Diabete, in arrivo l’insulina settimanale. Meno punture, più libertà

Una sola iniezioni a settimana per la gestione del diabete. Non è fantascienza, ma una concreta realtà terapeutica. Una svolta innovativa nella vita di 1,3 milioni di italiani che convivono con il diabete di tipo 1 e 2.

L’Italia è il primo paese in Europa a rendere disponibile, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, la prima insulina basale a somministrazione settimanale. Grazie a questa nuova tecnologia, approvata dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), è possibile per i pazienti passare da 365 iniezioni di insulina all’anno a 52. 

La nuova insulina a lento rilascio

Un diabetico deve prendere in media 180 decisioni al giorno. Dalla conta dei carboidrati all’esercizio fisico, fino al controllo delle emozioni che influisce sulla gestione quotidiana. Con l’insulina settimanale la vita dei diabetici affronta una rivoluzione. Un piccolo grande passo avanti nella gestione quotidiana della patologia, uno in più verso la tanta attesa cura.

 Non solo un miglioramento della qualità della vita ma una potenziale maggiore aderenza terapeutica e anche un beneficio in termini di ridotto impatto ambientale. A differenza dell’insulina basale tradizionale, che richiede iniezioni giornaliere, questa insulina permette una copertura glicemica stabile e prolungata.

In un contesto demografico caratterizzato dall’invecchiamento della popolazione e dalla crescente incidenza delle patologie croniche, facilitare l’accesso ai trattamenti farmacologici è una necessità” sottolinea Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute, che lo scorso 10 giugno ha presentato la novità. Un progresso concreto per i pazienti diabetici: lo ha definito così il sottosegretario, che ritiene fondamentale porre il paziente al centro, semplificare la gestione quotidiana e garantire un’innovazione sostenibile.

Diabete, insulina e tecnologia

“Ti è venuto il diabete perché mangiavi troppi dolci da piccolo/a” oppure “Ma non è che mi attacchi il diabete?”. Queste e tante altre le fake news che gravitano attorno a questa patologia. Ma scopriamo realmente cosa è il diabete.

Diabete, dal greco diabaino, “che passa attraverso”, è un termine che indica i sintomi prevalenti dell’esordio di questa malattia: poliuria (abbondante produzione di urina) , polidipsia (sete eccessiva) e dimagrimento progressivo sono i più conosciuti. Il diabete è una patologia cronica caratterizzata da un’eccessiva presenza di glucosio (zucchero) nel sangue, causata da una produzione insufficiente di insulina o da una sua inefficace azione. Esistono due principali tipi di diabete:

  • il diabete di tipo 1 o diabete mellito. Si manifesta solitamente in età giovanile ed è causato da una reazione autoimmune che distrugge le cellule del pancreas, la cui funzione è quella di produrre insulina;
  • il diabete di tipo 2. È quello più comune, il diabete “alimentare” che si sviluppa in età più adulta.

Il ruolo dell’insulina è fondamentale, in quanto regolatore del livello di glucosio nel sangue, che  permette al corpo di utilizzare o immagazzinare lo zucchero assunto con l’alimentazione. Per chi convive con il diabete, questa regolazione viene meno ed è necessaria la somministrazione dell’insulina dall’esterno. Questo può avvenire attraverso iniezioni tradizionali con penne e siringhe oppure, grazie agli enormi progressi fatti dalla tecnologia, con microinfusori e differenti sistemi integrati con sensori glicemici. Insomma, dei “pancreas artificiali“; piccoli dispositivi portatili che rilasciano insulina in modo continuo, regolandone automaticamente le dosi.

L’innovazione è una forte testimonianza di come una collaborazione virtuosa tra istituzioni, politica, industria, comunità scientifica e associazioni dei pazienti, possano dare priorità nazionale alla salute. Si tratta di una terapia più semplice e meno invasiva, che può significare più libertà, più benessere e meno barriere sociali e personali, nella vita di persone che condividono quotidianamente le loro scelte con questa condizione. E mentre la scienza avanza, la vera sfida rimane quella di garantire una formazione adeguata e una personalizzazione delle cure per tutti i pazienti, che vivono nella speranza di una routine più libera e meno faticosa.

Fonti

https://www.agi.it/cronaca/news/2025-06-10/arriva-italia-prima-insulina-settimanale-31797073/

https://www.pharmastar.it/news/diabete/novit-per-i-diabetici-italiani-prima-insulina-settimanale-al-mondo-47622

https://www.hsr.it/news/2024/novembre/insulina-settimanale-diabete-come-funziona

 

Elisa Guarnera

“Trasformare” le cellule α e β del pancreas: nuove frontiere nella terapia del diabete

Il diabete mellito è una condizione clinica che oggi assume i connotati di una vera e propria sindrome, quindi un insieme di malattie che hanno in comune elevati livelli di glucosio in circolo. Nonostante il primo impatto con la malattia fu drastico, avere inquadrato le varie sfaccettature fisiopatologiche ha permesso di sviluppare terapie mirate e atte a ridurre l’alto tasso di mortalità. Sicuramente l’insulina è stata la svolta dal punto di vista terapeutico. Ma siamo certi che il futuro non prospetti approcci ancora più mirati e innovativi?

Indice dei contenuti

Diabete: una malattia multiforme

Nonostante sia più noto il diabete mellito di tipo 2, la malattia fa dell’eterogeneità la sua caratteristica principale. Per inquadrarla al meglio distinguiamo:

  • Diabete mellito di tipo 1: definito un tempo “diabete giovanile”. Ha patogenesi autoimmune e rappresenta circa il 10% delle forme di diabete.
  • Diabete mellito di tipo 2: definito un tempo “diabete dell’età adulta”. E’ legato a fattori genetici e allo stile di vita. Rappresenta il 90% delle forme di diabete.
  • Diabete gestazionale: insorge in gravidanza e si normalizza dopo il parto. Esita quindi con la guarigione.
  • Forme secondarie: insorgono a causa di tumori o trattamenti farmacologici.

Come trattiamo oggi il diabete?

L’approccio terapeutico è differente in base alla tipologia di diabete trattato.
Il diabete di tipo 2 è correlato ad una serie di fattori scatenanti, tra cui la predisposizione genetica e l’obesità, quest’ultima correlata ad un grado variabile di sedentarietà. Pertanto, la prima scelta ricadrà sempre su un adeguamento della dieta e sull’attività fisica.
Al fallimento di questo primo tentativo, è possibile iniziare la terapia con metformina, con o senza associazione di seconde e terze classi di farmaci, fino ad arrivare alla refrattarietà assoluta e ad una terapia sostitutiva pura con insulina.
Il diabete di tipo 1 prevede invece una terapia sostitutiva pura con insulina mediante diversi regimi a seconda dell’età del paziente. Proprio questo tipo di diabete può essere soggetto a terapie innovative, ma per comprenderle è necessario approfondirne l’aspetto fisiopatologico.

Qual è la causa scatenante del diabete di tipo 1?

Il diabete di tipo 1 ha una patogenesi autoimmune, con un’evoluzione che consta di quattro fasi.
La prima fase si basa sulla presenza dei fattori predisponenti che inducono una suscettibilità genetica. Tra gli aplotipi più a rischio abbiamo gli HLA-DR3 e DR4, che inducono la risposta immune.
La seconda fase è quella dell’evento precipitante. Infatti, una qualsiasi infezione virale o batterica, può causare la perdita della tolleranza immune, scatenando così  una risposta da parte dei linfociti T verso le beta cellule pancreatiche, che esprimono gli HLA incriminati.
La terza fase prevede la comparsa degli autoanticorpi e una progressiva riduzione in percentuale della quota cellulare funzionante.
La quarta fase prevede una quota cellulare sotto il 20%, che determina l’esplosione della malattia. Essa può manifestarsi con acidosi metabolica e coma chetoacidosico. Quest’ultimo, prima dell’introduzione dell’insulina, era la prima causa di morte nel soggetto affetto da diabete di tipo 1.

 

Nuovi scenari terapeutici

Nuove prospettive terapeutiche potrebbero essere intraprese focalizzandosi sulla controparte dell’insulina, l’ormone glucagone. L’ormone prodotto dalle cellule alfa del pancreas, ha ricevuto fino ad oggi una scarsa attenzione, come affermato da May-Yun Wang, leader dello studio pubblicato online su PNAS. E’ stato osservato che bloccare i recettori cellulari per il glucagone ha curato modelli murini di diabete, convertendo le cellule secernenti glucagone in produttori di insulina. Pertanto, l’esaurimento del glucagone o il blocco del suo recettore, può aiutare gli animali ed esseri umani con diabete a gestire i livelli di glucosio.

Come bloccare i recettori del glucagone?

Per capire come poteva essere realizzato il blocco, Wang e i suoi colleghi hanno approfondito l’utilizzo degli anticorpi monoclonali. Nel modello PANIC-ATTAC veniva provocata l’apoptosi delle cellule beta delle isole pancreatiche, producendo una vera e propria condizione di diabete murino. Esaurite le cellule beta di questi animali, i ricercatori hanno somministrato anticorpi monoclonali contro il recettore del glucagone. Questo ha provocato una evidente riduzione della glicemia nei roditori. Lo studio ha dimostrato che il numero di cellule, comprese le cellule beta, nel pancreas di questi animali aumentava in modo significativo. Per spiegare il fenomeno i ricercatori hanno osservato le cellule alfa durante i cicli di divisione cellulare. Lo studio ha dimostrato che il trattamento con anticorpi monoclonali spingeva parte della popolazione di cellule alfa, produttrici di glucagone, a convertirsi in cellule beta produttrici di insulina.

Quali sono le aspettative sull’uomo?

Indurre le cellule alfa a mutare in cellule beta potrebbe essere la strada giusta da perseguire nei soggetti affetti da diabete di tipo 1. Nonostante i diabetici di tipo 1, trattati con anticorpi monoclonali, raggiungano quasi sempre un buon livello glicemico, questo oscilla in modo considerevole durante il giorno. Ripristinare il pool di cellule beta potrebbe dunque migliorare notevolmente la regolazione del glucosio e la qualità della vita.

Saro Pistorìo

Per approfondire:

https://www.utsouthwestern.edu/newsroom/articles/year-2021/beta-cells-diabetes.htm

https://www.pnas.org/content/112/8/2503.short

https://universome.unime.it/2020/12/09/pseudis-paradoxa-il-principe-ranocchio-per-il-trattamento-del-diabete/