Ordinanza in vigore da oggi: ecco le nuove regole da rispettare

A partire da oggi, lunedì primo marzo, Lombardia, Marche e Piemonte saranno in zona arancione, Basilicata e Molise in area rossa, la Liguria è tornata in zona gialla, mentre la Sardegna sarà la sola regione italiana in zona bianca– l’area con minori restrizioni in base alla classificazione del rischio introdotta a inizio gennaio.

La decisione era stata già comunicata venerdì ed è stata introdotta attraverso cinque ordinanze firmate dal ministro della Salute Roberto Speranza sabato 27 febbraio, in base ai dati e alle indicazioni della Cabina di regia.

(fonte: Perugiatoday)

“Sarebbe bello dire che è tutto finito e che siamo in una fase diversa, ma la più grande responsabilità di chi rappresenta le istituzioni è dire come stanno le cose. E la verità è che le prossime settimane non saranno facili. Abbiamo una campagna vaccinale da accelerare e allo stesso tempo una epidemia molto forte e presente sui territori”

Le regole da rispettare

In attesa della firma del Presidente del Consiglio Mario Draghi al nuovo Dpcm, che avrà efficacia dal 6 marzo fino al 6 aprile, entrano oggi in vigore le nuove disposizione dettate dalle ordinanze del ministro Speranza.

Sono cinque le ordinanze firmate che dettano disposizioni diverse in base ai dati sulla curva epidemiologica forniti dal CTS:

  1. La prima ordinanza del Ministro Speranza “conferma per ulteriori quindici giorni per le Regioni Abruzzo, Toscana, Umbria e per la Provincia Autonoma di Trento e Bolzano, le misure disposte dall’Ordinanza del 12 febbraio 2021”.
  2. La seconda ordinanza “dispone il passaggio in zona arancione per le Regioni Marche, Lombardia e Piemonte”.
  3. La terza ordinanza “dispone il passaggio in zona rossa per la Regione Basilicata”.
  4. La quarta ordinanza “dispone il passaggio in zona rossa per la Regione Molise”.
  5. La quinta ordinanza “dispone il passaggio in zona bianca per la Regione Sardegna”.

In Umbria entra in vigore anche l’ordinanza della Presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, che “prevede alcune misure sia di carattere regionali sia specifiche per la Provincia di Perugia, senza l’individuazione di aree rosse”.

Dunque, Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta, Veneto sono in zona gialla; Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Trento, Umbria in area arancione; Basilicata, Molise in zona rossa e Sardegna in zona bianca.

(fonte: Adnkronos)

La Sardegna è l’unica regione italiana a essere in zona bianca, cioè quella con il più basso livello di rischio epidemiologico. Secondo quanto disposto dall’ordinanza firmata dal presidente della Regione, Christian Solinas, si punta ad una graduale riapertura delle attività di ristorazione, permettendo ai ristoranti di rimanere aperti fino alle 23 e ai bar fino alle 21; il coprifuoco non sarà eliminato ma sarà dalle 23 alle 5; si valuta anche una possibile riapertura, con le necessarie restrizioni, di palestre e piscine, musei, e centri commerciali: Solinas ha comunque precisato che l’allentamento delle restrizioni “non rappresenta certamente un invito al liberi tutti”, ma piuttosto “uno sprone alla massima responsabilità”.

Mentre, per le regioni in zona arancione restano in vigore le regole generali: il coprifuoco dalle 22 alle 5, tuttavia, dalle 5 alle 22 non è necessario motivare gli spostamenti all’interno del proprio comune; non ci si può spostare tra comuni se non per motivi di lavoro, salute o necessità, ma si può sempre rientrare alla propria residenza, domicilio o abitazione: è possibile fare visita a una sola casa una volta al giorno, sempre dalle 5 alle 22 ed all’interno dello stesso comune e in una massimo di due individui, salvo accompagnatori di minori di 14 anni, persone disabili o non autosufficienti, per cui tale limite non vale; i negozi possono rimanere aperti, sempre nel rispetto delle linee guida (controllando gli ingressi e facendo mantenere il distanziamento fisico); permane il divieto di consumare cibi e bevande presso locali delle attività di ristorazione; bar e ristoranti potranno lavorare soltanto con le consegne da asporto e a domicilio dalle 5 alle 22.

In zona rossa si limitano al massimo gli spostamenti, consentiti solo per lavoro, salute o necessità, o per rientrare al domicilio, residenza o abitazione; negozi non essenziali sono chiusi; ristoranti e bar possono fare asporto (fino alle 18) e consegne a domicilio; non è più in vigore la “deroga sulle visite”, dunque si potrà andare a casa di altre persone soltanto per motivi di necessità;  gli spostamenti tra regioni saranno consentiti esclusivamente per comprovati motivi di lavoro, salute o necessità.

La situazione epidemiologica in Italia

Tocca quota tre milioni il numero dei casi di Covid in Italia (ad oggi sono 2.925.265), con un aumento del tasso di positività: in base ai 257.024 tamponi eseguiti, oggi risulta del 6,7%, a differenza di ieri dove era del 5,8%; aumento dei positivi che oggi sono 10.401 in più a discapito dei guariti che sono 6.847.

Invece, vi son 17.455 nuovi casi registrati, in diminuzione rispetto a ieri, quando se ne contavano 18.916, ma con più tamponi eseguiti. In diminuzione consistente anche il numero dei morti da Covid, con 192 decessi rispetto ai 280 di ieri; sono 2.231 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, con un aumento di 15 unità rispetto a ieri; gli ingressi giornalieri in rianimazione sono stati 131 (ieri erano stati 163); ricoverate 18.638 persone nei reparti ordinari.

(fonte: LaStampa)

A fronte di una situazione simile l’unica reale soluzione resta il vaccino; tuttavia, ad oggi i soggetti vaccinati, compreso il richiamo con la seconda dose, sono, secondo il sito del governo, 1.400.262.

Si punta comunque ad un incremento di vaccinazioni che tra arrivi tra le trecentomila e le cinquecentomila somministrazioni al giorno ad aprile, per raggiungere l’obiettivo di poter ottenere fino a 19 milioni di vaccinazioni al mese.

È quanto auspicano fonti che lavorano alla nuova strategia sui vaccini, anche alla luce del previsto arrivo delle dosi Johnson & Johnson ad aprile; infatti, secondo gli accordi, per quest’ultima tipologia di vaccino sono previste sette milioni e trecentomila dosi nel secondo trimestre del 2021.

Il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi ha affermato che potrebbero arrivare in aprile in Italia le prime dosi del vaccino Johnson&Johnson, non appena si avrà l’ok dell’Ema, l’autorità regolatoria europea, e dell’Aifa, l’agenzia italiana, ha poi aggiunto che potrebbero arrivare in Italia alcuni milioni di dosi entro giugno e 27 milioni entro dicembre.

Intanto, per accelerare la distribuzione AstraZeneca è disposta a cedere le licenze di produzione. Lorenzo Wittum, amministratore delegato di AstraZeneca Italia, ha comunicato: “Abbiamo bisogno di un partner capace di gestire questo processo di produzione, perché il trasferimento tecnologico non è assolutamente facile, e che abbia capacità di produzione di decine di milioni al mese”

Emblematico il caso del novantunenne Giovanni, che ha deciso di donare la propria dose di vaccino anti-Covid a Cinzia, madre di un ragazzo con gravi disabilità: “Vaccinate lei che non può ammalarsi, e non può permettersi di portare il virus in casa, io ho 91 anni, credo proprio di essere meno utile”

L’uomo ha risposto a un appello che la mamma aveva lanciato qualche giorno prima alla regione Toscana affinché anche i genitori delle persone disabili, soprattutto giovani, potessero rientrare nelle categorie prioritarie delle persone da vaccinare.

Gesti di solidarietà che riscaldano il cuore in un periodo dove “il freddo” è all’ordine del giorno; perché risulta inammissibile che una persona debba rinunciare alla propria salute a causa dell’egoismo altrui.

Manuel De Vita

Tutto ciò che è necessario per i giovani. La chiave della rinascita per Draghi

Draghi rimini
Draghi al Meeting di Rimini (agosto 2020) Fonte: investing.com

È un uomo di poche parole, Mario Draghi. Non è un frequentatore di salotti televisivi né avvezzo ad interviste: lo abbiamo percepito tutti cercando tra le righe le idee da cui potrebbe far partire un nuovo esecutivo. In circolo ci sono poche espressioni, ma che hanno il peso e l’eco di epigrafi. “Whatever it takes”: sì, ma non solo. Ci sono altri momenti per il quale Super Mario merita di essere menzionato. “Ai giovani bisogna dare di più”, ad esempio. Lo diceva già ad agosto, durante il Meeting di Rimini, spiegando che i sussidi tout court da soli non serviranno a risanare il tessuto sociale del Paese: se non ben bilanciati, lo lacereranno ancor di più. Per Draghi l’unico volano per una rinascita sociale ed economica italiana, sarà investire sulle nuove generazioni, le stesse – diciamolo senza mezzi termini – che dovranno pagare un debito mai visto nella storia italiana.

È dunque alle donne e agli uomini di domani che bisogna dare il massimo supporto affinché si delinei una società che permetta libera scelta nella formazione umana e nella qualificazione professionale. Se non si mette al centro questo punto focale il rischio è che al futuro si arrivi con meno possibilità del presente e con più diseguaglianze del passato.

Si tratta di coltivare persone, non titoli di stato, non voti. Si mette sul tavolo un investimento potenzialmente vincente ed esponenzialmente fruttuoso.

campanella draghi-conte
Il passaggio simbolico della campanella tra il presidente uscente Conte e il premier incaricato Draghi -Fonte: avvenire.it

Non serve un esperto in politica economica per capire, invece, che il vizio dei recenti governi sia risieduto tutto nel non aver mai impiantato obiettivi di lungo termine, ma semplicemente portato a compimento – nel migliore dei casi – obiettivi nei termini temporali di un esecutivo a causa di una ricerca spasmodica di un immediato ritorno politico.

Quello che serve per una crescita sostanziale, economica e sociale, sono tutti elementi che vanno nella direzione opposta. Servono lungimiranza, pazienza e soprattutto coraggio. Ci vuole impegno morale per spendere decine di miliardi di euro nell’istruzione. È una strada scomoda, un investimento silenzioso, i cui risultati possono essere raccolti solo nel lungo termine, quando ormai sono troppo distanti da chi li ha propagati. Chi investe sull’istruzione, insomma, rischia di passare inosservato.

PNRR
Fonte: mef.gov.it

Già a partire dalla sobrietà del governo dimissionario, sembra che si sia mettendo fine all’egoismo che ha indotto i governi a favorire obiettivi elettorali; la tendenza sembra essersi invertita anche ad un livello superiore, e non è un caso che l’Europa abbia intitolato il piano di ripresa europea alla generazione futura – il NextGenerationEu. Per gestire i fondi di quest’ultimo, nel Recovery Plan già il governo Conte, aveva riservato nell’ultimo progetto quasi 28,46 miliardi (9 in più rispetto alla prima bozza) all’istruzione e alla ricerca mentre la questione giovanile era al secondo posto tra i gli obiettivi fondamentali da portare a termine entro il 2026. Adesso si ha buon motivo di credere che spetterà al nuovo governo tecnico ricalcolare e rinegoziare. E Draghi non sembra discostarsi tanto da queste premesse poichè già da giorni le prime dichiarazioni trapelate sul programma di governo confermerebbero la primarietà dell’istruzione in agenda, come anche le notizie sull’apertura delle scuole fino a luglio per recuperare il “tempo perso” o del riempimento delle cattedre già dalla fine di quest’anno scolastico.

piano resilienza
Il piano approvato dal consiglio dei ministri dell’esecutivo Conte il 12 gennaio 2021 – Mef.gov.it

È il solo modo, quello di investire dei fondi per i giovani, affinché l’Europa riprenda a chiedersi che ne pensa l’Italia. E non solo perché si prospetta una figura come Draghi al comando di un esecutivo.

Ma soprattutto l’istruzione e la ricerca, insieme, sono la sola via perché i germi di menti performanti attecchiscano nella loro terra, senza dover perdere le radici.

“Ogni crisi ha in sé i semi del successo e le radici del fallimento”, dice Norman R. Augustine; ed ogni crisi può innescare un vero e proprio turn-around. Non si tratta di utopia, ma di responsabilità morale verso il futuro.

È forse giunta l’ora che l’Italia sperimenti l’ordinario e metta a frutto il cosiddetto debito buono – come lo chiama il Presidente incaricato – un vero e proprio investimento che risponda a criteri di sostenibilità e che, seppur contempla un ingente impiego di risorse nell’ora, delinei dei consistenti risultati umani nel futuro.

Martina Galletta

Articolo pubblicato l’11 febbraio 2021 sull’inserto NoiMagazine di Gazzetta del Sud

COVID e adolescenti: la pandemia oltre il virus

L’Italia non è un Paese per giovani, e la pandemia in corso ne da ulteriore conferma.
Scarsa considerazione è stata data a chi rappresenta il futuro, generando una pandemia silenziosa tra i giovanissimi. Affrontiamo insieme la questione! Continua a leggere “COVID e adolescenti: la pandemia oltre il virus”

È importante ricordare anche se fa male: il Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe

Oggi, 10 febbraio, noi italiani, ricordiamo una delle più tristi pagine della nostra storia. Da sette anni, su decisione del Parlamento, si celebra il Giorno del ricordo, per la commemorazione di migliaia di vittime, che tra il 1943 e il 1947 vennero catturate, uccise e gettate nelle cavità dell’Istria e della Dalmazia: le foibe.

Su internet, digitando la parola “foiba”, si legge “depressione carsica a forma di grande conca chiusa, derivata dalla fusione di più doline, sul fondo della quale si apre una spaccatura che assorbe le acque”. Insomma un elemento paesaggistico, come una collina, un dosso, una caverna, nulla che faccia riferimento a tutto quello che significa per un italiano: una delle più complesse e dolorose vicende della nostra storia, per molto tempo, tra l’altro, dimenticata.

(fonte: SlideShare)

La storia dietro la memoria

Istriani, fiumani e dalmati, nel tragico secondo dopoguerra, furono costretti a lasciare le loro terre per proteggersi dai partigiani jugoslavi di Tito, responsabili di quella che fu un’altra “pulizia etnica”.

È il 1943. Un periodo buissimo per l’Italia: dopo tre anni di guerra il regime fascista di Mussolini aveva decretato il proprio fallimento, con il seguente scioglimento del Partito fascista, la resa dell’8 settembre e lo sfaldamento delle nostre Forze Armate.

Nel frattempo, nei Balcani, in particolare in Croazia e Slovenia – due regioni confinanti con l’Italia – avevano avuto il sopravvento le forze politiche comuniste, guidate da Josip Broz, con nome di battaglia Tito.

Queste si vendicarono dei fascisti e della italianizzazione forzata a lungo imposta nei territori italiani fino a Trieste, che decisero di riconquistare.

Considerarono nemici non solo i fascisti, ma anche tutti gli italiani non comunisti, torturandoli e gettandoli nelle foibe.

Questa atroce vendetta finì per colpire anche italiani innocenti.

Fino alla fine dell’aprile del 1945, i partigiani jugoslavi erano stati tenuti a freno dai tedeschi, ma con il crollo del Terzo Reich niente poteva più fermarli.

L’esercito jugoslavo arrivò ad occupare l’Istria – fino ad allora territorio italiano, e dal ’43 della Repubblica Sociale Italiana – e puntò verso Trieste. Tutti territori che fino alla prima guerra mondiale erano stati negati alla Jugoslavia.

Non aveva, però, tenuto conto delle truppe alleate che avanzavano dal Sud della nostra penisola: la prima formazione alleata per la liberazione di Venezia e poi Trieste fu la Divisione Neozelandese del generale Freyberg, l’eroe della battaglia di Cassino.

Gli jugoslavi riuscirono intanto a impadronirsi di Fiume e di tutta l’Istria interna, compiendo feroci esecuzioni contro gli italiani. Non riuscirono, però, ad assicurarsi la “preda più ambita”: la città, il porto e le fabbriche di Trieste.

(fonte: Internazionale)

Alla fine del ’46 la questione italo-jugoslava era divenuta per molti un peso che intralciava la soluzione di questioni più importanti: gli Alleati volevano trovare una soluzione per Vienna e Berlino, l’Unione Sovietica doveva sistemare la divisione della Germania, l’Italia era alle prese con la gestione della transizione tra monarchia e repubblica.

Bisognava stabilire il confine esatto tra Italia e Jugoslavia. La questione si concluse con la firma del trattato di pace di Parigi il 10 febbraio 1947. Si seguii la proposta francese: l’Italia consegnò alla Jugoslavia numerose città e borghi a maggioranza italiana rinunciando per sempre a Zara, alla Dalmazia, alle isole del Quarnaro, a Fiume, all’Istria e a parte della provincia di Gorizia.

Inoltre, si concesse alla Jugoslavia il diritto di confiscare tutti i beni dei cittadini italiani, con l’accordo che sarebbero poi stati indennizzati dal governo di Roma.

Dentro la foiba

Tra il maggio e il giugno del 1945, migliaia di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati.

Secondo alcune fonti, le vittime di quei pochi mesi furono tra le quattromila e le seimila, per altre diecimila.

Si uccideva con estrema crudeltà: i condannati venivano legati tra loro con un fil di ferro stretto ai polsi e fucilati in modo che si trascinassero nelle cavità, gli uni con gli altri.

(fonte: CLN)

Sembra impossibile, che una simile tragedia sia rimasta nell’oblio per quasi sessant’anni, tra quel quadriennio del ’43-’47 e il 2004, quando il Parlamento approvò la legge Menia – dal nome del deputato triestino Roberto Menia, che l’aveva proposta – sull’istituzione delGiorno del Ricordo”.

La risposta andrebbe cercata in una sorta di tacita complicità tra le forze politiche centriste e cattoliche, da una parte, e quelle di estrema sinistra, dall’altra. Solo dopo il 1989, con il crollo del muro di Berlino e l’autoestinzione del comunismo sovietico, nell’impenetrabile diga del silenzio incominciò ad aprirsi qualche crepa.

Il 3 novembre 1991, l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si recò in pellegrinaggio alla foiba di Basovizza e, in ginocchio, chiese perdono per un silenzio durato cinquant’anni.

Le parole di Mattarella

“Il silenzio, le sacche di deprecabile negazionismo militante e il riduzionismo, sono gli ostacoli contro cui ancora si combatte per questa sciagura nazionale”.

Lo scrive il presidente Mattarella, in occasione dell’odierna Giornata, il quale aggiunge che il vero avversario da battere, “più forte e più insidioso”, è quellodell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi”.

Il capo di Stato sottolinea anche che angosce e sofferenze sono un monito perenne “contro le ideologie e i regimi totalitari che negano i diritti fondamentali della persona e rafforzano ciascuno nei propositi di difesa e promozione di pace e giustizia”.

(fonte: Telefriuli)

Le iniziative in tutta Italia per ricordare

Diverse le iniziative – vista la drammatica situazione sanitaria, quasi tutte online – per celebrare il Giorno del Ricordo.

Domani, in rappresentanza della Regione Emilia-Romagna, l’assessore regionale Mauro Felicori parteciperà alla cerimonia di commemorazione che si svolgerà a Bologna, alle ore 15.30, al cippo nel Giardino Martiri dell’Istria Venezia Giulia e Dalmazia, dove sarà deposta una corona in onore delle vittime.

Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, afferma:

“Una tragedia a lungo dimenticata. Che abbiamo il dovere di ricordare, con obiettività, per preservare la verità storica del nostro passato. Un dramma che costò la vita a tanti innocenti e causò l’esilio di tanti italiani, persone e famiglie intere, che furono costretti a fuggire dalle loro terre e dalle proprie case”.

Pensiero condiviso anche da Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste che chiede di non dimenticare: “se si costruisce un mondo su odio e violenza non si va da nessuna parte“. Discorso che ruota intorno alle parole “riconciliazione” e “purificazione della memoria”, l’attività della Chiesa di quegli anni e di oggi.

Nel frattempo, si è sollevata la polemica per un simpatizzante neofascista chiamato lunedì 8 febbraio in Palazzo Vecchio di Firenze, per la commemorazione della tragedia delle foibe. Subito è scoppiata una rivolta a sinistra e anche nell’Anpi, l’associazione dei partigiani:

“Così facendo il Consiglio comunale si è piegato alla deriva che vede le foibe, l’esodo giuliano dalmata e tutte le terribili vicende storiche dei confini orientali un mero esercizio di contrapposizione politica, perdendo il senso e il significato storico complesso e articolato che hanno quelle vicende”.

Gallarate, invece, celebra con un brano musicale che racconta un pezzo della storia dell’Istria, territorio conteso e poi perso dall’Italia, annesso alla Jugoslavia e oggi parte della Croazia.

L’Amministrazione comunale di Arcisate propone la rappresentazione del libro “Perché la notte” di Lorella Rotondi, con le illustrazioni di Daria Palotti e la lettura di Anna Paola Montanari.

L’Italia non si ferma, non può fermarsi, perché solo così può mantenere vivo il ricordo; come dice un brano di Raige e Annalisa: “per non dimenticare mai”.

Manuel De Vita

“La guerra dei vaccini”: l’UE contesta le dichiarazioni del Ceo di AstraZeneca

È in corso una vera e propria “guerra dei vaccini’’, che vede impegnate le potenze mondiali in una frenetica corsa per l’accaparramento delle forniture di antidoti contro il Covid. Di recente è stata inasprita dalle accuse, fatte negli ultimi giorni dalla Commissione Europea, contestate da Pascal Soriot, amministratore delegato (CEO) dell’azienda farmaceutica britannico-svedese AstraZeneca, in un’intervista a Repubblica.

Azienda farmaceutica AstraZeneca. Fonte: Sky TG24

Bruxelles lo rimprovera per i ritardi annunciati e le insufficienti consegne del vaccino prodotto dalla sua azienda;  chiede, inoltre, lo svincolo dalla clausola di segretezza per la pubblicazione del contratto.

Alle 18.30 di questo pomeriggio era prevista una riunione del comitato direttivo sui vaccini Ue con AstraZeneca, in cui si sarebbe insistito sulla consegna delle dosi, ma la società ha fatto slittare l’incontro a domani.

AstraZeneca non è all’altezza della celerità pretesa dall’Ue 

Lo scorso venerdì, l’azienda aveva annunciato tagli alle consegne delle dosi vaccinali del 60% nel primo trimestre di quest’anno, riconoscendo di non poter produrre le dosi richieste dalla Commissione nei tempi concordati. In Italia, dunque, si prospetta un ritardo di almeno un mese nella campagna vaccinale: entro marzo dovrebbero arrivare circa 3,4 milioni di dosi, contro le 16 milioni previste inizialmente.

Le autorità europee, di fronte ad un simile scenario, hanno accusato i dirigenti dell’azienda farmaceutica di privilegiamento delle consegne ad altri Paesi, ai quali avrebbero venduto il vaccino, anche a prezzi più alti. Il principale indiziato sembra essere il Regno Unito, che ha già autorizzato la produzione delle dosi vaccinali.

Soriot nega le accuse 

Il CEO di AstraZeneca, Pascal Soriot. Fonte: Il Post

Durante l’intervista ai giornali del consorzio Leading European Newspaper Alliance – tra cui Repubblica – Soriot ha fornito la sua versione sulle circostanze, ricordando che il Regno Unito aveva stretto accordi tre mesi prima dell’Unione Europea. Uno scarto di tempo significativo per consentire all’azienda un’adeguata organizzazione per la disposizione della produzione nei propri impianti britannici. Ha inoltre ribadito che AstraZeneca ha promesso di non trarre profitti dal proprio vaccino nella prima fase di distribuzione:

‘’Come detto, Regno Unito e Unione Europea hanno due catene produttive diverse e al momento quelle britanniche sono più efficienti perché sono partite prima. In ogni caso, sia chiaro: non c’è alcun obbligo verso l’Unione Europea. Nel nostro contratto c’è scritto chiaramente: “best effort”, ossia “faremo del nostro meglio”. In quella sede abbiamo deciso di utilizzare questa formula nel contratto perché all’epoca l’Unione Europea voleva avere la stessa capacità produttiva del Regno Unito, nonostante il contratto fosse stato firmato tre mesi dopo. Così noi di AstraZeneca abbiamo detto: “OK, faremo del nostro meglio, faremo il possibile, ma non possiamo impegnarci contrattualmente perché abbiamo tre mesi di ritardo rispetto al Regno Unito”. Non è dunque un obbligo contrattuale, ma un impegno a fare il massimo. Perché sapevamo che sarebbe stato difficile e difatti ora abbiamo un po’ di ritardo.’’

La versione non è parsa tuttavia convincente agli occhi delle autorità europee, data la mancanza di prove e ulteriori dettagli che dimostrerebbero i problemi produttivi riscontrati dalla società, giustificandone il ritardo.

Mamer ribadisce i doveri di AstraZeneca

Il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer è intervenuto, in risposta all’intervista, ribadendo che l’azienda deve rispettare gli obblighi contrattuali e ha il dovere di fornire dettagliate spiegazioni circa l’impedimento nella consegna delle quote vaccinali promesse:

“Quando hanno firmato l’accordo, lo hanno fatto sulla base della capacità di produrre” ha detto.

Fonte: Repubblica.it

Mamer aveva anche ricordato che, in precedenza, negli accordi si parlava di una capacità di produzione che avrebbe consentito di poter rispettare gli impegni presi, senza alcun riferimento ad eventuali tagli alle forniture o ad un sito produttivo nello specifico. L’Europa reclama, quindi, una produzione delle dosi richieste anche nel Regno Unito (fino ad ora non impiegate altrove), oltre quella che viene fatta nell’impianto in Belgio.

Gaia Cautela

Ecco come l’Italia oggi ricorda la Shoah

Nonostante il trambusto e la baraonda della crisi di governo, oggi l’Italia non manca di celebrare la Giornata della Memoria. A sottolineare l’importanza di questo momento, la decisione del presidente della Repubblica di dare avvio alle consultazioni solo nel pomeriggio per non rinunciare ai suoi impegni di commemorazione.

Quando è stata istituita? Perché proprio il 27 gennaio?

Fu una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che, l’ 1 Novembre del 2005, scelse il 27 gennaio come giornata internazionale per ricordare le vittime dell’olocausto. In Italia, in realtà, già qualche anno prima si era giunti all’istituzione formale di una giornata commemorativa attraverso la legge 211 del 20 luglio 2000.

È stata scelta questa data perché il 27 gennaio del 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono nei pressi della città polacca di Auschwitz scoprendo il campo di concentramento e di sterminio maggiormente rappresentativo degli orrori compiuti dal Nazismo.

Campo di Auschwitz – Fonte: lilyrianitravelholic.blogspot.com

La Giornata della Memoria negli anni

Historia magistra vitae: è questa l’idea che ha guidato le celebrazioni per la Giornata della Memoria negli anni. Evocare il passato è sempre stato considerato un dovere necessario a ricordare alle generazioni presenti chi è stato l’uomo e chi potrebbe ancora essere. Nella Giornata della Memoria si sono sempre coniugate allerta e speranza per il futuro.

Il ricordo delle vittime dell’olocausto è stato tenuto vivo attraverso concerti, conferenze, incontri, racconti di testimoni. Un’iniziativa importante è da anni quella del treno della memoria: un treno che ha offerto a ragazzi di diverse regioni di Italia un viaggio lungo i sentieri della Memoria europea attraverso varie tappe, come la città di Cracovia, il Ghetto ebraico, i campi di Auschwitz e Birkenau. Forte impatto ha avuto l’incontro commemorativo, tenutosi l’anno scorso ad Auschwitz, tra duecento sopravvissuti e 50 delegazioni di più Stati. Alcuni tra gli ospiti importanti sono stati il presidente israeliano Reuven Rivlin, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, il re spagnolo Filippo VI, il re dei Paesi Bassi Willem Alexander, la viceministra degli Esteri italiana Marina Sereni.

Eventi in programma per oggi

Nonostante l’emergenza Covid, seppur con limiti e difficoltà, sono stati organizzati molti eventi per oggi, soprattutto grazie all’aiuto del web.

Il treno della memoria si trasferisce su binari virtuali: studenti di alcune scuole della Toscana, della Lombardia e del Piemonte potranno visitare, mediante un tour digitale, i campi di Auschwitz e Birkenau.

Nella pagina Facebook del Conservatorio di Milano alle ore 21:00 sarà trasmesso il concerto “Note per la Shoah”. Registrato a porte chiuse nella Sala Verdi del conservatorio di Milano, proporrà delle colonne sonore di film dedicati all’olocausto scritte dal maestro Ennio Morricone. Inoltre, nella giornata di oggi, dalla pagina Facebook del Memoriale della Shoah milanese sarà possibile partecipare ad un tour virtuale nella storia del Memoriale.

La comunità ebraica di Roma questa mattina ha tenuto sulla sua pagina Facebook un incontro con Sami Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz, intervistato dalla presidente Ruth Dureghello: un evento indirizzato a tutte le scuole d’Italia che non potranno partecipare a iniziative in presenza.

A Torino, stamattina ha avuto luogo la posa delle pietre d’inciampo, a cura del Museo Diffuso della Resistenza. Si troverà un video riassuntivo dell’evento sui canali social del Museo e del Polo del ‘900. Inoltre, alle 18 alcuni ragazzi saranno protagonisti di “Adotta un negazionista”, diretta radiofonica su Tradi Radio organizzata dalla Rete Italiana di Cultura Popolare alla ricerca del significato della parola negazionista ieri e oggi.

Il Memoriale italiano di Auschwitz propone un evento digitale: alle 17 si terrà una conferenza dedicata all’opera custodita a Firenze e a ciò che essa ha rappresentato e rappresenta per l’intera comunità.

Firenze, il memoriale italiano di Auschwitz – Fonte: www.ansa.it

La Giornata della Memoria a Messina

Anche la nostra città si è preparata alla celebrazione della Giornata della Memoria. Ad essere ricordati sono stati in particolare Giovanni Grasso e Salvatore Franchina, deportati e internati nei lager nazisti. Alle loro famiglie, durante una cerimonia che avuto luogo questa mattina nel rispetto delle norme Covid presso il palazzo del governo, sono state consegnate le medaglie d’oro dal prefetto Maria Carmela Librizzi. Ad essere premiato anche l’ufficiale dell’Arma dei Carabinieri Salvatore Patorniti, vittima di un atto terroristico mentre prestava servizio.

La stessa Università di Messina, grazie alla collaborazione tra il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne, il Centro di Ricerca internazionale per gli Studi sull’Antisemitismo ed il Centro Italiano femminile, si è fatta promotrice di un evento. Alle ore 9:00, sulla piattaforma Microsoft Teams, dopo il saluto del direttore del DiCAM, il professore Giuseppe Giordano, ha avuto inizio un webinar intitolato “Persecutori, Perseguitati. Biografie” con l’intervento di docenti ed esperti. L’iniziativa continuerà anche nel pomeriggio con approfondimenti sulle biografie di importanti personaggi della storia, come Marc Bloch, Claudio Pavone, Teresa Noce, Agnes Heller e Edith Stein.

Inneggi a Hitler anche nella Giornata della Memoria

Quello di oggi è un paese che si impegna a tenere vivo il ricordo del passato riconoscendolo come un atto doveroso. Infatti, sono molti gli avvenimenti che testimoniano che, ancora oggi, i principi che guidarono le terribili azioni del XX secolo fanno presa su molti. Proprio ieri, nel bel mezzo di una conferenza online organizzata dalla scuola di Monteverde Federico Caffè per ricordare l’olocausto, la chat Meet in cui si è svolta l’iniziativa è stata presa d’assalto da bestemmie, inneggi a Hitler e offese antisemite: “Riaprite i forni”, “Posaceneri”, “Viva Hitler”, “Vi ammazzo tutti bastardi”. Il sospetto è che qualcuno dei partecipanti alla riunione Meet abbia passato il link d’invito a gruppi esterni estremisti.

Chiara Vita

Dimissioni Conte: cosa succede adesso e tutti possibili scenari del Governo italiano

Stamattina Giuseppe Conte ha annunciato le sue dimissioni durante il Consiglio dei ministri, per poi formalizzarle davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’annuncio era già stato anticipato ieri, dovuto alle ulteriori difficoltà incontrate dal governo per trovare una solida maggioranza in Parlamento dopo l’uscita di Italia Viva -in Senato, infatti, sarebbe bastato un solo voto negativo in più per sancire la caduta del governo- e, dunque, al rischio di non avere i voti necessari per l’approvazione della relazione annuale sulla giustizia.

È stata formalmente aperta la crisi di governo: quella complicata fase politica e costituzionale che avrà termine solo quando un nuovo presidente del Consiglio, assieme ai suoi ministri, presterà giureranno davanti al presidente della Repubblica.

(fonte: Huffingpost)

I passaggi per arrivare alla formazione di un nuovo esecutivo

Innanzitutto, bisogna precisare che questa crisi di governo è di natura extraparlamentare, in quanto Conte ha ottenuto la fiducia al Senato martedì 19 gennaio; dunque, è una crisi nata da contrasti fra i partiti della coalizione di governo, non sancita da un voto di sfiducia.

In questo secondo caso, infatti, avrebbe avuto natura parlamentare: se Conte avesse presentato le proprie dimissioni come conseguenza di un voto negativo al Senato avrebbe avuto pochissime possibilità di ottenere il reincarico da Mattarella per la formazione di un nuovo governo.

Con le dimissioni, e fino al giuramento di un nuovo esecutivo- periodo definito di “vacatio” -il governo uscente rimane in carica per lo svolgimento degli “affari correnti”; infatti il presidente della Repubblica non ha firmato il decreto di accettazione delle dimissioni, che deve essere controfirmato dallo stesso premier.

Tuttavia, prima di accettare le dimissioni del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica potrebbe chiedere un “rinvio alle camere”, per verificare, attraverso un voto di fiducia, della sussistenza o meno di una maggioranza, andando dunque a parlamentarizzare la crisi.

L’avvio della crisi sarà sancito, come da prassi, dal comunicato del Quirinale, con la lettura di questo testo nel famoso salone delle Vetrate, il quale sarà aperto per l’occasione a giornalisti e troupe televisive.

(fonte: Slideplayer)

L’iter per la formazione di un nuovo governo è disciplinato dagli articoli 92, 93 e 94 della Costituzione, che prevede, nella prassi, un processo articolato in diverse fasi:

  • consultazioni: formalizzata la crisi di governo, il presidente della Repubblica stila un calendario degli incontri e apre dunque le consultazioni- che fanno parte delle “consuetudini costituzionali”, in quanto il presidente della Repubblica non ha alcun obbligo costituzionale ad avviarle-, ossia quella fase di incontri e colloqui con leader politici e istituzionali con l’obiettivo di capire se il Parlamento sia ancora in grado di esprimere una maggioranza oppure no.
  • incarico: se dalle consultazioni dovesse risultare che c’è una maggioranza parlamentare possibile, anche con nuove alleanze, e che c’è una persona in grado di avere la fiducia di quella maggioranza per formare un governo, allora il presidente della Repubblica darebbe a quella persona l’incarico di formare un governo. L’incaricato, che di solito accetta con riserva, fa a sua volta un giro di consultazioni e torna dal presidente della Repubblica per sciogliere, positivamente o negativamente, la riserva.
  • nomina: dopo lo scioglimento della riserva si arriva alla firma dei decreti di nomina del capo dell’esecutivo e dei ministri.
  • giuramento e fiducia: sono esplicitamente disciplinati dall’art 93 e 94 della costituzione a cui rinvio.

Possibili scenari per il futuro governo

Esiste un altro modo per catalogare una crisi: al buio o pilotata.

La prima avviene quando il presidente del Consiglio si dimette senza che sia stato raggiunto un accordo per la formazione di una nuova maggioranza in suo sostegno. La seconda si presenta quando invece il presidente del Consiglio presenta le dimissioni a seguito di un accordo politico raggiunto all’interno della maggioranza che già c’era o con una maggioranza alternativa. Nel nostro caso siamo nel secondo scenario, infatti questa crisi vorrebbe “pilotare” verso un Conte ter appoggiato da un nuovo gruppo parlamentare creato da “responsabili” o “costruttori”, con o senza IV.

Mattarella gli darebbe un mandato pieno, cioè mirato a fare nascere il governo che le forze politiche hanno descritto al presidente della Repubblica; poi Conte, come da prassi, accetterebbe con riserva.

Ma vi sono altri possibili scenari: infatti se, ad esempio, durante le consultazioni dovesse emergere che non esiste un’altra maggioranza possibile in questo Parlamento, il presidente della Repubblica scioglierà le camere; la prima tappa verso le elezioni anticipate.

(fonte: Ansa.it)

Altra ipotesi in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, se, dunque, dai partiti non arrivasse un’indicazione chiara su cosa fare, risulta il mandato esplorativo: anche se non è previsto dalla Costituzione, Mattarella può usufruire di questo istituto andando ad individuare una figura di alto profilo istituzionale, come ad esempio il presidente della Camera o il presidente del Senato o anche il presidente del Consiglio uscente- tra i soggetti più accreditati vi sono Mario Draghi e Marta Cartabia– , in grado di formare un nuovo governo.

Il soggetto individuato dovrà verificare attraverso una serie di incontri informali se esista la possibilità di formare una nuova maggioranza: se vi dovesse essere si procederà alla formazione di un governo di unità tecnico, in caso di economisti o professori nominati in casi di emergenza per perseguire obiettivi minimi e comuni, o istituzionale, se guidato da una figura delle istituzioni scelta da Mattarella; in ambedue i casi saranno comunque soggetti sostenuti dalla maggioranza dei partiti.

Questo istituto venne utilizzato per la prima volta da Giorgio Napoletano, che creò due commissioni con il compito di mettere sulla carta un programma di governo e di riforme istituzionali, da cui nacque il governo Letta.

Si potrebbe anche procedere per un temporaneo governo di scopo, un governo con un compito ben preciso: come garantire le funzioni dell’esecutivo fino a nuove elezioni, quello di arrivare all’approvazione di una nuova legge elettorale o, soprattutto, quello di garantire l’invio alla Commissione Europea, entro il prossimo 30 aprile, del Piano nazionale di ripresa da cui dipenderanno i circa 210 miliardi di euro di fondi del Recovery Fund.

A seguito delle consultazioni potrebbe anche essere individuato un nuovo papabile Presidente del Consiglio: ciò porterebbe alla nascita di un Nuovo Governo supportato dalla maggioranza attuale, con IV, e dai responsabili del centrodestra.

Insomma, vari esiti, vari scenari; la cosa che conta è che l’Italia in un momento di crisi, come quella attuale, riesca a sollevarsi dalle macerie a prescindere da chi ne sarà la guida.

Manuel De Vita

Il discorso di Conte al Senato: le sorti di un Paese

Dopo aver ottenuto la maggioranza alla Camera con ben 321 sì, il Presidente del Consiglio Conte sta affrontando oggi la fase maggiormente decisiva a Palazzo Madama, dove gli equilibri sono diversi.

(fonte: open)

È durato circa un’ora l’atteso discorso del premier, tenuto stamattina in Senato e scandito da 31 applausi, più numerosi dei 14 ricevuti ieri a Montecitorio. Un intervento che ricalca in gran parte quello fatto ieri: “Con la pandemia, con la sua sofferenza, il Paese si è unito. Si è elevato il senso di unità del governo, si sono elevate le ragioni dello stare insieme”.

Al Senato, il presidente del Consiglio conta sul voto di Liliana Segre, tornata a Roma appositamente per confermare la fiducia, e del gruppo Maie-Italia23, formatosi per sostenerlo.

Dure ancora le opposizioni. Ieri Giorgia Meloni ha attaccato tutto il Governo alla Camera, accusando Conte di “poltronismo” e chiedendo il voto.

Attesissimi gli interventi di Matteo Renzi che, dopo la vicenda che lo ha avuto come antagonista, promette “la verità”. Si aspetta anche quello di Matteo Salvini.

Il discorso di Conte in Senato

Conte ha iniziato, alle 9:30 circa, dai banchi del Senato. Siedeva insieme ai ministri Franceschini, Speranza, Gierini, Bonafede, Di Maio, Lamorgese, D’Incà e Amendola; ad ascoltarlo un’aula quasi al completo, sotto gli occhi anche di Salvini e Renzi.

Prima osservato un minuto di silenzio in memoria di Emanuele Macaluso, lo storico dirigente Pci morto a 96 definito – a prescindere dai propri ideali – un grande protagonista della vita politica e culturale italiana”.

Subito dopo, ha ricordato le difficoltà derivate dalla alla pandemia, dove il governo ha dovuto “operare delicatissimi, faticosissimi, bilanciamenti dei princìpi e dei diritti costituzionali.”.

In questi mesi così drammatici, pur a fronte di una complessità senza precedenti, questa maggioranza ha dimostrato grande responsabilità, raggiungendo – certamente anche con fatica, convergenza di vedute e risolutezza di azione, anche nei passaggi più critici.” – ha detto per poi attaccare l’opposizione – “In questi giorni ci sono state continue pretese, continui rilanci concentrati peraltro non casualmente sui temi palesemente divisivi rispetto alle varie sensibilità delle forze di maggioranza. Di qui le accuse a un tempo di immobilismo e di correre troppo, di accentrare i poteri e di non aver la capacità di decidere. Vi assicuro che è complicato governare con chi mina continuamente un equilibrio politico pazientemente raggiunto dalle forze di maggioranza”

(fonte: ilMattino)

Nel suo discorso – accompagnato da brusii ed applausi ironici, cori “Bravo, bravo!” – il premier ha toccato anche altri punti fondamentali del progetto di governo: rilancio del Sud, digital divide, riforma meditata del titolo V della Costituzione, piano vaccinazioni, ma anche la necessità di un governo e di forze parlamentari che riconoscano l’importanza della politica indirizzata al benessere dei cittadini.

La richiesta di “un appoggio limpido, che si fondi sulla convinta adesione a un progetto politico” perché “questo è un passaggio fondamentale nella vita istituzionale del nostro Paese ed è ancora più importante la qualità del progetto politico”

Ha poi concluso usando le stesse parole dell’intervento alla Camera:

“Costruiamo questo nuovo vincolo politico, rivolto alle forze parlamentari che hanno sostenuto con lealtà il Governo e aperto a tutti coloro che hanno a cuore il destino dell’Italia. Io sono disposto a fare la mia parte. Viva l’Italia”

A seguire un lungo e caloroso applauso finale, durante il quale, addirittura i parlamentari del Pd e del M5s si sono alzati in piedi.

Subito dopo, non è mancato un acceso mormorio in Aula. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha dovuto chiedere silenzio per poter dare avvio al dibattito.

Il dibattito

Concluso l’intervento del premier, è iniziata la discussione generale. Risultano essere 45, almeno per ora, i senatori iscritti a parlare, tra cui il senatore a vita Mario Monti, Emma Bonino, Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega, e Matteo Renzi, leader di Italia viva. Otto gli interventi previsti per le dichiarazioni di voto. Per Italia viva interverrà Teresa Bellanova, ex ministro dell’Agricoltura, Andrea Marcucci, presidente dei senatori del Pd, e Matteo Salvini, segretario della Lega.

Un lungo applauso ha accompagnato la senatrice a vita Liliana Segre, accolta dal saluto di Pier Ferdinando Casini.

“Conte – ha detto – ha dimostrato in queste vicende una sua solidità e una capacità”, annunciando il suo voto a favore.

Tendente a essere positivo si è detto anche Mario Monti del Gruppo Misto:

 “Annuncio il mio voto di fiducia nel modo che mi è proprio. Non le porto voti, se non il mio. Il mio un voto di fiducia è libero e condizionato ai provvedimenti, se corrisponderanno alle mie convinzioni.”.

(fonte: flipboard)

Tra i senatori già in maggioranza, si segnala oggi l’assenza per Covid di Francesco Castiello del M5s.

Sono 153 ritenuti certi – finora – a favore della maggioranza, ma il pallottoliere viene continuamente aggiornato. C’è chi confida che l’asticella a sostegno di Conte salga fino ad almeno 158.

L’obiettivo, secondo alcune fonti, sarebbe quello di lasciare più di 18 senatori di margine tra i Sì e i No, per dimostrare che Italia Viva non è essenziale alla maggioranza.

Dopo l’abbandono del governo, la suddetta aveva annunciato che si asterrà nel voto finale, come confermato dal senatore umbro Leonardo Grimani. Questo consentirà all’esecutivo di ottenere la fiducia con una maggioranza relativa, per la quale non è richiesto un quorum minimo ed è sufficiente superare l’opposizione anche di un solo voto.

Considerata, Iv, responsabile della “crisi assurda e incomprensibile” da parte di Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo dem a Palazzo Madama, questo ha aggiunto ai microfoni:

“E’ necessario sostenere l’azione del governo per aiutare il Paese, con le risorse del Recovery, a superare la pandemia, a fare ripartire l’economia e fare le riforme. Per questo il Partito democratico appoggia l’impegno del presidente Conte a un nuovo patto di legislatura”.

Netta l’opposizione del centro-destra, che chiede le dimissioni del presidente del Consiglio anche al Senato. Il testo, uguale a quello presentato ieri alla Camera, è firmato dai capigruppo di Lega, Massimiliano Romeo, di Forza Italia, Annamaria Bernini, di Fratelli d’Italia, Luca Ciriani e da Paolo Romani di ‘Cambiamo’.

Alle 16:30 la seduta sarà sospesa per un’ora per consentire la sanificazione dell’Aula. Per le 17:30 si attende, invece, la replica del premier che precederà le dichiarazioni di voto sulla fiducia e la chiama, prevista per le 18.

L’esito dello scrutinio resta ancora totalmente incerto ma dovrebbe essere annunciato circa alle 20:30.

Manuel De Vita

Approvato il Recovery Fund. Ecco come sarà articolato

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato approvato dal Governo. E potrebbe essere l’ultimo piano approvato dall’esecutivo così composto. A seguito dell’astensione di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti sul Recovery plan in Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi ritira le sue due ministre e annuncia l’uscita dal governo da parte di Italia Viva, generando la crisi di governo che sta angosciando ulteriormente un paese in estrema sofferenza.

 

Incontro sul Recovery Fund –Fonte:it.notizie.yahoo.com

La riunione del Consiglio dei ministri, tenutasi nella notte tra martedì e mercoledì, presieduto dal premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, ha portato come esito positivo l’approvazione della bozza del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che definisce l’investimento del denaro che arriverà in Italia dall’Unione Europea attraverso il programma Next Generation Eu, abitualmente riconosciuto come Recovery Fund. Ciò servirà per integrare il Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027.
Sono previsti 222 miliardi di cui 144,2 saranno destinati a nuovi interventi.

Recovery Fund: ecco come funziona

Si tratta di un fondo di recupero, presupposto per la crescita “necessaria e urgente” per far fronte alla crisi infiammata dalla pandemia da coronavirus nel 2020. Consiste nell’emanazione del Recovery bond, ossia legame di recupero, con la garanzia del bilancio UE. La liquidità raccolta con questo meccanismo, verrà distribuita nei paesi che si trovano ad affrontare le maggiori difficoltà, come aveva precisato il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel a maggio dello scorso anno.

Recovery Fund: cos’è, come funziona –Fonte:strettoweb.com

Complessivamente, il Recovery fund consiste in un progetto da 750 miliardi di euro, i cui fondi sono articolati in sovvenzioni e prestiti.

Il PNRR dell’Italia

Recovery Fund, il piano italiano –Fonte:ilmessaggero.it

Il Piano è ripartito in 6 aree tematiche chiamate “missioni” le quali sono:

  • digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura: 45,1 miliardi di euro;
  • rivoluzione verde e transizione ecologica: 67,5 miliardi di euro;
  • infrastrutture per una mobilità sostenibile: 32 miliardi di euro;
  • istruzione e ricerca: 26,1 miliardi di euro;
  • inclusione e coesione: 21,3 miliardi di euro;
  • salute: 18 miliardi di euro.

In queste, sono raggruppati sedici componenti funzionali alla realizzazione degli obiettivi economico-sociali delineati dalla strategia del Governo. A sua volta si interverrà, per promuovere la ripresa, alla loro ramificazione in 47 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. Gli aiuti sono veicolati in particolar modo ad incidere sull’economia e sul lavoro con maggiore impatto.

La strategia del Governo

Le risorse ripartite nelle “sei missioni” del PNRR sono pari a circa 210 miliardi di euro, a loro volta distribuiti in:

  • 144,2 miliardi per “nuovi progetti”
  • 65,7 miliardi destinati per “progetti in essere”, che otterranno un’accelerazione dei profili temporali di realizzazione e di spesa

L’intento dell’Esecutivo è di massimizzare le risorse destinate agli interventi pubblici che tocca una quota superiore al 70%, affiancati dagli investimenti privati del 21%.

Recovery Fund: la strategia italiana –Fonte:3i-partners.com

Non essendo ancora programmate le risorse Nazionali del Fondo di sviluppo e coesione si sono potuti aumentare gli investimenti di circa 20 miliardi per nuovi disegni nei settori che investono la rete ferroviaria veloce, la portualità integrata, il trasporto locale sostenibile, la banda larga e il 5G, il ciclo integrale dei rifiuti, l’infrastrutturazione sociale e sanitaria del Mezzogiorno.

Durata del piano

Entro la fine del 2022 verrà accaparrato il primo 70% delle sovvenzioni che dovrà essere speso entro il 2023. Il restante 30% sarà erogato tra il 2023 e il 2025. Per riuscire a mantenere una livello elevato di investimenti e pagamenti è necessario che i prestiti totali siano in aumento in confronto all’andamento tendenziale. Infatti nel primo triennio i finanziamenti riguarderanno principalmente i “nuovi progetti”, mentre nel biennio 2024-2026 si assisterà ad un cambiamento di rotta, in cui la quota maggiore delle agevolazioni verrà presa dalle somme per i piani aggiuntivi.

Occupazione femminile

Focus principale del Recovery fund riguarda proprio la trascrizione di un documento per promuovere la crescita dell’occupazione femminile e conseguentemente il PIL. Per il loro raggiungimento saranno necessarie le risorse europee e il riordino della spesa nazionale. Nel Manifesto ci si attende

  • Assunzioni nei servizi pubblici di donne e giovani;
  • Sostegno all’imprenditorialità femminile;
  • Affiancamento e formazione delle titolari delle nuove imprese femminili nei primi tre anni;
  • Riduzione consistente dei contributi provvidenziali per lavoratrici autonome totali e parziali;
  • Parità salariale e di assunzione;
  • Educazione contro gli stereotipi;
  • Premi per le imprese che mettono in pratia l’uguaglianza di genere per ridurre il gender gap, ossia quel divario che esiste tra uomini e donne in diversi ambiti, che compromette profondamente la vita quotidiana.

Un Recovery Fund a dimensione di donna –Fonte:huffingtonpost.it

Obiettivi del PNRR

Recovery Fund, riforme strutturali –Fonte:ednh.news

Il piano Nazionale di ripresa e resilienza entrerà in collisione positivamente con le principali variabili macroeconomiche, come la crescita potenziale, la creazione di posti di lavoro e la capacità dello Stato di reagire sia economicamente che socialmente, su temi come equità e sviluppo sostenibile. Complessivamente gli investimenti, le riforme e gli incentivi genereranno un effetto “leva” per le innumerevoli linee progettuali che potranno essere realizzati quando l’Esecutivo emanerà per tutti i disegni proposti delle riforme necessarie a renderli decisivi e incisivi.

Cosa potrebbe accadere dopo l’approvazione del Recovery Fund

A seguito dell’astensione di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti sul Recovery plan in Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi ritira le sue due ministre e annuncia l’uscita dal governo

“Non consentiremo a nessuno di avere pieni poteri. C’è una crisi aperta da mesi.”

Crisi di Governo –Fonte:fanpage.it

Nel corso della conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio del 13 gennaio, il leader di Italia Viva ha formalmente aperto la crisi, sebbene poco prima il Capo di Stato Sergio Mattarella a gran voce aveva lanciato l’appello affinché non perdurasse il clima di incertezza in relazione alla situazione epidemiologica che l’Italia si trova ad affrontare. Grande dispiacere traspare nelle parole del Presidente del Consiglio

“Sono sinceramente rammaricato, e credo di potere interpretare anche i vostri pensieri. Ho provato fino all’ultimo minuto utile a evitare questo scenario, e voi siete testimoni degli sforzi fatti in ogni sede, ad ogni livello di confronto”

Benchè il premier Conte abbia annunciato di lavorare ad un patto di legislatura, si dovrà ancora attendere per conoscere le sorti finali del Governo italiano.

 

Giovanna Sgarlata

Nuovo DPCM: tutte le disposizioni in vigore a partire dal 7 gennaio

Oggi e domani, giorno dell’Epifania, l’Italia è in zona rossa, come previsto dal decreto del 18 dicembre. È così che si concludono le disposizioni “natalizie”. E adesso cosa succederà? Di quale e di quanti colori sarà l’Italia?

Proprio ieri, lunedì 4 gennaio, alle 21.00, si è riunito il Consiglio dei ministri per fare il punto sulle nuove restrizioni da adottare in Italia a partire dal 7 gennaio e fino al 15 di gennaio.

(fonte:IlNuovoDiarioMessaggero)

Le Disposizioni sempre valide

Il governo ha deciso dunque di approvare un nuovo DPCM che prevede nuove restrizioni per contenere la pandemia da coronavirus, il cui testo non è ancora stato pubblicato, ma di cui è stata presentata una prima bozza tramite comunicato stampa del governo.

  • Il testo prevede «il divieto, su tutto il territorio nazionale, di spostarsi tra regioni o province autonome diverse, tranne che per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute».
  • Sempre consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, ad eccezione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in altra regione o provincia autonoma.
  • Resta sempre attivo il coprifuoco dalle 22 alle 5.

La suddivisione in colori

  • Il 7 e l’8 gennaio l’Italia sarà zona gialla, ciò comporterà l’apertura dei negozi fino alle 21, bar e ristoranti dalle 5 alle 18 e dei centri sportivi
  • Per quanto riguarda il fine settimana del 9-10 gennaio, considerato critico per l’andamento della pandemia, si prevede l’applicazione su tutto il territorio nazionale delle misure previste per la cosiddetta zona arancione, dunque: negozi aperti fino alle 21, ristoranti e bar aperti solo per asporto e domicilio, centri sportivi sempre aperti. Sarà dunque vietata la possibilità di spostarsi fuori dal comune, salvo per lavoro, salute, visite a parenti ed amici (servirà comunque l’autocertificazione), mentre sarà liberamente possibile muoversi all’interno del proprio comune, a differenza di quanto previsto dalla zona rossa. Il governo specifica che saranno consentiti gli spostamenti dai comuni con popolazione di massimo 5.000 abitanti ed entro 30 chilometri dai relativi confini, con esclusione degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia.
  • Dall’ 11 gennaio tornerà una suddivisione per colori eterogenea basata sui dati dell’andamento epidemiologico. Il Consiglio dei ministri ha anche annunciato la rivalutazione dei criteri per l’individuazione degli scenari di rischio, sulla base dei quali saranno applicate le restrizioni più o meno stringenti, ma al momento non ha diffuso maggiori informazioni a riguardo. Si prevede per territori che verranno inseriti nella zona rossa, la possibilità di spostarsi, per una sola volta al giorno ed in un massimo di due persone, verso una sola abitazione privata che si trova nella propria regione. La persona o le due persone che si spostano potranno accompagnare i figli minori di 14 anni, od altri minori di 14 anni sui quali le stesse persone esercitino la potestà genitoriale, e le persone disabili o non autosufficienti conviventi.                                                                                                                                             

Vietati comunque gli spostamenti tra regioni.

(fonte: Huffington Post)

La scuola ed il vaccino

Scartata l’ipotesi di un rientro in presenza a scuola il 7 gennaio; si prevede infatti, per le scuole superiori, una ripresa, solo per il 50% degli studenti, ma da lunedì 11 gennaio. Anche se Veneto, Friuli Venezia Giulia e Marche hanno autonomamente deciso di slittare ulteriormente la riapertura al prossimo 31 gennaio.

Per quanto riguarda la possibilità di vaccinarsi, il decreto dedica ampio spazio alla questione del libero consenso: qualora il paziente non fosse in grado di esprimerlo e non avesse un tutore legale, il giudice tutelare dovrà rinviare la decisione al direttore sanitario oppure al medico responsabile.

Nel nostro ordinamento, infatti, si prevede all’Articolo 32 della Costituzione che: nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge; tuttavia numerose sono le esortazioni da parte di personaggi illustri e politiche ad effettuare tale vaccino per una questione di buon senso

(fonte : Ansta.it)

“Vaccinarsi è un dovere, io lo farò appena possibile”, ha detto il presidente Mattarella durante il tradizionale discorso augurale di fine anno.

 

Manuel De Vita