L’intelligenza artificiale può diventare “un rischio per l’umanità”

L’intelligenza artificiale ormai non si arresta, accelera sempre di più. Alcuni esperti però non sono entusiasti, perché temono uno scenario “Terminator”. La società californiana di Sam Altman, la OpenAI, ha da poco adottato una nuova versione del sistema informatico di intelligenza artificiale GPT (acronimo di Generative Pretrained Trasformer), denominata GPT-4. Quest’ultimo è il sistema che sta alla base dell’ormai conosciuta chatbot intelligente, ChatGPT. Creata dalla stessa start-up, che dialoga con l’utente fornendogli: testi, risposte, poesie, ricette, formule matematiche di ogni tipo.

Man mano che i nostri sistemi si avvicinano alla Agi (intelligenza generale artificiale), stiamo diventando sempre più cauti nella creazione e diffusione di questi modelli.

Questo è quanto dichiarato da Altman, ma alcuni dei volti più noti dei grandi colossi Tech non sarebbero d’accordo. Anzi, è stata richiesta uno un freno allo sviluppo dei sistemi d’intelligenza artificiale, poiché si temono grandi rischi futuri per la società e l’umanità. Ma vediamo nel dettaglio.

L’intelligenza artificiale e il GPT-4 di OpenAI. In cosa consiste?

La start-up, in collaborazione con Microsoft, ha da poco introdotto una nuova versione di intelligenza artificiale generativa, il GPT-4. Questo sistema informatico prende grandi moli di dati dal web e non solo, generando poi testi inediti in risposta a domande molto precise o generiche. La nuova versione ha aumentato del 40% le sue performance in termini di risposte fattuali. Replica uno specifico stile di scrittura. Può ricevere un’immagine come input, per elaborarla in base alle bizzarre richieste dell’utente. Ad esempio, puoi fare una foto al contenuto del tuo frigorifero e l’AI avrà una ricetta pronta per te. A dir poco inquietante!

Supporta input testuali molto più lunghi, rispetto alla precedente versione, con blocchi di testo che vanno oltre i 25mila caratteri. Può realizzare in meno di un minuto videogame e disegnare siti web. Inoltre, il nuovo sistema è stato messo alla prova su una serie di test scolastici, universitari e professionali. Sono stati tutti superati, addirittura posizionandosi tra le percentuali più alte.

 

Questo progresso “fuori controllo” sembrerebbe far paura!

I sistemi di intelligenza artificiale possono comportare gravi rischi per la società e l’umanità. Quindi invitiamo tutti i laboratori di intelligenza artificiale a sospendere immediatamente per almeno sei mesi l’addestramento.

Dopo due settimane dall’annuncio di GPT-4, arriva una lettera che annuncia il forte disagio provocato dall’AI (artificial intelligence) Nonostante sia un fanatico della tecnologia, l’allarme è partito proprio da Elon Musk (patron di Tesla e attuale CEO di Twitter), ma ha avuto il supporto di molti. Infatti, tra i firmatari della missiva pubblicata nel sito del Future of Life Institute (organizzazione no-profit), ci sono volti noti come: Steve Wozniak (co-fondatore di Apple), lo storico saggista Yuval Noah Harari, i fondatori di Pinterest e Skype, insieme a molti altri esperti nel settore tech.

Nell’appello, dal titolo “Pause Giant All Experiments”, i big non prendono di mira tutta l’intelligenza artificiale. Si focalizzano specialmente sui sistemi più avanzati, come GPT-4, dichiarando che:

I potenti sistemi di intelligenza artificiale dovrebbero essere sviluppati, solo quando saremo sicuri che i loro effetti saranno positivi e i loro rischi saranno gestibili.

Negli ultimi mesi i laboratori sono stati impegnati nello sviluppo e nella distribuzione di menti digitali, sempre più potenti e che nessuno può capire e ritenere al 100% affidabili. Tutto questo è avvenuto in una corsa fuori controllo, tra diverse aziende. Nella lettera si richiede una sospensione fino a quando:

I protocolli di sicurezza condivisi per tali progetti non verranno sviluppati, implementati e verificati da esperti indipendenti.

I sei mesi richiesti dovrebbero essere utili per sviluppare questi protocolli, i sistemi di governance dell’AI e per riorientare la ricerca. Al fine di rendere i sistemi di intelligenza artificiali, che per quanto rischiosi ormai inevitabili, più «affidabili e leali». Bisogna dire che già alcune agenzie governative in Cina, UE e Singapore hanno precedentemente introdotto le prime versioni di quadri di governance dell’AI.

Ma perché si parla di uno “scenario Terminator” e di rischi esistenziali?

Lo stesso Sam Altman sembrerebbe fare qualche passo indietro. Anche se non focalizza la sua attenzione sui possibili rischi concreti già presenti, insieme a Musk ed altri imprenditori, è preoccupato per i possibili rischi esistenziali.

Sono soprattutto preoccupato che questi modelli possano essere usati per la disinformazione su larga scala. Inoltre migliorando sempre di più nella scrittura di codice informatico, potrebbero essere usati per eseguire cyber-attacchi.

Questo è quanto dichiarato da Altman in un’intervista rilasciata alla Abc. Negli ultimi tempi, siamo effettivamente vittime di molte fake-news, generate da queste intelligenze artificiali. Nei social stanno girando delle foto alquanto… particolari: si pensi a quella del finto arresto di Donald Trump, di Papa Francesco con indosso un piumino da trapper, quella di Putin ferito in guerra e molte altre ancora. Tutte finte, anche se in molti ci hanno creduto. Si teme proprio questo uso improprio, che potrebbe portare a degli incidenti e dei disordini sociali irreparabili e, soprattutto, potrebbe mettere a rischio l’esistenza dell’essere umano. Ad esempio, stravolgendo professioni e portandoci a cambiare il nostro rapporto con la tecnologia. Questi strumenti dotati di coscienza e capacità cognitive superiori a quelle dell’uomo, potrebbero perseguire obiettivi contrari al benessere della nostra società. Diventando così dei veri e propri “Terminator. Si troverà una soluzione? Staremo a vedere!

Marta Ferrato

La Madonna della Lettera: tradizioni e verità di un culto identitario

Quella che vi presentiamo è una storia che troppe persone, purtroppo, soprattutto delle nuove generazioni, sconoscono anche completamente; a prescindere dal sentimento religioso d’ogni messinese, essa costituisce un elemento risolutivo della nostra identità stessa, che non si può spazzare via. Ci riferiamo alla Madonna della Lettera che oggi si celebra, alla sua leggenda, alla sua tradizione e alla sua travagliatamente discussa autenticità.

Chiedo al pubblico che legge di accostarsi serenamente all’argomento, dimenticando, per qualche momento, la propria affiliazione religiosa o la mancanza d’essa. Se aprite il vostro cuore, troverete ciò che segue affascinante.

Fonte: immaculate.one

La lettera venuta dall’Oriente

Ecco cosa narrano gli aedi cristiani…

San Paolo apostolo si trovò a passare dallo Stretto, in semplice viaggio missionario oppure durante la sua deportazione a Roma; scese dalla nave nel porto di Messina, o forse nell’antico approdo di Briga Marina ove oggi ancòra si conserva la pietra sulla quale salì per predicare; e così Paolo parlò ai Messinesi del suo Gesù, crocifisso e risorto un decennio prima, convincendoli a convertirsi al Cristianesimo; consacrò anche il primo Vescovo di Messina, Bacchilo.

Secondo la pia tradizione, l’intera Città di Messina si convertì alla nuova religione, a cominciare dal Senato che la governava in ossequio dei patti con Roma. La popolazione fu talmente colpita dalla figura di Maria madre di Gesù che il Senato decise di mandarle un’ambasciata per incontrarla e chiederne la benedizione. Una tradizione più tarda consegna anche i nomi dei quattro inviati: Geronimo Origgiano, Marcello Bonifacite, Brizio Ottavio e Centurione Mulè.

L’ambasceria, giunta a Gerusalemme, cercò Maria nella casa dell’apostolo Giovanni, ove viveva secondo l’ultima richiesta del figlio morente, e là la trovò. Sull’incontro che avvenne non sappiamo molto, talvolta s’immagina una presentazione dei quattro uomini da parte di Paolo; ciò che sappiamo è che Maria scrisse di proprio pugno una lettera ove accordava a Messina una benedizione perpetua ed elezione a sua città protetta, con la quale gli ambasciatori fecero ritorno in città, accolti trionfalmente dalla popolazione.

Era il 3 Giugno del 42 d.C. quando la lettera fu mandata. Il resto è storia, del culto di quella che divenne nota come Gran Madre della Lettera.

Fonte: immaculate.one

Qual è la verità sulla Sacra Lettera?

Viene da domandarsi quali prove possediamo; nessuna veramente solida, ahimè. Come se non bastasse, il racconto predetto contiene svariate contraddizioni storiche, e per giunta lo stesso testo pervenutoci della Sacra Lettera non sembra affatto scritto in quel tempo e da quella mano. Ora discutiamo tutti gli argomenti, per il bene della più savia conoscenza.

I primi problemi riguardano il vettore della conversione: Paolo di Tarso. Non risulta che l’Apostolo abbia viaggiato oltre l’Egeo prima del 60 d.C., quando fu condotto a Roma per essere processato, figuriamoci nel 42! Anche affermare che la predicazione a Messina avvenne durante l’ultimo viaggio è sbagliato, giacché questo appunto fu attorno al 60.

Poi, appare assurda la conversione al Cristianesimo d’un’intera città nel 42 d.C., già considerando che il Cristianesimo per com’inteso non nacque se non molto tempo dopo la morte di Cristo; prima, era soltanto una corrente eretica dell’Ebraismo. I Gesuani erano ancòra traumatizzati dalla morte del loro Messia (ebraico, non “cristiano”), e aspettavano di vederlo in qualunque momento ritornare in terra per la vittoria finale sui peccatori. La propagazione della nuova dottrina poteva avvenire soltanto in ambienti ove fosse radicata una comunità ebraica, autoctona o immigrata, che eventualmente l’avrebbe accolta (ma non tutta la città, men che meno il Senato).

Quanto ai nomi dei quattro ambasciatori: appaiono più tardi che bizantini, altro che I secolo d.C.! Difatti, furono introdotti nel XVII secolo d.C. da suor Maria Roccaforte, la quale affermò d’averli saputi mediante una visione (taccio).

Il testo della lettera invece evidenzia problematiche strettamente inerenti la sua presunta autrice. Ella parla già come se si fosse instaurata una Chiesa come non la si vedrà fino al Concilio di Nicea (325 d.C.): si proclama vergine, madre di Gesù crocifisso, il quale è sia dio che uomo… tutte cose che non facevano assolutamente parte della mentalità ebraica dei protocristiani, e perdipiù l’ipotetica Maria si attribuisce già il potere di proteggere. Inoltre, la data è, testualmente, il “42° anno dal Figlio”, praticamente con l’Anno Domini inventato da Dionigi il Piccolo (VI secolo d.C.)!

Per finire, possiamo affermare che un chiaro culto della Madre della Lettera non esistesse prima del 1490 d.C., quando fu recuperata e tradotta dal greco al latino la Sacra Lettera dal grande letterato Costantino Lascaris, che molti – ingiustamente! – indicano come vero autore del documento.

Non è un mistero che Messina, dal XV secolo d.C. in poi, cercasse in ogni modo di dimostrare la propria superiorità sulle altre città siciliane, anche facendo carte false, nella lotta spietata per il titolo di capitale del Regno di Sicilia; tra tutte, Messina era indubbiamente la più fiera e i vanti maggiori sono stati suoi.

Fonte: lecodelsud.it

Eppur non può non essere vero!

Di sicuro, la coscienza della propria elezione mariana sin dalle origini del Cristianesimo è stata motore primo della grandezza di Messina nell’ultimo mezzo millennio.

A tutte queste concretissime e giustissime contestazioni, ci sono degli argomenti fondamentali che bisogna contrapporre, ancorché vaghi, per tentare di chiudere la falla.

È vero, la versione della pia tradizione sembra stravagante e antistorica, ma nel corso del XVII secolo d.C. sono fioccate in diverse biblioteche del Mediterraneo delle copie della Sacra Lettera, in diverse lingue e in versioni diverse, anche nelle località più insospettabili (in Siria, perfino!). Viene da domandarsi: sono tutte state scritte e sparse in giro da falsarî al soldo di Messina?, o forse il Senato di Messina pagò eruditi stranieri affinché affermassero d’avere trovate le benedette copie?, o peggio ancòra, furono gl’intellettuali messinesi che riportarono le notizie dei ritrovamenti a inventarsi tali fatti di sana pianta? Sono ipotesi improbabili.

Oso aggiungere una verifica che sento sempre d’applicare in materia religiosa: il “criterio della buonafede”. Partiamo dal presupposto che nel passato la schiacciante maggioranza delle persone credeva davvero e in ogni particolare alla propria religione: mentire per ottenere potere, inventare qualcosa di sana pianta e soprattutto mettere in mezzo la Santa Madre, sarebbe apparso certamente come un terribile peccato mortale con conseguente pena. Solamente una reale convinzione avrebbe potuto generare certe affermazioni.

I devotissimi aggiungerebbero come prove molti miracoli, ma quelli non sono di nostra competenza.

Fonte: strettoweb.com

In conclusione dobbiamo ammettere che qualcosa di vero debba esserci, che gli eruditi del passato non abbiano mentito, ma abbiano soltanto tentato di ricostruire i fatti, eventualmente falsandoli “in buonafede”. Ma la ricerca non può fermarsi qui, deve continuare, affinché sempre più parti di verità possano riemergere.

Buona Solennità della Madonna della Lettera!

 

Daniele Ferrara

 

Per approfondire:

Marco Grassi, La Devozione a Maria SS. della Sacra Lettera – Patrona Principale della Città di Messina, EDAS 2021

Immagine in evidenza:

La Madonna della Lettera – Fonte: messinatoday.it

La lettera aperta di Davide alla città di Messina

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di Davide, ragazzo messinese vittima di discriminazione e insulti online da parte di un professore UniMe.

LETTERA APERTA ALLA CITTÀ
Ciao a tuttə!
Mi chiamo Davide ho 24 anni (ancora per poco) e vivo a Bologna come studente fuori sede, anche se sono messinese.
Sono uno di voi: uno di quelli che a 19 anni ha messo i suoi sogni dentro una valigia e, speranzoso, è salito su un treno in cerca di un futuro. So che in tanti e tante mi capirete. Sapete, io da Messina sono anche un po’ scappato: essere “diversi”, essere un adolescente queer in questa città è stata una delle cose più complicate della mia vita, e finalmente ora riesco a dirlo senza risentimento. Ora che, essendo lontano, ho imparato di nuovo ad amare il posto che ho lasciato.
Direte, perché? Ho capito del mio orientamento non conforme da piccolo, quando ancora frequentavo le scuole medie di Villafranca Tirrena, un posto ancora peggiore per essere queer. Così tanto che fino a 16 anni, ovvero dopo due anni in città, ho trovato il coraggio per uscire allo scoperto. È stato un momento molto bello: mi reputo fortunato per aver trovato un ambiente scolastico come quello del Liceo Classico La Farina dove questo non è mai stato un problema ed ho sempre ricevuto solidarietà dal contesto studentesco e dal corpo docenti. Questo contesto, una bolla, mi aveva fatto credere che oltre le porte del mio Liceo il mondo sarebbe stato lo stesso. Mi sbagliavo.
A 17 anni ho dato il mio primo bacio ad un ragazzo e ho conosciuto l’omofobia.
Qualcuno (anzi, più di qualcuno) mi vide sul gradino del binario 1 a dare quel bacio “proibito”: un gruppo di ragazzi iniziò a perseguitarmi sul treno e sull’autobus in direzione Palermo. All’inizio avevano cominciato con gli attacchi verbali da lontano, poi da vicino, sempre di più. Un po’ per paura (essendo in cinque contro uno), un po’ perché pensavo avrebbero smesso da soli, pensavo che ignorandoli sarebbe finita.
Ben presto questa persecuzione diventò cronica: facevamo sempre la stessa tratta ed erano sempre lì. Dagli abusi verbali sono poi passati agli abusi fisici, prima qualche spintone e poi l’evento che divenne un trauma: dopo avermi minacciato di morte, mi presero di peso in quattro e cercarono di buttarmi fuori dall’autobus (allora 81/) presso il curvone di Acqualadroni, dicendo che mi sarei dovuto schiantare sullo strapiombo e morirci. Davanti a tutta quella violenza gratuita, che non riuscivo a comprendere, non sapevo come reagire. La cosa peggiore di tutte però è stata vedere chiunque su quell’autobus (dall’autista all’ultimo passeggero) completamente indifferente. È stato questo il vero trauma: vedere che quella violenza era completamente normalizzata – quindi essere gay era ovvio portasse a questo. Ho vissuto con questa convinzione per anni. Ma – devo ammetterlo – se non ho completamente perso fiducia nella possibilità di combattere tutta questa violenza lo devo ad un ragazzo (che non ho mai ringraziato davvero e vorrei farlo ora, davanti a tutti e tutte). Ho ricordi confusi, perché quel periodo è stato un po’ rimosso. Dovrebbe essere un ex studente dell’artistico, di nome Giuseppe Marra: in uno di questi episodi sul bus fu l’unico a reagire, a dire ‘adesso basta’ e darmi il suo supporto. Mi aveva anche suggerito di andare a denunciare, che mi avrebbe accompagnato e che non era normale. All’epoca non lo feci perché avevo troppa paura, non volevo andare in una caserma a farmi ridere in faccia, a rivivere tutto per poi sentirmi dire che l’omofobia non è reato. Lo è la violenza, ma se oggi ad una donna che denuncia uno stupro chiedono perché ha denunciato dopo così tanto tempo, come fosse vestita e tutto questo, a me cosa potevano dire? In questo Stato semplicemente non esistiamo. Ma in realtà quel gesto è rimasto impresso nella mia mente: mi ha salvato da cose molto peggiori e quindi grazie Giuseppe, anche se dopo anni.
Ma quel ciclo di violenze non è semplicemente passato: ho smesso di prendere gli autobus di sera, ho vissuto nel terrore ogni volta che uscivo di casa, in fondo sei fr***o, succede. E così mia madre, la mia rete di amici e di conoscenti mi sono stati vicini e grazie a questi ho resistito altri due anni, fino a quando pochi mesi dopo il diploma mi sono lasciato tutto alle spalle, con sdegno.
Sette anni dopo sono una persona diversa: innanzitutto sono un attivista. Ho capito, rielaborato, attraverso percorsi personali e politici che quella violenza ha un nome e si chiama “cis etero patriarcato”, ovvero quell’orizzonte politico e sociale in cui le persone LGBT+ e le donne stanno un gradino sotto: è normale essere picchiatə per aver baciato la persona sbagliata, è normale subire fischi per strada per il semplice fatto di essere donna, è normale essere abusatə con i vestiti sbagliati; c’è questo sottofondo tetro che ribadisce che le strade pubbliche non sono di tutti noi ma sono degli uomini eterosessuali che con i nostri corpi possono fare ciò che vogliono: stuprarli, deriderli, picchiarli, oggetti di desiderio o scherno – semplicemente oggetti. Ho iniziato a capire che era così in qualsiasi spazio pubblico e il web non faceva eccezione. Gli insulti omofobi erano all’ordine del giorno e semplicemente mi sono abituato.
Per questo, all’inizio, quando X.X., professore dell’Università di Messina, ha iniziato la sua persecuzione virtuale iniziando da dicembre 2020 e con l’ultimo caso qualche giorno fa, ho solo ignorato la cosa. Avevamo contatti indiretti perché militavamo in due organizzazioni vicine e si sa, nelle comunità piccole, ci si conosce tutti e tutte. Quando ho abbandonato questa organizzazione per la scarsa attenzione dedicata a queste tematiche, che mi faceva sentire fuori posto anche nella mia comunità politica, il professore ha rincarato la dose. Ho cercato di eliminarlo dagli amici, sperando che bastasse dal dissuaderlo nel commentare i miei post a tematica LGBTQIA+. Evidentemente non è bastato.
Da un mio commento riguardo il cat-calling su un gruppo privato (da cui è stato bannato per sessismo e omofobia), inizió a commentare miei vecchi post insultando me e i miei amici, dicendo che “gli etero non ci avrebbero dovuto mettere al mondo” e poi, facendo screen dei miei post, pubblicandoli sul suo profilo, incitó i suoi amichetti ad andare sul mio profilo sostanzialmente ad insultarmi, dando il meglio di sé.
“Fr***o perso”, “Per questo militanza è parlare dei suoi pruriti sessuali”, “Fatelo tornare giù e vedi come lo pestano, tanto a questi piace pure”.
Questo è stato il tenore dei commenti. Però qualcosa ha cambiato tutto: mi ha ricordato di essere di Messina. Un flashback: e se lo rifacesse? Se lo rifacesse con uno più piccolo, con meno reti, esattamente come Davide 7 anni fa? Altre vite devastate? Per questo questa volta ho deciso di denunciare, perché oggi sono in una comunità, oggi al mio fianco ci sono Liberazione Queer+ e Arcigay Messina insieme ad altre realtà (non solo messinesi): non sono solo, “mai più” come mi ha ricordato il mio amico di una vita.
Se vi scrivo questa lettera non è per muovere compassione. Sinceramente non ce ne facciamo molto, quanto per smuovere le coscienze. Alla mia comunità, che a Messina è sempre più organizzata, voglio dire: urlate, denunciate nelle forme che vi sembrano più opportune, rompete questo non detto. Questa convinzione di sottofondo che è normale! Denunciate prima di tutto a voi stessə: urlate che questa violenza fa schifo! Alla comunità cittadina in generale: non siate indifferenti. Le parole devastano le esistenze e specie quando hai 16 anni lasciano ferite che non rimarginano. Pensate, siate complici, dimostrate e dimostriamo cosa significa vivere in una città portuale al centro del Mediterraneo: solidarietà.
Per secoli siamo stati e siamo ancora l’Altro: sicilianə al Sud, terronə al Nord, persone troppo povere, pigre, disordinate, buone ad intrattenere qualcuno e basta. Sapete, è così che ci sentiamo noi persone LGBTQIA+ ogni giorno della nostra vita, freaks e fonte di intrattenimento. Questi pregiudizi vi fanno incazzare, ogni volta che la nostra Sicilia viene dipinta come immorale, criminale, mafiosa, vero? Allora ci potete capire, anche noi lo subiamo come messinesi ma anche come persone queer.

Davide, un terrone, povero, LGBT, sempre fuori posto.