Appuntamento eterno

Sono sempre qui dieci minuti prima. È la mia routine, è d’obbligo. 

Il portone in legno d’ingresso è quasi invisibile, coperto da quella trentina di mamme in tiro, con il trucco perfetto, tacco 15 e borsa di marca al braccio. È criptico il loro spettegolare ed ancora più enigmatico il loro trovare sempre un nuovo argomento di cui starnazzare.

Come fanno – mi chiedo – mentre dalla mia postazione, qualche centimetro dietro di loro, cerco di sfuggire agli sguardi di scherno.

Sento il suono della campanella; subito un allegro vociare e poi vedo il portone aprirsi: una mandria di bambini con il grembiulino blu esce salutando la mamma, agitando la manina.

La donna che mi sta davanti mi guarda titubante e prende in braccio una piccola bimba con le treccine, sussurrando all’amica: “Cosa fa quella sempre fuori dalla scuola? Mi preoccupa!”.

Le mie orecchie captano ogni parola ed i miei occhi si colorano di tristezza e di rabbia; così urlo: “ Io aspetto mio figlio, lo aspetto sempre!” – mi si affievolisce la voce – “Prima o poi uscirà da scuola!”

Sento ancora i versi impauriti di quelle donne accerchiarmi, mentre stringo l’unica cosa che mi rimane di Roby: quella foto in spiaggia, in cui siamo io e lui; quel sorriso allegro che pensavo di poter vedere anche il giorno dopo, magari nella stessa spiaggia, magari con quel secchiello con l’acqua traboccante che teneva stretto nelle sue piccole mani.

  • È suonata la campanella – penso –  dove sei?

Jessica Cardullo

TORINO – CONNATURALE PAURA

Un match tanto atteso, trasmesso in diretta su un maxi schermo in una piazza storica; ci sono migliaia di persone in maglia bianconera, tutto condito da  un clima di festa ed unione.

Fra suoni e colori, però, il fine partita si perde nel caos.

Paura, urla, calca. Piazza San Carlo è sommersa da una processione di scarpe e di vetro, è macchiata di sangue e calpestata dal terrore.

Sembra quasi che ogni luce si spenga in mezzo alla folla che, disorientata e confusa, cerca di fuggire da una possibile strage di un verosimile attentato.

Si sentono dei rumori, un botto, una griglia che ha ceduto, o forse, qualcuno che urla ”bomba” e il panico predomina, mentre a Londra si materializza un altro vile attentato.

Adesso, restano responsabilità da accertare, circa di 1.527 feriti, fra cui un bimbo di 7 anni in gravi condizioni.

Il caso della piazza è la solida manifestazione della paura con cui conviviamo: è così che chi predica e pratica la morte ci impone di vivere.

Il regime dell’orrore di alcuni vigliacchi cerca di intimorirci dal profondo: colpisce nei locali, negli stadi, per le strade, attacca ciò che più di quotidiano possa esserci per dimostraci che può trafiggere in ogni momento. E’ un voler farci smarrire la voglia di vivere, un volersi insinuare silenziosamente nelle menti di ognuno di noi, portandoci a temere i nostri spazi.

Ma non dobbiamo piegarci: bisogna essere forti in questa lotta contro la paura, contro chi ci fa temere di viaggiare, di prendere la metro, di andare ad un concerto; dobbiamo combattere l’ombra del terrorismo, che, come in questa occasione, riesce a colpire anche quando non è presente.

Jessica Cardullo