Dolan e il suo cinema “arcobaleno” per uscire dall’opacità

“Vorrei vivere in un film di Wes Anderson” cantavano, nel lontano 2010, I Cani, progetto musicale indie-pop nato dal cantautore e produttore romano Niccolò Contessa. Ma al giorno d’oggi, forse, e senza rischiare di essere troppo prolissi, alcuni preferirebbero poter dire: “Vorrei vivere in un film di Xavier Dolan. Quest’ultimo, un regista francese classe ‘89, colpevole a soli 26 anni di essersi aggiudicato la Palma D’Oro al Festival di Cannes con Mommy, commettendo così un vero e proprio parricidio estetico.
In quell’occasione, infatti, Dolan non solo si aggiudicò il Premio della giuria in ex-aequo con Adieu au Langage del padre della Nouvelle Vague, Jean-Luc Godard, ma dopo aver vinto il premio, il giovane regista affermò durante una conferenza stampa: “Le opere di Godard non sono film che mi interessano”.

Fu proprio con queste parole che l’enfant prodige del cinema francese iniziò la sua carriera. E ne passerà di tempo fino a quando Dolan farà un film che potrà mettere d’accordo la critica. Con l’uscita di La mia vita con John F. Donovan (2018), sulle pagine del Guardian si scriveva di lui:

“Dolan esplora ancora una volta temi importanti per se stesso e per il suo lavoro, ma senza curarsi troppo di capire se il pubblico troverà il suo film interessante, coinvolgente o almeno coerente”.

Ma quindi perché dovremmo voler vivere dentro un film di Dolan?

Semplicemente perché il suo mondo, contrariamente a quello di Godard, non è mai troppo opaco, con personaggi misteriosi e irrazionali e narrazioni poco comprensibili. Quello di Dolan è un mondo di continue sfocature e messe a fuoco, di primi piani a effetto, di attenzione maniacale su tutti i dettagli anche sui più minuziosi. Un mondo in cui tutto questo fa da contraltare ad una quotidianità quasi cinematografica.
E poi, Dolan viene criticato semplicemente perché nei suoi film ci parla di lui, della sua omosessualità e di come sia difficile viverla ed esprimerla senza sentirsi inadeguati in un mondo, – forse più vicino a Godard che a lui – troppo opaco per comprendere a pieno una tale sincerità.

Si è festeggiata proprio ieri, mercoledì 17 maggio, la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Ed è grave che ancora oggi molte persone LGBTIQ+ siano costrette a subire discriminazioni, abusi e violenze. È proprio in un mondo così, in cui l’omofobia è l’odio dei pochi che non sanno amare, che ognuno sente il bisogno di trovare il proprio “inno d’amore”. E perché non cercarlo proprio nel cinema, in film come il recente Stranizza d’amuri di Giuseppe Fiorello che nel raccontarci un tragico evento accaduto nella Sicilia degli anni ‘80, il delitto di Giarre, è riuscito a farci riflettere sul fatto che, nonostante il tempo trascorso, l’omofobia resta un problema ancora attuale.

Saremmo, forse, tutti più felici?

Cosa significherebbe immedesimarci in personaggi come Laurence Alia, professore universitario di letteratura francese che comunica alla compagna il proprio desiderio di intraprendere un percorso di transizione e diventare donna? E ancora, come ci comporteremmo se fossimo al posto di Frédérique, la compagna di Laurence? Decideremmo anche noi di restare accanto alla persona amata?

Laurence Anyways e il desiderio di una donna…, il film in questione, presentato al Festival di Cannes nel 2012 e che ha fatto ottenere a Dolan proprio la Queer Palm, è solo uno dei tantissimi esempi che potremmo fare guardando la filmografia del regista. E per Dolan forse il cinema sarà un modo per raccontare la sua vita ma di sicuro – e mi rivolgo alla critica – è anche un modo per farci capire che siamo tutti diversi, siamo tutti vittime di tabù e ruoli predefiniti, compreso lui, ma a volte per uscire da un mondo un po’ troppo opaco basta davvero poco.

Domenico Leonello
Caposervizio UniVersoMe

 

*Articolo pubblicato il 18/05/2023 sull’inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud

Cannes 2023: il festival dei grandi ritorni

Ormai manca meno di una settimana all’inizio di uno dei festival del cinema più importanti al mondo: Cannes 2023! La premiazione avrà inizio giorno 16 maggio con una proiezione speciale, Jeanne du Barry- la favorita del re diretto dalla regista francese Maïwenn, per chiudersi poi il 27 maggio.

A Cannes quest’anno non sembrano mancare colpi di scena e nuovi capolavori: tra i film presentati in concorso ritroviamo opere anche di noti registi a livello internazionale. Uno che attira particolarmente l’attenzione dello spettatore è Asteroid City diretto da Wes Anderson (The french dispatch): già dal solo trailer uscito il 29 marzo si ritrova il solito coloratissimo stile che denota tutti i suoi film! Tra i grandi esclusi da questa edizione si ritrovano il regista Woody Allen, che con il suo Coup de Chance non sembra attirare abbastanza l’attenzione del delegato generale di Cannes, Thierry Fremaux, insieme al noto Roman Polanski, la cui pellicola The Palace viene anche tagliata fuori. Quali novità ci aspettano per questo Cannes 2023?

Johnny Depp: un ritorno trionfante?

Questa settantaseiesima edizione del festival di Cannes è anche segnata dal ritorno nel cinema di un noto divo Hollywoodiano: stiamo parlando di Johnny Depp. La battaglia legale messa in atto tra l’attore e la sua ex moglie, l’attrice Amber Heard, è stata per tanti mesi sotto gli occhi di tutti. Depp sembrava averne pagato le conseguenze maggiori anche dal punto di vista lavorativo: l’attore infatti era stato escluso dal cast di Animali fantastici 3 proprio per i suoi problemi legali con l’ex moglie e le presunte accuse di violenza domestica nei confronti della Heard.

Ad ogni modo, Johnny Depp fa il suo nuovo ritorno nel cinema con il già citato Jean du Barry: qui interpreta Luigi XV e recita affianco alla stessa Maïwenn, nei panni di Madame du Barry.

Cannes 2023
Johnny Depp in Jean Du Barry. Fonte: theplaylist.net , why not productions, Le pacte

L’oro alla carriera per Michael Douglas

Quest’anno Cannes punta a regalare tantissime emozioni fin dal primo giorno! Il 16 maggio, infatti, oltre al film ritorno di Johnny Depp come pellicola di apertura, verrà premiato il grande Michael Douglas con la Palma d’oro alla carriera. L’attore, figlio della star Kirk Douglas, deceduto nel 2020, si è distinto per il suo grande talento e per la passione per il cinema durante i più di cinquant’anni di carriera. L’attore sarà sicuramente noto ai più giovani per il ruolo di Hank Pym in Ant-man, ma si è distinto per la sua bravura in   moltissime altre pellicole come The game diretto da David Fincher o Attrazione Fatale.

“Dopo oltre 50 anni di carriera, è un onore tornare sulla Croisette per aprire il Festival e parlare la nostra lingua comune, quella del cinema” – Michael Douglas

L’orgoglio italiano a Cannes 2023

Dopo la quasi totale assenza dell’Italia agli Oscar 2023, i riflettori di Cannes fanno risplendere nuovamente il talento italiano. Quest’anno, infatti, sono stati inclusi tra in film in concorso ben tre opere made in Italy: non si aveva una così vasta rappresentanza al  festival da più di vent’anni!

Prima pellicola in gara è Il sol dell’avvenire diretto da Nanni Moretti: il regista festeggia con quest’opera i suoi quarantacinque anni al festival, dal suo primo film presentato Ecce Bombo. Nel cast ritroviamo lo stesso Moretti, nei panni di un regista intento a girare un film negli anni 50, affiancato da Margherita Buy.

Il secondo film italiano in concorso è La chimera, diretto da Alice Rohrwacher. L’attore britannico Josh O’connor (il principe Charles nella serie The Crown, Peaky Blinders) interpreta il protagonista Arthur, un trafficante di reperti archeologici. Nel cast si ritrovano anche Isabella Rossellini e Alba Rohrwacher. La pellicola sarà proiettata per la prima volta proprio qui a Cannes.

Cannes 2023
Una scena di rapito di Bellocchio. Fonte: 24emilia.com

La terza ed ultima opera cinematografica italiana in gara è Rapito diretto da Marco Bellocchio. Il film, basato su eventi storici, racconta le vicende di Edgardo Mortara, bambino ebreo strappato alla propria famiglia per essere cresciuto come cristiano da papa Pio IX. Rapito è tratto dal libro Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa di Daniele Scalise. Nel cast ritroviamo Paolo Pierobon (Qui rido io) nel  ruolo di Papa Pio IX, insieme a Fausto Russo Alesi (La stranezza) e Barbara Ronchi.

Jean-Luc Godard ritrovato

Festival cinematografici così antichi come quello di Cannes sono il luogo perfetto per rendere omaggio al grande cinema, di ieri e di oggi. Quest’anno si vuole ricordare un grande regista, scomparso nel settembre dell’anno scorso: Jean-Luc Godard. Il francese, un luminare della cinepresa, è stato uno dei maggiori esponenti della corrente cinematografica della Nouvelle Vague; con il suo estro creativo in un continuo e frenetico movimento, Godard ha regalato alla storia del cinema un numero vastissimo di opere e capolavori. Lo stesso avanzare dell’età non ha frenato la sua passione di fare cinema: fino al momento della sua morte a novantuno anni (qui il nostro articolo), il regista ha prodotto film, lasciando, purtroppo, incompleto il suo ultimo lavoro.

E’ proprio in questo che il festival vuole ricordarlo: mostrando al mondo la sua ultima grande idea lasciata in sospeso per sempre. Si tratta di un semplice trailer preparatorio di circa venti minuti, da cui avrebbe dovuto prendere poi forma Drôles de Guerres, un film mai nato.

Cannes 2023
Jean-Luc Godard. Fonte: arquitecturaviva.com

Già da queste sole anticipazioni si prevede un festival di Cannes tutt’altro che noioso: una premiazione in cui il cinema è protagonista. Non resta che aspettare questi ultimi giorni e tifare per i nostri talenti italiani!

Ilaria Denaro

Ricordando Godard: il regista che ha influenzato Tarantino

Critico, cineasta e agitatore politico. È così che ricordiamo Jean-Luc Godard morto all’età di 91 anni, in Svizzera, facendo ricorso al suicidio assistito.

Non era malato, era soltanto esausto. (Da una fonte vicina al regista citata da Libération)

Nato a Parigi il 3 dicembre 1930, è stato tra i più significativi autori cinematografici della seconda metà del Novecento. Esponente di rilievo della Nouvelle Vague, dal suo primo lungometraggio, À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro), è diventato un punto di riferimento per molti registi statunitensi della New Hollywood e, più recentemente, per autori come Quentin Tarantino. In particolare, sono stati due i film di Godard che hanno influenzato il regista nella realizzazione del suo cult, Pulp Fiction: Vivre sa vie e Bande à part. Quest’ultimo, una vera e propria esperienza cinefila, ha inoltre ispirato il regista statunitense nel dare il nome alla sua casa di produzione: A Band Apart.

Non va dimenticato nemmeno l’amore sconfinato e l’ammirazione che Bernardo Bertolucci provava nei confronti di Godard. La splendida sequenza del film sopracitato Bande à part girata al Louvre, dove tre ragazzi corrono come forsennati lungo gli immensi spazi del museo verrà ripresa molti anni dopo dal regista italiano nel suo film The Dreamers – I sognatori, dove i protagonisti Eva Green, Louis Garrel e Michael Pitt ripetono la corsa proprio al Louvre identificandosi in Franz, Arthur e Odile, tre giovani spensierati che girano per Parigi con una vecchia SIMCA decappottabile e passano le giornate tra un corso d’inglese e un bistrot dove bere qualcosa e fantasticare sul loro futuro.

E Godard, che girava due o tre film all’anno, era l’autore che ci rappresentava meglio, con la sua severità un po’ calvinista e la sua capacità di tenere il mondo e quel che scorreva intorno nell’incavo delle sue mani. (Il regista italiano Bernardo Bertolucci)

Da grande critico a grande regista

Ma prima di diventare il cineasta che oggi tutti conoscono, Godard fu un grande critico. Risale al 1950 il suo primo articolo sulla Gazette du Cinéma, intitolato Joseph Mankiewicz, a cui seguiranno molte recensioni. La più impegnata è quella su L’altro uomo di Alfred Hitchcock pubblicata per Cahiers du cinéma.

Solo dopo aver abbandonato l’attività di critico cinematografico e dopo una serie di cortometraggi, arriva il suo primo lungometraggio À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro): che diverrà il vessillo della Nouvelle Vague francese. Il film, che è stato girato in sole quattro settimane e con un budget limitato, ottiene il premio Jean Vigo e dà inizio al primo periodo della filmografia godardiana. All’interno di questa sua prima opera sono già presenti quelle “trasgressioni” ai modelli narrativi tradizionali che la Nouvelle Vague utilizzerà per distanziarsi dal cosiddetto “cinema di papà” che per oltre sessant’anni anni Godard attaccò prima come critico e poi come regista: montaggio sconnesso, attori che si rivolgono direttamente al pubblico, sguardi in macchina. Evidente risulta anche la cinefilia di Godard, che cita ossessivamente i film statunitensi di genere degli anni Cinquanta.

Il cinema copia la vita. Sai cosa diceva Jean Renoir? Bisognerebbe dare onorificenze alla gente che fa i plagi.” (Godard durante un’intervista)

 Adieu Godard!

Il regista appartiene anche alla storia della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia dov’è stato più volte premiato. In particolare, nel 1982, ottenendo il Leone d’oro alla carriera. E nel 1983, quando la Giuria internazionale presieduta da Bernardo Bertolucci ha premiato col Leone d’oro il suo Prénom Carmen.

Oggi anche il presidente francese, Emmanuel Macron, ha espresso il suo rammarico per la morte del regista tramite un tweet:

Nel cinema francese, fu come un’apparizione. Poi, ne divenne un maestro. Jean-Luc Godard, il più iconoclasta fra i registi della Nouvelle Vague, aveva inventato un’arte assolutamente moderna, intensamente libera. Perdiamo un tesoro nazionale, uno sguardo da genio.

Addio a Jean-Luc Godard. Per molti un maestro ma anche un padre, un amico, un confidente, un amante, un guardiano dell’anima e del pensiero. Uno dei più grandi rivoluzionari della storia del cinema. Addio, addio e grazie di tutto. Grazie per averci insegnato a vedere il cinema nella realtà!

Ora ho delle idee sulla realtà, mentre quando ho cominciato avevo delle idee sul cinema. Prima vedevo la realtà attraverso il cinema, e oggi vedo il cinema nella realtà. (Da un’intervista del 1964)

Domenico Leonello