Vasco Brondi – Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero.

Prima di capire di cosa parla questo libro, vorrei raccontarvi come ho finito per leggerlo.
Ecco, sul sito in cui l’ho comprato volevo controllare il costo della spedizione, così ho riempito il carrello … procedi … procedi … e … acquistato! 
Ma come?? Volevo semplicemente controllare il costo e poi magari decidere se comprarlo o meno! Sarà destino.
Ed è stato destino veramente.

Alla fine credo sia un libro d’amore incondizionato, forse di quelli che davvero si possono scrivere solo a vent’anni, con l’inesperienza necessaria. Il dolore già provato ma non ancora integrato e rielaborato. […] La realtà, che fino a qualche istante prima era fatta più che altro di fantasie imprecise e perfette, diventa finalmente materica, imperfetta e travolgente. È un libro pieno di gioia: me lo ricordo benissimo, ero allegro e disperato mentre lo scrivevo. Quando ci ripenso, penso a una di quelle giornate estive in cui piove con il sole.

Nella prefazione inserita dopo la ristampa del 2015 a parlare è Vasco Brondi, lo stesso ragazzo che con lo pseudonimo Le luci della centrale elettrica ha pubblicato il disco “Canzoni da spiaggia deturpata”.

Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero “è praticamente un libro fotografico senza fotografie”, si dice nel risvolto della copertina, e io lo interpreterei proprio così, come una serie di polaroid: ogni pagina descrive un ricordo, un attimo immortalato in quelle righe che sembrano pensieri buttati giù mentre si è in viaggio, persi davanti al finestrino come solo i migliori sognatori sanno fare.

Mentre mi parli e contribuisci allo scioglimento dei ghiacciai, e ti giri verso di me chiedendomi se ho ancora sonno. e ti dico che è presto che sarà al massimo mezzogiorno, invece sono le tre di pomeriggio, e devo andare a lavorare e tu te ne devi andare. Lasciandoti dietro un profumo di fumo buono, presumibilmente di nero. cosa ti dimentichi. che tanto non ti devi preoccupare, questi rapporti vanno sempre a finire male. gli attacchi di panico e il ciclo. e le lenzuola sono così bianche per farsi sporcare.

Questo libro è stato pubblicato otto anni fa dopo aver aperto un blog in cui ogni sera veniva pubblicato un pensiero, bianco su nero, in cui metteva insieme tutto ciò che nelle canzoni non ci entrava. Da tutto ciò è nato questo libro che, in fondo, non è un romanzo, non è nemmeno un diario o una raccolta di racconti, poesie neanche a pensarci. A volte non segue regole di punteggiatura o regole grammaticale, è un libro indipendente e perfettamente imperfetto, a modo suo.

Non basta leggerlo una volta.

Adesso se fossimo in un telefilm ti dicevo che ti amavo. Così, coniugando male i verbi. E noi siamo meglio di un telefilm, e infatti non ci diciamo niente.”

Consigliato a tutti. Senza discriminazioni.

Serena Votano

 

Werther – quando l’amore fa male

Partiamo subito col precisare che J.W. Goëthe non si identifica assolutamente in Werther, anzi, esprimeva fastidio quando gli veniva chiesto cosa si nascondesse dietro la trama del romanzo.

anch’io tratto il mio cuoricino come un fanciullo malato: gli è permesso ogni capriccio. Non dirlo in giro, però: c’è gente che me ne farebbe un rimprovero.”

 

In “I dolori del giovante Werther” troviamo una serie di lettere indirizzate a Wilhelm dove Werther è concentrato solo su se stesso e sulla sua sofferenza. Sta stretto nel mondo che lo circonda, i limiti umani lo mettono in crisi e il non poterli superare lo farà implodere, arrivando al suicidio (allarme spoiler).

Che la vita dell’uomo sia solo un sogno è già parso a molti, e anche con me si accompagna spesso questo sentimento. Quando considero i limiti in cui sono rinchiuse le facoltà pratiche e indagatrici dell’uomo, quando vedo come ogni attività metta capo alla soddisfazione di bisogni che a loro volta non hanno alcuno scopo se non di prolungare la nostra misera esistenza, e ancora, come ogni accontentarsi di certi risultati della ricerca sia semplicemente la rassegnazione del sognatore, pago di decorare con figure variopinte e luminosi paesaggi i muri della sua prigione, tutto questo, Wilhelm, mi fa ammutolire. Poi torno a guardare in me stesso, e trovo un mondo! Ma fatto a sua volta più di presentimento e di oscuro desiderio che di rappresentazione oggettiva e vivente energia. “

Werther comincia a frequentare Charlotte (Lotte) e la famiglia, il suo amore per lei nasce proprio perché sa di non poterla avere. Lotte, bella e sensibile, è fidanzata con Albert, che si trova lontano. Ed è subito friend zone.

come adoro me stesso, da quando lei mi ama”

Quando Albert fa il suo ritorno, tra i due uomini si stabilisce un rapporto cordiale, nonostante Albert sia l’opposto di Werther, razionale e privo di romanticismo. Tuttavia il matrimonio non impedisce ai due, attirati l’uno verso l’altro, di scambiarsi un bacio. Ma Lotte non può cedere al suo amore, ormai, e l’amore da cura diventa malattia.

Questa è l’ultima volta Werther! Lei non mi rivedrà”

E lanciando allo sventurato il più amoroso degli sguardi corse nella stanza attigua e si chiuse la porta alle spalle.

“Werther tese le braccia verso di lei, ma non osò trattenerla.”

Un romanzo dai sentimenti forti, contornato da personaggi dotati di profondità e stati d’animo sconvolgenti.
Un libro che da un cazzotto allo stomaco proprio per la descrizione dei sentimenti che i giovani provano e soffocano. Forse dalle reazioni folli, ma chi siamo noi per giudicare?

PS: si può parlare di spoiler su un libro di più di 200 anni fa?

Serena Votano

Seta di Alessandro Baricco

È nelle storie apparentemente più semplici e lineari che si nascondono i messaggi più significativi, quelli che non hanno bisogno di migliaia di pagine per essere raccontati o di infiniti guazzabugli di parole per essere spiegati.
Sono quelle storie che possono immediatamente proiettarci dentro la loro realtà diventando così perfette ed indimenticabili, oppure rimanere a noi sterili e senza significato alcuno, tranne quello di usarne qualche frase come didascalia di una foto su Instagram.

“Hervé Joncour aveva 32 anni. Comprava e vendeva. Bachi da seta.”

Così inizia la narrazione, una statica descrizione di quella che è la trama di tutto il libro, la vita di un giovane che all’età di 32 anni abbandona la lungimirante carriera militare pianificatagli dal padre e, su consiglio di un amico fraterno, diventa un commerciante di bachi da seta. Tutto nel paese di Lavilledieu ruota attorno al processo di lavorazione della seta e la sua vendita è diventata ormai la forma di sostentamento più importante per gli abitanti del posto, finché un’improvvisa epidemia non rende inutilizzabili le uova dei bachi provenienti dagli allevamenti europei.
È proprio per questo motivo che Hervé decide di intraprendere una serie di lunghi e pericolosi viaggi in Giappone alla ricerca di un nuovo fornitore che permetta di mantenere a galla la martoriata economia di Lavilledieu, ma sarà proprio durante questi viaggi che vivrà le esperienze più profonde e complesse della propria vita, esperienze che lo metteranno difronte ad una scelta esistenziale rendendolo in fine una persona diversa.

La figura di Hervé rappresenta perfettamente il concetto di uomo moderno. Giovane, con una moglie che lo ama ed un lavoro ben retribuito alla spalle, ma ciononostante insoddisfatto della sua vita, sempre pronto ad inseguire un obiettivo distante ed incerto, a rischiare tutto per riuscire ad acciuffare un futuro, o meglio un amore, impalpabile ed indefinito.
I suoi continui viaggi di lavoro in Giappone, sempre perfettamente pianificati in ogni minimo dettaglio, si trasformano in una fuga del protagonista dalla sua monotona realtà quotidiana, in un tentativo di rifugiarsi in un mondo nuovo, sconosciuto ed onirico fatto di sospiri, sensazioni e sguardi fugaci, in cui poter riscoprire se stesso come un uomo nuovo.

“…E con cura fermò il Tempo, per tutto il tempo che desiderò”

Come in ogni libro di Baricco, anche in “Seta” risulta fondamentale sapersi perdere nel testo, non concentrarsi troppo sulle parole o sulla costruzione dei periodi, ma piuttosto soffermarsi su ciò che quelle poche parole cercano di evocare in chi le legge.
Si deve andare alla ricerca di un qualcosa che sembra essere nascosto dal più fitto e oscuro degli enigmi, ma che alla fine troviamo a pochi passi da noi, illuminato da una luce che prima sembrava non esserci.

È proprio questa la storia di Hervé Joncour, un uomo che vagava per il mondo in cerca di una dimensione in cui trovarsi a suo agio, di un amore che lo facesse sentire davvero vivo, ma che in realtà non riusciva a vedere come tutto ciò che egli stava inseguendo follemente lo aveva già ottenuto, mentre ciò da cui non riusciva a distogliere il suo sguardo era in realtà un’illusione effimera, che sfuggiva dalle sue mani proprio come fa la morbida seta.

“Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva fino al lago e passava ore e guardarlo, giacché, disegnato sull’acqua, gli pareva di vedere l’inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita.”

 

Giorgio Muzzupappa