Fondi Lega: arriva la pronuncia della Cassazione

La notizia più calda del momento, quella maggiormente trattata dalle testate e dai Tg di tutt’Italia, è sicuramente quella relativa al caso dei fondi illeciti che la Lega dovrebbe restituire perchè frutto di una truffa incorsa ai danni dello Stato. Il fatto risale a circa dieci anni fa e ad occuparsene fu il Tribunale di Genova che nel 2017 aveva già condannato l’allora segretario del partito Umberto Bossi, l’ex tesoriere Francesco Belsito ed altri esponenti ed imprenditori legati al Carroccio.

La sentenza prevedeva la confisca al partito di circa 49 milioni di euro come risarcimento per i rimborsi ingiustamente utilizzati, “somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna”. Ma, il 4 settembre 2017, giorno in cui la procura di Genova aveva ottenuto il decreto per il sequestro dei fondi, sui conti correnti della Lega erano stati ritrovati solo 2 milioni, somma che ovviamente non poteva essere ritenuta sufficiente. Alla luce di tutto ciò, le autorità avevano richiesto di estendere il provvedimento anche alle somme che sarebbero state depositate in futuro nelle casse del partito, in modo da poter rispettare quanto definito dalla sentenza, ma il tribunale del Riesame aveva respinto questa richiesta, bloccando tutto il processo in corso.

Risultati immagini per cassazioneIl 12 Aprile scorso la procura di Genova ha quindi presentato ricorso alla Cassazione, ricorso che è stato effettivamente accolto solo tre giorni fa, rinviando al tribunale del Riesame il compito di riconsiderare la decisione presa nel 2017 sulla base del fatto che “la fungibilità del denaro e la sua stessa funzione di mezzo di pagamento non impongono che il sequestro debba necessariamente colpire le medesime specie monetarie illegalmente percepite […] la somma corrispondente al loro valore nominale, ovunque venga rinvenuta, una volta accertato, come nel caso in esame, il rapporto pertinenziale quale relazione diretta, attuale e strumentale, fra il danaro oggetto del provvedimento di sequestro ed il reato del quale costituisce il profitto illecito” . In parole povere, ciò che vorrebbe la Cassazione è la restituzione dei fondi acquisiti dalla Lega truffando lo Stato, sia che questi fossero già presenti nelle casse del Carroccio, sia che questi provenissero da finanziamenti futuri.

Risultati immagini per fondi legaIn generale possiamo definire tutto ciò come un durissimo colpo inferto al partito che negli ultimi mesi sta macinando terreno confermandosi sempre più come seconda forza politica in Italia. Subito dopo la pronuncia della Cassazione, anche il ministro della Giustizia Bonafede ha rincarato la dose affermando ai microfoni dell’Ansa che:

“Tutti devono potersi difendere fino all’ultimo grado di giudizio. Poi, però, le sentenze vanno rispettate, senza evocare scenari che sembrano appartenere più alla Seconda Repubblica”

Parole che non sono state affatto apprezzate dal leader della Lega, nonché ministro dell’Interno, Matteo Salvini, la cui dichiarazione non si è fatta aspettare:

“Onestamente con tutte le cose importanti a cui sto lavorando, questa è quella che mi interessa di meno.”

Bisognerà dunque aspettare qualche altro giorno per capire come si profilerà tutta la questione, considerando la volontà espressa da fonti leghiste di incontrare il presidente Mattarella dopo il suo ritorno dal viaggio in Lituania (incontro che dovrebbe tenersi lunedi 9 al Quirinale), e quale sarà la pronuncia del Riesame in merito alla nuova sentenza della Cassazione.

Giorgio Muzzupappa

Governo: alleanza giallo-verde e l’Europa mormora

 

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Era l’esito più temuto da Bruxelles quello di un’alleanza M5S e Lega. Le due forze politiche, populiste e antieuropeiste di fondamento, si trovano intorno a un tavolo tecnico a discutere da poco più di un giorno su che forma dare al loro nuovo governo d’intesa. Sarà un contratto di governo da elaborare in poche ore, un pressure test che non lascerà spazio a discussioni ideologiche ma, piuttosto, ad allineamenti di programma.

Non sarà, dunque, solo il tema Europa ad accomunare le due forze, ma – al contario – sembrerebbe proprio un tema da accantonare per il momento. D’altronde, era già successo in campagna elettorale:  Salvini e Di Maio non si erano mai sbilanciati troppo su quelle che sarebbero state le implicazioni pratiche delle loro idee Anti-Europa, al contrario delle “vecchie generazioni” dei movimenti.

Il presidente Mattarella, ha messo in freezer il suo governo neutrale e domenica i due esponenti delle forze vincitrici dovranno riferire l’esito del confronto portando al Quirinale un pre-contratto. Lunedì, se l’intesa avrà fatto passi avanti, potrà partire la procedura per il nuovo governo.

E quello che non si può di certo rischiare è la bocciatura del Capo dello Stato. Pena governi tecnici e/o ritorno alle elezioni.

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In un contesto simile, gli occhi dell’Europa non possono che essere puntati tutti sulle mosse dell’Italia. Soprattutto in giorni in cui i vertici d’Europa si sono riuniti proprio nello stivale italiano, precisamente nel capoluogo fiorentino, in occasione della conferenza “The State of the Union 2018” per parlare di solidarietà.

Durante l’apertura a Palazzo Vecchio del “Festival d’Europa”, Mattarella non ha tardato a lanciare un avvertimento preventivo ai leader in trattativa:

“Pensare in Europa di potercela fare da soli è inganno consapevole delle pubbliche opinioni”.

La nuova alleanza, dunque, dovrà restare nella cornice tradizionale della Costituzione, dell’osservanza dei trattati internazionali e, soprattutto, del rispetto degli impegni europei. Anche il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker non ha tardato durante il convegno a commentare che “Populisti e nazionalisti hanno avuto materia per alimentare loro sentimenti e aumentare distacco dagli altri. Così la solidarietà si sfilaccia “

Reazioni diverse, invece, provengono da oltre la Manica, dove l’ex leader storico del partito indipendentista inglese Nigel Farage fa gli auguri via tweet ai leader. Nell’enfatizzare la sua gioia, Farage si è riferito all’intesa come il suo “sogno” da due mesi a questa parte per dare “uno schiaffo a tutti coloro che governano l’Unione”. “L’Ue si è definitivamente rotta”, afferma.

Un tiro delle somme forse un po’ troppo accelerato dato che per Lega e M5S c’è ancora tanta strada da fare e poco tempo. Intanto non vacilla la positività di Salvini e Di Maio al termine di ogni incontro nel corso delle ultime ore.

Sembra essere già arrivati a una convergenza sui punti flat-tax, conflitto d’interessi, migranti e debito pubblico. L’eventuale contratto di governo, in ogni caso, sarà posto ai voti sulla piattaforma Rousseau, come ha spiegato Davide Casaleggio in una conferenza stampa in Senato.

Intanto, per i due leader resta ancora il nodo più duro da sciogliere: il “terzo premier”. Tra le poche e deboli indiscrezioni a riguardo, spunta il nome di Giampiero Massolo, Presidente di Fincantieri e presidente dell’Istituto di politica internazionale dal 2017.Risultati immagini per giampiero massolo

Un curriculum di assoluta garanzia per il Capo dello Stato, Bruxelles e le cancellerie mondiali e, forse, anche per la delusa Forza Italia che avrebbe con Massolo premier un atteggiamento meno ostile rispetto alla non-fiducia certa annunciata da un Berlusconi amareggiato per l’alleanza giallo-verde.

In ogni caso sembrano aver accettato bene i due leader il proverbio “tra i due litiganti il terzo gode” al di là di chiunque questo terzo sarà. La mira è stata dirottata su un altro obiettivo: non lasciare scampo a esecutivi algidi e mettere in piedi un governo. Diversamente, il ritorno al voto potrebbe essere fatale sulla credibilità e, quindi, sui consensi delle due forze politiche.

Martina Galletta

Elezioni 2018: un altro stallo alla messicana?

Se vi è mai capitato di vedere quel capolavoro assoluto del cinema italiano e internazionale che è “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone, sicuramente ricorderete benissimo la magnifica scena della resa dei conti finale. Nello spazio centrale di un cimitero che somiglia quasi a una arena di gladiatori, si fronteggiano i tre personaggi principali, appunto, il Buono, il Brutto, e il Cattivo. In palio c’è un grande tesoro ed ognuno di loro sa di non potersi fidare dell’altro. É un teso gioco di sguardi in cui i tre personaggi si tengono di mira, in attesa di capire chi sparerà per primo, e a chi, mentre in sottofondo le note di Morricone incalzano e la cinepresa indugia sui primissimi piani degli occhi, delle mani che fremono sfiorando le fondine delle pistole.

É quello che in gergo cinematografico si chiama “Mexican standoff”, stallo alla messicana: tre uomini armati che si tengono di mira l’un l’altro, senza sapere di chi fidarsi o meno, senza poter capire chi sparerà per primo.

Ok, questa non è la rubrica Recensioni; ma la sensazione di trovarsi al centro di uno stallo alla messicana è fortissima.

I giochi elettorali si sono conclusi e ci consegnano dei risultati tutt’altro che netti e definiti. Abbandonato ormai il bipolarismo che lungo tutti gli anni 2000 aveva caratterizzato inequivocabilmente il dibattito politico italiano, gli esiti delle elezioni vedono a fronteggiarsi, ancora una volta, proprio come nel “triello” di leoniana memoria, tre grandi avversari: la coalizione di centrodestra, il Movimento 5 Stelle e la coalizione di centrosinistra. E, se è vero che il verdetto elettorale ci consente comunque di decretare dei vincitori e degli sconfitti, è anche vero che comunque, tutte le forze in gioco sono ben lontane da quella tanto agognata maggioranza parlamentare, quei famosi 315 seggi alla Camera, che rappresentano il cutoff fondamentale per la formazione di un governo stabile.

La coalizione di centro destra, con le sue due anime, quella leghista e quella berlusconiana, si attesta al 37% alla Camera e al Senato: un soffio da quel 40% che gli consentirebbe una maggioranza stabile. È senza dubbio una vittoria: lo sa bene Matteo Salvini, leader della Lega, che è riuscito in pochi anni a trasformare il suo partito da partitello indipendentista padano a primo partito della destra nazionale. Ma non basta a riposarsi sugli allori, e se da un lato è proprio Salvini a proporsi come leader di un esecutivo di centro-destra, dall’altro non sono comunque pochi i seggi che mancano alla coalizione per poter garantire stabilità al proprio governo.

Il Movimento 5 Stelle, benché presente sulla scena politica ormai da tempo, continua a rappresentare una grande incognita. Fino ad adesso ha basato gran parte del suo successo sul suo proporsi come “eterna opposizione”, canalizzando il dissenso di una ampia fascia di cittadini che non si riconoscono più nella classe politica dei grandi partiti. Le loro prese di posizione sui temi caldi del dibattito politico, molte delle quali ampiamente discusse e stigmatizzate in campagna elettorale (immigrazione, euro, vaccini) sono state finora sempre delle scelte poco nette, dai margini sfumati, sia dal punto di vista dell’elettorato, che dell’intero gruppo politico. Il loro risultato, intorno al 32%, è senza dubbio un exploit: sono il primo partito d’Italia. Ma continuano a non avere le carte in regola per governare, tanto più se si tiene conto del loro autoimposto diktat “niente alleanze politiche, solo alleanze programmatiche”.

Con chi potrebbero essere queste alleanze programmatiche? Forse con la Lega, con la quale in effetti potrebbero trovarsi diversi punti in comune. Sarebbe senza dubbio l’incubo delle sinistre, fedeli alla tesi della “deriva populista” che hanno cavalcato a lungo (e a dirla tutta senza troppo successo) in campagna elettorale. Ma se da un lato questa ipotesi pare essere stata scartata dallo stesso Salvini, dall’altro potrebbe essere una scelta rischiosa in termini di credibilità, se consideriamo che la cassaforte dei voti del Movimento in Italia pare essere proprio il Sud Italia, dove molti elettori non hanno certo dimenticato le origini dichiaratamente anti-meridionaliste della Lega.

C’è poi la coalizione di centro sinistra, chiaramente a trazione PD (come confermano i risultati da prefisso telefonico ottenuti dalle varie liste civetta, +Europa, Lorenzin ecc). Il totale è circa il 23%: si tratta chiaramente di una disfatta che dovrebbe essere, sportivamente, ammessa e corredata da una sana autocritica da parte della dirigenza PD. Ma anche qui, l’ultima parola è tutt’altro che detta: se i 5 Stelle sono chiaramente il primo partito d’Italia, con il loro 19% il PD è il secondo, e vale la pena ricordare che, preso singolarmente, ha ottenuto più voti tanto della Lega (17%) quanto di FI (14%). Ha dunque ancora molto da dire, e gli esiti del futuro governo potrebbero in gran parte dipendere da una sua presa di posizione. Ma a favore di chi? Forse dei 5 Stelle, ma le differenze di intenti sono state fin da principio chiarissime in campagna elettorale. Oppure della coalizione di centro destra; ma attenzione, perché una ennesima maggioranza di “larghe intese” potrebbe rappresentare il definitivo colpo di grazia alla credibilità del PD e la chiave per una futura vittoria ancora più schiacciante del Movimento.

Staremo dunque a vedere, nei prossimi giorni, chi farà la prima mossa e come, a cominciare dalle elezioni dei presidenti della Camera e del Senato. Nel frattempo, continuiamo a seguire col fiato sospeso la danza macabra di questo stallo alla messicana; con la consapevolezza che stavolta, al centro dell’arena, col rischio di prendersi i proiettili da tutti, potrebbe esserci la volontà degli elettori. 

Gianpaolo  Basile