Non ce ne facciate una colpa


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Che i giovani siano una risorsa importante non lo scopriamo certo oggi, o almeno non noi.
È infatti un argomento quanto mai d’attualità il fenomeno migratorio che vede giovani di tutte le età abbandonare il Belpaese in favore di realtà molto più solide, sicure, e con una prospettiva ben migliore di quella italiana.
In parole spicciole, stiamo parlando della tanto decantata “fuga di cervelli” ormai sempre più sulla bocca di politici e giornalisti, all’ordine del giorno di talk show ed indagini statistiche, oggetto di libri e film.

La questione periodicamente balza agli onori della cronaca per differenti motivi: talvolta per screditare i giovani che vanno via disprezzando il proprio Paese, quasi a far loro una colpa della propria scelta di cercare altrove quello che non trovano nel paese che ha dato loro i natali; talvolta per criticare sterilmente lo Stato, dando adito al miglior luogo comune secondo cui l’Italia altro non sia che un paese vecchio (lungi da me dire che non è vero, salve rare e preziose eccezioni), tuttavia senza mai aprire un serio dibattito su cosa sia meglio per i ragazzi ormai sul piede di partenza.

Spesso, invece, sembra quasi che ci si vanti del fatto che i giovani italiani non riescano a trovare fortuna a casa propria; è il caso di tutta quella serie di trafiletti di giornale che leggete una volta a settimana sui quotidiani nazionali: “Giovane ricercatrice italiana trova la cura contro malattia X. La dottoressa, scartata dagli ospedali italiani, è stata valorizzata all’estero dove è considerata un luminare della ricerca scientifica”.
Questo, sempre in riferimento alla seconda alternativa che si trova alla fuga dei giovani: incolpare lo Stato, incassare la vittoria esterna, far cadere tutto nel dimenticatoio, cercare la prossima fonte di indignazione generale.
Tolto che ci sono tanti giovani che riescono ad affermarsi e a migliorare il proprio paese, l’articolo si ripropone di analizzare chi invece non ha avuto, non ha, o non avrà questa fortuna.

Ho sentito tante opinioni in merito alla questione, forse la più curiosa l’avrete trovata anche voi sui social: “Se il trasferimento di Gonzalo Higuaìn alla Juventus è stato più oneroso dei costi della ricerca scientifica italiana, questo riflette il paese in cui viviamo”. Wow, d’impatto. Grazie a Dio lo Stato non finanzia le società calcistiche, l’indignazione sarebbe stata la medesima? In parte, come sempre.

Nelle ultime settimane, tuttavia, se il tema è tornato in auge, è per le parole di Raffaele Cantone.
Il magistrato italiano, Presidente dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), due settimane fa era presente al convegno nazionale dei responsabili amministrativi delle università, tenutosi a Firenze, dove ha espresso la propria preoccupazione in merito alla fuga dei cervelli italiana, a suo dire condizionata dalla corruzione che imperversa negli atenei del Belpaese.
Lo stesso Cantone, nel medesimo appuntamento, si è soffermato sul caso dell’Ateneo di Bari, dove per mantenere la parentopoli, vi è stato il caso dell’istituzione di una cattedra di diritto pubblico in una facoltà letteraria, e al contempo quella di storia greca in una facoltà giuridica, così, giusto per trovare l’escamotage giusto e far contenti tutti.

Anche l’opinione pubblica ha spesso espresso contrarietà per le procedure dei concorsi: sono infatti innumerevoli gli scandali che concernono i test di medicina (il nostro editoriale a riguardo: https://www.universome.unime.it/editoriale/gutta-cavat-lapidem.html); e vari concorsi banditi dalle università italiane che già conoscono il futuro, fortunato, vincitore.

Tuttavia, i motivi che spingono i giovani ad abbandonare l’Italia sono tanti, ed è difficile trovare una specifica causa scatenante.
Parentopoli, scandali nelle università, concorsi truccati, sono solo un piccolo (grande) tassello in un puzzle infinito.

La Fondazione Migrantes, nell’annuale rapporto “Italiani nel mondo”, ha potuto constatare quanto sia aumentata la percentuale di italiani che hanno lasciato il paese: +3,7% in un anno, per quasi 5 milioni di residenti all’estero. Come se tutta la Sicilia si fosse trasferita, per intenderci.

Le ragioni, come già detto, sono innumerevoli: piccoli imprenditori che non hanno modo di sviluppare un’idea in Italia, studenti stanchi di strapagare i propri Atenei a fronte di preparazioni e servizi sotto la media e di un job placement pressoché inesistente, la difficoltà di lavorare per potersi mantenere gli studi, l’ambizione.

L’ambizione forse è il motivo più importante. Ce l’hanno detto in tutti i modi, a volte ce lo consigliano i nostri stessi professori e familiari: se hai ambizioni importanti, devi andar via da qua e trovare chi davvero possa valorizzarti.
Luogo comune che però affonda le radici in un fondo di verità: l’esempio dell’Inghilterra, in cui vi è una grandissima percentuale di studenti lavoratori, dovrebbe essere d’insegnamento a tutti, soprattutto a noi.
Non solo: università che investono sui ragazzi, che danno la possibilità anche ai meno abbienti di poter accedere ai più disparati corsi di laurea ed aspirare ad un titolo di studio realmente spendibile, con una serie di finanziamenti e di prestiti.
E questo è solo uno dei tanti casi elencabili in Europa e nel mondo.

Non è un luogo comune né tantomeno una lamentela senza senso: l’Italia, purtroppo, non è un paese per giovani.
Cercatene la soluzione, continuate ad analizzare dati sterili e senza voce, continuate ad incolpare i sistemi che più vi fanno comodo. Fatelo, ma non ce ne facciate una colpa.

Alessio Micalizzi

Giove e le sue Lune: tra Mito e Astronomia

Arrivate dalla sonda Juno le prime immagini di GioveIl 5 agosto 2011, a bordo di un razzo Atlas V alla Cape Canaveral Air Force Station, è stata lanciata Juno, una sonda della NASA, il cui compito è quello di studiare il campo elettromagnetico di Giove.

Il 4 luglio di questo anno, finalmente, questa piccola sonda è arrivata a destinazione e il 10 luglio ha inviato le prime foto del grande pianeta con le sue 3 lune (la quarta è rimasta nascosta, Callisto): Io, Europa e Ganimede.

Il pianeta si riesce a vedere molto bene, per quanto non si hanno ancora documenti in alta risoluzione, con le sue bande orizzontali e la famosa Grande Macchia Rossa.

Finalmente quindi, Zeus e le sue amanti, possono essere visti da tutti noi. I nomi delle lune, infatti, derivano proprio dalla storia greca, dove Io, Europa e Callisto erano le amanti di Zeus (il corrispettivo greco di Giove), mentre Ganimede era il suo cocchiere (e amante).

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Con altre missioni spaziali si sono potute constatare le caratteristiche delle lune: Callisto è il più grande oggetto solare conosciuto, Ganimede è l’unico con un campo magnetico proprio e formato da ghiacci crateri e distesa oceanica salata, Io è l’oggetto solare più geologicamente attivo con colate laviche che gli danno il caratteristico colore giallo e, infine, Europa avente la superficie più liscia di qualsiasi altro oggetto solare. Quest’ultima, inoltre, sembrerebbe essere giovane e provvista di acqua: la qual cosa ha fatto ipotizzare agli scienziati che potrebbe esserci vita su essa.

Dunque, adesso, tocca al Grande Pianeta Rosso, Giove, svelarci i suoi segreti.

Juno ha compiuto un lungo viaggio di quasi 3 miliardi di chilometri e resterà a ruotare sull’orbita gioviana per avvicinarsi gradualmente all’atmosfera del pianeta, impiegando un totale di 53 giorni: intorno al 27 agosto dovrebbe, dunque, attivare la fotocamera ad alta risoluzione per poter inviare sulla terra altre incredibili foto di Giove.

La sonda, al momento, trasporta 9 strumenti scientifici di cui 3 firmati dalla nostra nazione: l’italia, infatti, ha partecipato al progetto con lo spettrometro Jiram (realizzato da Leonardo-Finmeccanica a Capi Bisenzio ) per lo studio delle aurore polari che si sviluppano dall’incontro delle particelle solari con il campo magnetico del pianeta; il KaT (progettato dall’Università della Sapienza di Roma ), che servirà per la mappatura interna del pianeta e, infine, l’AST (realizzato da Leonardo-Finmeccanica), sensore che dovrà cercare di mantenere la sonda sulla giusta rotta dell’orbita del pianeta.Giove

Ma non sono gli unici ‘’passeggeri’’ italiani sulla sonda Juno: a bordo anche la targa con il ritratto di Galileo Galilei, con la sua firma e il testo in cui, il medesimo scrittore nel 1610, descriveva proprio Giove e le sue 4 lune. Inoltre ci sono anche 3 statuine Lego che raffigurano sempre Galileo e, a fargli compagnia, Giove e Giunone.

Non manca nessuno, quindi, in questa avventura nello spazio. Ora bisogna solo avere la pazienza di aspettare i dati che verranno raccolti, durante questi 20 mesi, dalla sonda Juno e conoscere, finalmente, i segreti del pianeta ‘’Gigante’’ già, appunto, descritto da Galileo ma rimasto, fino ad ora, un vero e proprio mistero.

Elena Anna Andronico 

Il Movimento E’ Fermo, un romanzo d’Amore e Libertà (ma non troppo)

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Il movimento è fermo, così si intitola il nuovo e primo libro di Lo Stato Sociale. Questo gruppo di cantautori, di poeti moderni, è incisivo fin dall’inizio con un titolo creato su un ossimoro.

Zeno e Genio sono due amici e sono i protagonisti della storia, anzi, delle storie. Tra le pagine di questo romanzo troveremo, infatti, tante storie che, in un modo o nell’altro, si intrecciano tra di loro.

Partono tutte da questi due ragazzi: due 30enni che ancora non hanno ben capito cosa vogliono dalla vita, che sanno cosa vorrebbero fare ma, forse, quello che vorrebbero fare è qualcosa di troppo utopico.

Sono due amici assolutamente diversi, che si divertono ad avere dibattiti filosofici davanti un calice di vino o una birra, che seguono il calcio e cercano (o forse no, non lo sanno nemmeno loro) la ragazza della propria vita.

In una Bologna rossa, quasi anarchica, se ne vanno in giro con un motorino e un furgone un po’ vecchi e, se volete, potete andarvene in giro con loro e vedere se riescono a trovare quello che stanno cercando. Perché tra le strade di Bologna, in effetti, si può incontrare una ragazza bellissima e insicura: Eleonora. Eleonora che, come un fulmine a ciel sereno, cambia tutti i piani di Zeno.

Parallelamente, si svolge un’altra storia: la storia di Michelle, giovane giornalista che vuole cambiare il mondo. Ed il mondo si può cambiare, lei ci riesce… Ma a quale prezzo? E cosa c’entra Michelle con gli altri ragazzi, che si arrangiano come possono ogni giorno della loro vita? Lo scoprirete voi perché, credetemi, non vedrete l’ora di saperlo.

Come tutti i testi e le parole di Lo Stato Sociale, questo romanzo è un continuo di sorprese, un’altalena di parti lente e velocissime. Le pagine si sfogliano da sole, difficile darsi un freno. E, tra una imprecazione e l’altra, si becca la frase della vita: classico del loro stile, troverete dentro questo scritto delle perle che vi si infileranno nel cuore.

Che poi la cosa davvero importante è: il movimento è fermo?

Elena Anna Andronico

Europei 2016: tu che tipo di Tifoso sei?

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            ‘’Non togliermi il pallone e non ti disturbo più, sono l’Italiano Medio… Nel blu dipinto di blu!’’

 

Una delle poche consolazioni di questi giorni, per studenti e lavoratori, sono i nostri Azzurri che ci danno un’ottima scusa per non fare quello che dovremmo fare. Come non potremmo mai non guardare gli Europei 2016? Ottimo spunto per noi di UniVersoMe, che abbiamo fatto un po’ di antropologia (o sociologia?) e scoperto i vari tipi di… Tifoso!

 

1-      L’Organizzatore: il primo posto se lo becca lui. LUI, lui che non ti lascia in pace MAI, che ha sempre un evento al quale invitarti, un candidato da sponsorizzarti, che al primo anno di corso fingeva di esserti amico scrivendoti:” come stai?”, per poi girarti il classico “Siete tutti invitati all’evento dell’anno’’ ed ora, dopo tutti questi anni, fa copia e incolla e basta, senza cuore, ti insegue dappertutto, è uno stalker di prima qualità. Pensi che, finalmente, con l’arrivo dell’estate e la fine dei corsi, sarai lasciato in pace e INVECE NO. Perché? PERCHE’ CI SONO GLI EUROPEI. Comincia ad invitarti 6 mesi prima, ti stalkerizza come mai nella sua vita, che nemmeno mentre era candidato per la presidenza degli stalker.  Alla ricerca di birre e maxi schermo, proiettori e dolby surround, si aggira come uno scemo per la location da lui scelta controllando costantemente che sia tutto a posto. Volete fare uno spuntino? Potete tagliare l’ansia che lo avvolge: vive con la costante paura che la linea si possa interrompere e che lui possa finire lapidato al pari di Maddalena. Si rilassa solo a partita finita e nemmeno il tempo di grattarsi una chiappa… Che ha già condiviso l’evento per la prossima.

 

2-      Il Mangione…: tutto sta per cominciare. L’eccitazione e l’ansia salgono a ritmo direttamente proporzionale. Ognuno occupa la postazione di sempre, secondo il classico rito scaramantico e lui, lui di certo non può mancare. Se avete deciso di seguire il big match da un comodo divano, solitamente “il mangione” occupa quello che possiamo definire il “centro campo”. Per intenderci, si posiziona strategicamente tra attacco e difesa e, con inserimenti degni del miglior terzino del mondo, affonda le mani in qualsiasi ciotola di pop-corn che gli capiti a tiro. Nemmeno il tempo del fischio d’inizio che lui si è già strafogato 3 pacchi di salatini, 4 hot dog e una scatola di gelati al cocco. Durante tutta la partita, solitamente è quello più silenzioso (nonostante abbia la bocca in costante movimento). Magari non è neanche uno di quei tifosi particolarmente affezionati, ma si sa che queste occasioni, per uno come lui, sono estremamente “ghiotte”. Il suo momento preferito, comunque, resta il post partita. Se l’incontro è finito bene, vi proporrà di festeggiare con una pizza. Se invece, il risultato non è stato dei migliori e di conseguenza nemmeno il vostro umore è dei migliori, niente panico: “Dai, giá che siamo insieme, andiamo a consolarci con una pizza!” (Insaziabile)

 

 

3-      …E l’Ubriacone: Lo avete letto il tipo sopra? Sì? Ecco, accanto a lui troviamo l’ubriacone. L’ubriacone che decide di sedersi nel posto accanto al bracciolo. O vicino il tavolino. Oppure direttamente a terra. Non gli importa, l’importante è che abbia qualcosa su cui poggiare la birra. A lui non interessa nulla del calcio. Beh, in realtà, anche se gli interessasse non cambierebbe molto. Arriva alla partita alticcio e se ne va che a malapena regge sulle gambe. Sbiascica parole per tutta la partita, ride per non si sa cosa, apre un’altra birra e se la butta addosso. Se c’è il goal, prova ad alzarsi in piedi insieme agli altri e cade rovinosamente a terra riuscendosi a rialzare solo a partita terminata.

 

4-      Lo Sfegatato: Ecco, se sai di appartenere a questa categoria, ci tengo a dirti una cosa: CALMATI. Se invece sei uno di quelli che amano godersi la partita in tranquillità, ma hai sciaguratamente un amico di tale categoria: CONDOGLIANZE. Lo sfegatato gode certamente di personalità policromatica: diciamo che in sua presenza, non ci si annoia. È quello che entra in clima pre partita, già il giorno precedente all’incontro. Conosce a memoria ogni coro della sua squadra e non si risparmia ad intonarli prima, durante e dopo il match. L’abbigliamento che predilige porta di certo i colori della sua squadra. È munito di bandiere, striscioni, vuvuzela e tanto, tantissimo entusiasmo. Una delle sue caratteristiche migliori è, senza dubbio, l’interazione col televisore. Per tutta la durata della partita, lo ritroverai appiccicato allo schermo mentre cerca di motivare la sua squadra con frasi degne del miglior mental coach. Ogni azione offensiva, corrisponde ad un principio di infarto. Ogni azione difensiva, invece, è un tripudio di preghiere ed invocazioni Divine.

 

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5-      Il Cinico: Arrivi a casa dei tuoi amici tutto contento, saluti, baci e abbracci. Girano voci debba venire anche Carlo, “ma carlo chi? il guastafeste?” ma tu non lo vedi, perciò ti dirigi tranquillo verso la cucina, ti prendi un salatino e ti siedi. Tutto d’un tratto un brivido ti percorre la schiena, il cibo e l’aria hanno un sapore diverso… Carlo è lì, accanto a te. Non ti saluta neanche “tanto sta sera perdiamo, io manco ci volevo venire”. Alla tua destra puoi ammirare l’esemplare san Tommaso, il più antipatico tra gli apostoli: ” se non vedo non credo”. Il cinico è quasi peggio di un possibile pessimista, guarda la partita con estrema freddezza, senza battere ciglio, per poi esordire ogni tanto con qualche frase che smonti lo spirito e la speranza del momento. Se la squadra dovesse vincere? Non sarebbe comunque contento ” tanto la prossima volta perdiamo, sicuro!”, ” sarebbe potuta andare meglio”. A fine partita, nel salutare il proprietario di casa proverai una punta di odio nei suoi confronti:” La prossima volta, se organizzi, non invitarlo.”

 

6-      L’Anti-Nazionale: tu sei seduta là, nelle scale del Rettorato, tutta contenta. Non vedi l’ora che parte l’inno di Mameli e sia fischiato il calcio di inizio. Speri nella vittoria della tua squadra perché sai che la sconfitta lascerà un bel po’ di amaro in bocca. Però, nonostante tutto, sai anche che è una scusa per ritrovarsi, per stare tutti insieme. E poi arriva il tuo amichetto. ED E’ MURATO IN FACCIA CHE NON SI SA COME FACCIA ANCORA A RESPIRARE. Viene a vedere la partita con un unico scopo: tifare per la squadra avversaria. Durante l’inno nemmeno si alza, ma applaude dopo l’inno della squadra avversaria. Ogni azione degli avversari lo senti ridacchiare, camaleontico tifa TUTTI tranne ITALIA. Mentre stai progettando un modo per farlo fuori e dentro ti cresce sempre di più la voglia di urlare ‘’VUOI STARE ZITTO?!’’, la tua squadra segna e ti ritrovi abbracciato a lui che esulta più di te. NO COMMENT. (Incoerente)

 

 

7-      Il Fidanzato: La sera prima, dopo aver organizzato tutto con i tuoi amici sul vostro gruppo whatsapp, ti sei addormentato con il sorriso. La mattina seguente, dopo esserti svegliato, gli uccellini cantavano e ti sei anche lavato! Senti che questo giorno è il tuo giorno e che nulla possa andare storto. Ma poi prendi il telefono ed iniziano le tue disgrazie: ” Amore, oggi mi va di uscire! “, è la tua fidanzata, dovresti rispondere, ma sei impietrito. La felicità l’hai vista letteralmente dissolversi nell’aree, come cenere al vento. Ma hai visualizzato da più di 10 minuti, perciò con il terrore addosso, rispondi: “Ma AMORE, c’è la partita sta sera”. Sono sicura che questa frase non vi suoni del tutto nuova. Quante litigate nate a causa di quella maledettissima risposta, a causa di quella maledettissima partita! Lei ti scrive raffiche di messaggi, inveisce contro di te e tu, volutamente, li ignori. Lì, accanto a te, ci sono i tuoi amici che ti danno man forte: ” ma che vuole? non le rispondere!”, il terrore iniziale sparisce, il tuo senso di colpa si scioglie come neve al sole, per poi piangere lacrime amare dopo. Perchè tu lo sai che seguiranno settimane intere di litigate. Ma poi, tu l’altro giorno hai aspettato un’ora fuori dai camerini di Zara, perciò pensi di avere una sola passione a cui neanche lei può farti rinunciare. E tu, fidanzata, che quella sera ti sentivi particolarmente bella, non c’è santo che tenga, tu, se c’è la partita, non conti nulla. Non pensare che se il tuo fidanzato avesse avuto qualche altra passione la situazione sarebbe stata diversa, quindi zitta e guardati la partita.

 

8-      Il Procastinatore: lo studente medio non si smentisce mai. Sa che deve studiare e lo sta anche facendo, poverino, sempre rinchiuso e gobbo sui libri, che manco Manzoni, senza nemmeno farsi una doccia. Solo una cosa non lo può far sentire in colpa: la partita. In mezzo ad altri studenti devastati, che si sono presi quei 90 minuti di libertà, non può sentirsi in colpa. Qualcuno si porta dietro gli appunti, consapevole che fa prendere loro solo un’ora d’aria. Ma va bene così, è felice, felice di fingere che non abbia l’esame domani. Torna a casa e piange, ma non perché la squadra ha perso: perché sa che verrà bocciato alla prima domanda.

 

9-      L’Allenatore: Schemi di gioco, scelte tecniche e tattiche, fomazioni e sostituzioni; se conosci alla perfezione tutte queste dinamiche, allora fai parte indubbiamente di questa categoria. L’allenatore è quello che non si limita a seguire la partita da spettatore, ma vive e commenta da vero conoscitore esperto. Che poi, se per te il calcio è semplicemente lo sport in cui tutti corrono dietro una palla, allora seguire una partita in sua presenza, sarà come leggere un libro scritto in arabo e sottosopra: assist, dribbling, carambola, contropiede, corner, cross, cucchiaio, fair play, off-side, pressing. Ne conosce talmente tante che ti risulterà difficile capire come sia finito a frequentare il corso di Medicina e Chirurgia e non stia allenando la Nazionale. Stargli dietro ad ogni azione ti risulterá talmente faticoso che, a un certo punto, la tua mente comincerà a proiettarlo nei corridoi di un ospedale con tanto di fischietto e cartellini, mentre organizza un 4-4-2 con i pazienti di geriatria.

 

10-   L’Ateo: tutto è cambiato intorno a te. Ti guardi intorno ma le strade sono deserte, non senti i tuoi amici da giorni e tuoi genitori non ti danno più il bacio della buona notte. Tutto procede a rallentatore. Avvicini un conoscente per capire cosa stia succedendo: “ma come non lo sai? C’è la partita!” e tu, con aria terrorizzata, cominci a correre senza mai voltarti indietro. Se evita come la peste i tifosi permanenti e momentanei, lui è l’ateo. Sono tutti imbambolati e non ne capisci il motivo:” ma che emozione può esserci a vedere dei tizi correre dietro un pallone?” e tutti ti guardano in cagnesco. Anche i tuoi genitori, che prima ti rimboccavano anche le coperte, non ti vogliono più. Preferiresti guardare un film delle gemelle Olsen piuttosto che la partita, e inveire contro i tifosi quando esultano esattamente come un vecchio inveisce, agitando il bastone, contro i bambini che giocano davanti casa sua:”Fuori dalla mia proprietà!!!”. Per ora l’unica soluzione, per te, è rinchiuderti in casa e non sentire nessuno, come se stessi vivendo un’apocalisse zombie.

 

Elena Anna Andronico

Elisia Lo Schiavo

Vanessa Munaò

Earthset: quattro chiacchiere con la Band

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Provenienti da varie parti d’Italia, formatisi nell’ambiente musicale dell’underground bolognese durante gli anni universitari e reduci dal loro primo tour, Ezio Romano (chitarra e voce principale), Luigi Varanese (basso e cori), Costantino Mazzoccoli (chitarra e cori) e Emanuele Orsini (batteria e percussioni), hanno presentato al pubblico italiano il loro LP “In A State Of Altered Uncosciousness”.

Nella musica degli Earthset c’è davvero di tutto. Era vero quello che mi disse Luigi il bassista quando parlammo prima della loro esibizione nell’anfiteatro della cittadella universitaria: “noi abbiamo smesso da tempo di chiederci che genere facciamo” e, d’altra parte, che importa catalogare, dare un’etichetta.

Loro punto di forza è una musica instancabile, innovatrice figlia della tradizione, un’energia che percorre ogni loro pezzo e un senso di panico, come se questo mondo, come se la loro stessa musica stesse stretto agli Earthset. Proprio questo mi porta a profetizzare una rapida ascesa di cui questo punto di partenza, questo loro primo lavoro, ha posto le basi.

Già dall’intro “Ouverture” si intuiscono atmosfere intimiste che faranno eco in tutto l’album; segue una sezione di ballads progressive e fortemente melodiche: “Drop”, “The absence theory” e “rEvolution of the Species”, in cui si incontrano atmosfere Gothic, Post-Punk e Brit Pop.

Le sonorità mutano invece in “Epiphany” che si apre con un lungo arpeggio di Ezio ed un cantato romantico e travolgente, fino alla potente scarica finale. Sentirete un grande riff di basso che aprirà l’unico pezzo cantato quasi interamente da Luigi, “So What”: un punk sbronzo e caotico, che ricorda Dead Kennedys, il movimento anarchico anni ’80, e la New Wave degli Smiths. E’ il pezzo più accattivante e che mi ha fatto pensare di definirli “gli Hendrix del Punk”. Ma il pezzo non finisce in un silenzio imbarazzante, bensì in due note dissonanti di basso che saranno poi l’intro di “Skizofonia”, personalmente il mio pezzo preferito, una prova di maturità incredibile per una band appena al primo album.

Sicuramente è anche il pezzo più sperimentale, un vero “stato di alterata incoscienza”. Sviluppato sopra l’atmosfera oscura di un basso distorto e del delay martellante della chitarra, dall’acustico al noise vibrato e potente, per poi chiudere nel caos puro di uno splendido riff di basso su un tappeto indefinito e ipnotico, splendidamente ritmato da una lenta batteria, e da due voci di chitarra e i “canti dell’anima” che tanto ricordano “the Great Gig in the Sky”.aa

Gone è invece il pezzo più Hard Rock, dalle sonorità dei Guns ‘n Roses al Pop Punk, pur non disdegnando la consueta composizione multiforme, giovanile e rivoluzionaria, che chiude con complesse parti in dispari, per lasciar spazio al lungo arpeggio di apertura di A.S.T.R.A.Y., in cui Ezio può dar prova delle sue eccellenti capacità canore e chitarristiche, in uno splendido assolo finale. Non  a caso è un pezzo di cui è spesso stato richiesto il bis live. Pezzo impreziosito da stacchi “rumorosi” e acustici, prodigiosamente scanditi dalla predominanza del rullante di Emanuele, e di crescendo di batteria sempre al posto giusto.

E chi pensa al rock e alla letteratura horror come può non pensare a “the Call of Chtulu” del secondo album dei Metallica. Ebbene dimenticatelo, perché l’iniziale piano riverberato di chitarra, è ancora più precisamente in linea con le atmosfere orride e bizzarre di Lovecraft. Ed è proprio questo il nome della perla espressionista degli Earthset; una vera chicca di progressione ritmica claustrofobica e ossessionante, con seconde voci disturbanti di Costantino nel sottofondo della voce piangente e disperante di Ezio. Qui Emanuele e Luigi sembrano in trance musicale, grandi interpreti degli arpeggi che risuonano in tutto il pezzo, per poi alla fine lasciare lo spazio a Costantino per uno dei Riff-Solo più azzeccati che mi sia mai capitato di sentire.

Un viaggio nel sentiero della follia che porta all’addio struggente di “In A State Of Altered Uncosciousness”, una ballata dissonante e tormentata di nome “Circle Sea”, dimostrazione di maturità musicale e di scrittura nella perfetta metrica del testo, inscindibile dall’apparato musicale. Sognante e spaziale al contempo. Una poesia in musica, che come suggerisce il nome “mangia se stessa” nel finale, confuso e melodico al contempo. Nel perfetto gioco circolare del serpente che si morde la coda e rimanda all’ Ouverture iniziale.

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Ma adesso è tempo di parlare direttamente con loro.

R: Ciao a tutti ragazzacci!

D: Siete in tour per la promo del vostro primo lavoro in studio. Avete suonato avete già avuto 4 date in Sicilia, tra cui una all’Horcynus Orca ed una a Giardini Naxos. Ezio è messinese, quindi già ha avuto a che fare con la realtà siciliana: che impressione ha lasciato invece su voi tre questa Sicilia e il suo contesto musicale? E quali differenze notate col la vostra Bologna, in genere l’Emilia e il resto d’Italia?

Luigi: Beh dal punto  di vista estetico, sicuramente un’isola splendida, una regione bellissima in cui non ero mai stato. Dal punto di vista musicale invece delle realtà interessanti esistono e si sente buona musica. Bologna ha una scena musicale fin troppo attiva per certi versi, che rischia di divenire dispersiva.

Costantino: Possiamo infatti citare il Music House 17 a Trecastagni, che è una piccola realtà, nata da poco, molto interessante sia come sala Prove, che di registrazione, che di negozio di strumentazione, oltre che come Live House.

Emanuele: invece al nord di posti come questo è più immediato trovarne, non sono così tanti come a Bologna, che è una città dove si fa e si respira molta cultura, ma se si cerca bene si possono trovare ovunque. Qua ho notato tanti ragazzi che hanno voglia di cambiare e conoscere cose nuove rispetto al quotidiano. Molto attivi. È la prima cosa che ho notato.

Ezio: Concordo, la realtà che ho lasciato quando me ne andai da qui si è evoluta. Vi ho ritrovato Giovani propositivi che tentano di portare avanti un discorso musicale non prettamente commerciale.

 

D: “The place where grows this kind of tune

And you can see the Earth-set from the moon…”

“Il luogo dove cresce questo tipo di tonalità e puoi vedere la terra tramontare dalla luna” : recita così uno dei versi più belli della vostra “A.S.T.R.A.Y.” , nona traccia del vostro “In A State Of Altered Uncosciousness”.

Il paragone è d’obbligo con Floyd, che amarono prendere un frammento di Brain Damage per dare un nome ad uno degli album più importanti della storia: Dark side of the moon.

E la prima cosa che si nota ascoltando il vostro album, è che c’è di tutto: dai Tool, ai Floyd, ai Muse, ai Rush, senza però mai ridursi ad un semplice copia incolla di altri artisti. Tutto ha sapore di nuovo e di “antico”. Gli Earthset sono qualcosa di nuovo. Mi chiedo dunque cosa significhi per voi “Earthset”, cosa “In a State of Altered Uncosciousness”?

Ezio:  Earthset è un’immagine che viene da quella lirica citata che è in sé un omaggio ai Pink Floyd ed utilizza la stessa rima di Eclipse, perché è un brano sull’ispirazione artistica, e chi più dei Floyd ha ispirato le generazioni successive. Anche questa rappresentazione di trovarsi sul suolo lunare a vedere la terra che tramonta è tutto una meta-citazione di Dark Side Of The Moon.

Earthset raccoglie in una sola parola quello che per noi è l’esperienza artistica, cioè il porsi in una prospettiva diametralmente opposta rispetto a quella ordinaria. E’ la nostra prospettiva sul mondo, sulla musica, sull’arte.

“In A State Of Altered Uncosciousness” è invece un verso di “rEvolution of the species” , anche per questa nostra voglia di dare una coerenza ai nostri lavori e non essere un’accozzaglia di canzoni, come può essere in certe produzioni più commerciali. E’ il concept dell’album: lo stato di alterata incoscienza che esprime lo stato in cui molti di noi vivono le proprie esistenze sia in positivo che in negativo, una vox media. Ti trovi in questo stato nel momento in cui vivi in modo apparentemente cosciente alla società, ma sei incosciente verso te stesso e viceversa. Un concetto anche un po’ psicoanalitico di contrapposizione tra Sé e Collettività. Bisogna avere il coraggio di mettere in dubbio le proprie certezze, le recite della società, per svelare le sovrastrutture che sembrano il tuo Io, ma che in realtà non ti ritraggono e ti ingabbiano, incosciente a te stesso.

D: oltre al lavoro strettamente musicale, c’è una ricerca anche cinematografica (lo si può vedere dai vostri Videoclip, reperibili su youtube ) e poetica nei vostri testi, misto di esistenzialismo e ermetismo. Come la musica si fonde ai vostri testi per creare un prodotto così composto? E da dove nasce l’ispirazione per scriverli?

Luigi: Un testo sicuramente può nascere da ogni cosa, filtrata però attraverso l’esperienza personale. Così come Ezio racconta in “the Absence Theory” un suo momento privato, la canzone dove canto io, “so What”, è un racconto stilizzato di una mia serata di sbronza un po’ presa a male. Inoltre in quel periodo ero in fissa con un libro russo, un viaggio nell’estasi alcolica, un racconto tragicomico, per cui ci sono sicuramente influenze letterarie e musicali. Prendi “Lovecraft” ad esempio, dedicato all’omonimo scrittore, che è una trasposizione della novella “i Sogni Nella Casa Stregata”, che vi consiglio di leggere.

Emanuele: “rEvolution Of the Species” fa riferimento al periodo politico che stavamo vivendo, il governo Monti. Ci dava fastidio l’idea che se il sistema capitalistico fallisce e dimostra di essere pesantemente in crisi, vi sia la pigrizia mentale di non provare a trovare delle soluzioni,  ma si cerchi in tutti i modi di salvare il sistema coi suoi propri mezzi che già hanno dimostrato di essere fallaci.

Costantino: Dobbiamo metterlo in discussione questo sistema. Ed è proprio durante le nostre discussioni che ci facciamo i viaggioni e scriviamo i testi. Insomma la nostra musica nasce dal dialogo.

D: State già lavorando ad un nuovo Progetto?

Costantino: si,  abbiamo già prodotto del materiale che sarà condensato in un EP sul quale stiamo già lavorando. La produzione artistica sarà sempre di Carlo Marrone, Enrico Capalbo e Claudio Adamo. Per le batterie avremo alla produzione un altro produttore. Dovrebbe essere un EP a 4-5 Tracce, con brani che già suoniamo anche dal vivo.13442489_1195250337160438_1578367912385154853_o

D: cosa vedete nel futuro del panorama musicale italiano? Si va sempre più verso un sterilizzazione musicale, che porta alla celebrità burattini senza idee o sentite vento di cambiamento nell’aria?

Ezio: l’Italia è un mercato estremamente difficile, è un mercato in cui c’è poca attenzione verso le produzioni indipendenti a livello di grande pubblico. Il grande pubblico è quello del mainstream, dei talent, delle Major e purtroppo questo nei prossimi anni non lo vedo come una cosa in mutamento. Certo la scena indipendente sta crescendo anche se rimane in una cerchia ancora ristretta e appannaggio per lo più di certa critica del settore e appassionati del genere.

Luigi: purtroppo sono i sistemi di informazione principali ad avere il controllo, fin da piccoli siamo influenzati da quelli.

Costantino: Si infatti! Quello che interessa alle major è avere un ritorno economico, vendere. Quindi che loro abbiano uno o due artisti, anche se dureranno solo un anno, loro sanno che per quell’album rientreranno nelle spese e ci guadagneranno pesantemente, anche se poi scomparirà nel nulla.

Ezio: non vorrei buttarla sulla critica ai talent, ma si sa che sono il canale principale delle nuove proposte, per cui un ambiente indie, come quello in cui ci muoviamo noi arranca. La rete spezza molto e aiuta le realtà indipendenti, ma ancora non è abbastanza forte per supportare un mercato rivale di quello delle major, come magari avviene all’estero, prendi il caso di Grimes, artista canadese, a livello internazionale conosciutissima.

Luigi: si parla comunque di un tipo di prodotto più facilmente accostabile a quello che viene mandato dalle major, per cui è anche più facile. Comunque l’epoca delle rockstar col jet privato è bello e finito, non tornerà più. Dimenticatela.

Emanuele: un piccolo inciso, Alan Moore diceva che tutto ciò che ha un pubblico è classificabile, ma non fa sempre massa. L’underground non vuole essere troppo ristretto a livello di pubblico, anzi ha un pubblico molto vasto e non parlo solo di musicisti, ma di artisti, writers, DJ, non quelli da discoteca, ma i grandi producer. Certamente il mainstream è più visibile, ma la proporzione rimane su 60 e 40.

Luigi: io ho una teoria su questa cosa e penso che ogni 30 anni ci sia una rivoluzione musicale. La prima l’hanno fatta i Beatles, la seconda i Nirvana, fra un’altra decina di anni ne aspetto un’altra.

Ezio: dobbiamo essere pronti!

Luigi: eh, noi saremo già bell’e vecchi…

Emanuele: …ma soprattutto belli!

Luigi: insomma se uno pensa agli anni 90 per cui una scena indie minuscola diventa commerciale, grazie all’esplosione dei Nirvana a caso, e non si sa come siano arrivati a vendere così tanto. Però sono essenzialmente i nuovi Beatles. Hanno cambiato anche le sonorità pop che venne dopo. Fu una cosa imprevedibile, alla fine erano tre che nemmeno sapevano suonare bene, con dei suoni cacofonici, anche se degli ottimi interpreti.

D: se poteste salvare un pezzo ciascuno (o più di uno) quali salvereste?

Emanuele: lo so! “Maquiladora” dei Radiohead. È un pezzo bellissimo che non conosce nessuno! L’ho conosciuto da un loro live del ’94. Poi per ora lo ascolto ogni giorno, più volte, e siccome scegliere un pezzo in assoluto è impossibile, tanto vale scegliere quello con cui sei in fissa al momento.

Ezio: Non mi uccidete, ma io salverei Bach il corale della cantata 147, “Jesus Bleibet Meine Freude”. Costantino?

Costantino: Se dovessi salvare qualcosa dalla catastrofe universale, io devo andare per forza sui Pink Floyd. Lo prendo come un unico brano, ma per me è come se lo fosse: The Wall, nella sua integrità.

Luigi: io salvo “When the Music is Over” dei The Doors perché è il mio pezzo preferito che conosco da quando ero  bambino perché lo ascoltava mio padre e rimane nel mio cuore.

Ezio: posso aggiungere le “Variazioni Goldberg” sempre di Bach?

Costantino: sottoscrivo!

D: ho voluto fare questa intervista perché credo davvero nelle vostra capacità ed è sempre bello parlare con qualcuno della propria passione, i propri sogni. Earthset è un nome di cui spero sentiremo parlare, e consiglio a tutti gli amanti della musica l’ascolto di “In A State Of Altered Uncosciousness”. Questo spazio finale lo lascio a voi, per dire qualsiasi cosa vi salti in mente, dalla citazione alla confessione, alla lista della spesa.

Luigi: posso dire una cosa seria? Noi ci siamo conosciuti in ambito musicale, un consiglio che mi sento di dare a te e a tutti i musicisti è di sforzarsi di fare pezzi propri, di non aver paura. Anche da soli, a caso, ormai si riesce a registrare anche in camera! Non importa se i suoni fanno cagare, è il processo creativo che è importante. Quello che sta succedendo è che si scinde il processo creativo dal concetto di musica, cosa sbagliata.

Ezio: la musica è creatività! Anche se il mercato vi dice che facendo musica di altri riuscite a fare qualche serata in più, mettete in moto la  vostra creatività anche per una questione di soddisfazione personale.

Luigi: anche io ho iniziato da autodidatta in un gruppo cover e mi divertivo tantissimo, ma la soddisfazione che hai dopo che scrivi un tuo album, anche se poi i pezzi fanno schifo, è qualcosa in più.

Costantino: Perché è tua, semplicemente.

Ezio: Non fermate la musica, grazie di cuore a tutti.

Angelo Scuderi

 

 

Amerigo Vespucci: quando un veliero diventa la tua casa

IMG_0769Arrivai alla terra degli Antipodi, e riconobbi di essere al cospetto della quarta parte della Terra. Scoprii il continente abitato da una moltitudine di popoli e animali, più della nostra Europa, dell’Asia o della stessa Africa.

 

Negli ultimi tre giorni, esattamente dall’1 giugno al 3 giugno, nel porto di Messina ha attraccato lo storico veliero ‘’Amerigo Vespucci’’. Con i suoi altissimi alberi e l’obiettiva imponenza, ha incuriosito varie centinaia di persone che hanno potuto visitarlo dalle 14:30 alle 17:30 e dalle 20:00 alle 21:30 nei giorni di mercoledì e giovedì appena trascorsi.

Il Vespucci è stato progettato nel 1930 dall’ingegnere Francesco Rotundi e fu varato, per la prima volta, il 22 febbraio 1931. Da quell’anno, a parte qualche periodo durante il quale sono stati fatti lavori di manutenzione, assolve il compito di nave-scuola per l’addestramento degli allievi ufficiali dei ruoli normali dell’Accademia Navale.

Quando mi sono recata al porto per dare un’occhiata sono rimasta incantata. A vederlo da fuori ricorda quasi una nave dei pirati, ti aspetteresti da un momento all’altro di veder spuntare Peter Pan e Capitan Uncino, insieme a Trilli, Wendy e tutti i Bambini Sperduti. Si porta dietro un’aura quasi magica, quando si è molto vicini non si può fare a meno di alzare la testa e sospirare un ‘’uao’’.

Ma com’è vivere e lavorare su una nave del genere, un veliero così antico ed elegante? Di certo non è tutto oro ciò che luccica, però c’è un certo orgoglio nel cuore dei ragazzi che, giorno e notte, vivono le loro vite tra quelle assi, sballottolate dal mare. Me ne parla F., un mio amico facente parte dell’equipaggio.

All’inizio non sono riuscita a trascinarlo con l’entusiasmo della mia curiosità, piuttosto ha iniziato descrivendomi tutti i difetti di quella che effettivamente, in questo momento, è casa sua. Divide una stanza con altre 59 persone, ci sono 4 bagni per tutti loro, privacy zero. E poi i classici orari da militare: sveglia alle 6 del mattino con stacco alle 23, turni faticosi, compiti difficili. A 22 anni passare dal lusso di casa propria (e non si parla prettamente di lusso materiale, quanto della mamma che ti accudisce in tutto e per tutto) a questo stile di vita non è di certo una passeggiata.

Mi ha raccontato molto del suo distacco da casa, dagli amici, dalla famiglia, ‘’come se stessi partendo per non tornare’’. Molti di noi sono studenti fuori sede, ma questo è sicuramente un distacco diverso. Devi imparare subito e in fretta a saper fare tutto e anche di più. Piano piano, però, il mio amico si è sciolto ed ha cominciato a raccontarmi la parte bella di questo suo viaggio.

Così, ha iniziato spiegandomi i vari ruoli che ognuno di loro ha, da quello più ‘’infame’’ a quello del comandante. Mi ha spiegato con quali figure lui si rapporta ogni giorno, dei suoi compiti e dei luoghi in cui li svolge. Ridendo mi ha detto di come sia incredibile vedere i nocchieri arrampicarsi sui pennoni degli alberi e aprire le vele (confermandomi che lui soffre di vertigini al solo pensiero).

Presi dall’entusiasmo siamo saliti insieme a visitare la nave che, se da fuori è meravigliosa, dentro è uno spettacolo. Ogni zona in cui mi portava aveva due storie da raccontare, una per i turisti e una per chi ci vive come lui. Mentre passeggiavo sui ponti, entravo nelle stanze e scendevo quelle scalette di ferro ripidissime e strettissime per passare da un reparto all’altro (da cui sono, ovviamente, scivolata, ed ho, altrettanto ovviamente, sbattuto la testa, con lui che invece saliva e scendeva con una naturalezza odiosa), lui era il mio cicerone, la mia guida turistica e, al contempo, un amico che si perdeva in aneddoti da ragazzino facendomi ridere con lui.

Dopo la prima settimana di vero disagio, di immobilizzazione data dal mal di mare e di fedeli sacchetti per il vomito, di ‘’ non posso vivere qua sopra sei mesi’’, semplicemente ti abitui. Ti godi il mare calmo e ti abitui al mare mosso tanto che diventa un dolce dondolio la notte, tanto da conciliare il sonno. Ti abitui al fatto che il cellulare non prende, ti scordi di averlo e non ne senti più il bisogno. Ti abitui a stare con i tuoi pensieri, con molti pochi svaghi, ma un ponte meraviglioso dove, la notte, puoi fumarti una sigaretta e vedere le stelle come non le hai mai viste, libere dalla luce artificiale. Mi ha anche confermato il fatto che il ‘’mal di terra’’ esiste davvero, una volta sceso barcolli per un momento.

È una vita abbastanza peculiare ma, per una civile come me, ha un fascino particolare. Più lui raccontava, più io trovavo altre domande da porgli. Mi ha confessato che spesso si sente frustato ma quando racconta la sua storia e poi si gira e vede il Vespucci illuminato, di notte, dal tricolore, non può non sentirsi un italiano fiero di quello che fa, scordandosi della stanchezza.

Alla fine della nostra lunga chiacchierata, una domanda mi premeva più di tutte: se dovessi tornare indietro, sceglieresti lo stesso di fare questa esperienza?

La risposta è stata ”sì”.

Elena Anna Andronico

REFERENDUM TRIVELLE. VINCONO GLI ASSENTEISTI E I SI’ MA NON C’E’ QUORUM, QUINDI NON SI AVRA’ NESSUN EFFETTO

 

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I dati sul referendum delle trivelle sono ormai certi e i risultati che riguardano la durata delle concessioni per le ricerche petrolifere non ha raggiunto il quorum (50%+1 degli aventi diritto al voto).

 

Il dato sull’affluenza per quanto riguarda gli 8000 comuni italiani al voto vede una percentuale di votanti che si attesta intorno al 32,15%, mentre la Sicilia si attesta al 28,40%.

 

Per quanto riguarda proprio la Sicilia, dati alla mano, ci indicano che Trapani è la città dove si è votato di più (33,30% di affluenza), seguita da Agrigento, Ragusa e Catania. A Palermo, dove ha votato anche il Presidente Mattarella, si è registrata una affluenza alle urne pari al 7,54% seguita da Siracusa con il 26,98%. Caltanissetta con il 22,50% si conferma la provincia dove si è votato meno e infine Gela che è il comune dove l’astensione è stata praticamente la regola.

 

Nella Città dello Stretto, dove ha votato il 24,4% delle persone aventi diritto, sono stati registrati percentuali per il “SI’” pari al 91,37% mentre i “NO” si sono attestati intorno all’ 8,63%.

 

I risultati del referendum cosiddetto “sulle trivelle” sono arrivati a partire dalle 23 della giornata di ieri per poi diventare più certi nel corso della notte. Il quorum del 50%+1 non essendo stato raggiunto fa sì che il referendum non avrà valore sul tema su cui era stato convocato.

 

Tanta fino all’ultimo la confusione delle persone sulle modalità di voto. Tale referendum era stato convocato per decidere se abrogare o meno la parte di una legge che permette, a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa, di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

 

Sul non raggiungimento del quorum ha giocato una cospicua indifferenza di molti italiani non solo al tema, ma anche allo stesso uso dello strumento del referendum rispetto a scelte giudicate troppo tecniche e limitate.

 

Per questa ragione molti sostenitori del “no”, ovvero coloro che erano a favore del mantenimento della norma, avevano puntato più sulla questione assenteismo che sulla ragione del voto contrario, cercando di incentivare il mancato raggiungimento del quorum necessario affinchè il risultato del referendum fosse considerato valido. Alla fine, sono questi che hanno vinto.

Pietro Genovese