Banksy, bloccata la sua “opera” galleggiante

È una nave – la Louise Michel – una delle ultime opere del noto artista senza volto Banksy. Un’imbarcazione dell’ex marina francese che si batte per salvare i migranti in mare, ma che rimarrà ferma a tempo indeterminato. Infatti, è stata sottoposta a controlli e ad un fermo amministrativo a Lampedusa domenica scorsa.

La nave Louise Michel. Fonte: Wikimedia Commons. Autore: DerPetzi

Secondo le autorità italiane, l’equipaggio avrebbe violato l’obbligo di recarsi al porto di Trapani dopo il primo salvataggio, per compierne altri. Ciò, secondo la Guardia Costiera, avrebbe «rallentato il raggiungimento di un porto di sbarco per i migranti salvati nel primo intervento».

A bordo ci sono 180 persone soccorse nella traversata lungo il Mediterraneo, durante cinque operazioni differenti. A detta della ONG, non sarebbe stata fornita nessuna spiegazione ufficiale riguardo al fermo. Secondo i membri dell’equipaggio, il fermo sarebbe dovuto ad una serie di norme contenute nell’ultimo decreto del governo su «Disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare».

I membri della ONG hanno espresso il loro malcontento affermando che:

«Ci impediscono di lasciare il porto e prestare soccorsi in mare. Questo è inaccettabile»

La spiegazione dettagliata della Guardia Costiera

«Le disposizioni impartite alla nave ONG, valutate le sue piccole dimensioni, erano altresì tese a evitare che la stessa prendesse a bordo un numero di persone tale da pregiudicare sia la sua sicurezza che quella delle imbarcazioni di migranti a cui avrebbe prestato soccorso».

L’arrivo della Ong, per motivi di sicurezza e di urgenza, era stato «già peraltro sollecitato dai numerosi arrivi di migranti di questi ultimi giorni».

A tale comportamento, che già di per sé complicava il delicato lavoro di coordinamento dei soccorsi, «si sommavano le continue chiamate dei mezzi aerei Ong che hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni dei già presenti assetti aerei dello Stato».

Origine e significato dell’imbarcazione

La nave è stata intitolata a Louise Michel, un’anarchica francese che mira a combinare il salvataggio con i principi di femminismo, dell’antirazzismo e dell’antifascismo, ed è stata acquistata con gli introiti provenienti dalla vendita di un’opera d’arte di Banksy, che l’ha poi decorata con un estintore e personalizzata con dei graffiti.

Inaugurazione di una targa dedicata a Louise Michel a Bobigny. Fonte: Flickr. Autore: choudoudou

È stato proprio l’artista a contattare tramite mail Pia Klemp, la capitana, dove comunicava di volerla sostenere economicamente. La nave, come la Sea Watch e la Open Arms, appartiene ad organizzazioni non governative che si occupano di salvataggi in mare ed è gestita ed equipaggiata da attivisti specializzati in soccorso che provengono da tutta Europa.

I naufragi non tendono a diminuire

Proprio ieri quasi un migliaio di persone sono sbarcate sulle coste italiane, quasi tutti provenienti dalla Tunisia. D’altro canto, i morti non sembrano cessare: sono almeno 29 i corpi recuperati dalla Guardia Costiera tunisina, provocati da due barconi affondati nei giorni precedenti.  E anche per le vittime di Cutro la parola “fine” sembra ancora lontana. Ad un mese esatto dalla tragedia, il mare ha restituito il novantunesimo cadavere, ma all’appello mancano ancora dieci persone.

Luca Cesarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans, ha così commentato gli ultimi eventi:

«Con la situazione che c’è in mare, trattenere una nave di soccorso in porto mentre donne, uomini e bambini rischiano di morire, è una cosa assurda: qui non si tratta di slogan, ma vite di vite umane che si possono e si devono salvare».

Sull’altro fronte il Ministro degli Interni Piantedosi, che in una recente intervista ha affrontato il tema dell’incremento e del record di sbarchi, affermando che: «I migranti sono attratti dall’Italia anche perché c’è un’opinione pubblica favorevole, mentre in altri Paesi sono intransigenti». Parole che sono state oggetto di polemiche soprattutto sui social.

Serena Previti

Sea Watch 3, l’inchiesta su Carola Rackete è stata archiviata

Era la notte del 29 giugno del 2019 quando la Sea Watch 3, nave battente bandiera dei Paesi Bassi, forzò l’ingresso all’interno del porto di Lampedusa. Al momento dell’attracco la nave fece scendere a terra ben 42 persone, migranti recuperati a largo della costa libica. Questa faceva, e fa tutt’oggi, parte della ONG tedesca Sea Watch, da anni impegnata nel recupero e salvataggio di migranti nel Mediterraneo. La vicenda ebbe particolare risalto mediatico e monopolizzò nei giorni successivi l’attenzione dei principali salotti televisivi. In particolar modo, a finire nell’occhio del ciclone fu il comandante dell’imbarcazione, la tedesca Carola Rackete. Fu la 31enne a decidere volontariamente di violare le indicazioni delle autorità italiane e sbarcare sull’isola finendo con l’urtare, nel corso delle manovre di attracco, con una motovedetta della guardia di finanza italiana. Anche per questo motivo Carola venne successivamente arrestata con l’accusa di resistenza a una nave da guerra e tentato naufragio. Oggi, a due anni di distanza da quei fatti, la Procura di Agrigento ha visto accogliersi la sua richiesta di archiviazione delle accuse a carico della comandante della nave Sea Watch 3 da parte del gip di Agrigento.

La Sea Watch 3, fonte: Vita.it

I pregressi della vicenda

La Sea Watch-3 recuperò 53 persone nelle acque della zona SAR (search and rescue) libica il 12 giugno 2019. Di questi, 11 furono immediatamente portate a terra trovandosi in condizioni fisiche critiche e necessitanti immediato intervento medico. Le restanti 42 rimasero a bordo della nave che si diresse verso l’Italia. Il porto più vicino era quello di Lampedusa ma l’imbarcazione dovette rimanere in posizione di attesa in acque internazionali poiché le autorità italiane non rilasciavano il permesso di entrare. Col passare dei giorni e il perdurare del divieto, il 21 giugno venne fatta richiesta alla Corte europea dei diritti dell’uomo affinché questa costringesse l’Italia a far approdare la nave. La richiesta, proveniente dal comandante Carola Rackete, venne respinta poiché il tribunale disponeva tali misure solo in caso vi fosse un “rischio immediato di danno irreparabile”. Per il tribunale la situazione a bordo non era tale per cui obbligare l’Italia, che nel frattempo, comunque, si era premurata di assistere le persone ferite, le donne e i bambini.

L’allora Premier Giuseppe Conte e l’ex Ministro degli Interni Matteo Salvini. fonte: money.it

La situazione in Italia era enormemente differente rispetto ad oggi e il tema dell’immigrazione era tra i topic principali dell’agenda politica. La presenza al governo (l’allora Conte I) di un partito politico come la Lega, che faceva e fa tutt’oggi della lotta all’immigrazione uno dei suoi principali cavalli di battaglia, rendeva agli occhi di molti difficile la possibilità di risolvere diplomaticamente tali tipi di questioni. Il muro contro muro era la scelta normalmente più percorsa sebbene la maggior parte delle vicende si risolvessero, lontano dal clangore mediatico, con il salvataggio degli sfortunati. Inoltre era da poco stato varato il Decreto Sicurezza-bis, voluto fortemente dall’allora segretario della Lega e Ministro dell’Interno Matteo Salvini, e previsto dal “contratto di governo” stipulato con il MoVimento 5 Stelle.

 

L’approdo della Sea Watch 3

Dopo due settimane di navigazione, la nave da diporto entrò nelle acque territoriali italiane. Ciò avvenne in violazione del divieto emesso dalle stesse autorità italiane e provocò immediatamente le ire del Ministro degli Interni. A rendere ancor più incandescente la questione certamente contribuì l’urto della Sea Watch 3 con una motovedetta della guardia di finanza. Quest’ultima, ponendosi tra l’imbarcazione e la banchina del porto, cercò di impedire l’attracco della nave dell’ONG tedesca che, impegnata nelle operazioni di ormeggio, finì con l’urtarla. Nel corso delle ore successive ai migranti vennero prestate misure di primo soccorso ma l’attenzione mediatica fu tutta riversa nei confronti della comandante tedesca.

Carola Rackete al momento dell’arresto, fonte: LaRepubblica

L’immagine di Carola Rackete fu letteralmente presa di mira, non solo per il ruolo svolto nella vicenda, ma in quanto donna, tedesca e facente parte di una ONG. I suoi capelli, la sua provenienza da un contesto familiare agiato e il fatto di essersi presentata alla Procura di Agrigento senza reggiseno divennero i temi caldi di quei giorni estivi e parvero divenire aggravanti alle azioni da lei commesse. La nave fu sottoposta a fermo dalla guardia costiera e la sua comandante accusata di resistenza a nave da guerra e tentato naufragio, per cui è prevista la reclusione dai tre ai dieci anni.

La solidarietà e gli insulti verso Carola Rackete

L’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, venuto a sapere della vicenda, offrì di prendersi cura dei migranti senza costi per lo Stato italiano. Offerte simili provennero da diverse città tedesche e vennero ribadite da Horst Seehofer, Ministro degli Interni tedesco, a patto però che venissero coinvolti altri stati dell’Unione Europea. Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio dispose nei confronti della 31enne tedesca gli arresti domiciliari ma la gip (giudice delle indagini preliminari) di Agrigento, Alessandra Vella, decise successivamente di non convalidare il fermo. Nel frattempo la vicenda animava non solo i tribunali e le tv ma anche i social.

post sulla pagina facebook di Matteo Salvini, fonte: Globalist

Carola Rackete divenne bersaglio principale della “bestia” di Matteo Salvini. La macchina social, vero e proprio fulcro della propaganda salviniana, non elemosinava certo commenti di plauso o vicinanza. Nonostante il trattamento riservatole, nel settembre 2019, la comandante tedesca querelò l’oramai ex ministro degli interni per diffamazioni. Ai messaggi di odio e insulti si contrapponevano però anche quelli di elogio e solidarietà. Una raccolta fondi imbastita nei giorni successivi all’approccio della Sea Watch 3 raccolse più di 500 mila euro per coprire le spese legali. 

fonte: LiberoQuotidiano

La conclusione

Oggi, a due anni dai fatti, come detto la vicenda si è conclusa. Già nel febbraio 2020 la Cassazione aveva confermato la legittimità del “no” all’arresto di Rackete. Nelle motivazioni depositate si legge che “la comandante della Sea Watch 3 ha agito correttamente in base alle disposizioni sul salvataggio in mare. Ella è dovuta entrare nel porto di Lampedusa poiché l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro”.

È inoltre stata esclusa la natura di nave da guerra della motovedetta perché “al comando non c’era un ufficiale della Marina militare, come prescrivono le norme, ma un maresciallo delle Fiamme Gialle”.

Carola Rackete ha dunque agito in maniera “giustificata” dal rischio di pericolo per le vite dei migranti a bordo della sua nave.

Filippo Giletto

Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, a Messina con l’obiettivo di raccontare l’immigrazione in Europa

Si è tenuta nella giornata di ieri presso il Salone degli Specchi al Palazzo dei Leoni di Messina la presentazione del nuovo libro di Pietro Bartolo, “Le stelle di Lampedusa“. Durante l’incontro sono state mostrate molte immagini di speranza come quella che segue, ma anche molte altre foto che descrivono la crudeltà e la sofferenza che caratterizzano la tragedia dei migranti.

Pietro Bartolo, fonte: TPI

Pietro Bartolo è responsabile da trent’anni della prima accoglienza ai migranti nell’isola di Lampedusa, periodo in cui ha curato moltissimi naufraghi e ispezionato migliaia di cadaveri, diventando noto come “il medico del mare”. Autore, nel 2016, del libro tradotto in molteplici lingue “Lacrime di sale“, edito da Mondadori, che racconta su carta quella che è stata definita la più grande emergenza umanitaria del nostro tempo. Interprete nel film “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi che ha portato sul grande schermo la tragedia dell’immigrazione, vissuta in prima persona dagli abitanti di Lampedusa. Recentemente secondo eletto al Parlamento europeo nella circoscrizione insulare con oltre 135mila preferenze, di cui 115mila ottenute soltanto in Sicilia.

Il nuovo europarlamentare, in una giornata comunque programmata prima ancora che si definissero le candidature per le elezioni europee, ha incontrato nel corso della mattinata i ragazzi dell’istituto nautico “Caio Duilio”, del liceo “La Farina”, dell’istituto “Mazzini” e del Collegio Sant’Ignazio. L’incontro si inquadra in un progetto che punta alla sensibilizzazione dei giovani, che, come dichiarato dallo stesso Bartolo nel corso dell’incontro pomeridiano aperto a tutti, si ha l’intenzione di estendere quanto più possibile in Europa.

Nel pomeriggio l’evento è stato introdotto dal contributo di Davide Dinicola, diplomato al nautico di Messina, che ha raccontato di cosa lo ha spinto ad abbandonare lo yacht di Briatore per imbarcarsi, come primo ufficiale, nella nave Mare Jonio, che dallo scorso Ottobre naviga nel Mediterraneo per un’attività di monitoraggio, testimonianza e denuncia della drammatica situazione che coinvolge i migranti.

Successivamente l’intervento di Bartolo è stato un susseguirsi di immagini e storie, la storia di persone: non cose – come ribadisce il medico – persone che hanno delle sensibilità, hanno delle ambizioni, hanno delle speranze e hanno anche dei sogni, perché anche se sono neri hanno dei sogni, come noi.

Immagini di persone come le donne che raggiungono l’isola – se la raggiungono – con ustioni su ogni parte del corpo. Ustioni che non dipendono dal calore, ma ustioni chimiche, causate dalla miscela di acqua e di benzina che si accumula sulla superficie della barca e che, come dichiara l’autore, nel 90% dei casi causano la morte di queste donne, in quella che il medico chiama la malattia del gommone. Perché solo le donne? Perché gli uomini si dispongono sui bordi dell’imbarcazione, per proteggere gli anziani e le donne, più deboli, dal mare e dal freddo, come in una famiglia. Ultimamente molti si spaventano di salire su questi gommoni fatiscenti, sanno che possono morire da un momento all’altro. Allora gli scafisti per costringerli cosa fanno? Gli sparano, tanto sono neri, non hanno neanche lo status di esseri umani quindi lo possono fare“. Da qui l’immagine di un ragazzo che è andato verso questo destino, ma ha finto di essere morto, è stato caricato sulla barca ed è arrivato sull’isola, vivo.

Immagini di persone come quella della donna che stava per partorire, ma non c’era il tempo per raggiungere l’ambulatorio o l’ospedale a Palermo (perché i medici di Lampedusa garantiscono le cure solo in un poliambulatorio, tra l’altro senza neanche una sala parto). Allora la legatura del cordone ombelicale venne fatta con un laccio di scarpe, e la donna non si lamentò neanche per un attimo. Al momento del taglio uscì il “sangue, rosso, come il nostro“. Storie e immagini come quelle della donna che partorì in nave e si strappò una ciocca di capelli per legare il cordone.

Immagini di persone, uomini, bambini e donne, come quelle che il medico trovò ammassate nella stiva di una nave – sembrava di camminare su dei cuscini morte per asfissia, chiuse lì dentro.

Pietro Bartolo parla anche dell’incidente avvenuto nel 2013 che costò la vita a 368 migranti, mostra l’immagine delle bare che sembravano non finire, molte delle quali bianche. Ci ricorda che in realtà erano 367 barepoiché in quei sacchi c’era anche una donna che aveva appena partorito, con il suo bambino ancora legato a lei dal cordone ombelicale: decidemmo che fosse più giusto stessero insieme“.

Ma ci sono anche le cose belle. Come la storia della ragazza che era stata data per morta, ma di cui il medico percepì il polso, e allora di corsa in ambulatorio per massaggiarla, per fare l’adrenalina, e così il cuore ripartì. La ragazza è tornata a distanza di molti anni nella stessa isola a ritrovare chi la salvò. Storie come quelle della bambina di 4 anni che non mangiò i biscotti e li sbriciolò per darli alla madre, che non accettò in regalo un orsacchiotto perché ormai era già grande. Storie come quelle delle migliaia di persone salvate da morte certa grazie all’intervento di chi non si è mai arreso e non vuole arrendersi neanche di fronte alle possibili multe di 5000€ previste dal decreto Sicurezza bis – ma quei pescatori, a costo di pagare mutui di 80 anni, non verrebbero mai meno al loro dovere umanitario.

L’incontro si chiude tra gli applausi e la commozione generale, tra le urla che dicono “viva i lampedusani”, con i presenti consci di aver sentito storie e visto immagini che difficilmente verrebbero mostrate altrove. Un’esperienza che sicuramente porta a riflettere, al di là di ogni orientamento politico.

Antonino Micari

Continua l’emergenza migranti: Il caso Malta

I 450 migranti presenti sul barcone partito, probabilmente, da Zuara sono stati trasbordati su due navi militari questa mattina.
Il ministro Salvini mantiene ferma la sua posizione e insiste perché vengano mandati a Malta o tornino in Libia, poiché come ha spiegato in un colloquio con il premier Conte:

“In Italia si arriva solo con mezzi legali. Occorre un atto di giustizia, rispetto e coraggio per contrastare i trafficanti di esseri umani e stimolare un intervento europeo. I migranti si nutrono e si curano tutti a bordo, mettendo in salvo donne incinte e bambini. Non possiamo cedere, la nostra fermezza salverà tante vite e garantirà sicurezza a tutti. Da quando siamo al governo, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, ci sono stati oltre 27.000 sbarchi in meno. Se vogliamo mantenere questi risultati positivi, non possiamo mostrare debolezze”

Il trasbordo dei 450 migranti è avvenuto questa mattina a Linosa: 176 persone sono state messe sul pattugliatore inglese “Protector” inserito nel dispositivo Frontex, e altre 266 sul “Monte Sperone” della Guardia di Finanza.
Alcune donne e bambini sono stati trasportati a Lampedusa per motivi sanitari.
Le condizioni di salute sono infatti particolarmente gravi per alcuni di loro, dopo estenuanti giorni di viaggio.

Le due navi militari sono ancora in attesa di conoscere il Pos, cioè il porto dove approdare e sbarcare. La Capitaneria di porto di Porto Empedocle sta attendendo notizie dal Centro di coordinamento di Roma.

Dopo lunghe trattative con Malta, che si era occupata coordinamento del soccorso senza però mandare navi e senza dare disponibilità per l’accoglienza sull’isola dei migranti, il governo italiano ha fatto intervenire il pattugliatore della finanza e la capitaneria per scortare il peschereccio.

Benedetta Sisinni