Joker: Folie à Deux, un legame tra armonia e amore

Joker
L’infinità di spunti che vengono a galla sono interessanti, ma forse troppi e troppo poco approfonditi. – Voto UVM: 2/5

Torna il 2 Ottobre al cinema il villain più famoso della DC Comics, con il sequel della saga tanto amata dal pubblico.

Note di follia

La regia di Thodd Philips crea un’atmosfera inquietante e affascinante che invita, come suggerisce il titolo, a riflettere sul contesto di caos e potenza. La pellicola approfondisce il quadro psicologico di Arthur Fleck, interpretato da Joaquin Phoenix, questa volta attraverso il legame con Harley Quinn (Lady Gaga); la narrazione è chiaramente diversa perché ora si tratta di un musical a tutti gli effetti, e anche il ritratto di Joker sembra essere diverso, più profondo, a tratti compassionevole, per un uomo precipitato nel baratro della follia.

 

Produzione: Village Roadshow Pictures, DC Studios, Joint Effort.

Troppa musica per le mie orecchie…

Il film, nella sua più intima realtà, rimane la critica più grande nei confronti di ciò che può accadere quando la società ti abbandona. Isolamento e alienazione sono sicuramente trattati meglio nell’opera precedente, ma è chiaro il messaggio, provocatorio e riflessivo, anche grazie a coreografie e canzoni, forse troppo ingombranti per il pubblico.

Sembra quasi si vogliano alimentare stereotipi e lasciare da parte i tratti caratteristici dei personaggi secondari, nonostante sia anche visivamente accattivante, la pellicola sembra privilegiare lo stile alla sostanza, per via di scelte meramente estetiche che oscurano la narrativa. Una visione che, per quanto possa essere indirizzata verso quella che è una denuncia sociale, rischia di cadere nel sensazionalismo piuttosto che su una vera riflessione.

Joker: Folie à Deux: raccogliere il mare con una tazzina 

L’infinità di spunti che vengono a galla sono interessanti, ma forse troppi e troppo poco approfonditi. L’unica scelta ‘lucida’ pare essere paradossalmente non essere più Joker, tanto da chiedersi se si stia trattando il tema dell’autoaffermazione sia di Arthur che della massa che lo segue oppure ancora dell’anarchia come risposta ai soprusi di una società infelice.

Il personaggio di Harley Quinn, in egual modo, tratta temi molto discussi, come quello dell’amore tossico, della manipolazione del partner, su cosa si voglia o meno dall’altro, ma anche questo viene stroncato e lasciato a metà. Quello che ne emerge è un “mappazzone di idee” che non arriva sicuramente in nessuna direzione. 

Joker, hai l’X Factor!

Ottima la performance di Lady Gaga, sebbene sia rimasta performance che appare come esercizio più che integrazione organica alla narrazione, mentre Joaquin brilla come nel primo film, ma si spegne piano piano per via di un copione che sembra mascherarlo dallo stesso Joker. L’alchimia tra i due è intrigante, Phoenix riesce a catturare l’angoscia e la vulnerabilità del personaggio e la capacità di esprimere la sofferenza rimane impressionante, anche se attraverso questa nuova incarnazione lo intrappola solamente in una trama confusa. La mancanza di sviluppo nella loro relazione però, lascia in sospeso alcune dinamiche poco esplorate e in definitiva si rimane circondati da un copione che non riesce a valorizzare a pieno il tutto.

Produzione: Village Roadshow Picuters, DC Studios, Joint Effort

L’ultima sinfonia della malattia

Il film cambia ragionamento rispetto a quello precedente, si concentra più su chi sia davvero Joker, e cosa rappresenti; un uomo che non accetta e non riesce a essere un leader, schiavo della sua malattia e ora anche del carcere, tema altrettanto importante e ben strutturato.

L’insoddisfazione della critica e probabilmente anche del pubblico nasce dall’aspettativa di un Joker diverso, quello originariamente carismatico, esplosivo e rivoluzionario, quello che ormai non sembra esserci più. È triste ma forse più realistico, il fatto che si stia parlando solamente di un uomo malato, che ha vissuto il suo momento breve ma intenso di popolarità, lo stesso che lo ha portato in prigione rendendolo nuovamente ciò che era prima, un uomo che vive in relazione alla sua malattia.

Umano troppo umano

L’atto geniale del film è che si tratta di un film di Joker ma Joker non c’è, si ritorna quasi alla sua essenza di non esistenza dell’inizio del primo film, privato di tutto, privato d’amore. Una pellicola che divide parecchio ma che con buon occhio e buon senso può far riflettere a prescindere dalle lacune. Il genere, anche questo diverso, scatena un po’ di confusione tra il pubblico, ma non serve essere amanti dei musical per apprezzare questa nuova sfumatura di Joker, infondo una verità amara si fa più leggera se avvolta dalla dolcezza di una melodia.

 

di Asia Origlia

Tutto sul Festival di Venezia 2024

Dai blockbuster di Hollywood al grande cinema d’autore: al Festival di Venezia una selezione che spazia dai generi più diversi tra avanguardia e tradizione.

La storica kermesse Veneziana, al Lido dal 28 agosto al 7 settembre, ha appena visto concludersi la sua 81esima edizione.

“La Mostra possiede ancora il potere oracolare di leggere la realtà in atto e captare ciò che arriva domani”

Così il nuovo Presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco ci presenta un festival che nonostante la sua longevità, non dimentica mai di guardare al futuro e alle evoluzioni di un’industria così sensibile all’innovazione.

Questo “viaggio nel tempo” parte proprio dal film di pre-apertura della premiazione. L’Oro di Napoli (1954) restaurato, tripudio di nomi storici della settima arte, porta la firma di Vittorio De Sica. Con questo titolo, è stata inaugurata la sezione Venezia Classici, vinta invece dalla restaurazione di Ecce Bombo di Nanni Moretti.

Mercoledì 28 agosto si è poi tenuta la tradizionale cerimonia di apertura in Sala Grande : la madrina Sveva Alviti assegna il Leone d’Oro alla carriera a Sigourney Weaver e Peter Weir (The Truman Show e L’Attimo Fuggente). Quest’anno la giuria è stata presieduta dall’attrice francese Isabelle Huppert.

Le pellicole Fuori Concorso al Festival di Venezia

Il 28 agosto, Tim Burton (Edward Mani di Forbice, Alice in Wonderland) è tornato col seequel del cult di Halloween per eccellenza: Beetlejuice Beetlejuice (5 settembre 2024, Warner Bros). Cast stellare per una commedia del grottesco adatta a tutta la famiglia: ritornano Michael Keaton, Winona Ryder, Catherine O’Hara, mentre Jenna Ortega, Monica Bellucci e Willem Dafoe si presentano al pubblico con personaggi inediti.

Da sinistra Jenna Ortega, Winona Ryder, Tim Burton, Monica Bellucci, Michael Keaton e Willem Defoe – Beetlejuice Beetlejuice (2024) Tim Burton/Warner Bros.

Riflettori puntati anche sull’accoppiata Ocean dei Pitt-Clooney, che tornano all’azione con un thriller/ action comedy tutto americano: Wolfs – Lupi solitari di Jon Watts (19 settembre, Eagle Pictures), presentato sul tappeto rosso del Lido domenica 1 settembre.

La walk of fame del Festival di Venezia 81: i film In Concorso

Grande affluenza di divinità hollywoodiane: stiamo parlando di Lady Gaga e Joaquin Phoenix, protagonisti del prodotto più atteso di questa stagione cinematografica: Joker: folie à Deux di Todd Philips (2 ottobre, Warner Bros). Pubblico italiano in delirio: fan in fila per giorni di fronte alla Sala Grande per vederli approdare al Lido e sfilare sul red carpet lo scorso 4 settembre.

L’imperdibile Angelina Jolie il 29 agosto ha riportato in vita la regina del bel canto durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni ’70. Il biopic Maria (1 gennaio, The Apartment Pictures) diretto da Pablo Larrain e scritto da Steven Knight (Spencer, Peaky Blinders), vede figurare anche il nostro Pierfrancesco Favino.

In corsa per il Leone d’Oro anche Luca Guadagnino all’acme della sua carriera. Queer (Frenesy Film, Fremantle) è un’idea che ha coltivato per ben 35 anni: basata sull’omonimo libro di Burroughs, vede protagonisti  Drew Starkey e un Daniel Craig in odore di nomination all’Oscar.

Festival di Venezia
Pedro Almodòvar vince il Leone d’oro per The Room Next Door – La stanza Accanto (2024) Pedro Almodòvar/Warner Bros.

Leone d’oro per Almodòvar

Premio per il miglior film a La Stanza Accanto, votato all’unanimità e accolto da una standing ovation di 17 minuti. La prima opera in lingua inglese della carriera di Almodóvar che coinvolge due stelle internazionali come Tilda Swinton e Julianne Moore (5 dicembre, Warner Bros) . Basato sul romanzo What are you going through di Sigrid Nunez e presentato alla mostra il 2 settembre, esso ribadisce l’eutanasia come diritto fondamentale di poter scegliere dignitosamente cosa fare della propria vita.

“Il film parla di una donna agonizzante in un mondo agonizzante […] ogni essere umano deve essere libero di scegliere questo momento con dignità: non è un problema politico bensì un problema umano.”

Swinton è Martha, una corrispondente di guerra affetta da un cancro terminale, e Moore è Ingrid, scrittrice di fama che resta al fianco dell’amica fino alla fine. Almodóvar calibra i sentimenti, c’è partecipazione ma non pesante disperazione, i colori accesi sono limitati ai costumi di scena. La sua tendenza barocca si fa da parte per dare un messaggio di umanità e di speranza, d’amore incondizionato basato su generosità e accoglienza.

Leone D’Oro – 81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

I Grandi Premiati:

  • Gran premio della Giuria all’italiana Maura Delpero con Vermiglio (Rai Cinema)
  • Leone d’argento per la miglior regia a Brady Corbet per The Brutalist
  • Coppa Volpi alla miglior attrice per Nicole Kidman in Babygirl e al miglior attore a Vincent Lindon per The Quiet Son
  • Premio Osella alla migliore sceneggiatura per Murilo Hauser e Heitor Loreg con I’m Still Here
  • Premio speciale della giuria a Dea Kulumbegashvili con April
  • Premio Mastroianni al miglior interprete esordiente per Paul Kircher in Leurs Enfants Après Eux

Da Hollywood a Cinecittà

La schiera di cineasti italiani in gara, forse mai come quest’anno,  è stata così varia: Gianni Amelio con Campo di battaglia (5 settembre), Giulia Louise Steigerwalt con Diva Futura e Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza , con Toni Servillo e Elio Germano (10 ottobre), tutte produzioni Rai Cinema.

La pellicola di chiusura della Mostra è stata anch’essa italiana. Pupi Avati chiude le danze con la presentazione di un horror gotico: L’Orto Americano (Minerva Pictures, Rai Cinema), ultima proiezione del 7 settembre.

                                                                                     Carla Fiorentino

Warner Bros: il grande cinema compie 100 anni

Il 4 aprile del 1923 sorge a Burbank, California una piccola società, la Warner Bros. Pictures. In cento anni di crescita e cambiamenti, da allora si è fatta la storia del cinema. Sempre all’avanguardia, la Warner Bros. ha segnato alcune pietre miliari dell’evoluzione cinematografica: primo fra tutti, l’avvento del sonoro. Nel 1927 gli studios, all’orlo del fallimento, rischiano il tutto per tutto scommettendo su una nuova meraviglia nelle pellicole: il suono. Con Il cantante di jazz si scuote a fondo il mondo del cinema, cambiandolo totalmente. Dedicandosi fin da subito a vari generi, la Warner Bros. si aprí ad un pubblico ampio, producendo musical come la Quarantaduesima strada, cartoni animati come i Looney Tunes negli anni trenta e fantastici drammi d’amore come Casablanca negli anni quaranta.

In onore di questo centenario, si commemorerà questo grande traguardo anche nei grandi festival del cinema, come il Taormina Film Festival, la cui sessantanovesima edizione si aprirà oggi. Sono state programmate tantissime proiezioni speciali di capolavori della Warner Bros: qui ne analizzeremo alcuni dei più importanti!

Warner Bros
Scena di Il cantante di Jazz. Fonte: theguardian.com, Warner Bros. pictures

Il cantante di jazz (1927): l’alba della Warner Bros.

Il Cantante di jazz è un momento di svolta per il cinema: rivoluziona il  modo in cui viene percepito il film e la stessa sfrenata Hollywood. Dal punto di vista tecnico, Il cantante di jazz è la prima pellicola ad inserire degli elementi di sonoro oltre la sola musica di sottofondo.

Lo potremmo considerare come un’opera di passaggio dal muto al cinema pienamente parlato: continuano ad essere presenti le didascalie per molti dialoghi tra personaggi, ma allo stesso tempo lo spettatore ha la possibilità di sentire Jackie, il protagonista, realmente cantare e parlare. Oltre alle sole parti cantate, vengono introdotti anche dei suoni, come l’applauso del pubblico per il cantante di jazz. Guardando questo film ora, nel 2023, può apparire più che normale la presenza del suono, ma, calando Il cantante di jazz nel suo contesto storico, possiamo comprendere l’incredibile importanza che ha avuto per il cinema.

Shining (1980): il monopolio di Kubrick

Shining, il cult movie diretto da Kubrick, tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King, con la sua drammatica e a tratti orrorifica narrazione delle vicende della famiglia Torrance, è ormai entrato a far parte dell’immaginario collettivo di generazioni. Chi non ha mai provato, almeno una volta nella sua vita, ad imitare l’iconica scena in cui Jack (Jack Nicholson) sfonda la porta del bagno con l’accetta pronunciando la frase: “Sono il lupo cattivo!”.

Per molti aspetti, Shining potrebbe rientrare nella lista dei film più “sovversivi” della storia del cinema. In primis per l’utilizzo della steadycam, un supporto che favorisce movimenti rapidi e senza vibrazioni. E poi per lo svariato utilizzo dei raccordi, che privilegiano quell’”invisibilità” del montaggio, di cui Hollywood ne è la culla. Ad esempio, nella famosa inquadratura in cui Danny (Danny Lloyd) entra nella stanza 237 cercando la madre, il raccordo di risposta ci rimanda ad un’inquadratura che mostra la madre da tutt’altra parte. Il film, inoltre, consolida la stretta collaborazione tra il regista Kubrick e la Warner Bros., la quale produrrà tutti i suoi film da Arancia Meccanica (1971) in poi.

Warner Bros
Scana di Shining. Fonte: wikipedia.it, Warner Bros. Pictures

Matrix (1999): il multiverso della Warner

Sono due le coppie di fratelli che, a mio parere, hanno rivoluzionato la storia del cinema. E se i primi furono i Lumière, non possiamo ad oggi non riconoscere il forte impatto provocato dai registi di Matrix: i fratelli o, meglio, le sorelle Wachowski.

Il loro “mito della caverna” stile cyberpunk, come in Platone, ruota sulla dicotomia tra realtà e finzione. Neo / Mr. Anderson (Keanu Reeves) è il prigioniero che lascia la caverna per liberarsi delle illusioni e dalla finzione che essa genera. Una volta accettata la dura realtà rientra nella caverna (in Matrix) per liberare gli altri, come Morpheus (Laurence Fishburne) ha fatto con lui.

E anche se noi, nuove generazioni, diamo ormai per scontato l’idea di un’immagine così plasmabile sul grande schermo, non si può dire lo stesso del pubblico di allora che si trovò di fronte a delle scene realizzate con effetti speciali all’avanguardia ripetuti insistentemente. Ne è un esempio il bullet time, effetto realizzato con una tecnologia chroma key (green screen / blue screen) unita ad una computer grafica 3D, che divenne poi uno dei marchi principali del film.

Il cavaliere oscuro (2008): la Warner Bros. dei supereroi

Con Il cavaliere oscuro la Warner Bros. ha portato sul grande schermo una ultima, strabiliante performance di Heath Ledger. L’attore australiano qui interpreta uno dei più noti cattivi del cinema e dei fumetti: il Joker. La figura di questo pseudo pagliaccio malvagio è stata riportata in pellicola da molti attori, ma l’interpretazione di Ledger è probabilmente una delle più riuscite, tanto da fargli vincere l’Oscar come miglior attore non protagonista postumo: una coronazione alla sua carriera ed alla sua vita. La Warner si è occupata della produzione di tutta la saga di Batman diretta da Christopher Nolan, quindi oltre a Il cavaliere oscuro, secondo capitolo della trilogia, anche di Batman Begins (2005) e Il cavaliere oscuro: il ritorno (2012).

Warner Bros
Heath Ledger in Il cavaliere oscuro. Fonte: Quinlan.it, Warner Bros. Pictures

Per dare una reale visione completa dei cento anni di cinema e passione che ha regalato la Warner Bros al pubblico internazionale sarebbe necessario ben più di un solo articolo. Senza alcun dubbio, fondazioni come Taormina arte sono riuscite a dare un miglior sguardo al passato di questi studios, riportando sul grande schermo le pellicole analizzate, insieme a molti altri capolavori. Non ci resta che continuare a celebrare il cinema al Taormina Film Festival appena iniziato ed aspettare come ci sorprenderà la Warner Bros. nei prossimi cento anni!

Ilaria Denaro
Domenico Leonello

Cineforum Universitario: al via le proiezioni

Mercoledì 14 ottobre, alle ore 21:00, presso il Cinema Apollo, i ragazzi dell’associazione universitaria “Orione” vi aspettano per la rassegna “Cineforum Universitario”, con la prima proiezione: Joker.

Il Cineforum universitario è un’occasione di confronto e di aggregazione pensata per tutti gli studenti dell’Università di Messina. Attraverso la visione di varie pellicole, verranno affrontate numerose tematiche di attualità legate al mondo giovanile. In più, ci sarà tempo per un dibattito libero che consentirà a ciascuno di poter esprimere le proprie opinioni sugli argomenti trattati.

Il primo film della rassegna sarà Joker di Todd Phillips, con un’immensa interpretazione di Joaquin Phoenix. Costante durante il film è il suono di una risata isterica e nevrotica, che erompe inquietante e, inutilmente strozzata dal protagonista, si fa più intensa nelle situazioni meno adeguate, quando maggiore è la volontà di reprimerla, allontanando Arthur Fleck da una società già di per sé indifferente alla sua condizione e di chi, come lui, è relegato in un ghetto di Gotham dimenticato dalla politica, della quale Thomas Wayne è il simbolo.

La risata è  sintomo dell’instabilità psichica che porterà alla metamorfosi di Arthur Fleck in Joker ed è tema centrale del film, tant’è che lo stesso Phillips dichiara che l’idea di questo Joker nasce da L’homme qui rit, opera di Vitor Hugo, trasposta in pellicola nel primo dopoguerra. E proprio Phoenix afferma che, con l’obiettivo di rendere al meglio la sua performance, ha studiato dei video di persone affette da risata incontrollata: si tratta infatti di un disturbo assolutamente patologico e reale. Crisi di risa involontarie? Ma di che razza di malattia si parla? Scoprilo cliccando qui.

Nel corso del film assistiamo ad una lenta ma costante evoluzione del personaggio, ed è proprio questo viaggio verso la follia ad interessare realmente lo spettatore. L’attore è riuscito a manifestare il disagio di un uomo tramite piccole azioni, probatorie delle profonde problematiche di Arthur Un esempio emblematico è lo sguardo assunto dal protagonista quando ride in maniera incontrollata, che trasmette tutta la disperazione ed il malessere del personaggio semplicemente con gli occhi. Per leggere la recensione di UniVersoMe del film Joker, clicca qui.

I film in programmazione per i mesi di ottobre e novembre sono: Joker di Todd Phillips , Il Traditore di Marco Bellocchio, The Truman Show di Peter Weir e Quo Vado? di Checco Zelone.

Per ogni proiezione saranno attribuiti o,25 CFU agli studenti spettatori (per ogni dipartimento del nostro Ateneo).

Locandina Evento

Mappa per arrivare al luogo dell’evento:

Il governatore della follia

Oggi il compianto Heath Ledger avrebbe compiuto 41 anni. Uno degli attori più promettenti della sua generazione ci ha lasciato troppo presto, scioccandoci con una morte improvvisa che ha spento tutte le aspettative createsi dal suo enorme potenziale attoriale.

Oggi l’attore viene ricordato principalmente per la sua magistrale interpretazione del Joker nel film Il cavaliere oscuro (2008) di Cristopher Nolan.

Andiamo a scoprire come è stato creato uno dei personaggi più iconici e discussi del cinema contemporaneo.

Heath Ledger – Fonte: tg24.sky.it

Le basi

Per prepararsi al ruolo è risaputo che Heath Ledger abbia trascoso 6 settimane rinchiuso in una stanza d’albergo, dove guardava film horror ed annotava il suo lavoro all’interno di un diario.

Essere isolati dal mondo crea indubbiamente una mutazione nella natura dell’individuo (lo notiamo in piccola parte anche noi che siamo – da poco più di 20 giorni – in quarantena).

Stare un mese e mezzo in una singola stanza, senza mai uscire, crea già di per sé un nucleo centrale di sentimenti negativi che sorgono spontaneamente nella psiche dell’uomo.

Se a ciò si aggiunge la visione di film e la lettura di libri e fumetti grotteschi e dell’orrore, attorno al nucleo i sentimenti si tramutano in vere e proprie emozioni più complesse che destabilizzano il carattere umano.

Una volta creata questa sorgente di oscurità emotiva, l’attore ha potuto concentrarsi per costruire la mentalità del personaggio.

Heath Ledger completamente immerso nei panni di Joker – Fonte: pinterest.it

La formazione del carattere

Una delle principali fonti d’ispirazione per la nascita del Joker, è stata la figura del drugo Alex DeLarge del film Arancia Meccanica (1971) diretto da Stanley Kubrick.

Heath Ledger da quel personaggio ha prelevato tutta la violenza che il drugo sfogava per le strade di Londra ed al posto di esternala l’ha immagazzinata dentro sé stesso. Associando la violenza a quel nucleo di emozioni fortemente negative, Heath ha ottenuto la formula per far emergere  il male peggiore che può affliggere un uomo: la pazzia.

L’attore non è andato a visitare manicomi o centri per la riabilitazione di soggetti affetti da forme di malattie psichiatriche, ma lui stesso ha creato la pazzia dentro di sé e così ha ottenuto l’elemento che governa l’essenza del Joker, il suo principio cardine.

Joker in procinto di farsi saltare in aria in una scena del film Il cavaliere oscuro – Fonte: youtube.com

Jack Nicholson che in precedenza aveva già interpretato il ruolo del Joker nel film Batman (1989), lo ammonì facendogli presente di porre attenzione a quel ruolo; infatti, disse: “il Joker ti divora da dentro”.

Ma sfatiamo immediatamente il mito secondo il quale il personaggio del Joker sarebbe stato l’unico responsabile della prematura scomparsa dell’attore.

Sul set del cavaliere oscuro a detta dei suoi colleghi e del regista stesso, nella pause tra una scena e l’altra l’attore non rimaneva dentro il personaggio, anzi scherzava e sorrideva assieme agli altri membri del cast; che poi dopo le riprese Heath abbia affrontato un periodo segnato da depressione è comprensibile, data l’intensità e lo sforzo emotivo a cui è andato incontro.

Non a caso, ha ricevuto la regolare prescrizione di alcuni farmaci ansiolitici, analgesici e sedativi: proprio alcuni di essi sono stati ritrovati in circolo dopo l’autopsia e l’effetto combinato sarebbe stato responsabile della morte, e non un overdose a scopo suicida, come molti pensano.

Affermare che Heath sia impazzito a causa del suo Joker è semplicemente del becero gossip ed un vero e proprio insulto al lavoro svolto dall’attore, in quanto così viene messo in secondo piano quello che è stato il principale merito di Heath Ledger: di richiamare a sé tutta la follia del personaggio ed esternarla completamente quando le telecamere erano accese.

Concretamente l’attore è stato capace di governare a proprio piacimento l’indomabile pazzia.

Aspetti esteriori

Una volta terminato questo dettagliatissimo processo di introspezione, Heath Ledger si è potuto concentrare sugli altri aspetti del proprio personaggio.

La postura del Joker appare leggermente ingobbita, il quanto basta per rendere ancor più raccapricciante la sua figura.

Per quanto concerne la voce, l’attore ha deciso di ricrearne una caratterizzata da una lieve tonalità nasale che suscita timore nei suoi interlocutori.

I discorsi effettuati dal personaggio vengono spesso interrotti da alcune risate deliranti e da momenti in cui mastica il nulla in maniera palese (e questo della masticazione forse è il dettaglio che più contraddistingue il Joker di Heath Ledger, dato che evidenzia un palese disturbo psichiatrico).

Una delle risate disturbanti del Joker di Heath Ledger – Fonte: sylg1.wordpress.com

Tutti questi fattori hanno contribuito a creare uno dei personaggi migliori della storia del cinema.

Heath Ledger è riuscito ad interpretare un uomo esuberante, privo d’empatia, altamente megalomane ed eccessivamente violento in maniera magistrale, tanto che è stato premiato con l’Oscar per il miglior attore non protagonista nel 2009. Purtroppo alla cerimonia non era presente data la sua prematura scomparsa avvenuta nel gennaio del 2008.

 

Un interprete incredibile, pieno di talento e dall’incredibile forza di volontà. Attori così dediti al proprio lavoro di rado se ne trovano ed Heath Ledger era una pietra preziosa, non solo per Hollywood, ma per il cinema mondiale.

Chissà cosa sarebbe stato capace di fare quest’uomo se non se ne fosse andato così presto. Resta un grande vuoto ed un profondo rammarico per tutti gli amanti della settima arte.

Vincenzo Barbera

 

Alla scoperta degli Oscar: i 5 (+1) grandi favoriti

La notte più attesa per gli amanti del cinema è arrivata.

L’edizione degli Academy Award del 2020 è probabilmente la più competitiva dell’ultimo decennio, data la presenza di molteplici capolavori e di interpreti eccezionali. Dinnanzi alle liste dei nominati c’è da restare senza fiato ed è molto complesso poter effettuare previsioni sui possibili vincitori. Vediamo chi, secondo UniVersoMe, ha maggiori opportunità di portarsi a casa le varie statuette.

 

Il Dolby Theatre di Los Angeles dove vengono assegnati i premi Oscar – Fonte: evxlimos.com

1.Miglior attore protagonista

Il più papabile tra gli attori candidati al premio è Joaquin Phoenix.

Di certo l’elenco dei nominati è ricco di artisti superlativi, infatti in gara troviamo: Leonardo Di Caprio, Adam Driver, Antonio Banderas, Jonathan Pryce e – appunto – Joaquin Phoenix.

Il 36enne Adam Driver ha stupito tutti con la sua interpretazione in Storia di un matrimonio (2019) per la carica emotiva che è riuscito a trasmettere al suo personaggio, tirando fuori tutta la disperazione e la rabbia necessaria nei momenti clou del film.

Leonardo Di Caprio in C’era una volta a… Hollywood ha dato prova di poter recitare anche con una pistola puntata alla tempia. Nella scena in cui Rick Dalton si trova su un set per girare un film western ad un certo punto dimentica la battuta ed esce dal proprio personaggio. Ovviamente Di Caprio resta in quello di Rick continuando a recitare dimostrando di avere un livello di concentrazione al di fuori del normale.

Quello che più di tutti meriterebbe il premio comunque resta Joaquin Phoenix (per i dettagli sulla sua interpretazione vedi questo articolo). La sua prova attoriale ci fa immedesimare talmente tanto che per l’intero film possiamo quasi sentire ciò che il personaggio prova sulla sua pelle.

Joaquin Phoenix nel film Joker – Fonte: mondofox.it

Quando subisce un’ingiustizia ci arrabbiamo, quando cerca aiuto in ogni dove ci fa intenerire e soprattutto quando reagisce ci sentiamo redenti, non perché siamo dei potenziali omicidi, ma semplicemente perché l’attore ci ha coinvolto così tanto da “comprendere” le sue azioni (vedi la scena della metropolitana).

2. Miglior attore non protagonista

Qui la scelta dell’Academy sarà molto dura, visto che in lista tra i candidati ci sono: Tom Hanks, Anthony Hopkins, Al Pacino, Joe Pesci e Brad Pitt.

La candidatura di cinque attori di questo calibro, tutti insieme in una singola categoria e nella stessa edizione, probabilmente costituisce reato per eccesso di qualità attoriale, ma coloro che hanno le maggiori chances di vincere sono Joe Pesci e Brad Pitt.

Il primo grazie a Scorsese è riuscito a rivestire egregiamente i panni di un capomafia come già ha fatto in passato per Goodfellas (1990) e Casinò (1995); mentre il secondo ha interpretato alla perfezione il ruolo di un sociopatico caratterizzato da un muto carisma che viene trasmesso con un semplice sorrisetto. Ci sbilanciamo: l’Oscar andrà a Brad.

Brad Pitt nei panni di Cliff Booth in C’era una volta a… Hollywood – Fonte: mymovies.it

3. Miglior sceneggiatura originale

Altissime probabilità che Quentin Tarantino vinca in questa categoria. In passato il regista si è aggiudicato il premio per la miglior sceneggiatura originale, rispettivamente con Pulp Fiction (1994) e Django Unchained (2012). In C’era una volta a… Hollywood, Tarantino, è riuscito a scrivere una sceneggiatura in cui racconta la crisi di una stella hollywoodiana, mettendo in risalto le problematiche della vecchia Hollywood e nel contempo ne ha approfittato per rendere omaggio ai grandi cineasti del passato. Il tutto ovviamente è circondato da un costante stato di tensione, per quello a cui andrà incontro la compianta Sharon Tate.

4. Miglior regia

Grandissimi i nomi dei candidati anche in questa categoria: Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Todd Phillips, Sam Mendes e Bong Joon-ho.

Riteniamo che – in linea generale – quando Scorsese fa un film di mafia parta due passi avanti a tutti.

The Irishman non sarà uno dei suoi più grandi film, ma a livello tecnico resta un capolavoro di regia.

Robert De Niro e Martin Scorsese sul set del film The Irishman – Fonte: empireonline.it

5. Miglior film

Qua c’è l’imbarazzo della scelta: C’era una volta a… Hollywood, 1917, Jojo Rabbit, Joker, Le Mans ’66 – La grande sfida, Parasite, The Irishman e Storia di un matrimonio.

Il film 1917 sembra essere il grande favorito (qui la nostra recensione), ma facciamo il tifo per Jojo Rabbit, del quale abbiamo parlato precedentemente in questo articolo. Probabilmente è il miglior film ironico sul nazismo degli ultimi anni e non è certo semplice trattare in tal modo tematiche così cupe, come la suddetta pellicola è riuscita a fare.

5+1. Miglior attrice protagonista e migliore attrice non protagonista

Abbiamo lasciato volutamente alla fine questa categoria, perché quest’anno potrebbe accadere qualcosa senza precedenti nella storia degli Oscar. È già successo in passato (anche se raramente) che attori e attrici fossero in lizza per due categorie contemporaneamente, ma mai sono riusciti a portare a casa entrambe le statuette alla fine.

Scarlett Johansson in Storia di un matrimonio (sinistra) e Jojo Rabbit (destra) – Fonte:quotidiano.net

Motivo aggiuntivo per il quale – chiaramente oltre alle eccellenti performance – facciamo il tifo per la bellissima e bravissima Scarlett Johansson. In Jojo Rabbit l’attrice ha svolto un lavoro impeccabile, con il quale ha trasmesso al pubblico tutta la dolcezza e l’amore che una madre può donare al figlio, anche in uno dei periodi più bui di sempre, guadagnandosi la nomination come migliore attrice non protagonista. In Storia di un matrimonio, il suo personaggio è una donna dal carattere forte e dalle grandi ambizioni, che vedrà scoppiare un conflitto tra vita lavorativa e vita sentimentale. Grazie al pathos che arricchisce molti dialoghi del film, abbiamo così visto due lati profondamente diversi di un’attrice completa e matura. Sarà sufficiente per fare la storia degli Oscar?

 

Il 2019 è stato un anno davvero ricco per il cinema e questa edizione degli Oscar ne è la prova tangibile.

Avere nella stessa competizione tutti questi film, alcuni dei quali possono già essere definiti delle opere d’arte, è davvero un privilegio enorme.

Speriamo che il 2020 non sia da meno!

Vincenzo Barbera, Emanuele Chiara

Alla scoperta degli Oscar: Joaquin “Joker” Phoenix

Joaquin Phoenix è il protagonista del film Joker diretto da Todd Phillips e candidato a ben 11 premi Oscar.

L’attore 45enne in passato ha già avuto modo di mostrare le sue potenzialità ed il suo grande talento con le interpretazioni del sadico Commodo nel Gladiatore (2000), del problematico Freddie Quell in The Master (2012) e del disagiato Abe Lucas in Irrational man (2015).

Locandina del film – Fonte: Amazon.it

Nascita e sviluppo del personaggio

Joaquin ha dichiarato: ”ho regalato a Joker tutta la mia pazzia” ed è il modo in cui gliel’ha donata a farci innamorare del personaggio. Per adattarsi maggiormente al ruolo ha dovuto perdere circa 23 kg in pochi mesi, nutrendosi con una mela al giorno e saltuariamente con della lattuga o dei fagiolini al vapore. La dieta lo ha portato ad isolarsi, in quanto l’attore si è barricato in casa evitando di uscire con gli amici e di accendere la televisione così da non vedere del cibo, che avrebbe incrementato esponenzialmente la sua fame. Questo lo ha certamente favorito nell’immedesimazione nella parte del sociopatico Arthur Fleck.

Nel corso del film assistiamo ad una lenta ma costante evoluzione del personaggio, che già dall’inizio sappiamo essere destinata a culminare con l’entrata in scena del Joker. Ed è proprio questo viaggio verso la follia ad interessare realmente lo spettatore. L’attore è riuscito a manifestare il disagio di un uomo tramite piccole azioni, probatorie delle profonde problematiche di Arthur Un esempio emblematico è lo sguardo assunto dal protagonista quando ride in maniera incontrollata, che trasmette tutta la disperazione ed il malessere del personaggio semplicemente con gli occhi.

La chimica tra attore e regista

Per creare la sua ormai iconica risata ci sono voluti mesi di prove durante le quali Phoenix invitava il regista Todd Phillips nella propria abitazione mostrandogli i progressi del lavoro svolto.

Todd Phillips e Joaquin Phoenix sul set del film – Fonte: mondofox.it

Il rapporto instauratosi tra i due è il motivo principale del successo di questa pellicola (la quale ha incassato la cifra monstre di 1,068 miliardi di dollari). Al loro primo incontro il regista disse: “Arthur è una di quelle persone che hanno la musica dentro”. L’attore ha colto in pieno le sue parole in quanto nella scena in cui si ritrova dentro un bagno pubblico, dopo aver commesso un crimine terribile, comincia a danzare. Inizialmente il protagonista doveva solo guardarsi allo specchio, ma grazie all’improvvisazione di Joaquin Phoenix – e alla fiducia concessagli dal regista – possiamo assistere a questa sequenza che ci mostra un mutamento radicale della personalità di Arthur.

Divergenze tra star hollywoodiane

Sul set vi sono state delle tensioni tra l’attore protagonista e Robert De Niro (nel ruolo del conduttore Murray Franklin)  che certamente non hanno favorito un clima sereno durante le riprese. In sintesi De Niro voleva effettuare una lettura dell’intero copione con tutti i membri del cast, ma Joaquin si rifiutò di partecipare alla riunione per concentrarsi al meglio sul personaggio. Dopo una serie di botta e risposta fu Phoenix stesso a cedere alle pretese di De Niro, quindi prese parte alla seduta dove si mise in un angolo a fumare non prestando particolare attenzione allo svolgimento della stessa e pronunciando svogliatamente le proprie battute.

Gli attori in seguito hanno dichiarato di aver risolto qualsiasi incomprensione, ma di certo un sottile livore tra i due c’è stato. Le due stelle del cinema sono state molto abili a trasmettere tutto l’astio e le avversità, provate in prima persona l’uno nei confronti dell’altro, in una delle scene più importanti dell’intera pellicola, ovvero quando Joker e Murray discutono animatamente. Durante il dibattito gli interpreti ci incantano creando uno stato di ansia che cresce battuta dopo battuta al punto tale da farci credere di essere presenti tra il pubblico del talk show.

Robert De Niro e Joaquin Phoenix nel film – Fonte: ilgrigio.net

Differenze con gli altri Joker del passato

Molteplici paragoni sono stati effettuati tra i Joker interpretati da Joaquin Phoenix,  Heath Ledger e Jack Nicholson. Stabilire chi tra questi sia stato il migliore, molto semplicemente, non è possibile.  Sono 3 personaggi che hanno conquistato il pubblico grazie alle eccelse interpretazioni dei rispettivi attori, i quali hanno utilizzato metodi differenti per la loro creazione.

Heath Ledger ha donato al proprio Joker tutto il suo istinto e forse un principio di reale follia, vista l’esasperata preparazione che ha dovuto affrontare. A livello introspettivo il personaggio del compianto attore non ha eguali.

Jack Nicholson si è giocato tutto sulla mimica facciale, riuscendo a creare il Joker più carismatico della storia.

Joaquin Phoenix invece è riuscito a trovare il perfetto bilanciamento tra tecnica e sentimenti. Ciò ha permesso di far emergere tutta l’umanità di un personaggio talmente matto e imprevedibile da sembrarne sprovvisto.

La cura per i dettagli e la capacità di rievocare forti emozioni provate durante la propria vita hanno permesso all’attore di creare questo fantastico personaggio e di confermarsi come uno dei migliori interpreti a livello mondiale, aggiudicandosi il Golden Globe come miglior attore drammatico e l’Oscar come miglior attore protagonista, oltre a numerosi altri premi.

Insomma, possiamo dire che la prova attoriale di Joaquin Phoenix sia stata molto apprezzata e che ci sia stato un giudizio unanime della critica e del pubblico a riguardo: un connubio non da poco, visto il grande successo della pellicola sia tra gli addetti ai lavori che come incassi.

Ecco il video della proclamazione e del discordo dell’attore alla cerimonia degli Oscar 2020 (fonte: youtube.com)

Vincenzo Barbera

La sindrome di Joker

Una risata inadeguata

Da diverse settimane Joker di Todd Phillips riempie i cinema di tutto il globo sorprendendo gli spettatori per un’immensa interpretazione di Joaquin Phoenix. Costante durante il film ci accompagna il suono di una risata isterica e nevrotica, che erompe inquietante e, inutilmente strozzata dal protagonista, si fa più intensa nelle situazioni meno adeguate, quando maggiore è la volontà di reprimerla, allontanando Arthur Fleck da una società già di per sé indifferente alla sua condizione e di chi, come lui, è relegato in un ghetto di Gotham dimenticato dalla politica, della quale Thomas Wayne è il simbolo.

La risata è anche sintomo dell’instabilità psichica che porterà alla metamorfosi di Arthur Fleck in Joker ed è tema centrale del film, tant’è che lo stesso Phillips dichiara che l’idea di questo Joker nasce da L’homme qui rit, opera di Vitor Hugo, trasposta in pellicola nel primo dopoguerra. E proprio Phoenix afferma che, con l’obiettivo di rendere al meglio la sua performance, ha studiato dei video di persone affette da risata incontrollata: si tratta infatti di un disturbo assolutamente patologico e reale. Crisi di risa involontarie? Ma di che razza di malattia si parla?

La sindrome di Joker

La sindrome pseudobulbare, o meglio, affettività pseudobulbare è caratterizzata da crisi di risa o pianto inconsistenti con lo stato emotivo dell’individuo che ne soffre. È dovuta a danni neurologici di diversa natura e, sebbene non se ne conoscano a pieno i meccanismi alla base, alcuni recenti studi rivelano il circuito neuronale danneggiato che conduce a queste risposte emotive incontrollate.


Normalmente la corteccia motoria inibisce alcune regioni del tronco encefalico che controllano le espressioni emotive. In seguito a lesioni della corteccia motoria, la mancata inibizione dei nuclei troncoencefalici comporterebbe un aumento della loro attività, con esito in risposte emotive involontarie ed anomale rispetto alla circostanza che l’individuo sta vivendo. In realtà, una più vasta e complessa rete neurale comprendente corteccia frontale, sistema limbico, cervelletto e tronco encefalico concorre alla genesi dell’affezione pseudobulbare. I circuiti limbico-frontali sono infatti coinvolti nei meccanismi che regolano il comportamento in base alle emozioni. Queste vie nervose (cortico-ponto-cerebellare) sarebbero dunque all’origine della “incontinenza emotiva”, ovvero delle manifestazioni motorie di risa o pianto patologiche.

Tali eventi acuti devono tuttavia essere distinti da altri disturbi psichiatrici, quali depressione e disturbo bipolare, caratterizzati – questi – da una persistente durata di uno stato emotivo alterato, in contrapposizione con la transitorietà che definisce l’affezione pseudobulbare. Le crisi possono essere invalidanti dal punto di vista sociale e l’impatto sulla vita quotidiana notevole. Differenti approcci terapeutici permettono però un controllo e una riduzione della frequenza degli episodi. Si tratta di farmaci che regolano la concentrazione di alcune molecole chiamate neurotrasmettitori (in questo caso glutammato e serotonina), stabilizzando la trasmissione nervosa nel cervello.

La trasformazione di Arthur

Nel film, quando Arthur Fleck è costretto a sospendere la terapia a causa della manovra di Thomas Wayne (che taglia i fondi ai servizi sociali), ha inizio la tumultuosa trasformazione di Arthur, individuo solo e inascoltato che vive la scissione tra ciò che è e ciò che la gente si aspetta lui sia – come esprime nel suo diario: <<La parte peggiore di avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l’avessi>> – in Joker, personaggio che non deve più strozzare la propria risata, ma che anzi la eleva a simbolo, potendo essere finalmente sé stesso.

Fonti:

Pseudobulbar affecthttps://www.tandfonline.com/doi/full/10.1586/ern.11.68 

Joaquin Phoenix, Todd Phillips – Joker press conference – 76th Venice Film Festival: https://www.youtube.com/watch?v=mK7dkmekfIg 

Mattia Porcino