Air – La Storia Del Grande Salto: Affleck e Damon fanno canestro

Il massimo dei voti sta soprattutto nell’aver centrato in pieno l’obiettivo, facendo canestro in tutti i sensi. – Voto UVM: 5/5

 

Air – La Storia Del Grande Salto è un film del 2023 scritto da Alex Convery e diretto da Ben Affleck (noto per ruoli in Pearl Harbor, Will Hunting – Genio Ribelle e per aver diretto Argo e La Legge Della Notte).

Il cast comprende: Matt Damon (Will Hunting – Genio Ribelle, The Last Duel, ecc.), lo stesso Ben Affleck, Jason Bateman (Come Ammazzare Il Capo E Vivere Felici, State Of Play, ecc.), Marlon Wayans (Scary Movie, Ghost Movie, ecc.), Chris Messina (Vicky Christina Barcelona, Un Amore Di Testimone, ecc.), Chris Tucker (Jackie Brown di Quentin Tarantino, Rush Hour, ecc.), e Viola Davis (Suicide Squad, Barriere, ecc).

Trama

Il film narra la storia della nascita del rapporto tra Michael Jordan, all’inizio della sua carriera di giocatore di basket, e la Nike. Da questo rapporto, è nata la famosa linea di calzature sportive, col nome di Air Jordan. Questo fatto risale al 1984.

Il manager Sonny Vaccaro (Matt Damon), esperto di basket, è alla continua ricerca di giovani talenti a cui proporre un contratto di sponsorizzazione. A quei tempi, la Nike non se la passava benissimo e la sua quota di mercato era inferiore, rispetto alla Converse ed alla Adidas.

Invece di investire su un giocatore già affermato, Sonny decide di usare l’intero budget messo a disposizione dalla Nike per chiudere un contratto di collaborazione con un semisconosciuto: Michael Jordan, un giovane con un’enorme talento naturale del basket. E’disposto a tutto per raggiungere il suo obiettivo, persino andare contro le “regole” e questo lo porterà anche a cercare di rompere la resistenza del suo CEO Phil Knight (Ben Affleck), del manager di Jordan e poi quelle della madre dello stesso Jordan Deloris (Viola Davis).

E’ la storia di Michael Jordan?

Non esattamente. L’ex-campione dei Chicago Bulls ha un ruolo fondamentale in questa storia, anzi è la colonna portante. Ma nonostante la storia ruoti intorno a lui, in realtà non è lui il protagonista. Il film non è un biopic di Michael Jordan, ma su un fatto importante della sua vita, dove ebbe inizio la sua straordinaria carriera e l’intento sta nel mostrare come si è arrivato a questo, rendendo l’ex-campione un contorno molto importante.

Air – La Storia Del Grande Salto ha quella capacità di rendere importante Jordan, senza mostrare mai realmente Jordan. L’idea di non mostrarlo ha funzionato e così ci si concentra sul movente della storia. In pratica, basta sentire il nome di Michael Jordan ed è sufficiente per convincere a dare una possibilità al film. E’ lo stesso fenomeno che si è manifestato e si manifesta tutt’ora con le Air Jordan, ed ora è successo anche con il film.

E’ un film solo per gli appassionati di Basket?

Si rivolge ad un pubblico molto vasto, in realtà. E’ un film che può essere visto non solo dai “baskettari” e dell’ex-campione del NBA, ma anche da chi cerca una bella carica motivazionale.

Questo rapporto di collaborazione nato tra Jordan e la Nike non ha solo segnato la storia della pallacanestro, ma anche le strategie imprenditoriali. Dimostra di come la determinazione, la fame e la voglia di mettersi in gioco, rischiando tutto, può portare ad un risultato straordinario e storico. Invece di puntare su un giocatore già affermato, Sonny Vaccaro ha voluto credere su un giovane talento ancora non molto conosciuto e ci ha visto lungo. Andare contro la massa e ragionando diversamente da essa, porta anche a questo.

Quindi, anche solo per cercare una spinta nella propria vita e per trovare la carica giusta, Air è il film giusto. E questo si abbina anche il lavoro svolto da chi ne ha preso parte, a partire dal regista!

Ben Affleck è un buon regista?

Ormai non si può dubitare di ciò, ma Ben Affleck sa come fare il regista. La sua carriera è stata di alti e bassi ed ha avuto pure una storia personale un po’ triste, tanto da portarlo alla depressione ed all’alcool. Ma dopo un periodo buio, è uscito dal tunnel e la sua ripresa è dimostrata sia dal punto di vista personale che in quello professionale.

Ha dato il massimo in ruoli come quelli di Pearl Harbor, The Accountant, The Last Duel, Tornare A Vincere, Argo e per come ha potuto, anche come Batman (Batman V Superman:Dawn Of Justice e Zack Snyder’s Justice League). Ma ha dimostrato di avere anche delle incredibile capacità come sceneggiatore (Will Hunting: Genio Ribelle) e soprattutto, come regista (Argo e La Legge Della Notte).

Tornando dopo anni dietro la cabina di regia, stavolta si è superato con Air. E’ uno di quei registi che vuole puntare più sulla qualità e sulla semplicità, rispetto a qualche altro che rende la pellicola un “sequestro di persona” (vedete Tar), che va a discapito di alcuni dettagli poco curati.

Air è una storia così semplice, lineare, poco ambiziosa e, con una durata al di sotto delle due ore, è capace di dare moltissimo allo spettatore, senza impegnarsi più di tanto. E in questo modo il film ha raggiunto l’obiettivo in una maniera pazzesca, accompagnato da un ottimo montaggio, che ha mostrato alcuni momenti iconici di Jordan e degli anni ’80, e da una buona colonna sonora!

jordan
Frame del film. Casa di produzione: Amazon Studios, Mandalay Pictures, Skydance Media. Distribuzione in italiano: Warner Bros.

Il cast

Oltre che di una buona regia, il film può vantare anche di un cast corale. Affleck non ricopre solo le vesti di regista, ma anche un ruolo marginale nei panni di Phil Knight, il CEO della Nike. Seppur con un po’ di istrionismo, Affleck se l’è cavata, ed un punto va a favore anche alla recitazione di Jason Bateman.

Ma i migliori sono stati Matt Damon e Viola Davis. Damon si è calato perfettamente in Sonny Vaccaro essendo molto convincente (soprattutto nel discorso motivazionale per convincere i genitori di Jordan), mentre Davis è stata la migliore scelta che potessero fare per il ruolo della madre di Jordan (suggerita dal vero Michael Jordan).

 

Giorgio Maria Aloi

The Last Dance: quando epica e sport si uniscono

L’epica? La narrazione poetica di gesta eroiche, spesso leggendarie.

Così, dall’altra parte dell’Atlantico, non essendoci riferimenti nella tradizione millenaria dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa, gli eroi dalle gesta fiabesche sono quelli dello sport.

C’è chi corre forte, chi tira pugni e chi è capace di volare.

“MJ”, “His Airness”, “Air Jordan”. O, più semplicemente, Sua Maestà Michael Jordan.

Nel vortice contemporaneo trafficatissimo dei contenuti seriali arriva l‘opera omnia sul “più grande atleta nord-americano del XX secolo”, cosi come l’ha definito ESPN.

Fonte: skysport.it

Lo show, che si sviluppa in 10 puntate, accende i riflettori soprattutto sull’emblematica stagione 1997-1998 dei Chicago Bulls (ribattezzata poeticamente da Phil Jackson l’ultimo ballo) della quale Jordan fu simbolo assoluto, timoniere e profeta.

Quella stagione, per l’NBA, per la franchigia e per lo stesso MJ fu il compimento della più grande impresa sportiva, degna delle vette shakespeariane.

Fondamentale il concetto (assolutamente non scontato) “non solo Jordan”: ci sono il coach (luminare, geniale, avanguardistico) Phil Jakcson, ed i compagni di viaggio Scottie Pippen (ed un rapporto di odi et amo), Dennis Rodman (un folle squinternato del quale grazie alla serie capiremo di più), Ron Harper; del resto la storia non si scrive da soli.

Fonte: nba.it

I Bulls dell’era pre-Jordan erano tutto fuorchè l’emblema della vittoria: il Chicago Stadium (decrepito) era spesso deserto e la stagione 83-84 fece segnare il record negativo di 55 sconfitte.

Presto “palla a Jordan” sarebbe divenuta una delle formule più vincenti e decisive della storia.

Il seme della gloria immortale era stato piantato.

Nel giro di poche partite l’universo intero si accorse che una divinità senza ali (ma in grado di volare e restare in aria) era scesa in terra, divenendo simbolo e ispirazione di valori che travalicano i confini del basket e dello sport, come solo Muhammad Ali aveva fatto prima di lui.

La magia di The Last Dance è la narrazione umile, vera, cruda e senza filtri del contesto umano ed emozionale di Jordan.

Fonte: passionebasket.eu

Il montaggio, le riprese e l’impostazione della docu-serie sono assolutamente degne di un kolossal holliwoodiano.

L’ultima danza (sportiva) dei Bulls, culmina con l’indimenticabile tiro di Gara 6 contro gli Utah Jazz, che diede al Novecento un nuovo senso. Immaginate il globo fermarsi e trattenere il respiro, attendere l’infinità dei secondi che separano il volo (l’ultimo) di HisAirness, dalla storia.

Elettricità emotiva allo stato puro, tra il parquet e il cielo dove le fisica diventa solo un’opinione.

“Be like Mike, be like Mike. Again I try, just need to fly”.

La prospettiva interna delle grandi squadre è da sempre trasgressione inarrivabile dei fan più accaniti.

Nel 1997 ESPN ricevette dalla franchigia di Windy City il permesso di fare qualcosa di inedito nello sport professionistico.

“The Last Dance” trascina virtualmente lo spettatore nello spogliatoio dei Chicago Bulls, ma anche nei loro allenamenti in palestra, nei contrasti accesi e nelle discussioni.

Fonte: mjbulls.com

Come ogni docu-serie che si rispetti, anche “The Last Dance” alterna sapientemente i piani temporali.

Non ci sono infatti solo immagini dell’epoca, ma anche interviste attuali ai protagonisti di allora, nell’ottica di una rilettura di quello che accadde negli anni 90′.

In tal modo si incrociano una serie di prospettive narrative diverse; ciò che è effettivamente successo sul campo è solo l’ultima dimensione. Senza lo sviluppo dello show si rischierebbe di tralasciare le dinamiche e gli equilibri complessi che hanno governato i successi sportivi dei Bulls.

Se non vi fossero bastate le suddette ragioni per guadare “The Last Dance”, eccovene un’altra: Michael Jordan ha annunciato che devolverà in beneficenza l’intero guadagno che gli proverrà da questa serie.

L’attesa è finalmente terminata.
Epica, sport, fascinazione, storia ed un pizzico di adrenalina. Tutto a portata di telecomando.

Antonio Mulone