio che legge ed in generale ciascuno, configurandosi come le domande fondamentali dell’uomo. Anche per questo “Il cavallo Rosso” è stato considerato alla stessa stregua del racconto epico. L’epica, infatti, è un’opera esemplare che narra le gesta -storiche o leggendarie- di un eroe o di un popolo, attraverso le quali si conserva la memoria e l’identità di una civiltà. Questo romanzo realizza l’epica delle persone comuni trascinate in vicende molto più grandi di loro.                               

Buona lettura!

 

 

Ivana Bringheli

 

 

Inaugurazione anno accademico Accademia Peloritana: ospite d’onore il Professor Massimo Cacciari

Mercoledì 27 marzo, alle ore 17, nell’Aula Magna del Rettorato, si svolgerà la Cerimonia di inaugurazione del 290° Anno Accademico dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti.
Prima celebrazione in assoluto organizzata dall’Accademia per dare inizio alle proprie attività.
Per l’occasione, ospite d’onore della manifestazione sarà il prof. Massimo Cacciari, il quale terrà una Lectio inauguralis intitolata “L’Europa necessaria”.

Il professor Cacciari , tra i più rilevanti e influenti filosofi europei, è ordinario di Estetica presso l’Università IUAV di Venezia a partire dal 1985,  è stato Direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Accademia di Architettura di Lugano (1998-2005). Nel 2002 ha fondato la Facoltà di Filosofia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, presso il quale – dal 2012 – è professore emerito di Filosofia.
Particolarmente florida è la sua attività politica: è stato parlamentare della Repubblica durante la VII e l’VIII Legislatura (1976-1983) e Sindaco di Venezia per due mandati (1993-2000 e 2005-2010).
Numerosi e prestigiosi sono invece i riconoscimenti a lui conferiti , tra questi: il Premio Hannah Arendt per la filosofia politica (1999), il Premio dell’Accademia di Darmstadt (2002), la Medaglia d’oro del Circulo de bellas Artes di Madrid (2005), la Medaglia d’oro “Pio Manzù” del Presidente della Repubblica Italiana (2008), il Premio De Sanctis per la saggistica (2009), le Lauree honoris causain Architettura dell’Università di Genova (2002), in Scienze politiche dell’Università di Bucarest (2007) e in Filologia, Letteratura e Tradizione Classicadell’Alma Mater Studiorm – Università di Bologna (2014).

Il pensiero filosofico del professor Cacciari è caratterizzato da una straordinaria capacità di muoversi in ambiti disciplinari diversi, dalla Letteratura all’Arte, alla Musica, alla Teologia, e di scandagliare i diversi periodi storici della millenaria civiltà europea, dalle origini greche e romane, profondamente permeate dalle tre religioni del Libro, al Medioevo latino, prima grande sintesi di cultura europea, fino alla Modernità e all’età contemporanea, è inoltre appassionato studioso del pensiero tedesco e mitteleuropeo del Novecento, per la comprensione del quale ha dato un contributo di fondamentale importanza, Massimo Cacciari ha fatto più in generale dell’Europa, delle sue molteplici matrici culturali e del suo destino, il tema costante della sua interrogazione.