Quando l’all-you-can-eat di serie tv diventa indigesto

Netflix, dopo gli inizi promettenti della sua produzione con la serie House of Cards con protagonista Kevin Spacey nel 2013, si è fatta decisamente largo nella nostra quotidianità. La maggior parte di noi ha oggi un abbonamento attivo, le sue serie di punta sono entrate nel panorama mainstream e il catalogo si è nel tempo ampliato aggiungendo sia serie e film vintage che nuove produzioni della stessa Major. Questo menu però si è col tempo trasformato in un “all-you-can-eat” dalla qualità decisamente altalenante: l’azienda, cercando di procurare sempre più prodotti agli spettatori, ha col tempo disatteso molte aspettative non riuscendo a coniugare la possente macchina produttrice con una buona fattura.

Serie come La casa di carta sono l’emblema di tutto ciò: si tratta di un prodotto che potremmo giudicare come una vacca munta oltre il necessario. Una rapina raccontata dal punto di vista di personaggi che riescono a stare al di sopra del mero stereotipo ci ha inizialmente catturato come idea, ma col tempo questa stessa idea è risultata ridondante e la serie si è lasciata trascinare verso una banalità che ha colpevolmente punito il lavoro iniziale.

Dal trailer de ”La casa di carta”. Fonte: Netflix

 

Stesso discorso anche per un altro prodotto Netflix acclamato da massa e critica: Stranger Things. La serie ha fin dall’inizio avuto un nucleo semplice ma attraente: gli anni ’80 e tutta la cultura pop relativa al periodo, i mostri che si annidano nei sobborghi americani, le azioni di giovani protagonisti che crescono assieme agli spettatori e Stephen King come maggiore ispirazione narrativa.

Il successo di Stranger Things ha riportato in auge anche il ricordo degli eighties sia nel pubblico giovane, che li sta scoprendo, sia in quello adulto che li ha nel cuore e li sta rivivendo. La serie, però, col tempo si è rivelata una miniera di diamanti per il colosso americano e, se da un lato questo sembrerebbe positivo, è diventato in realtà una lama a doppio taglio. La volontà di ingozzare lo spettatore già a partire dalla seconda stagione, introducendo situazioni che espandevano l’universo narrativo, non è stata recepita bene dal pubblico e, con il prosieguo della trama, quel labirinto ha fatto posto ad una strada più lineare.

Ci saremmo augurati però che la storia seguisse un filo più logico e meno isterico!

Dal trailer di ”Stranger Things”. Fonte: Netflix

 

Per ricollegarci ora ad un universo più ampio, si può accennare ad un’altra importante tendenza dello show business hollywoodiano dell’ultimo decennio: il tema supereroistico. La serie Netflix sul personaggio di DareDevil ha per la prima volta spostato questo tema dalla sala alla TV.

Oggi questo percorso sta venendo continuato da Disney sulla sua piattaforma streaming Disney +.  Nel giro di poco meno di due anni sono state aggiunte al catalogootto produzioni: un numero esorbitante se consideriamo che va ben oltre la media della quantità di serie tv di cui lo spettatore medio fruisce in quel lasso di tempo. Inoltre  solo poche storie all’intero di questo miscuglio meritano una valutazione positiva.

L’atteggiamento bulimico che si aspetta la produzione da parte del pubblico potrebbe, a nostro avviso, non essere la strada migliore da seguire.

Sarebbe invece auspicabile un ritorno ad una produzione meno intensiva ma che al contempo porti con sé maggiore qualità nei prodotti destinati al grande pubblico, anche nell’ottica di salvare queste aziende e queste storie dall’orlo di un baratro che col passare del tempo si fa sempre più vicino e più largo.

 

Matteo Mangano, Giuseppe Catanzaro

 

*Articolo pubblicato su Gazzetta del Sud, all’interno dell’inserto “Noi Magazine” il 10/11/2022

10 canzoni degli anni ’80 che amiamo (anche) grazie a opere moderne

Gli anni ’80 stanno tornando! Va bene, forse non per quanto riguarda le capigliature eccentriche e le tutine fluo, ma dal punto di vista musicale siamo assolutamente dentro la future nostalgia tanto decantata da Dua Lipa. E tanto più la nostalgia si fa sentire, a livello cinematografico e televisivo, con un numero sempre maggiore di trasmissioni ambientate nei “favolosi anni ‘80” (esempio facile facile).

Per questa ragione, noi di UniVersoMe abbiamo deciso di proporvi dieci brani degli anni ’80 riscoperti – anche – grazie ad opere dei nostri giorni. Preparate il vostro walkman!

Alcune delle seguenti clip potrebbero contenere degli spoiler  sulle opere da cui sono tratte.

1. Angel of the Morning (1981) – Deadpool

Questo brano di Juice Newton è stato scelto come opening del primo film della saga di Deadpool, prodotto dalla 20th Century Fox, che vede protagonista il simpatico Ryan Reynolds. La scena ha dell’epico: una canzone così delicata e sentimentale che entra in assoluto contrasto con le immagini di un violento combattimento messo in atto dal nostro scorrettissimo antieroe.

2. Running Up That Hill (A Deal With God) (1985) – Stranger Things 4

Una delle scene preferite in assoluto dal pubblico di Stranger Things, resa iconica anche grazie all’impiego del brano dell’artista Kate Bush… Tanto da far scalare a quest’ultimo le classifiche di diversi Paesi a distanza di 37 anni dalla pubblicazione!

Psst! Clicca qui per leggere la nostra recensione della quarta stagione di Stranger Things.

3. We Belong (1984) – Pitch Perfect 2

La canzone di Pat Benatar riprende vita grazie alla serenata di Ciccia Amy (Rebel Wilson) al suo ragazzo Bumper (Adam DeVine), in una delle scene più esilaranti della saga di Pitch Perfect.

4. Take On Me (1984) – The Last of Us II

C’è chi durante questa parte del gameplay ha pianto e chi mente. Sostanzialmente, durante le scene di Ellie con la chitarra regalatale da Joel piangere è un “dovere civico”. Resta estremamente dolce e nostalgica questa cover del brano degli a-ha, così facile da plasmare che ogni versione (anche la più lenta e malinconica) sembra una canzone totalmente a sé, originale e bellissima.

5. Notte prima degli esami (1985) – Notte prima degli esami

Un intramontabile Venditti che fa da cornice alla notte prima degli esami di cinque ragazzi nell’omonimo film del 2006. Un pezzo cult, a cui la pellicola ha restituito la propria magia (mai davvero svanita), ormai d’obbligo per i maturandi di tutta Italia – quasi un vero e proprio portafortuna!

6. Time After Time (1983) – This Is Us

La canzone di Cyndi Lauper viene ripresa dalla protagonista Kate (Chrissy Metz) che, a discapito della propria timidezza, riesce a mettere in mostra tutto il proprio talento. Il pezzo è diventato subito una delle colonne portanti della serie anche grazie al profondo significato del suo testo.

7. I’m Gonna Be (500 miles) (1987) – How I Met Your Mother

I cultori di questa serie ricorderanno sicuramente l’episodio dedicato alla vecchia auto di Marshall (Jason Segel), grazie alla quale lui e il protagonista Ted (Josh Radnor) hanno vissuto alcune delle loro avventure dei tempi dell’università, intonando per lunghi tragitti questo brano dei The Proclaimers (anche per via della cassetta inceppatasi nello stereo).

And I would roll five hundred miles, and I would roll five hundred more

8. Centro di gravità permanente (1981) – La Casa di Carta

Questo  successo planetario targato Netflix aveva già avuto l’occasione di sperimentare con la musica italiana (basti pensare alla loro Bella Ciao), ma i produttori proprio non riescono a fare a meno di pescare dalla nostra discografia! Ecco una rivisitazione del famosissimo brano di Franco Battiato, a noi italiani sicuramente ben noto, ma che ha rappresentato all’estero una grande scoperta.

9. There Is a Light That Never Goes Out (1986) – 500 Days Of Summer

To die by your side is such an heavenly way to die

È il verso che canticchia Summer (Zoey Deschanel) nella celebre scena in ascensore di questa pellicola del 2009, conquistando all’istante il cuore del protagonista Tom (Joseph Gordon-Levitt). Insomma, coi The Smiths si va sempre sul sicuro.

 

10. Hallelujah (1984) – Shrek

Ultimo ma non meno importante: Hallelujah. Impossibile, quando si ascolta questa canzone (la cui versione originale risale all’artista Leonard Cohen), non pensare alla scena di Shrek che, col cuore spezzato, sente la mancanza di Fiona.

Un brano declinato in tantissime versioni ( vi consigliamo quella di Jeff Buckley), ma che rimarrà sempre celebre grazie alla sua intensa musicalità, a un testo immacolato (ma anche a Shrek!).

 

La lista certamente non si esaurirebbe qui! Gli anni ’80 furono un periodo coloritissimo e ricco di creatività, che ha visto la nascita di innumerevoli generi musicali in tutto il mondo. Fu un periodo di sperimentazione, un’era grazie alla quale tantissimi giovani trovarono il proprio posto nel mondo e il punto di partenza di tanti astri nascenti. Gli anni di Michael Jackson, dell’Italia che vince i Mondiali, del primo telefono, della nascita degli effetti speciali e molto altro. Anni che, nel bene o nel male, guarderemo sempre con un malinconico sorriso.

Valeria Bonaccorso

La morale de La casa di carta

Fonte:luigitototo.it

Breve sinossi

Il 3 Aprile sulla piattaforma Netflix è uscita la quarta stagione de La casa di carta. La serie – come sappiamo – è spagnola, ideata da Alex Pina, trasmessa prima sul canale Antena 3 (emittente spagnola) ma dopo il grande successo è stata acquistata da Netflix.

Ha debuttato nel 2017 ed è composta da quattro stagioni al momento: ha vinto diversi premi tra cui un Emmy per la miglior serie drammatica nel 2018, e riscosso un enorme successo di pubblico, non senza qualche detrattore. La storia racconta di una rapina estremamente geniale guidata dal Professore, interpretato da Alvaro Morte, che guida nella prima stagione una banda per rapinare le zecca di Spagna: ma la loro non sarà una semplice rapina, sarà la rapina più grande della storia, un’impresa sublime.

La banda è stata selezionata non in modo casuale, ma in maniera dettagliata dal Professore: ogni singolo individuo con determinati talenti in grado di compiere questa impresa, personaggi completamente diversi fra di loro ma in che comune hanno il non avere niente da perdere. Ciascun componente della banda è vestito con una tuta rossa e una maschera del pittore Salvador Dalì ed ognuno di loro ha come nome un nome di città, per non svelare la vera identità.

Fonte: Il Post

Dalla terza alla quarta stagione

ALLARME SPOILER: terza stagione e prima puntata della quarta

Come già citato, la serie è composta da quattro stagioni, genere drammatico e azione. La quarta stagione si collega alla terza, nella quale la banda e il Professore ritornano in azione per aiutare Rio (interpretato da Anibal Cortes) organizzando una rapina presso La Banca Di Spagna per rubare l’oro. Questa estorsione era stata concepita da Berlino (interpretato da Pedro Alonso) cinque anni prima insieme a Martin/ Palermo (interpretato da Rodrigo De La Serna). Come sappiamo, Berlino muore nel finale della seconda stagione: lui stesso decise di lasciarsi alla morte, giacché era stato colpito da una grave malattia che gli avrebbe lasciato poco tempo.

Egli è il personaggio più enigmatico della serie: il Professore lo inserisce al comando della rapina alla zecca, dato che è dotato di una grandissima personalità e sangue freddo. Berlino rappresenta anche la sfortuna in amore, lui stesso dichiara “ ho avuto 5 matrimoni, vuol dire che ho creduto 5 volte all’amore” e nella 4×01 vediamo, con una serie di flash-back, Berlino al suo matrimonio svoltosi in Toscana presso un monastero. In questo episodio il personaggio canta – accompagnato dai monaci – la canzone “Ti  Amo” di Umberto Tozzi per la sua amata sposa, ennesimo brano italiano presente nella serie.

Fonte: youtube.com

Insomma, una scena che ha commosso gli spettatori e ci ha fatto amare ancor di più Berlino: però, sembra che questa sia stata l’unica cornice veramente apprezzata dal pubblico in questa stagione.

Infatti, la serie è stata definita sopravvalutata e noiosa, tanto che nel web molti utenti hanno dichiarato “una serie in cui le idee sono ormai finite”, e hanno sottolineato come i nostri rapinatori da criminali si siano trasformati in dei Robin Hood che rubano ai ricchi per dare ai poveri.

Cosa non ha funzionato?

La quarta stagione rispetto alle altre sembra essere stata ideata solo ed esclusivamente per allungare il brodo della trama. Se già la terza era scarna di colpi di scena e di idee geniali del Professore, che servivano per contrastare in maniera brillante le avversità venute fuori di punto in bianco (e questo era proprio il punto di forza delle prime due stagioni che ha reso celebre questa serie), nella quarta tutto ciò è completamente assente.

Si assiste ad un susseguirsi di eventi messi l’uno di fila all’altro senza giungere ad un fine preciso solo ed esclusivamente per tappare dei buchi temporali ed arrivare ai punti cardine della storia. In sintesi: troppe sottotrame, sconclusionate e non approfondite minimamente, ma messe lì senza un criterio logistico.

Fonte: finalciak.com

Nonostante tutto la serie conta ancora su moltissimi fan

Forse è vero: la quarta stagione non è stata entusiasmante come la prima e la seconda. Ma ricordiamoci che la serie è un inno alla resistenza. La canzone più rappresentativa dello show è “Bella Ciao” un richiamo alla libertà, morire per essa e per un futuro libero senza costrizioni. I componenti della banda sono persone comuni, individui ai quali la vita ha sempre voltato la faccia, persone abbandonate a loro stesse. La casa di carta rappresenta la realtà sociale che non c’è solo in Spagna, ma in tutto il mondo, ed è per questo che i nostri rapinatori sono tanto amati: rappresentano idealmente la ribellione, resistono – cantando Bella Ciao – al potere delle grandi Imprese e dello Stato.

 

Alessia Orsa, Vincenzo Barbera