3 film che ci hanno mostrato la genialità di Jack Nicholson

Oggi Jack Nicholson compie 83 anni. Considerato come uno dei più grandi attori della storia del cinema, ha incantato il pubblico di tutto il mondo con delle interpretazioni magistrali. Ha lavorato con registi di altissimo calibro come Stanley Kubrick, Martin Scorsese, Tim Burton, Roman Polanski ed altri, i quali hanno saputo valorizzarlo e grazie al suo estro sono riusciti a girare delle pellicole che ad oggi sono dei tesori del patrimonio cinematografico.

Andiamo vedere e ad analizzare quelle che secondo noi di UniVersoMe sono le 3 migliori interpretazioni di Jack Nicholson.

Jack Nicholson da giovane – Fonte: blog.filmamo.it

Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)

Il film è sicuramente uno dei migliori della sua filmografia personale. L’attore interpreta un delinquente che viene rinchiuso in un manicomio per verificare se la sua aggressività nasca da un disturbo mentale o meno. In poco tempo riuscirà a conquistarsi la fiducia e la simpatia degli altri pazienti ponendo in essere comportamenti fuori dalla norma e creando scompiglio. Tutto ciò non verrà visto di buon occhio dalla capo-reparto (interpretata da Louise Fletcher) la quale adotterà metodi ancor più crudeli ed illogici nei confronti dei degenti: durante le sedute collettive non mostra un reale interesse circa il loro stato d’animo, li imbottisce di medicine senza senso, li sottopone ad elettro-shock.

Jack Nicholson in una scena del film Qualcuno volò sul nido del cuculo – Fonte: imdb.com

La prova d’attore di Jack Nicholson è a dir poco strabiliante. Riesce ad interpretare il ruolo in maniera realistica senza eccedere mai, nonostante l’alta carica emotiva richiesta per questo personaggio. Non solo: ci fa addirittura ridere in un film dove la risata non era minimamente contemplata, nemmeno in caso di errori sulle battute sul set.

Non a caso, per questo film l’Academy assegnò l’Oscar per il miglior attore protagonista e per la miglior attrice protagonista a Jack Nicholson e a Louise Fletcher.

Shining (1980)

Il film è ispirato al romanzo Shining (1977) di Stephen King. La pellicola del più grande regista di tutti i tempi (Stanley Kubrick) deve moltissimo sicuramente al lavoro svolto dal suo attore principale.

Per il ruolo del protagonista Jack Torrance, il regista inizialmente aveva pensato ad altri attori oltre che a Nicholson.

Robert De Niro rifiutò il film visto che, a detta sua, la semplice lettura del copione lo aveva così tanto turbato da causargli incubi per un mese intero.

Robin Williams ed Harrison Ford incontrarono invece la disapprovazione di King.

Sul set vi furono molteplici scontri soprattutto tra Kubrick e l’attrice protagonista Shelley Duvall (nel film interpreta la moglie di Jack, Wendy Torrance) che sicuramente non permettevano di lavorare in un clima sereno. In seguito al film l’attrice cadde in un profondissimo stato di depressione ed ancora oggi purtroppo non è riuscita ad uscirne.

Tra le varie problematiche poi vi erano anche: le continue proteste dello scrittore Stephen King, che accusava il regista di stravolgere radicalmente il racconto;  varie sequenze che venivano girate e rigirate fino a contare addirittura 150 ciak per una singola scena, stremando logicamente gli attori; Kubrick cambiava così tante volte le battute che Jack Nicholson si rifiutava di impararle a memoria perché sapeva che dopo 15 minuti sarebbero state modificate.

Nonostante tutte le avversità, ci troviamo di fronte alla miglior interpretazione attoriale della storia del cinema. Jack Nicholson ha creato un personaggio tanto folle quanto affascinante, che tramite le sue azioni non fa staccare gli occhi dello spettatore dallo schermo qualsiasi cosa egli faccia.

Durante i suoi deliri – con i quali dà voce alla follia del personaggio – lo si ascolta come se fosse una poesia di Leopardi. Mentre sta in silenzio sul letto con lo sguardo perso nel vuoto lo si ammira come se fosse un dipinto di Michelangelo.

Tutto questo è reso possibile grazie alla grandissima tecnica posseduta dall’attore.

Jack Nicholson nei panni di Jack Torrence mentre fissa il vuoto nel film Shining – Fonte: repubblica.it

Innanzitutto, egli entra nel personaggio comprendendone i pensieri e gli atteggiamenti per poi riproporli in scena in maniera spettacolare. Il termine “spettacolare” non è sinonimo in questo caso di “meraviglioso” ma è inteso nel senso di rappresentare una determinata emozione enfatizzandone minuziosamente ogni minimo aspetto, con il fine ovvio poi di ottenere una reazione specifica da parte dello spettatore. Mentre De Niro e Marlon Brando recitano partendo dall’istinto, immedesimandosi totalmente nella parte e senza sapere realmente dove si possa andare a finire, Jack Nicholson prende per un istante le distanze dal proprio personaggio.

La sua interpretazione è frutto di un’operazione matematica prestabilita che deve in qualche modo fungere da tramite per manifestare poi un sentimento; ma preliminarmente egli sa benissimo dove si andrà a parare, perciò conosce gli attimi precisi in cui può forzare eventualmente un’espressione facciale o effettuare un determinato gesto.

In Shining l’attore ha dato libero sfogo a tutte quelle che sono le sue capacità attoriali, divenendo un’icona per tutti gli amanti del cinema. E poi diciamocelo: lo sguardo da folle lo ha di natura.

The Departed – Il bene e il male (2006)

Un gangster movie di Scorsese ambientato ai giorni nostri. Con un cast d’eccezione ed uno dei migliori registi della storia del cinema il risultato non può che non essere strepitoso.

Leonardo Di Caprio e Jack Nicholson durante una scena di The Departed – Fonte: it.wikipedia.org

Qui la particolarità della prova d’attore di Nicholson risiede nel fatto che apparentemente sembra non recitare.

Se vedete il film noterete un signore che parla, minaccia, ride e uccide con una normalità disarmante. Essendo abituati a vedere Jack “strafare” nelle sue interpretazioni, guardando questo film si resta attoniti. Egli è entrato talmente tanto nella parte che lo spettatore può benissimo pensare di avere davanti a sé una persona reale e non un personaggio interpretato da un attore. Scorsese comprese questo fatto, infatti gran parte delle scene di Nicholson sono del tutto improvvisate.

 

Non è sufficiente solo un articolo per parlare di un’icona del cinema come Jack Nicholson. Ciò che l’attore ha donato al cinema è qualcosa di veramente strabiliante. Nel corso della sua carriera ha vinto ben 3 premi Oscar, ma per attori del genere dovrebbero istituire un riconoscimento a parte.

Se dopo 130 anni di storia il cinema ancora oggi esiste, è grazie a persone e ad artisti come Jack Nicholson.

Vincenzo Barbera

Sunday in lizza per il David di Donatello: intervista a Danilo Currò

Danilo Currò è un giovane regista italiano, nato a Messina il 6 agosto 1993. Si diploma in Pittura e Decorazioni Pittoriche presso il liceo artistico E. Basile. Approda dapprima alla fotografia, attraverso la quale cura e sviluppa le capacità che lo condurranno ad una più seria ricerca che sfocerà nella scelta della regia come nuovo campo di azione. Nel 2012 la National Geographic Italia seleziona uno dei suoi scatti paesaggistici e in seguito alcune tra le sue fotografie vengono inserite negli album della Leica Talent Italia. Da qui in poi i lavori di regia di Danilo gireranno l’Italia ottenendo vittorie e riconoscimenti vari al Corto Tendenza Festival di Barcellona, al Taormina Film Fest, al Festival di Pordenone ed al Cortona On The Move. Produzione che inoltre sono state trasmesse su Rai 2 e sulla piattaforma online Infinity di Mediaset.

Il 27 novembre del 2015 Currò si è aggiudicato il premio del pubblico, ovvero i lettori de “La Stampa” che hanno votato le fotografie sul web nel concorso fotografico “Sunday Photographers” indetto dal quotidiano nazionale per Photolux Biennale. Nel 2016 ultima il suo primo documentario dal titolo “Sunday”, che segue il filone del progetto fotografico “Black Lips”, raccontando la storia di un giovane migrante. Il documentario è presentato dal regista Gabriele Muccino e partecipa in concorso a numerosi festival internazionali. Dal 2017 vive a Roma e lavora con Palomar al documentario “Indizi di felicità” di Walter Veltroni e nel nuovo film di Gabriele MuccinoA casa tutti bene”. Ci siamo seduti con Danilo a fare due chiacchiere dopo il suo inserimento in concorso al prossimo David di Donatello e lo incontreremo di nuovo il 28 dicembre qui a Messina perchè Sunday verrà proiettato in esclusiva al Cinema Lux alle ore 21:00.

Cosa significa il titolo del documentario “Sunday“? 

Sunday è il nome del protagonista del documentario. Il suo nome completo è Fasasi Sunday Ebenezer.

Sunday sono 23’ di … ?

Sono 23 minuti di respiri spezzati, di parole pesanti e di sorrisi leggeri. 23 minuti in cui un ragazzo non ancora maggiorenne si racconta con semplicità, parlando della sua storia che poi rispecchia quella di molti altri come lui, che è la storia della migrazione. In fuga da un paese che ama ma che lo costringe ad andare via, attraversando il deserto e il mare, per mesi e mesi.

Come nasce la tua passione per il Cinema? 

Nasce in maniera graduale e quasi per caso. Il mio percorso inizia dal disegno, che mi ha portato alla pittura e successivamente alla fotografia. Da lì, dalla fotografia al cinema è stato un attimo. Sentivo il bisogno di muovere le immagini, di unirci altre forme d’arte. L’immagine statica non mi bastava più. E poi quando a 15 anni vedi per caso Arancia Meccanica in tv, o ti disgusti per un qualcosa che non riesci a comprendere e capire, o inizi ad amare quella cosa. E io per fortuna ho iniziato ad amarla.

Che legami hai con la tua città Messina?

Ho un legame profondo e sincero. La amo e la odio, come penso la maggior parte della gente. La odio perché mi ha costretto ad abbandonarla, e la amo perché ogni volta che ci ritorno mi stimola creativamente. Spesso mi piace partire dalla litoranea per arrivare senza sosta fino a su, fino ai Colli. Però diciamo che non riesco mai a ridurre il tutto alla mia città, spesso mi piace parlare di Sicilia. Mi sento siciliano fino al midollo. 

Cosa pensi del tuo inserimento nella categoria cortometraggi al David di Donatello?

Che gran c***! Si può dire? In realtà sono felicissimo perché il documentario ha viaggiato molto durante quest’anno, e sta continuando a farlo. A volte mi porta con se, altre volte sono costretto a lasciarlo andare da solo. E’ la bellezza di un qualcosa che crei e che riesce poi ad essere autonomo, ad essere vista da tanta gente da un punto all’altro dell’Italia. Riguardo ai David non posso che essere orgoglioso del lavoro che siamo riusciti a fare io e gli altri con così pochi mezzi. Per me è già tanto essere in concorso, la candidatura la vedo come una chimera.

Se venissi scelto per la finale quale messaggio vorresti passasse?

Quello della libertà, che poi è l’immagine finale del documentario. Siamo nati liberi in un mondo libero, ed è difficile comprenderne il contrario. Con il mio lavoro cerco di avvicinare al pensiero, alla riflessione di questo. Ma è un messaggio che vorrei passasse ad ogni singola visione, a prescindere dai David.

A cosa stai lavorando per adesso? 

Ho diversi progetti in fase di sviluppo. Diciamo che mi sto dedicando alla scrittura di un lungometraggio, che spero realizzare e di girare anche qui in Sicilia, e perché no, magari a Messina! Ma siccome quando leggo le interviste degli altri a questa domanda si cerca sempre di sviare, prendo esempio da loro e non dico altro!

Ci dici tre personaggi a cui ti ispiri nella tua vita personale e professionale?

In ambito professionale c’è tanta gente a cui mi ispiro, nella forma e nella poetica mi viene da pensare a Bertolucci, Antonioni, Kubrick o Tornatore. Ma è davvero difficile ridurre tutto questo a qualche nome. 

Che consiglio vuoi dare a chi vuole intraprendere la tua stessa strada?

E’ una grossa responsabilità dare consigli, soprattutto di questo tipo. Credo, o almeno è quello che ho imparato finora, che lo studio della storia del cinema sia la base, insieme alla visione di tanti film. E poi c’è la pratica, la tanta pratica che è quella che in ogni cosa ti forma e ti crea artisticamente e professionalmente. Credo che sia importante partire da queste tre cose. E poi ci sono i cliché, costanza e determinazione. Penso che queste due cose facciano la differenza. Il talento possiamo averlo e affinarlo, ma senza quelle due cose lì è veramente difficile farcela. Ci sto provando anch’io, è difficile consigliare cosa è giusto o non giusto. Fate e circondatevi di gente capace.

Alessio Gugliotta