L’intarsio tra cinema e Sicilia al Taormina Film Fest

Lo scorso sabato è calato il sipario sulla 67esima edizione del Taormina Film Fest con la cerimonia di premiazione. Il Cariddi d’Oro (premio al miglior film) è stato assegnato al film Next Door di e con Daniel Brühl, che ha conquistato inoltre la Maschera di Polifemo come migliore attore. La Maschera di Polifemo per la categoria femminile è stata assegnata a Matilda De Angelis, per la sua impeccabile interpretazione nel film Atlas di Niccolò Castelli. Il Cariddi d’Argento è andato a Roberto De Feo e Paolo Strippoli, giovani registi di A classic horror story. Inoltre sono stati assegnati tre Taormina Arte Arwards, rispettivamente a Francesca Michielin, Anna Ferzetti e Ferzan Ozpetek.

Matilda De Angelis, vincitrice della Maschera di Polifemo come miglior attrice – Fonte: ciakmagazine.it

Oltre ai film in concorso, il grande protagonista del Festival è stato senza dubbio l’intarsio tra il cinema e la Sicilia; numerosi, infatti, sono stati gli appuntamenti e le proiezioni che hanno messo al centro questo profondo legame. Ripercorriamo insieme le tappe principali del viaggio attraverso questo prezioso intreccio.

Space Beyond

Apre la serie di proiezioni di “Cinema e Sicilia” -in collaborazione con Sicilia Film Commission e Fondazione Taormina Arte– il film-documentario Space Beyond (2020), dedicato all’astronauta siciliano Luca Parmitano. Diretto da Francesco Cannavà, Space Beyond è il racconto biografico della missione “Beyond” dell’ESA (European Space Agency), effettuata da Parmitano nelle vesti di colonnello pilota sperimentatore dell’Aeronautica militare e primo comandante italiano della Stazione Spaziale Internazionale.

Sei mesi di missione sulla ISS racchiusi in 82 minuti di film, con immagini inedite ed esclusive degli esperimenti scientifici svolti e delle attività extraveicolari effettuati durante la permanenza a bordo. “Il limite lo scegli tu, lo scegliamo noi come umanità come scienziati ed esploratori. Nel momento in cui lo scegliamo abbiamo un obiettivo da superare, poi sta a noi metterci tutti i mezzi necessari per poterlo superare. Per me Beyond, il termine “oltre”, è un contenitore e in un certo senso ci mettiamo dentro sia il limite sia il mezzo per superare questo limite” ha dichiarato Luca Parmitano.

Luca Parmitano – Fonte: ciakmagazine.it

Sulle tracce di Goethe in Sicilia

L’appuntamento successivo si è incentrato sul documentario Sulle tracce di Goethe in Sicilia (2020), del regista tedesco Peter Stein, che ha ripercorso le tappe del poeta connazionale attraverso l’occhio della telecamera. Il tema principale che merge dal diario di viaggio di Goethe è soprattutto la contraddizione tra la bellezza dell’Isola e le condizioni di vita della popolazione. Stein ha preso ispirazione proprio della bellezza dei paesaggi siciliani immortalati su un libro di fotografie; ha sottolineato inoltre di aver un profondo legame con la nostra terra, che lo ha premiato varie volte.

Peter Stein (a destra) durante le riprese – Fonte: ciakmagazine.it

Salviamo gli elefanti

Tre “corti cinematografici” -che affrontano il tema dell’integrazione- sono stati posti al centro di uno degli appuntamenti: stiamo parlando di La bellezza imperfetta (2019) di Davide Vigore, Scharifa di Fabrizio Sergi e Salviamo gli elefanti (2021) di Giovanna Bragna Sonnino. Quest’ultimo in particolare è stato proiettato in anteprima al festival e acclamato con una moltitudine di applausi da parte del suo primo pubblico.

Il corto, nonostante la breve durata, è denso di significato e rappresenta aspetti significativi della società siciliana. I due protagonisti sono Agata, donna ignorante e con una mentalità molto chiusa, e Orlando, bambino di origini italiane nato a Nairobi. Orlando è in vacanza con la sua famiglia e nella confusione del mercato del pesce si perde. Sarà Agata a proteggerlo e a portarlo con sé; i due sono molto diversi e questo porta a una impossibilità di incomprensione tanto verbale quanto culturale. Orlando ama gli animali, è un bambino molto intelligente, vive in una famiglia normale. Agata vive in un substrato sociale completamente diverso: parla prevalentemente in dialetto, non riuscendo a parlare bene l’italiano, è molto diffidente nei confronti degli animali; lavora come donna delle pulizie. Nonostante i contrasti iniziali, alla fine i due riusciranno ad imparare l’uno dall’altro.

Salviamo gli elefanti porta una certa innovazione nel mondo dei cortometraggi: racconta le vicende di una Catania povera, di una donna che, come molte altre, è invisibile nella società. Qui il tema delle differenze socio-culturali porta all’integrazione, alla comprensione del diverso: l’essere umano è sempre portato a temere il diverso, ma è proprio da esso che si andrà ad imparare e ad ampliare le proprie vedute.

Locandina di “Salviamo gli elefanti” – Fonte: ciakmagazine.it

Lo schermo a tre punte

Conclude il ciclo di incontri di “Cinema e Sicilia” l’opera Lo schermo a tre punte, del regista bagherese Giuseppe Tornatore, che ha dialogato con uno degli organizzatori del Festival -tramite la piattaforma online “Zoom”- prima della proiezione del film. Con lo stesso metodo della scena conclusiva del suo masterpiece Nuovo Cinema Paradiso, il Maestro ha unito diversi frame, tratti da oltre un centinaio di film legati alla cultura siciliana.

Attraverso la suddivisone in capitoli, Tornatore si è focalizzato sugli elementi comuni più presenti nei numerosi film visionati; vi è, così, un capitolo dedicato ai gesti, ai codici e al linguaggio tipici della sicilianità, uno dedicato alla Storia, uno alle carte geografiche dell’Isola, uno alle donne siciliane, e così via.

L’opera, dunque, non è altro che un’enciclopedia della cultura cinematografica siciliana, in continua evoluzione; proprio a causa di questa espansione, il regista considera il suo lavoro incompleto e ha ammesso che se dovesse aggiungere un nuovo capitolo lo dedicherebbe alle nuove generazioni.

Nonostante il lungometraggio sia datato risulta ancora funzionale ed irripetibile, un’intuizione geniale che esalta una cultura peculiare, bastarda, ricca e affascinante come quella siciliana.

Giuseppe Tornatore al Taormina Film Fest – Fonte: ciakmagazine.it

 

Sofia Ruello, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

https://www.ciakmagazine.it/ciak-taormina/

Immagine in evidenza:

Acquerello ispirato al viaggio di Goethe in Sicilia – Fonte: ciakmagazie.it

 

E’ lo “Spirito di Messina” ad aver formato l’Unione Europea

E’ il giugno del 1955, dieci anni dopo la fine della seconda guerra mondiale; la nazione, sconquassata fin dalle fondamenta, sta cercando di rimettersi in piedi, in modo dignitoso e decoroso. Gli animi degli italiani, seppur stanchi ed affranti, in quegli anni vedono la speranza per un futuro migliore, ci credono e ci lavorano su, affinché quello che era accaduto non si ripetesse, affinché i loro figli non vedessero né subissero le atrocità che erano loro toccate. Il popolo vuole gli stati più uniti, spera in un unione che sancisca che nessun conflitto trovi più menti sulle quali attecchire e insidiare le sue malsane brame.

© Belga Photo – da sinistra a destra: Paul-Henri Spaak (Belgio), Walter Hallstein (RFA), Antoine Pinay (Francia), Joseph Bech (Lussemburgo), Gaetano Martino (Italia) e Johan Willem Beyen (Paesi Bassi)

Sono i primi due giorni del mese di Giugno, del 1955, e a Messina, per volere dell’allora Ministro degli Esteri Gaetano Martino, si tiene quella che passerà alla storia, sia italiana che europea, come Conferenza di Messina. A molti messinesi “Gaetano Martino” può far venire in mente il policlinico universitario, nonché l’ospedale più grande della città. Ma Martino fece molto di più che dare il nome ad un policlinico.

Martino, nel suo intento e desiderio di unione, convoca la Comunità Europea del Carbone e dell’acciaio (CECA) costituitasi nel 1951 e tiene per l’appunto la Conferenza di Messina; questa procederà all’avvio dei Trattati di Roma, che porteranno, dopo soli due anni, alla costituzione della Comunità Europea per l’Energia Atomica (EURATOM) e la Comunità Economica Europea (CEE).

Fonte: Archivio Storico del Senato della Repubblica – sicilyineurope.eu Conferenza CECA, Messina 1-2 Giugno 1955

«Siamo tutti ansiosi di estendere sempre più la nostra integrazione… Mi auguro che in questa Conferenza aggiungeremo un’altra pietra alle fondamenta della costruzione europea», dichiara Martino in apertura dei lavori. Della CECA fanno parte 6 stati membri, Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.

Inizialmente, come in qualsiasi progetto di vasta scala e di grande portata, i Ministri degli Esteri dei sei Stati si sono trovati in difficoltà sulla linea da seguire. I Paesi Bassi premevano per un unione di tipo doganale, mentre la Francia, portatrice indiscussa di integrazione fra popoli, che tuttora innalza la sua bandiera contro qualsiasi forma di discriminazione e razzismo, insisteva per un’integrazione totalizzante. Dopo una fase di stallo, il piano di avviamento è partito, e nel 1992, con i Trattati di Maastricht, nasce quella che oggi è l’Unione Europea.

Eppure, in periodi di diffidenza come questi che viviamo ora, è difficoltoso parlare sia di Unione che di Europa, per di più se si uniscono le due parole. Qualsiasi studioso di storia o di antropologia, sa bene che già gli antichi accomunavano le popolazioni dei diversi Stati europei sotto un’unica forma mentis.

Fonte: strettoweb.com

Siamo “Unione” da un punto di vista linguistico, qualsiasi linguista può affermare che gli idiomi che oggi utilizziamo, seppur diversi, derivano quasi tutti dal latino e prima ancora dall’indoeuropeo. Siamo “Unione” da un punto di vista storico; nessun evento di grande rilevanza per i nostri paesi ha mai lasciato, nei secoli, indifferenti gli altri che lo stavano ad osservare. Siamo “Unione” sotto l’aspetto scientifico, con scambi frequenti tra i nostri migliori intelletti.

Ma l’Europa, è bene dirlo, in un momento in cui uno degli stati membri propone un referendum per uscirne fuori (con esiti ancora incerti, nonostante il popolo si fosse espresso favorevole) è primo di tutto “identità” e – l’identità non coincide col passaporto – dice la scrittrice Dacia Maraini – e tanto meno con una bandiera o una religione. E’ un insieme di valori in continuo cambiamento -; ed è in onore di quei valori che dobbiamo ricordare chi siamo, e sempre in nome di quelli, quando vi sono delle incertezze e sfiducie durante le Conferenze, che si ripete e ricorda “lo spirito di Messina”.

 

Ilaria Piscioneri

Il ragazzo più felice del mondo

“Quando c’ho una storia per le mani e quell’entusiasmo lì io sono discretamente contento, era lui quando riceve i disegni, penso sia Gero quando troviamo l’idea giusta per far un corto. Penso che sia un fenomeno che si verifica ogni volta che la tua passione prende una concretezza e nel mio caso annulla tutto quello che c’è attorno”. Così esordisce Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, alla mia domanda su chi fosse questo famigerato ragazzo tanto felice.

Sabato 16 febbraio alla Multisala Iris di Messina è stato proiettato il film “Il ragazzo più felice del mondo” di Gipi. Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il film affronta vicende tratte da una storia vera: un fumettista, con un’innata passione per le riprese, decide di girare un documentario dai toni più leggeri che si focalizza in particolare su una domanda su cui oggigiorno in pochi si fermano a riflettere: “essere prima un uomo o un avvoltoio?”

Date del tour in Sicilia, con intervento di Gipi e Gero Arnone

Nel film vediamo un ragazzo, o meglio, quella di un ragazzo è la realtà in cui egli si rifugia; da 20 anni, reiteratamente, scrive ai suoi fumettisti preferiti elogiandoli. Tuttavia, c’è una peculiarità che accomuna queste lettere: a tutti viene recapitata la medesima, dallo stesso ragazzo, con la stessa età, gli stessi apprezzamenti, l’unica cosa che cambia è il tema del disegno che richiede, che naturalmente varia a seconda dell’artista.

Una delle lettere scritte dall’ammiratore

Gipi, insieme alla sua estroversa ed improvvisata troupe, parte all’insegna di un viaggio alla ricerca di quello che la nostra realtà –  ahimè – definirebbe tranquillamente uno squilibrato; incontrano sensitivi e grafologi i quali gli permettono di tracciare un profilo psicologico della preda perfetta.

Arrivati nella tanto attesa cittadina sul mare, casa del collezionista misterioso, Gipi sta per dare un volto al nostro fatidico ragazzo, ma c’è un problema: Gipi ci delude. Si ricorda di essere prima un uomo, e non un avvoltoio! Prende il suo pullman e sceglie di tornare sui suoi passi, decidendo di chiudere così il film.

“Per una volta ho voluto provare ad essere buono”, questa è la sua risposta alla domanda da parte di alcuni spettatori presenti in sala, forse anche un po’ delusi per un finale meno interessante delle aspettative.

Tutto sommato Gipi decide di lasciarci qualcosa. Ha conservato in una scatola tutti gli apprezzamenti di quell’ingannevole ammiratore, di un giudice che a volte può risultare distruttivo per un artista, che con le sue insicurezze, fa dello spettatore una droga quotidiana, quelle lettere che per il nostro caro regista erano divenute del tutto illusorie. Così facendo non ci ha lasciato qualcosa di effimero, non si è comportato da sciacallo e ha evitato di dare in pasto a noi, infami giudici, il piccolo uomo.

E allora mi riferisco a Te, piccolo uomo di questo film, che ti trovi tutti i giorni ad affrontare i postumi di quello che la vita ti ha riservato, sii ancora felice quando scrivi una lettera, sii felice con i tuoi disegni, non aver paura, continua a scrivere per sentirti più libero dalle costrizioni della vita. Fin quando ci saranno uomini che gioiranno per un messaggio trasmesso a pochi, più che per una cascata di “mi piace”, tu potrai continuare a gioire quando alla tua porta arriverà ancora un disegno.

Gipi, il tuo tuffo nel mondo dei buoni è riuscito, per questa notte potrai fare sogni tranquilli. In una piccola sala, come quella dell’Iris, non solo hai lanciato l’ennesimo film, ma con una buona dose di umiltà mista a spirito pratico hai anche lasciato un grande messaggio di tolleranza.

Mattia Castano

Reda rispetta il ramadan, i compagni posticipano la cena di fine anno

Siamo a Torino, precisamente al Tabisca di piazza Vittorio, quando la tavolata della 3A  del “liceo scientifico Albert Einstein” l’altra sera  si è seduta alle 22 spaccate.

“Lo hanno fatto per me, perché sono musulmano e rispetto il digiuno per il ramadan. Non è stata una mia richiesta, ma ho apprezzato davvero il gesto dei miei amici”.

Spiega Reda Herradi, nato in Italia da genitori marocchini.

Non sapevo niente dell’iniziativa degli studenti ma non mi stupisce, questo è il clima che c’è tra i ragazzi di ogni cultura e religione nella  nostra scuola“, spiega il dirigente scolastico Marco Chiauzza. Per i ragazzi avere come compagno di banco uno studente musulmano o una ragazza straniera è la quotidianità e nessuno lo nota. Tra di loro sono semplicemente compagni.

L’intera classe ha deciso di rimandare la cena alla fine del tramonto in modo che Reda potesse partecipare pienamente e interrompere il digiuno nel rispetto della sua religione. Tra tante notizie di mancata integrazione e perfino di razzismo, ne emerge una che almeno libera dalla cattiveria e dal marcio che ci circonda.

Non c’è niente di strano–  dice Irene Arancio, una compagna di classe- Volevamo esserci tutti e abbiamo fatto in modo che fosse così, tanto alle 20 o alle 22 non cambia niente, se sei in piazza Vittorio con tanti locali a disposizione“.

La storia, anticipata dal quotidiano La Repubblica, è stata raccontata anche da un genitore su Facebook. “I nostri ragazzi ci hanno chiesto di poter tornare più tardi del previsto, così da poter cenare. – continua – In una scuola di Barriera di Milano (quartiere torinese dove si trova l’istituto), un luogo eterogeneo e multietnico, un gruppo di adolescenti ci ha insegnato cos’è la vera integrazione“.

Serena Votano