Spagna: approvata la nuova legge contro i Pro Vita: sarà reato minacciare o intimidire chi sceglie di abortire

Il Senato spagnolo ha approvato la modifica del Codice penale: sarà considerato reato intralciare o intimidire chi ricorrerà all’aborto.

L’aborto in Spagna -Fonte:favacarpediem.wordpress.com

La legge, promossa dal Premier del Partito Socialista Pedro Sanchez e già approvata dalla Camera, ha ricevuto il voto favorevole del Senato mercoledì 6 aprile. Con la sua ufficiale entrata in vigore sarà qualificato come reato il tentativo di importunare o intimidire una donna che si reca in una struttura sanitaria per abortire.

La legislazione spagnola: ecco cosa ha previsto negli anni

Il diritto all’aborto è stato riconosciuto, e dunque depenalizzato, nel 1985. Fino ad allora in Spagna era considerato reato qualsiasi interruzione della gravidanza anche per stupro, malformazione fetale e grave rischio per la donna. Con il suo riconoscimento è stato fatto un importante e decisivo passo in avanti nella garanzia della salute e del benessere delle donne nonché ovviamente la loro autodeterminazione.

La piena legalizzazione del ricorso a tale pratica, fino alla quattordicesima settimana di gestazione ma in alcuni casi specifici anche fino alla ventiduesima, è stata legittimata però solamente nel 2010.

Fumetto pro aborto -Fonte:corrieredibologna,corriere.it

La forte tradizione cattolica del Paese ha fatto sì che le donne incontrino spesso numerosi ostacoli qualora scelgano di ricorrere a tale soluzione. Ostacoli posti anche dai numerosi movimenti “anti-scelta” e dall’elevato numero di medici obiettori di coscienza.

Uno studio dell’Associazione spagnola delle cliniche autorizzate per l’interruzione della gravidanza (ACAI) ha visto una percentuale sempre maggiore delle donne vittime dei sostenitori dei diritti riproduttivi. L’indagine ha portato che circa l’89% di esse è stata soggetta a molestie mentre si dirigeva in clinica, mentre il 69% ha subito intimidazioni.

Tali gruppi si riuniscono fuori dalle cliniche dove si praticano aborti per cercare di convincere le donne a non entrarvi.

La modifica del Codice penale

La modifica apportata al Codice penale pone sanzioni penali a coloro che

“Al fine di ostacolare l’esercizio del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza mettano in pratica contro una donna atti molesti, offensivi, intimidatori o coercitivi che ledano la sua libertà.”

Legge spagnola pro aborto -Fonte:luce.lanazione.it

La pena prevede la reclusione da tre mesi a un anno o una sanzione alternativa in lavori di pubblica utilità che va dai 31 agli 80 giorni.

Tale normativa sarà applicata anche a coloro che intimidiscono gli operatori sanitari che lavorano nelle strutture dove si eseguono aborti. Si eviterà inoltre la diffusione di slogan, cartelli o le orazioni di chi si rivolge direttamente alle donne con piccoli feti di plastica o turbandole facendole ascoltare attraverso un monitor battiti del cuore del feto.

La protesta degli attivisti anti-aborto

La radunanza in piazza avvenuta mercoledì 6 aprile ha visto come protagonisti un gruppo di attivisti pronti a difendere la “criminalità” delle loro azioni. Con cartelloni e piccoli feti di plastica si sono presentati davanti al Senato spagnolo protestando contro le misure prese.

Secondo quanto fatto sapere sulla piattaforma Right to Live, il gruppo continuerà a “pregare ed a offrire aiuto a tutte quelle donne che ne hanno bisogno in modo che possano capire che l’aborto non è l’unica soluzione.”

Aborto, diritto di scelta -Fonte:lavocedellelotte.it

Non sono mancate, nelle ultime settimane, numerose proteste contro l’aborto in tutto il territorio spagnolo. Striscioni sono comparsi anche a Madrid dove hanno marciato per le strade della capitale fino a giungere a Plaza de Cibeles. A manifestare, secondo le indagini dell’associazione “Si alla vita” che ha organizzato la protesta, erano in 20 mila e urlavano contro il diritto a interrompere la gravidanza.

… e in Italia?

Nel quadro sconfortante di molti Paesi in cui è prassi fare i conti con militanti anti- scelta, non c’è da sentirsi più di tanto fortunati nel territorio italiano. Sebbene sia raro essere vittime di ostacoli fisici presso cliniche e ospedali che garantiscano il diritto d’aborto, chi vuole accedervi non è esente da percorsi di paternalismo.

È compito dello Stato proteggere il diritto all’aborto se è costantemente minacciato e giudicato immorale, rispettando così tutte le posizioni. Il tabù che ancora marchia tale diritto in Italia rende ancora più difficile tutelarlo.

Legge 194/78 -Fonte:ingenere.it

Nonostante la regolamentazione presente alla Legge 194/78, una donna che decide di accedere ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) ha, quasi sette possibilità su dieci (67%) di vedersi negato da un ginecologo tale accesso. Ciò in virtù del diritto all’obiezione di coscienza individuale riconosciuto dall’art. 9 della legge 194/1978 che ha contestualmente sancito la non punibilità delle IVG.

Se in Spagna è bastata una legge, nel Bel Paese sarebbe necessario lo smantellamento dell’intera sanità pubblica, nonché la disintossicazione dalle colpe provenienti dal Vaticano.

Il tema delle interruzioni volontarie di gravidanza riaffiora sempre per il continuo rimodellamento legislativo e trasversale che attraversa tutto il globo. La decriminalizzazione dell’aborto, non lo ha contestualmente trasformato in un diritto della donna, bensì ha mantenuto come perno una sorta di divieto morale di abortire. Ecco che l’Italia si inserisce in un contesto europeo ove le leggi sulle interruzioni di gravidanza sono costruite per “casistiche” e “circostanze” entro cui è permesso abortire. Vengono riconosciute come circostanze legittime i casi in cui la prosecuzione della gravidanza comporti un serio pericolo per la salute fisica o psichica. Meno agevole invece se una donna scelga, entro le prime 12 settimane di gestazione, di interrompere la gravidanza perché semplicemente non convinta e per il sussistere di ragioni personali non rientranti in casistiche predeterminate.

A detta di molti giuristi però, sebbene la Legge 194 non abbia fatto dell’aborto un diritto, il suo riconoscimento quale livello esseniale di assistenza (LEA) permette di parlare di “diritto all’aborto” anche in Italia.

La criminalizzazione dell’aborto nel mondo

È chiaro che l’enorme politicizzazione dell’argomento, per motivi etici e/o religiosi, e le conseguenti negazioni del suo riconoscimento hanno portato in giro per il mondo al triste giro dell’aborto clandestino.

UNFPA -Fonte:dailytrendznews.it

I dati recenti raccolti dal UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, ha constatato che il 45% degli aborti praticati a livello internazionale sono clandestini. Un dato che vede coinvolta anche l’Italia, dove però ancora si sostiene che tale fenomeno si sia estinto negli anni ’70.

Per venire incontro ai bisogni di milioni di donne abbandonate dalle istituzioni sono stati fondati numerosi enti privati. Ad esempio, solo nel nostro Paese nell’ultimo anno circa 473 donne si sono rivolte a “Women on Web”, un’associazione canadese senza scopo di lucro che aiuta le donne ad accedere ai servizi di IVG. quando le circostanze esterne non lo permettono, cercando di ridurre sempre più il fenomeno dell’aborto clandestino che si credeva estinto negli anni 70.

Giovanna Sgarlata

 

Italia, Eni e il gas algerino: tutti i dettagli del nuovo accordo per aumentare l’indipendenza dalla Russia

Il Governo italiano ha formalizzato un nuovo accordo sul gas con l’Algeria. Si mira a trovare fornitori alternativi per rimpiazzare la dipendenza dal gas russo.

Accordo Italia-Algeria -Fonte:ilsussidiario.net

L’Esecutivo in tal senso si è messo al lavoro per “difendere i cittadini e le imprese dalle conseguenze del conflitto”. L’incontro tenutosi lunedì 11 aprile nella capitale algerina, Algeri, presso il Palazzo presidenziale “El Mouradia” ha visto le firme del Presidente del Consiglio Mario Draghi e del Presidente della Repubblica algerina democratica e popolare, Abdelmadjid Tebboune. Lo scopo di tale missione ruota attorno all’incremento della fornitura di gas, in quanto l’Algeria risulta esserne tra i principali fornitori. Essa presenta infatti un import totale superiore del 30% rispetto all’Italia, ma si dovrà però attendere il 2024.

Il contenuto dell’accordo

Alla firma sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia, si aggiunge l’accordo tra Eni e Sonatrach, l’azienda di stato algerina, che prevede un aumento per le esportazioni di gas in Italia. Ad esservi presenti vi erano anche i ministri degli Esteri Luigi Di Maio, della Transizione ecologica Roberto Cingolani, il capo di gabinetto Antonio Funiciello, l’amministratore delegato Eni Claudio Descalzi e l’ambasciatore italiano ad Algeri Giovanni Pugliese.

Gasdotto Transmed -Fonte:geopop.it

Sebbene il piano inziale prevedesse un aumento delle forniture già da quest’anno, per poi entrare a regime nel 2023, l’accordo ha trovato approvazione in tempi più dilatati. Si è così previsto che entro il 2024 l’Italia riceverà dall’Algeria circa 9 miliardi m3 di gas in più all’anno ed incrementando così i 22,6 miliardi di m3 importati già nel 2021.

Quest’anno saranno erogati 3 miliardi m3 in più incidendo notevolmente sulla dipendenza dall’esportazioni di gas russo che, riducendosi di circa un terzo, favorirà la riorganizzazione dei consumi, nonché la ricerca di nuove fonti al fine di reciderne il legame. Non si tratta infatti di un mero trattato estemporaneo bensì, come affermato dal ministro Cingolani “un flusso costante o una rampa che tenderà a crescere”.

Lo scopo dell’accordo

Lo scopo dell’accordo mira a fornire una risposta significativa a Mosca ed avvia le procedure per porre con celerità degli accordi che ledano l’economia Russa. A seguito dell’invasione dell’Ucraina, da parte di Vladimir Putin, l’Italia si è così mossa per creare obiettivi strategici.

Dipendenza dell’Italia dal gas russo -Fonte:ilcorriere.it

Tra le missioni per “accaparrarsi il gas” l’Esecutivo ha previsto la stipula di altri accordi al fine di tutelare la sicurezza energetica del Paese. Dopo le festività pasquali è pertanto prevista la visita in Congo, Angola e Mozambico del Presidente del Consiglio Draghi. Si cercherà di ottenere forniture extra nel medio-lungo periodo. Ciò non consentirà nel breve termine di sostituire i 29 miliardi m3 di gas russo, ma permetterà al Paese di lavorare per redigere nuove trattative per le forniture, livellando e ottimizzando i consumi riguardanti il fabbisogno anno di cittadini e dell’industrie, che toccano livelli compresi tra 75-80 miliardi m3 .

Le proposte dal Governo

Sono state previste dall’Esecutivo nazionale delle opzioni per favorire la riduzione dei consumi. Sul tavolo la possibilità di predisporre dei periodi dell’anno in cui le aziende lavoreranno a regime ridotto concentrando così la produzione in brevi e specifici mesi e riducendo i picchi, pronosticando consumi uniformi.

Imprese energivore -Fonte:lumi4innovation.it

Altra possibilità avanzata dal ministro Cingolani è la riduzione dei consumi di energia elettrica non solo attraverso il calo dell’illuminazione urbana e dei monumenti, ma anche attraverso una diversificazione delle fonti. L’obiettivo mira ad incrementare l’uso di energia da fonti rinnovabili che però necessiterà di investimenti e tempi lunghi per funzionare a pieno regime.

Fonti rinnovabili -Fonte:eticasgr.com

Si comprende come l’intesa accordata non sia risolutiva, ma di certo inciderà positivamente sulla sicurezza delle forniture. Oltre a porre fine al finanziamento diretto di Mosca si eviteranno ipotesi di razionamenti energetici, sempre più concreti il prossimo inverno.

Giovanna Sgarlata

Ucraina nell’Ue: una strada difficile, ma possibile

Lunedì la Verchovna Rada (il Parlamento ucraino) ha pubblicato un tweet dichiarando che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato la domanda di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea.

La domanda è stata seguita dall’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, di una risoluzione in cui l’istituzione europea ha dichiarato di essersi assunta l’impegno (più politico che giuridico, dal momento che l’atto in questione non risulta vincolante) di permettere una tale adesione.

Il Presidente ucraino è poi intervenuto durante una plenaria straordinaria dell’Europarlamento dedicata al conflitto russo-ucraino. Dalle sue parole è emerso un desiderio di incoraggiamento ed inclusione dell’Ucraina negli ambienti europei, oltre i semplici rapporti di vicinanza:

Vogliamo essere membri a pari diritti dell’Ue. Stiamo dimostrando a tutti che questo è quello che siamo.

D’altronde, la richiesta – pur giungendo in un momento particolarmente difficile per l’Europa intera – si cala all’interno di una politica coerente perseguita da Zelensky sin dalla sua elezione, a partire dal 2019, quando la Verchovna Rada ha legalmente incluso nella Costituzione dell’Ucraina il percorso per l’adesione alla NATO e all’Unione Europea. La riforma dell’articolo 102 ha inoltre ampliato i poteri del Capo di Stato in tal senso, rendendone «il garante dell’attuazione».

Ucraina nell’Ue: i possibili scenari

Il percorso di adesione all’Unione Europea è spesso lungo e tortuoso e può durare molti anni. Per questa ragione la Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, oltre ad accettare di buon grado la richiesta dell’Ucraina, ha fatto riferimento al fattore tempo:

Abbiamo un processo con l’Ucraina che consiste, ad esempio, nell’integrazione del mercato ucraino nel mercato unico. Abbiamo una cooperazione molto stretta sulla rete energetica, per esempio. Così tanti argomenti in cui lavoriamo a stretto contatto e in effetti, nel tempo, ci appartengono. Sono uno di noi e li vogliamo dentro.

(fonte: frontnews.eu)

Sembra difficilmente apprezzabile, invece, un percorso di adesione facilitata in vista delle condizioni che affliggono attualmente l’Ucraina, sebbene auspicata da Paesi come la Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca.

Ma anche supponendo un’entrata immediata dell’Ucraina nell’Unione Europea, ci si chiede quali conseguenze una tale decisione assumerebbe. Come già affermato anche dalla Presidente von der Leyen, innanzitutto inclusione nel mercato unico. A tal proposito, uno dei requisiti fondamentali di adesione è l’esistenza di un’economia stabile che sia in grado di far fronte alla concorrenza e alle esigenze di mercato interne ed esterne all’UE.

Dal punto di vista militare, gli Stati dell’Unione sono legati da una clausola di difesa reciproca introdotta dal Trattato di Lisbona che li obbliga ad intervenire in aiuto dello Stato membro vittima di un’eventuale aggressione nel proprio territorio. Ciò significherebbe – nel breve termine – coinvolgere l’Unione nel conflitto con le forze russe.

Una conseguenza più sul lungo termine sarebbe quella di mettere a rischio la sostanziale funzione pacificatrice dell’Unione Europea, che, come affermava Giorgio Amendola nel 1974, «può avere solo una politica di neutralità, non di rivalità con le due potenze [Russia e Stati Uniti]».

Infine, libertà di movimento in tutto il territorio dell’Unione, soprattutto per le centinaia di migliaia di cittadini ucraini sfuggiti al conflitto. A tal proposito, Reuters ha riportato che la Commissione Ue sarebbe al lavoro per approvare la proposta di concedere ai rifugiati ucraini dei diritti di residenza temporanei senza dover passare attraverso lunghi iter burocratici per le richieste d’asilo.

Michel: «attenzione all’allargamento»

L’adesione è una richiesta di vecchia data dell’Ucraina, ma ci sono opinioni e sensibilità diverse sull’allargamento.

Così il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha commentato la richiesta di adesione dell’Ucraina, esprimendo alcune perplessità. Da anni si è palesata la contrarietà di molti Stati Ue all’allargamento – dal momento che includere nuovi Stati significa includere anche nuove opinioni sensibilità, quindi anche nuovi possibili contrasti. Già nel 2005 l’allora Commissario per la Politica europea di vicinato e negoziati di allargamento Olli Rehn aveva affermato che bisognava «consolidare l’agenda di allargamento dell’Unione, ma anche essere cauti coi nuovi impegni».

Zelensky e Michel (fonte: consilium.europa.eu)

Inoltre, Nel marzo 2016, l’allora Presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha dichiarato che «ci vorranno almeno 20-25 anni perché l’Ucraina aderisca all’UE e alla NATO».

Draghi: «Putin ascolti i suoi cittadini e abbandoni i piani di guerra»

Anche il Premier italiano Mario Draghi si è rivolto nei confronti del Capo di Stato russo con parole molto dure, durante un discorso tenuto in Parlamento circa l’approvazione della proposta di invio di armi all’Ucraina. La proposta in Parlamento ha incontrato alcune perplessità a cui il Presidente del Consiglio ha risposto:

Mandare aiuti militari, un sostanziale inedito anche per il nostro Paese, non significa, essere “rassegnati” alla guerra. Chi ha più di 60 chilometri di carri armati davanti le porte di Kyiv non vuole la pace in questo momento.

Intanto, l’Esecutivo si impegna ad approvare un piano contro la crisi energetica che colpirà l’Europa – specialmente l’Italia – ora che i rapporti di scambio con la Russia sono stati tagliati. A tal proposito il Governo ha deciso di dichiarare lo stato di emergenza per intervento all’Estero.

Valeria Bonaccorso

Poesie dai confini del mondo. Il soggiorno a Messina di Friedrich Nietzsche

“Alla fine del mese vado alla fine del mondo: se lei sapesse dov’è!”.

Sono queste le parole del filosofo e scrittore Friedrich Nietzsche nella sua missiva dell’ 11 marzo 1882 indirizzata all’amico musicista Paul Gast, in cui annunciava il suo prossimo viaggio verso la terra alla “fine del mondo”, in Sicilia, nella nostra bellissima città di Messina.

Il filoso di Röcken, tormentato dal Föhn (l’afoso vento tedesco), aveva dall’anno precedente intrapreso un viaggio in Italia, alla ricerca di un clima più favorevole alle sue condizioni di salute.

Dopo un lungo soggiorno della durata di sei mesi sulla costa ligure, partì alla volta della città dello Stretto. Un arrivo in sordina quello di Nietzsche: salpato da Genova a bordo di un veliero, toccò le sponde messinesi il 31 marzo 1882 e, battuto dal mal di mare, venne portato in barella fino al suo albergo, nei pressi di Piazza Duomo.

Ma cosa spinse il filoso del “Superuomo” ad andare a Messina?

La citta dello Stretto in un’antica rappresentazione – Fonte: letteraemme.it

Teorie sulle motivazioni del viaggio a Messina

Sappiamo per certo che non si trattò di un colpo di testa, ma di un progetto che lo portò fino in Sicilia, insieme alla possibilità di restarci per qualche anno. Un insieme di eventi conducono a diverse ipotesi.

Ad esempio Koelher nel suo “Nietzsche. Il segreto di Zarathustra” ipotizza una possibile motivazione nella presenza a Taormina del barone Von Gloeden (fotografo tedesco), che in quegli anni stava attuando una propaganda artistica attraverso il concetto di bellezza, espressa dai giovinetti siciliani in pose antico-greche.

Un’altra valida motivazione è che Nietzsche fu spinto dall’amore per Goethe, che nella sua visita a Messina e a Taormina trovò l’ispirazione per la sua “Nausicaa”. Nietzsche aveva di certo letto il “Viaggio in Italia” del suo connazionale, al punto da rimanerne colpito. Qualche tempo prima aveva scritto all’amico Gast:

“Sempre mi aleggia intorno la Nausicaa”.

Un altro avvenimento non meno rilevante fu la presenza in Sicilia dell’ormai ex amico Richard Wagner, che aveva passato l’inverno a Palermo a comporre il Parsifal; il suo arrivo a Messina fu annunciato in pompa magna. È quindi del tutto improbabile che il filosofo non sapesse della visita del Wagner; di un eventuale incontro tra i due, però, non si sa nulla.

Wagner e Nietzsche – Fonte: messina.gazzettadelsud.it

Il mistero messinese

La permanenza in incognito di Nietzsche a Messina fu contornata da un alone di mistero talmente fitto da far arrossire gli stessi biografi del filosofo.

Una cosa è certa: Nietzsche ha amato Messina tanto quanto Messina ha amato il suo illustre ospite, come egli stesso ha raccontato agli amici Gast e Overbeck:

“I miei nuovi concittadini mi viziano e mi corrompono nel più amabile dei modi”.

In particolare, a Overbeck scrive che i messinesi sono amabili e premurosi al punto che gli sfiora l’idea che qualcuno possa averlo preceduto in Sicilia allo scopo di “comprarmi i favori di questa gente”.

Un soggiorno breve ma altamente proficuo, perché proprio nella città dello Stretto il filosofo completò gli “Idilli di Messina” e iniziò la stesura de “La Gaia Scienza”.

Solo dopo poco più di due settimane, il 20 aprile 1882, il filosofo fece rotta verso la “città eterna”, dove ad attenderlo c’erano l’amico Paul Rée e l’affascinante femme fatale Lou von Salomé (l’eterno amore di Nietzsche).

Friedrich Nietzsche – Fonte: gazzettadelsud.it

Gli “Idilli di Messina

Gli “Idilli di Messina” rappresentano un unicum all’interno della molteplice produzione filosofico-letteraria di Friedrich Nietzsche, in quanto unica opera prettamente poetica, pubblicata nel maggio 1882 sulla rivista «Internationale Monatsschrift» qualche mese dopo la sua composizione.

Una forma modificata e composta da sei di questi componimenti farà successivamente da appendice per la seconda edizione de “La Gaia Scienza” (1887).

Gli idilli nascono dall’impossibilità di rappresentare una singola immagine e al suo interno fissare gli stadi dell’incessante accadere.

“Ho la meta e il porto obliato,

Di tema e lode e pena sono immemore:

Ora io seguo ogni uccello nel volo.”

(da “Principe Vogelfrei”)

 

Le poesie seguono un percorso crescente ricco di continui rimandi alla differenza tra essere e divenire, tematiche che il filosofo affronterà in seguito. L’essere che ha la funzione di stato sincronico che può essere colto, si scontra con il divenire che non ha le sembianze di un flusso di coscienza distruttivo (tipico della filosofia nietzscheana), ma di un progetto, scelto e portato avanti, quello dell’oziosa incoerenza del divenire stesso.

Un progetto tale da portare la stabilità dell’essere nel divenire, quello stesso essere staccato da ogni continuazione della personalità. Da qui nasce l’espediente poetico, dove, tolta la devastante e prepotente filosofia nichilista, non resta che un puro gioco letterario piacevole e spensierato che traspare limpidamente nella lirica.

“E le sillabe, in questo verseggiare,

Saltellavano, oplà, l’una sull’altra,

Così che scoppiai a ridere d’un tratto

E risi per un quarto d’ora.”

(da “Giudizio d’uccello”)

 

In particolare, nel “Canto del capraio”, il testo viene modellato da versi ironici e indolenti, da cui traspaiono tutte le impressioni del soggiorno nell’estremo Meridione.

Copertina de “La Gaia Scienza” e gli “Idilli di Messina” – Fonte: maremagnum.com

 

Gaetano Aspa

 

Articolo pubblicato sull’inserto “Noi Magazine” della “Gazzetta del Sud” in data 17/02/2022

No al referendum sulla cannabis. Per la Corte Costituzionale è “inammissibile”

La Corte Costituzionale ha respinto il referendum sulla Cannabis legale, dopo che la stessa ha respinto nella giornata di martedì il quesito sull’eutanasia. Il presidente Giuliano Amato, nel corso di una conferenza stampa, ha dichiarato che «il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti». Un’affermazione che ha destato molto scalpore tra i firmatari del referendum, in particolare una delle associazioni promotrici del referendum, Meglio Legale, sui social ha scritto che:

«Questa non è una sconfitta nostra e delle centinaia di migliaia di cittadini e cittadine che hanno firmato per la cannabis legale. È il fallimento di una Corte che non riesce a garantire agli italiani un diritto costituzionale, di un Parlamento che da trent’anni non riesce a mandare in fumo gli affari delle mafie.

Giuliano Amato durante la conferenza stampa (fonte: ansa.it)

Le considerazioni della Corte Costituzionale

Secondo la Corte, l’approvazione del referendum avrebbe portato a una «violazione degli obblighi internazionali dell’Italia», perché avrebbe consentito la coltivazione anche di «droghe pesanti». Il Presidente Amato ha dichiarato che

«Il quesito è articolato in tre sotto quesiti ed il primo prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono neppure la cannabis ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti.».

 

La seconda ragione della bocciatura del referendum, è che il quesito aveva problemi di formulazione, poiché non avrebbe consentito una depenalizzazione completa. Durissima la replica del presidente del comitato, Marco Perduca, che dice

«Non c’è stato alcun errore nella formulazione del quesito. Il quesito non viola nessuna convenzione internazionale, tanto è vero che la coltivazione è stata decriminalizzata da molti Paesi, ultimo tra questi Malta. Il riferimento del presidente alle tabelle è fattualmente errato, dall’anno della bocciatura della Legge Fini-Giovanardi (2014) il comma 4 è tornato a riferirsi alle condotte del comma 1, comprendendo così la cannabis.».

Inoltre, nella stessa giornata, la Corte Costituzionale ha approvato cinque quesiti della riforma della giustizia, ossia l’abrogazione delle disposizioni in materia di insindacabilità (comunemente nota come legge Severino), la limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni dei magistrati, l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm, il voto degli avvocati sui magistrati.

Gli obiettivi del referendum

Scendendo nel dettaglio del referendum, come si apprende dal sito del comitato, il quesito propone «di depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi pianta», specificando che «la detenzione di piante, foglie e fiori a fini di spaccio e le attività di fabbricazione, estrazione e raffinazione, necessarie ad esempio alla cocaina e l’eroina» avrebbero continuato «a essere punite», dimostrando a detta dei promotori il contrario di quanto affermato dalla Corte Costituzionale.

Inoltre, il referendum prevedeva anche di eliminare il carcere per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis, con eccezione dell’associazione finalizzata al traffico illecito. L’intento più importante infatti, era quello di togliere potere alle mafie. Stando alla Relazione annuale del Parlamento sulle tossicodipendenze del 2021,  il mercato delle sostanze stupefacenti  muove attività economiche per 16,2 miliardi di euro, di cui circa il 39% attribuibile al mercato nero dei cannabinoidi, all’incirca pari a 6,3 miliardi di euro.

La cannabis in Europa

In alcuni stati dell’Unione Europea, la cannabis è legalizzata sia dal punto di vista della produzione, che del consumo. In Germania è stato depenalizzato il possesso entro i 10 grammi. Nei Paesi Bassi non è presa in considerazione la vendita di quantità sotto ai 5 grammi per persona al giorno nei coffee-shop autorizzati, mentre in Repubblica Ceca è consentito coltivarla per uso personale ma non per la vendita.

Le reazioni dei firmatari e della politica

 

Riccardo Magi e Marco Cappato (fonte: ilfattoquotidiano.it)

 

Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, commenta la decisione della Corte su Twitter, scrivendo:

 

E sulle tabelle, ha affermato in un’intervista rilasciata ai microfoni del Fatto Quotidiano:

«Errore sulle tabelle? No, il clamoroso errore è di Giuliano Amato. Ha affermato il falso. Non sono stati nemmeno in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe. Non è stato letto correttamente il combinato disposto degli articoli che invece secondo noi riguarda esattamente la cannabis.».

Un giudizio decisamente negativo che vede il sostegno anche di alcuni esponenti politici, come il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni:

«Emerge un’idea conservatrice del Paese, molto lontana dalla vita reale, che quei due referendum volevano superare e che la Consulta con le sue scelte e con molti peli nell’uovo, ha consolidato.».

 

Tuttavia, in molti ritengono che il quesito presentava molte contraddizioni. Vero o no, rimane l’amarezza per quel numero esorbitante di firme raccolte in questi mesi, a cui si aggiunge l’indignazione per la promozione del quesito che abroga la legge Severino, la quale nello specifico vieta l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza dei parlamentari, membri del governo, sindaci e amministratori locali in caso di condanna definitiva per reati di mafia, terrorismo e corruzione. C’è da chiedersi se la democrazia in Italia esiste ancora, e se a trent’anni da Mani Pulite è cambiato qualcosa. La risposta è nella coscienza della nostra onestà intellettuale.

 

Federico Ferrara

Per “The Economist”, l’Italia è il Paese dell’anno grazie a Draghi. Ecco tutti i dettagli

Come avviene di consueto dal 2013 a questa parte, la rivista inglese The Economist ha scelto il Paese dell’anno, ossia il Paese che meglio ha saputo realizzare una crescita rispetto all’anno precedente, criterio che si sostituisce a quelli di semplice ricchezza o influenza a livello mondiale o benessere dei cittadini.

Quest’anno, il titolo se l’è aggiudicato l’Italia, ma non per i suoi ottimi calciatori o per i vincitori dell’Eurovision – ha sottolineato la rivista nel proprio articolo – bensì, per via dei suoi politici: il Premier Mario Draghi è stato indicato come un primo ministro competente e rispettato a livello internazionale, che avrebbe saputo trovare un punto di convergenza tra le varie forze politiche al governo, finalmente in grado di mettere da parte gli interessi contrastanti. Non è infatti sconosciuto ai politologi stranieri il ruolo di grande impatto ricoperto da Draghi, soprattutto nel domare i grandi esponenti di destra come Salvini (ma non mancano anche voci dell’ala speculare).

Tra le motivazioni del The Economist per fare tale scelta: il PNRR, descritto come un «programma di profonde riforme» realizzato grazie alla spinta concentrica realizzata dal Premier; il tasso di vaccinazione tra i più alti d’Europa, con un 85,17% di cittadini che ha completato il ciclo ed un 88,37% di popolazione sopra gli anni 12 che ha ricevuto almeno una dose; una ripresa dalla crisi del 2020 più veloce di quelle di Francia e Germania.

 

Da «Italia, Paese che amo» a «Italia Paese dell’anno». Ma quanto durerà?

La rivista prosegue gettando del vero e proprio sarcasmo sulla debolezza dei precedenti governi, affermando che

“Silvio Berlusconi avrebbe dovuto seguire il monito dei vincitori dell’Eurovision 2021 e stare zitto e buono.”

Poi ha sottolineato che, per via di tale debolezza, la popolazione si era ritrovata ad essere più povera nel 2019 che nei primi anni 2000. Un occhio critico viene, infine, riservato alle future elezioni del Presidente della Repubblica del 2022, che vede Draghi proprio tra i possibili candidati. Il timore del The Economist è proprio quello che il premier, assumendo il “ruolo cerimoniale” di Presidente, lasci posto ad un successore meno competente.

(fonte: palermotoday.it)

Il dibattito sul prossimo Presidente della Repubblica è più che acceso. Più del 16% dei cittadini intervistati da Demos vorrebbe vedere Draghi al Quirinale, mentre un cospicuo 10% preferirebbe un secondo mandato di Mattarella, che, tuttavia, già mesi fa ha chiarito le proprie intenzioni a non ricandidarsi. L’ala destra del Parlamento, ed in particolare Fratelli d’Italia, agogna, invece, l’idea di avere Silvio Berlusconi come prossimo Presidente della Repubblica, ribadendo la necessità di avere a Capo dello Stato un «patriota».

 

Il fenomeno tecnopopulista di Draghi

Alcuni giorni fa, il quotidiano americano Politico ha parlato dell’Italia come laboratorio di esperimenti politici e ne ha descritto l’ultima “fuga sperimentale”: il tecnopopulismo.

«Nonostante il termine sia stato originariamente coniato nel 1995 per descrivere il populismo come alimentato dalla tecnologia, da allora ha assunto un nuovo significato: si parla del miscuglio post-ideologico tra governo tecnocratico e politica populista», scrive Politico.
«I tecnocrati e i populisti sono spesso visti come due poli opposti; tuttavia, in una recente pubblicazione, i politologi Bickerton e Accetti hanno sostenuto che – in realtà – tecnocrati e populisti hanno molto in comune: entrambi sono i prodotti dell’affievolirsi delle ideologie di destra e di sinistra, causato da vari fattori (inclusi il ridimensionamento del ruolo dell’appartenenza religiosa ed il crollo dell’Unione Sovietica), che hanno creato l’impressione che ‘non vi sia alternativa’ alla democrazia liberale».

 

(fonte: ilgiornale.it)
L’articolo afferma che questo miscuglio non sia destinato a rimanere un caso isolato alla Penisola, così come fu per l’esperienza del fascismo; anzi, alcuni individuano nel Presidente francese Macron un possibile portabandiera di questa nuova corrente politica.
Ma l’equilibrio minuziosamente costruito attorno alla figura dell’ex Presidente della BCE sarà destinato a durare? Secondo Politico, i partiti ora come ora ritenuti irrilevanti nell’ambito dell’azione politica messa in moto dal Presidente del Consiglio, renderebbero comunque difficile la vita al Governo – se Draghi dovesse essere eletto al Quirinale.
Ma le domande più importanti che seguirebbero ad un’eventuale elezione di Draghi riguardano soprattutto l’attuazione del PNRR e della legge di bilancio, approvata alcune settimane fa, e già oggetto di pesanti contestazioni da parte di sindacati come CGIL e UIL.
Valeria Bonaccorso

 

 

Proroga stato d’emergenza fino a Marzo 2022 e nuovo decreto, ecco cosa cambia

L’ipotesi diventa realtà. L’Italia, in vista delle festività natalizie, con l’incalzante diffusione della variante Omicron e con la volontà di programmare l’ingresso in una nuova fase di “convivenza” con il virus, rafforza le proprie difese. Nel corso della seduta svoltasi nella giornata di ieri, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al decreto per la proroga al 31 marzo 2022  dello stato d’emergenza per la pandemia. La decisione è stata presa dopo che negli ultimi giorni tutti i partiti della maggioranza si erano detti a favore, compresa la Lega di Matteo Salvini. Contraria alla proroga solo Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia:

“Non sono d’accordo con la proroga dello stato di emergenza: se dura più di due anni è un controsenso logico e linguistico. Comincia a crearsi un problema per la democrazia. Gli unici a difendere la Costituzione siamo rimasti noi di FdI”

Con lo stato di emergenza vengono prorogati fino al 31 marzo anche il Super Green pass in zona bianca, i congedi parentali al 50 per cento per i genitori i cui figli sono in quarantena e lo smart working per i lavoratori fragili. Il Cdm ha altresì nominato Francesco Paolo Figliuolo alla guida del Comando operativo di vertice interforze (Covi), pur rimanendo commissario per il Covid. Nessuna decisione è stata presa sull’uso delle mascherine all’aperto in ogni circostanza.

Proroga allo stato d’emergenza e nuove strutture per fronteggiare l’epidemia

Il CdM ha approvato la proroga allo stato d’emergenza fino a Marzo 2022. Nel decreto emerge la volontà che questa proroga sia l’ultima. Non solo, il decreto prevede che il capo della Protezione civile e il commissario possano adottare ordinanze per passare alla gestione “ordinaria” del contrasto alla pandemia e dispone anche lo stanziamento di 6 milioni di euro nel 2022 “per la realizzazione e l’allestimento, da parte del ministero della Difesa, dell’infrastruttura presso un sito militare” impiegata perlo stoccaggio e la conservazione delle dosi vaccinali per le esigenze nazionali”.  L’obiettivo è “assicurare il potenziamento delle infrastrutture strategiche per fronteggiare le esigenze connesse all’epidemia da Covid-19 e garantire una capacità per eventuali emergenze sanitarie future”.

 

Prorogato lo stato d’emergenza fino a Marzo 2022 (fonte: quotidiano.net)

Super Green pass in zona bianca fino al 31 marzo

Il Green pass rafforzato in vigore dal 6 dicembre e originariamente fino al 15 gennaio rimarrà valido nelle zone bianche fino al 31 marzo 2022. Lo prevede una norma del decreto approvato oggi in Consiglio dei ministri. Dovrà essere usato per le attività che sono oggetto di limitazioni in zona gialla. Resteranno, quindi,  precluse ai non vaccinati attività come ristoranti al chiuso, spettacoli aperti al pubblico, cinema e teatri,  eventi sportivi, sale da ballo e discoteche, cerimonie pubbliche. Basterà invece essere in possesso del green pass base, quello che si ottiene per 72 ore con un tampone molecolare negativo e per 48 con un antigenico rapido negativo, per andare a lavorare, per prendere i treni a lunga percorrenza e gli aerei, per frequentare palestre e piscine.

Arrivi in Italia: tampone per immunizzati e quarantena per non vaccinati

Secondo l’ordinanza firmata dal ministro della salute Roberto Speranza valida dal 16 dicembre al 31 gennaio, chi arriva in Italia da tutti i Paesi dell’Unione Europea e non è vaccinato, dovrà rimanere in quarantena per cinque giorni oltre ad effettuare un test antigenico nelle 24 ore precedenti all’ingresso, oppure molecolare nelle 48 ore precedenti. Il test diventa obbligatorio anche per i vaccinati. Le norme severe adottate dall’Italia hanno fatto insorgere Bruxelles: l’Italia “giustifichi” le misure o si rischia di “minare la fiducia delle persone su condizioni uguali ovunque”, dice il commissario Vera Jourova. “Immagino – aggiunge – se ne parli al Consiglio Ue”.

Nessuna decisione sull’obbligo di mascherine all’aperto

Nel corso del CdM non è emersa alcuna misura che disciplini l’obbligatorietà della mascherina all’aperto, nonostante cresca sempre di più l’elenco delle città che attraverso un’ordinanza specifica sanciscono la necessità di indossare il dispositivo anti Covid nel centro cittadino e nei luoghi più affollati.

 

Elidia Trifirò 

Osaka ha acceso il braciere: i Giochi Olimpici Tokyo 2020 sono ufficialmente iniziati

La cerimonia d’apertura dei Giochi della XXXII Olimpiade (informalmente noti come Tokyo 2020) si è tenuta nel pomeriggio di venerdì allo Stadio Nazionale di Tokyo: l’Imperatore Naruhito ha dichiarato aperti i Giochi, Naomi Osaka ha acceso il braciere olimpico.

(fonte: SkyTg24)

Precedentemente programmati dal 24 luglio al 9 agosto 2020 sono stati posticipati a causa della pandemia di COVID-19, si stanno svolgendo a Tokyo dal 23 luglio all’8 agosto 2021 e le gare si svolgeranno in gran parte a porte chiuse.

Nonostante ciò, viene mantenuto il nome Tokyo 2020 per ragioni di marketing e di branding. Questa è la prima volta in cui i Giochi Olimpici sono stati posticipati invece che cancellati.

La capitale giapponese (alla sua seconda Olimpiade dopo quella del 1964) è stata scelta durante la 125ª sessione del CIO, svoltasi a Buenos Aires il 7 settembre 2013. La città è stata preferita alle altre due contendenti: Istanbul (Turchia) e Madrid (Spagna).

La cerimonia di apertura

Il primo paese a sfilare sulla pista dello Stadio Nazionale è stato come sempre la Grecia, in quanto ideatrice dei Giochi, seguita dalla rappresentanza degli atleti olimpici rifugiati. L’Italia è entrata come diciottesima delegazione, con in testa i due portabandiera Jessica Rossi ed Elia Viviani. La pallavolista Paola Egonu era invece fra i sei portabandiera del Comitato olimpico internazionale.

Il Giappone ha sfilato per ultimo, in quanto paese ospitante, dopo Francia e Stati Uniti, paesi ospitanti delle prossime due edizioni delle Olimpiadi estive (Parigi 2024 e Los Angeles 2028).

Dichiaro aperti i Giochi di Tokyo“, ha pronunciato solennemente l’imperatore giapponese Naruhito, in uno stadio con soli mille invitati a fronte di una capienza di 64 mila spettatori a causa dell’emergenza pandemica, che ha costretto gli organizzatori a tenere l’evento quasi a porte chiuse.

Verso le 16:20 la bandiera olimpica entra nello stadio– per la prima volta è alimentata ad idrogeno-, i bracieri sono 3, uno allo stadio e due in città: fra i 6 che la reggono c’è anche la nostra Paola Egonu.

Il vessillo del Cio è passato poi in mano a rappresentanti giapponesi, che la portano verso il tripode che dovrà essere acceso dall’ultimo tedoforo. Risuona l’inno olimpico mentre i pittogrammi, i simboli dei singoli sport, usati in ogni edizione dei Giochi diventano umani.

Successivamente passa ad una coppia composta da un medico e una infermiera, la terza coppia di tedofori a prendere la fiaccola: omaggio ai sanitari in prima linea per il Covid. Poi Wakako Tsuchida, un’alteta paralimpica, la porta verso il tripode. Ed infine Naomi Osaka-donna giapponese di colore è l’ultimo tedoforo dell’Olimpiade di Tokyo.

(fonte: calciomercato)

Alle 17:00 Naomi Osaka ha acceso il braciere olimpico. La numero due del mondo del tennis, ferma dal Roland Garros per problemi di depressione, è stata prescelta come ultimo tedoforo.

La cerimonia è finita nella tarda serata giapponese (pomeriggio inoltrato in Italia); secondo i piani iniziali la cerimonia sarebbe dovuta durare oltre quattro ore ma è terminata invece un po’ prima.

Il tema degli spettacoli messi in scena ha riguardato «il mondo in cui Tokyo 2020 prende vita, completamente diverso rispetto a quello di due anni fa», come spiegato dal comitato organizzatore

Apertura atipica delle Olimpiadi, limitata dalle restrizioni covid: non c’era il pubblico, soltanto alcuni invitati e ristrette rappresentanze diplomatiche degli oltre duecento paesi partecipanti.

Cosa aspettarci dall’Italia

Oggi si assegneranno le prime undici medaglie d’oro della manifestazione: nel tiro a segno, nel ciclismo, nel judo, nella scherma e nel taekwondo.

Intanto, il primo oro dell’Olimpiade di Tokyo è della cinese Yang Qian che si è imposta nella gara della carabina 10 metri donne. Argento alla russa Anastasiia Galashina, bronzo alla svizzera Nina Christen.

L’Italia, reduce da un un’annata di vittorie sul panorama mondiale (Eurovision, Europei, ecc),che si è presentata a Tokyo con la delegazione più numerosa di sempre- 384 atleti quasi equamente divisi tra uomini (198) e donne (186)-, avrà già la possibilità di ottenerne otto con oltre quaranta atleti in gara.

Cinque anni fa alle Olimpiadi di Rio de Janeiro l’Italia si presentò con 297 atleti e vinse 28 medaglie, sette delle quali d’oro. Lo stesso numero di medaglie le aveva vinte quattro anni prima a Londra, con 290 atleti.

(fonte: ilPost)

L’obiettivo adesso è quindi quello di superare le 28 medaglie ottenute nelle ultime due edizioni. Numerosi gli atleti italiani attesi nelle gare:

  • Elia Viviani, nel ciclismo, portabandiera alla cerimonia inaugurale può riconfermare la medaglia d’oro su pista vinta nell’omnium a Rio de Janeiro. “Una sensazione da pelle d’oca”. Così Elia Viviani, uno dei due portabandiera dell’Italia all’apertura delle Olimpiadi di Tokyo 2020 ha dichiarato: “È stata un’emozione fortissima. Quando hanno chiamato “Italia”, il nostro gruppo è esploso in un boato enorme: Jessica Rossi ed io abbiamo avuto la pelle d’oca. È stato il momento in cui ci siamo sentiti italiani, e in alto”. Lo stadio vuoto ha fatto effetto, dopo: ma ce la siamo goduta dalla partenza per lo stadio, con il messaggio di auguri al presidente Mattarella, fino alla sfilata”
  • Jessica Rossi, portabandiera italiana insieme ad Elia Viviani. Nel 2012 a Londra vinse l’oro nel tiro al volo. Da allora ne ha ottenuti altri due ai Mondiali del 2013 e del 2017, sempre nel trap femminile.
  • Federica Pellegrini, la più grande nuotatrice italiana di tutti i tempi è alla sua quinta Olimpiade, a cui si è qualificata a 32 anni vincendo il titolo italiano nella sua disciplina preferita, i 200 stile libero.
  • Margherita Panziera alla sua seconda Olimpiade può pensare a una medaglia nel dorso, forte dei due ori nei 200 metri vinti agli Europei del 2018 e del 2020 e dell’argento vinto ai Mondiali in Corea del 2019.
  • Gregorio Paltrinieri, uno delle medaglie d’oro italiane a Rio de Janeiro, nei 1500 stile libero. A Tokyo è in gara sia negli 800 che nei 1500.
  • Elisa Longo Borghini a 29 anni è la terza ciclista nel ranking mondiale femminile su strada. A Rio vinse un bronzo nella prova in linea, nel 2020 ai Mondiali di Imola ne ha vinto un altro.

Nell’atletica leggera un po’ tutti aspettavano Filippo Tortu, e invece è spuntato Marcell Jacobs. Lo scorso 9 luglio, nella tappa di Montecarlo della Diamond League, entrambi hanno preso parte alla finale dei 100 metri, cosa già di per sé molto rilevante per gli standard dell’atletica italiana. Jacobs è arrivato terzo, Tortu settimo. Jacobs ha tre anni in più di Tortu, è il recordman italiano nella velocità e a Tokyo gareggia per una medaglia nella gara più attesa e allo stesso tempo breve delle Olimpiadi.

La scherma è da sempre una delle discipline con cui l’Italia ottiene gran parte delle sue medaglie olimpiche. A Tokyo saranno in gara 12 schermidori italiani, con tante possibilità concrete di vittoria, sia nell’individuale che a squadre. I più quotati individualmente sono Daniele Garozzo e Alessio Foconi nel fioretto maschile, Arianna Errigo e Alice Volpi nel fioretto femminile, Marco Fichera e Andrea Santarelli nella spada maschile, Rossella Fiamingo e Mara Navarria nella spada femminile, e Luca Curatoli nella sciabola maschile.

Intanto arriverà sicuramente oggi la prima medaglia per l’Italia alle Olimpiadi di Tokyo 2020: Vito Dell’Aquila si è infatti qualificato alla finale per l’oro del taekwondo, 58 kg, battendo in semifinale l’argentino Lucas Guzman. Scontro finale contro il turco Mohamed Jendoubi alle 21.45 ora locale, le 14.45 italiane.

Intanto la sfortuna ferma Alberto Bettiol mentre lotta nel gruppo dei primi della prova in linea su strada del ciclismo. L’azzurro è stato preso da crampi, e ha dovuto notevolmente rallentare, mentre stava tentando di rientrare sull’americano McNulty e l’ecuadoregno Carapaz che avevano guadagnato una quindicina di secondo di vantaggio a meno di venti chilometri dall’arrivo.

Ma sono, comunque, davvero tanti i nomi in gara da cui ci si può aspettare tanto. In bocca al lupo ragazzi.

Manuel De Vita

In Francia è boom di prenotazioni per il vaccino dopo l’annuncio delle restrizioni per i non vaccinati: quasi un milione in poche ore

In Francia è subito corsa al vaccino: dopo il discorso in diretta tv, a reti unificate di Macron, quasi un milione di persone ha prenotato un appuntamento per vaccinarsi contro il coronavirus, nella notte fra lunedì e martedì.

Fonte: Il Messaggero

Nel messaggio di lunedì sera, rivolto alla nazione, il presidente francese ha infatti annunciato nuove restrizioni ai movimenti che riguarderanno soprattutto le persone non vaccinate, estendendo, a partire dal 21 luglio il green pass per accedere a luoghi pubblici, come ristoranti, centri commerciali, caffè e trasporti, e introducendo l’obbligo vaccinale per il personale sanitario. La decisione della Francia ha fatto nascere un dibattito sul tema in diversi Paesi, tra cui l’Italia e la Germania.

Green Pass e obbligo vaccinale

Da mercoledì 21 luglio, l’ingresso in diversi luoghi pubblici e privati come bar, musei, ristoranti e centri commerciali, sarà consentito esclusivamente a coloro che possiedono un certificato ‘’COVID-19’’, vale a dire a tutte quelle persone che saranno completamente vaccinate o risultate negative al virus tramite tampone antigenico o molecolare.
Macron ha spiegato che le misure restrittive si sono rese necessarie in seguito alla progressiva diffusione della variante Delta nel Paese:

“Al momento in cui vi parlo”, c’è una “forte ripresa” dell’epidemia legata al coronavirus che riguarda “tutte le nostre regioni”, ha spiegato il capo dell’Eliseo nel tanto atteso annuncio nazionale. ‘’Quando la scienza ci offre i mezzi per proteggerci, dobbiamo usarli con fiducia nella ragione e nel progresso’’, ha continuato, ‘’dobbiamo muoverci verso la vaccinazione di tutti i francesi, perché è l’unico modo per tornare alla vita normale’’.

Il discorso di Macron in diretta. Fonte: ANSA.it

La linea della Francia risulta essere molto chiara anche in merito al personale sanitario: il ministro della Salute francese, Olivier Véran, ha spiegato che chi non si sarà completamente vaccinato entro il 15 settembre non potrà più lavorare né verrà pagato. “Non è un ricatto”, ma una misura necessaria per evitare di “chiudere il Paese”, ha detto il ministro a Bfm-Tv.

La Francia è scettica sulle vaccinazioni

Nonostante l’indiscusso pericolo della sua contagiosità, la variante Delta non è l’unica ragione che motiverebbe la mossa di Macron, dal momento che quest’ultima ben si coniugherebbe con il basso tasso di persone vaccinate, inferiore a molti altri Paesi. La Francia sarebbe infatti considerata uno dei Paesi più scettici al mondo circa l’efficacia dei vaccini.

Una stima del ministero della Salute citata dal quotidiano francese Le Monde indica che al momento sono stati completamente vaccinati 27,3 milioni di francesi, quindi circa il 40% della popolazione complessiva; mentre il 53% ha ricevuto una singola dose del vaccino.
Dati decisamente migliori rispetto a quelli francesi sono riscontrabili in Germania, Spagna, Belgio ed anche in Italia, dove ad essere state completamente vaccinate sono il 45,01% delle persone e circa il 60% ad aver ricevuto almeno una dose.

Il boom di prenotazioni su Doctolib

Nonostante il forte scetticismo, il cosiddetto ‘’effetto Macron’’ ha sortito gli effetti sperati: dopo l’annuncio del presidente sono state registrate circa 20mila prenotazioni al minuto, tanto che Doctolib, la principale piattaforma per la prenotazione degli appuntamenti in autonomia, è andata ad un certo punto offline.

È stato il giorno in cui la Francia ha toccato il record assoluto di richieste di vaccinazioni dall’inizio della campagna, con un totale di 926 mila persone che si sono prenotate in quelle ore per il vaccino anti-Covid, di cui il 65% sotto i 35 anni, giovani che hanno positivamente accolto l’appello presidenziale con il timore di essere tagliati fuori dalla vita sociale.

La curva delle prenotazioni dei vaccini in Francia. Fonte: Huffpost

Secondo il capo di Doctolib, il numero di appuntamenti presi l’altro ieri sono:

“il doppio della giornata record dell′11 maggio e 5 volte in più rispetto a lunedì scorso. Abbiamo registrato sette milioni di connessioni in qualche minuto durante il discorso del presidente”. Il trend “proseguito durante la notte e che continua stamani. Ci sono ancora 100.000 appuntamenti disponibili questa mattina, in particolare, in alcuni grandi centri” della Francia. Per lui, “si crescerà presto a quattro, cinque milioni di iniezioni a settimana”. “In media – ha concluso – ci sono undici giorni tra la prenotazione e l’appuntamento, in questo modo, i francesi che hanno preso appuntamento ieri saranno integralmente vaccinati entro metà agosto o fine agosto”.

Le posizioni di Ue e Germania

Anche l’Ue è intervenuta sul tema obbligo vaccinale, la quale ha ribadito tramite portavoce:

le campagne vaccinali sono competenze nazionali, quindi se siano obbligatorie o meno è una decisione che spetta agli Stati membri”, ricordando in ogni caso l’importanza della vaccinazione come “via d’uscita dalla pandemia” e l’obiettivo dell’immunizzazione del “70% degli adulti”.

Per quel che riguarda invece la Germania, la cancelliera Angela Merkel ha ribadito di non stare programmando la resa obbligatoria della vaccinazione anti-Covid:

Non abbiamo intenzione di procedere sulla strada proposta dalla Francia. Abbiamo detto che non ci sarà un obbligo di vaccino”. La cancelliera ha poi però sottolineato che esiste la possibilità che vi siano nuove mutazioni anche più pericolose, ”già contro la variante Delta l’efficacia dei vaccini è un po’ più bassa”. Bisogna ”continuare a osservare la situazione” anche a livello globale – ha concluso- ricordando che ”finora le varianti sono arrivate in Germania da altri Paesi del mondo”.

Il ”modello Macron”: si accende il dibattito anche in Italia

Le strette francesi contro la variante hanno fatto accendere un dibattito tra favorevoli e contrari anche in Italia. Il modello Macron piace al commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, generale Francesco Paolo Figliuolo, mentre incontra la forte opposizione del leader leghista Matteo Salvini.

Concordo con Macron sul fatto che la vaccinazione è una delle chiavi per il ritorno alla normalità. Per convincere gli ultimi irriducibili utilizzare il green pass per questo tipo di eventi potrebbe essere una buona soluzione. Potrebbe essere anche una spinta per la vaccinazione”, ha spiegato Figliuolo lunedì al Tg2 Post su RaiDue.

Il generale Figliuolo. Fonte: YouTG.NET

Continua poi dicendo:

“Dobbiamo raggiungere l’80% della popolazione vaccinata per la fine di settembre”, sottolineando “una serie di iniziative, pensiamo alle notte magiche, agli open day, open night, per avere vaccino senza prenotazioni”. “Siamo a 58 milioni di inoculazioni, intorno al 45% della popolazione – ha evidenziato – lo ritengo un dato importante, chiaramente non basta. Dobbiamo intercettare i cosiddetti indecisi, a livello europeo li chiamano esitanti“.

Gaia Cautela

Il sogno azzurro si realizza. Siamo noi i campioni degli Europei 2020. I retroscena della finale più attesa degli ultimi tempi

Abbiamo vinto. Una partita durata più di 128 minuti, sofferta fino all’ultimo rigore, il decisivo. Ma prima di quello, una domenica piena di ansia e trepidazione. Ed alla fine l’Italia ne esce vincitrice, battendo l’Inghilterra 4-3 ai rigori. Sono gli attimi dell’incredulità a rendere ancor più dolce una vittoria senza dubbio meritata, accompagnata dalle voci commosse dei commentatori di Sky Sport Fabio Caressa e Beppe Bergomi.

Il calcio torna a Roma, l’Italia torna a vincere

Esclamano, a fine partita, i due inviati di Sky prima di dare il via ad un intenso tributo a Bergamo, alle vittime del covid-19, ricordando i duri mesi dei lockdown e l’impegno messo nella ripartenza. E quest’anno, la ripartenza europea inizia proprio dall’Italia.

La favola azzurra degli europei

La finale non era iniziata affatto bene: un improvviso gol di Luke Shaw al 2′ spezza immediatamente la quiete dell’inizio partita, costringendo gli azzurri a compiere una scelta fondamentale. Demoralizzarsi o stimolarsi a dare il massimo. Com’è andata lo sappiamo già, ma comunque stupiscono le parole di Bonucci nel post-partita: «Una volta che arrivi in fondo puoi solo spingerti per arrivare in alto. È la dimostrazione che bisogna sempre guardare in alto e non mollare mai».

Segue una lunga ripresa, con la squadra di Southgate che si sposta prevalentemente in difesa, riuscendo a chiudersi ermeticamente quasi ad ogni tentativo di trovare un corridoio o – meglio – uno spiraglio. È la difesa eccellente di Walker, Stones e Maguire accompagnata da un impenetrabile Pickford. Neanche il talento di Chiesa riesce a mettere a segno, pur suscitando un certo timore nella squadra inglese.

(fonte: vesuvius.it)

Dopo un primo tempo angosciante per l’Italia, arriva il secondo ed arrivano anche i primi cambi: Mancini fa rientrare Immobile e Barella (quest’ultimo ammonito poco prima del cambio) sostituendoli, rispettivamente, con Berardi e Crisante. Siamo al 55′. Un generalissimo nervosismo si avverte sulle spalle di tutti i giocatori, poi l’ennesima ammonizione: questa volta è Bonucci. Sarà la seconda delle cinque ammonizioni ricevute dall’Italia.

Al 67′ arriva il gol del pareggio: Bonucci approfitta di un calcio d’angolo per mettere la palla in rete. Si riaccendono le speranze degli azzurri, ma attenzione: torna ad alzarsi la guardia (mai troppo abbassata) inglese. E tornano gli attacchi. Trippier (che aveva fornito un prezioso assist al gol di Shaw) viene sostituito dal giovanissimo Bukayo Saka, classe 2001.

Poco prima del 90′, con un pareggio che ha il sapore di supplementari, Chiesa viene sostituito da Bernardeschi. La causa è di un forte dolore provocato da un colpo subito poco prima, da cui l’attaccante non è riuscito a riprendersi. In lacrime esce dal campo, con gli azzurri già alla loro terza sostituzione.

All’ultimo minuto di recupero del secondo tempo, il capitano Chiellini si lascia ammonire per fermare l’impeto del giovane – e freschissimo – Saka, smentendo un gol quasi sicuro. La scena è diventata virale, attirando non poche critiche ed insulti per il capitano azzurro.

(fonte: @reformacancha, twitter.com)

I supplementari trascorrono tra un fallo e l’altro, con varie occasioni per ambo le parti sfiancate dagli abilissimi portieri. Donnarumma tiene duro fino alla fine, in vista dei calci di rigore. Con una sequenza Berardi gol (2-1) Kane gol (2-2) Belotti parato (2-2) Maguire gol (2-3) Bonucci gol (3-3) Rushford sbagliato (ha preso il palo) (3-3) Bernardeschi gol (4-3) Sancho parato (4-3) Jorginho parato (4-3) Saka parato (4-3), è l’Italia – con tanto stupore – a portare a casa la coppa. Ed iniziano le esclamazioni, le sbeffeggiate al suon di It’s coming Rome, le lezioni di Bonucci sulla pastasciutta e l’esultanza tipicamente italiana.

Ma gettando lo sguardo dall’altro lato del campo, non si riesce a non notare la delusione dei tifosi inglesi per la sconfitta. Sono attimi di sentimenti contrastanti: si vedono gli azzurri ballare sullo sfondo di una squadra inglese distrutta, arrabbiata, fortemente critica della scelta di Southgate di piazzare due giovanissimi ed inesperti ai rigori. Intanto 54mila tifosi inglesi lasciano gli spalti, suscitando il riso di alcuni avversari.

Poi arriva il momento delle medaglie: se le tolgono, gli inglesi. Il secondo posto brucia, specie in un campionato che si voleva vincere con tanto ardore e si sarebbe potuto vincere in casa. Intanto lo stadio di Wembley si tinge del tricolore – il nostro. Avanzano uno per uno, primo tra tutti un saltellante Spinazzola, a raccogliere il proprio riconoscimento e baciare la coppa che porteranno a casa alcune ore dopo. Poi l’uscita di scena. Si conclude così un europeo da sogno; si conclude la favola azzurra degli europei. Ad accompagnare l’esultanza in ogni città d’Italia, l’intramontabile Gianna Nannini con le sue Notti Magiche.

Le prime pagine inglesi ed il razzismo contro Saka

Gli inglesi, com’era immaginabile, non hanno preso bene la sconfitta. Il rigore decisivo è stato quello del diciannovenne Saka – siamo al 128′ – parato prontamente da Donnarumma (nominato, poi, miglior giocatore di questi Europei). Subito i social del ragazzo vengono intasati da commenti sprezzanti e razzisti, poi condannati dal premier Boris Johnson.

(fonte: ilpost.it)

Intanto un’aria mesta accomuna le prime pagine inglesi; risuonano le voci heartbreak, it hurts, tears, ma non mancano neanche le voci proud, orgogliosi ed heroes, eroi. C’è tanta gratitudine verso i Lionhearts (così viene definita la nazionale inglese) ed il rimorso di un allenatore che sente di non aver fatto abbastanza, nonostante la ferma convinzione del capitano Kane: «Non avremmo potuto dare di più».

Ma per questa volta, la Coppa la portiamo a casa noi.

Valeria Bonaccorso