Le nuove sfide del rinnovabile: si può passare dal rumore all’energia?

Negli ultimi tempi si discute sempre più su quanto siano importanti l’innovazione e il progresso tecnologico, specie in vista dei gravi danni causati quotidianamente dal cambiamento climatico. Ma in cosa consistono le trasformazioni delle ultime tecnologie? Quanto siamo capaci oggi di investire nel rinnovabile?

Dalla carta al digitale

Da anni, ormai, l’aumento di alberi abbattuti e la produzione di carta sono fattori che recano gravi danni al pianeta, anche perché la quantità di alberi abbattuti non è proporzionale alla quantità di alberi piantati.

E ancora, la produzione di carta si basa su un sistema che arreca gravi danni all’ambiente, nonostante oggi sia diffusissima la buona pratica del riciclo (basti pensare che l’Italia è il primo paese europeo ad aver raggiunto il riciclo dell’85% della carta con la raccolta annuale di quasi 7 milioni di tonnellate di carta da macero). Ma le buone statistiche italiane non smentiscono un problema ancora pervasivo nel resto del mondo.

E allora, per risolvere questo problema si è passato all’uso del digitale. Ad esempio, nelle scuole il classico registro cartaceo è oggi sostituito dal registro elettronico. Per non parlare della diffusione sempre maggiore di tablet e computer, che ormai sostituiscono i classici quaderni di carta.

Ma quanto è “rinnovabile” tutto ciò?

Uno dei minerali più usati per la costruzione dei telefoni cellulari, ad esempio, è il coltan, che contiene parti di uranio e per la cui ricerca vengono investiti annualmente milioni, ma non solo in termini di denaro. Esso è presente in grandi quantità nel continente africano. Paesi come il Niger e il Congo sono quotidianamente alla ricerca di questo prezioso minerale, che, sulla base di accordi internazionali, risulta essenziale costruire tablet, computer e cellulari.

Níger, atrapado en el uranio - El Orden Mundial - EOM
Statistiche dei principali paesi produttori di uranio nel mondo. Fonte: Eom

Quali prospettive per i giovani?

Insomma, sembra che il mondo di oggi sia tutt’altro che all’insegna del rispetto ambientale, nonostante le politiche degli ultimi tempi. Quali prospettive future per i giovani?

Francesco Creazzo, giovane studente universitario di Ingegneria meccanica, fa parte del team studentesco di moto engineering dell’Università di Messina Stretto in Carena. Questa realtà studentesca cerca, tra vari obiettivi, di sviluppare nuove invenzioni, in modo da contribuire ad un futuro più sostenibile. La sua passione lo ha portato a conoscere il mondo dei motori e dei veicoli, a progettarli e a metterli in pratica. Per Creazzo, che sostiene che il futuro è una sfida e bisogna essere sempre alla ricerca di nuove soluzioni, in quanto anche l’elettrico porta dei problemi, sarebbe meritevole di particolare attenzione uno degli ultimi prototipi, cioè il motore a idrogeno, che però non è stato ancora pienamente approvato dalla comunità scientifica.

Questo prototipo, secondo Creazzo, sarebbe a destinato a sostituire la funzione oggi assunta dalla benzina in molti veicoli. E nondimeno l’intelligenza artificiale, strumento che nell’opinione dello studente di ingegneria rappresenta un’importante risorsa. Oltre a questi esperimenti sta arrivando una novità che potrebbe davvero rivoluzionare il mondo delle tecnologie e della mobilità: si parla della trasformazione del rumore in energia elettrica.

Dal rumore all’energia rinnovabile – ma come?

La startup Lv Energy ha sviluppato un prototipo in grado di trasformare il rumore proveniente dall’inquinamento acustico in energia. Proprio così: si chiama “processo di induzione elettromagnetica“. Il tutto avviene attraverso l’uso di strumenti chiamati trasduttori (dispositivi che scannerizzano l’ambiente, prendono le onde del rumore e le convertono in energia). Ora proviamo a immaginare il funzionamento dei mezzi di trasporto: auto, bus, treni… E se funzionassero con questa tecnologia? Sarebbe così possibile trasformare un fattore di inquinamento in fonte di energia rinnovabile. Ma non è tempo di cantare vittoria, perché questa tecnologia ha bisogno di essere ottimizzata ed ha bisogno che ne vengano ridotti i costi. Tuttavia, ciò dimostra che le possibilità di migliorare il nostro pianeta esistono eccome.

Il trasduttore acustico di una chitarra – Fonte: Amazon

Roberto Fortugno

Fonti:

Miinnovo.it

Lospiegone.com

Inaugurate le nuove sale di Cardiologia Interventistica dell’AOU “G.Martino”

Lunedì 12, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Gaetano Martino” di Messina, sono state inaugurate le nuove sale ibride di cardiologia interventistica collocate al secondo piano del Padiglione E. Una realizzazione strutturale significativa, un microcosmo di tecnologia e innovazione.

Questo è  “un giorno importante per l’Azienda”, hanno dichiarato il Direttore Amministrativo dell’AOU, la Dott.ssa Elvira Amata, insieme al Direttore Sanitario, il Dott. Giuseppe Murolo. È stato raggiunto “un obiettivo significativo per la salute dei tanti pazienti che ogni giorno afferiscono al nostro ospedale e che qui troveranno competenze e professionalità”.

Quali sono le finalità e le nuove tecnologie offerte nelle sale? 

All’interno di queste sale potranno essere eseguiti interventi di vario tipo come: coronarografie, angioplastiche, occlusioni dell’auricola, chiusura del forame ovale pervio, chiusura di leaks endovascolari e interventistica extracardiaca.

Questi spazi fanno parte di un progetto ancora più ampio. Infatti, si punta alla strutturazione di un’intero piano adibito per tutte le specialità connesse alle patologie cardiache. Nella stessa area è previsto il reparto di Cardiologia, l’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, l’Emodinamica e i relativi ambulatori.

Fonte: UniMe

Le nuove sale sono dotate di angiografi di ultima generazione. I maxi schermi touchless presenti consentono agli operatori di ingrandire i campi visivi e lavorare con più precisione.

Questo sistema multimediale, definito di video integrazione e collegato ai database medici multimediali d’azienda, permette all’operatore sanitario di visualizzare, anche in sala operatoria, le informazioni relative allo stato dei pazienti. Infatti, durante l’intervento, i medici potranno controllare personalmente TAC, risonanze e radiologie. Il sistema integrato conta sulle telecamere che riproducono in streaming gli interventi eseguiti per scopi di formazione e didattica.

Accoglienza, comfort e mobilità per il paziente 

Sentirsi in un ambiente confortevole anche in ospedale sembra un’utopia. In questo senso infatti le nuove sale puntano proprio a garantire tutti i comfort necessari al paziente. Per rendere gli ambienti meno ospedalieri, troviamo a far da sfondo grandi pannelli che ritraggono lo stretto di Messina e alcuni scenari dell’isola di Filicudi.

Fonte: UniMe

Per garantire autonomia e mobilità fin dai primi istanti è presente una sala risveglio. In questa spazio, adibito all’osservazione nelle fasi pre e post trattamento, troviamo anche attrezzature proprie delle terapie intensive per affrontare qualunque emergenza.

Il nuovo complesso è trasversale. Al suo interno il corridoio che collega le sale di Emodinamica all’UTIC (Unità di terapia intensiva cardiologica) permette un trasporto semplice ed immediato.

Tecnologie e innovazione per salvare la vita 

Fonte: UniMe

Il Rettore dell’Università degli Studi di Messina, il Prof. Salvatore Cuzzocrea, ha affermato che l’Università ha camminato di pari passo, non solo sul piano strutturale, ma anche cercando di dare a tali strutture i grandi professionisti che qui vi operano”. Un nuovo padiglione davvero all’avanguardia, poiché dotato di tecnologie e risorse umane competenti per andare incontro alle esigenze di salute delle persone, come egli stesso l’ha definito, oltre ad aggiungere che a breve verranno inaugurate le nuove sale di chirurgia vascolare: “tutto ciò si inserisce in una logica di sistema e sinergia complessiva anche in ambito cardio vascolare. Competenze che fanno del nostro policlinico una vera eccellenza”.

Il Prof. Antonio Micari, Responsabile dell’UOSD di Cardiologia Interventistica, ha dichiarato che “queste sale sono le più moderne al momento oggi presenti da Roma in giù”. Questo è motivo d’orgoglio per un sud spesso condannato in ambito sanitario. Attraverso queste tecnologie si consente “di eseguire in modo poco invasivo interventi cardiologici complessi e spesso SALVA VITA”.

Marta Ferrato

Optimus: il Robot Antropomorfo di Elon Musk

Elon Musk il visionario “pazzo” che non si smentisce mai, in occasione del Tesla AI Day tenutosi il 30 settembre scorso ha presentato Optimus, il robot umanoide che promette di rivoluzionare la vita quotidiana.

 

https://www.hdmotori.it/

Indice dei contenuti

Tesla Bot

Leggi della robotica

Possibili utilizzi

Differenza con Atlas di Boston Dynamics

Futuro

 

Tesla Bot

Optimus, così battezzato dalla casa automobilistica tesla, ha fatto il suo ingresso sul palco simulando un saluto al pubblico. Si è trattato di un primo impatto un po’ rudimentale, visto che è stato trasportato sul palco e non ha fatto l’ingresso in maniera autonoma.
In realtà sono stati presentati due prototipi, Optimus e Bumble-C (Transformers?). Quest’ultimo, realizzato con componenti standard, ha fatto la sua entrata camminando in autonomia ed effettuando una serie di movimenti con le braccia.

https://www.dday.it/

Rappresenta il primo prototipo funzionante realizzato da Tesla che utilizza come software di intelligenza artificiale (AI), una variante del SoC dell’ autopilot installato nelle auto elettriche prodotte dalla medesima azienda, adattata per le nuove esigenze.
Le caratteristiche del robot sono le seguenti: altezza di 173 cm, peso 56,6kg, può trasportare carichi di 20kg camminando alla velocità di 8km/h con autonomia sufficiente per un’intera giornata di lavoro essendo alimentato da una batteria da 2,3KWh a 52Volt con un sistema di raffreddamento a liquido.
Presenta 28 attuatori (articolazioni) che possono piegarsi o girare a seconda del movimento da attuare, il tutto gestito da 12 motori. Presenta inoltre connettività WiFi e LTE per essere sempre connesso e disponibile.
Il punto forte su cui gli ingegneri si sono concentrati è il pollice opponibile per afferrare gli oggetti. Esso permette di compiere movimenti fini, simili a quelli umani.
Inoltre, presentano un meccanismo fisico esterno di spegnimento, per fermarli con un meccanismo di override non aggiornabile attraverso internet in caso di malfunzionamento.

https://insideevs.it/

Leggi della Robotica

Lo sviluppo sempre più imperante di dispositivi utilizzanti AI, impone l’utilizzo di regole per evitare che l’essere umano possa essere messo in pericolo.
Queste regole nella fantascienza sono denominate “leggi di Isaac Asimov“, un insieme di precetti ai quali obbediscono i robot positronici (robot dotati di cervello positronico).

Esse sono:

  • Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
  • Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.
  • Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge

Lo stesso Ceo di Telsa ha affermato che i robot saranno governati da alcune leggi della robotica impossibili da bypassare, iniziando dall’impossibilità per il bot di fare del male ad un essere umano, facendo riferimento alle suddette leggi.

https://www.isaacasimov.it/

 

Possibili utilizzi

Il lancio dello scorso settembre, è il primo test in diretta reale. Attualmente, secondo i video presentati durante l’evento, il robot è in grado di eseguire compiti semplici come annaffiare piante e trasportare scatole.
Ovviamente il suo utilizzo non si limita a questo. In futuro esso sarà in grado di aiutarci in tutti i compiti giornalieri, grazie all’utilizzo dell’AI autoapprendente, permettendo al robot di adeguarsi ad una serie di impervietà giornaliere. Questo si deve anche ai progressi compiuti in termini di mappatura tridimensionale dell’ambiente, di capacità di labeling (catologazione delle informazioni raccolte) e accuratezza nella capacità di leggere le situazioni e reagire di conseguenza, sviluppati per l’autopilot.

Differenza

Sebbene Optimus sia ancora in fase di sviluppo iniziale e altre concorrenti come Boston Dynamics sono molto più avanti nella progettazione di robot umanoidi, l’entusiasmo deriva dal fatto che Optimus sarà commercializzato su grande scala entro 3-5 anni al modico prezzo di 20000$, stando a quanto afferma Elon Musk (difficilmente le sue previsioni sulle tempistiche si avverano). Ha inoltre ribadito il cambio di direzione di Tesla, da casa automobilistica ad azienda di robotica avanzata. Inoltre, altri robot come Atlas di Boston Dynamics non sono pensati per rendere la vita quotidiana più semplice, ma sono stati progettati per fini bellici, potendo sostituire in futuro la fanteria umana.

https://www.bostondynamics.com/

 

Futuro

Il futuro ci riserverà grandi novità nel campo della robotica.
Optimus in particolare, in base alla roadmap fissata dallo stesso Musk, sarà in grado di sostituire completamente l’essere umano nei lavori manuali più comuni come in agricoltura e nelle fabbriche, abbassando il costo di produzione e apportando maggiore ricchezza in tutto il globo (anche se questo aspetto è molto controverso).
Inoltre l’ibrido uomo-macchina è sempre più vicino!
Grazie ai lavori di Neuralink (azienda sempre dello stesso Elon Musk), sta avanzando la possibilità di permettere l’utilizzo del robot come un’estensione di sé.
Siamo sicuri che sia tutto positivo? Avete dimenticato di Io Robot? È anche vero che l’evoluzione ed il progresso non si possono fermare solamente per paura.

 

Livio Milazzo

Bibliografia

https://www.gqitalia.it/tech/article/robot-elon-musk-flop

https://www.ilpost.it/2022/10/04/robot-optimus-tesla/

https://tech.everyeye.it/notizie/tesla-optimus-come-atlas-boston-dynamics-non-proprio-principali-differenze-612113.html

https://www.focus.it/scienza/scienze/focus-next-30-ibrido-uomo-macchina-e-sempre-piu-vicino

https://insideevs.it/news/613850/tesla-robot-optimus-ai-day/

https://insideevs.it/news/589829/tesla-bot-robot-elon-musk/

https://www.dday.it/redazione/43910/tesla-ha-mostrato-il-primo-prototipo-di-optimus-robot-umanoide-che-costera-meno-di-20000-dollari

Robot in corsia: come la tecnologia aiuta la medicina

La medicina si avvicina sempre di più al suo obiettivo principale: comprendere ‘’la macchina’’ quasi perfetta qual è il corpο umano e scoprire nuovi modi per poterla riparare. Nel ventunesimo secolo, i robot aiutano medici e chirurghi a compiere tale passo. Messina è l’esempio di come si possa effettivamente arrivare dove l’uomo non può.

  1. La macchina intelligente
  2. Dove si trova?
  3. Come funziona?
  4. Dove possiamo utilizzarlo?
  5. Benefici per i pazienti
  6. Vantaggi per medici e ospedale
  7. Le parole speranzose del DG Mario Paino
  8. Tecnologia Medica
  9. Conclusioni

La macchina intelligente

L’ingegneria medica caratterizza questo campo già dalla seconda metà del ventesimo secolo, rivelando quanto fondamentale sia la sua impronta. Lo dimostra un braccio robotico, presente anche nella nostra città, il quale guida la mano del chirurgo permettendo una precisione del 98,9% negli interventi più delicati, tra cui quelli alla colonna vertebrale.  

Dove si trova?

Questo braccio robotico si trova solo in 4 città in Italia, di cui 3 al Nord Italia: Bologna, Venezia e Torino. Anche l’Azienda Ospedaliera Papardo gode di questa brillante opera ingegneristica. Messina è l’unica città a poter usufruire di questa tecnologia, la quale rende il Papardo un Centro sanitario di eccellenza del Centro-Sud Italia.

infobreast.it

Come funziona?

Il braccio robotico è una delle invenzioni tecnologiche in campo medico più fruttuosa e intelligente mai realizzato. Inoltre, semplifica enormemente interventi che per le capacità e conoscenze limitate del chirurgo sono molto complesse. Il medico segue alcuni step prima di eseguire l’intervento, tra cui l’analisi delle immagini tridimensionali ottenute dalla TAC e l’utilizzo del Gps. La macchina robotica, grazie alle immagini ottenute e alla localizzazione data dal Gps, sa con precisione millimetrica dove operare e posizionare le viti.

Dove possiamo utilizzarlo?

La patologia traumatica, così come quelle neoplastiche vengono interessate dal suo utilizzo. Queste ultime sono trattate, in particolar modo, a livello del sacro e dell’anello pelvico. Il braccio permette di trattare sfaldature dell’osso causate da traumi di una certa intensità e tumori particolarmente aggressivi. Infine, può essere d’aiuto anche nelle malattie degenerative della colonna vertebrale.

Benefici per i pazienti

Questa innovazione rende meno invasivo l’intervento. Il medico spesso deve ricorrere a tagli lunghi e cicatrici che rovinano in alcuni casi l’aspetto estetico del paziente, prolungando notevolmente l’ospedalizzazione. Il robot esegue dei tagli di qualche centimetro, senza sfigurare la pelle e permettendo un recupero veloce. Infatti, può essere dimesso entro 72h dall’intervento.

Vantaggi per medici e ospedale

Il robot costituisce lo strumento ideale per permettere ai giovani medici, soprattutto specializzandi, a familiarizzare con la chirurgia spinale. È possibile ottenere le immagini in 3D da una TAC intraoperatoria molto particolare, un’altra invenzione tecnologica di cui dispone lo stesso Papardo: O-Arm. La macchina ha delle funzioni molto simili a quelle di una TAC, ma emana minori radiazioni, evitando di sottoporre alle stesse gli operatori sanitari. Anche l’ospedale trova numerosi vantaggi, tra cui i costi ridotti. Qualora l’intervento umano non dovesse andare bene, l’ospedale viene sottoposto ad un lungo e tortuoso processo legale. Con il braccio robotico si hanno meno errori e quindi la percentuale di costi riparativi viene diminuita sensibilmente.

Le parole speranzose del DG Mario Paino

Il Direttore Sanitario dell’Azienza Ospedaliera Papardo, Mario Paino, commenta questa innovazione tecnologica:

Gli investimenti in tecnologie come queste, rappresentano l’argine migliore contro la migrazione sanitaria. Ancora troppe persone del Centro-Sud Italia, ogni giorno, salgono su treni ed aerei diretti al Nord per andare a curarsi. Noi invece, pensiamo che trattamenti sicuri e di qualità siano un diritto per tutti e in tutto il Paese. Il Papardo rafforza la propria vocazione all’eccellenza. Personale medico-sanitario altamente formato assieme alle tecnologie mondiali più innovative sono la formula per garantire le cure migliori ai pazienti”.

Tecnologia Medica

Le innovazioni tecnologiche non interessano il solo campo chirurgico. Anche durante la pandemia da COVID-19, i supporti robotici sono stati fondamentali per fornire assistenza a medici e pazienti. Ad esempio, i robot hanno aiutato a pulire e mantenere sterili le stanze, riducendo così la possibilità di entrare a contatto con agenti patogeni. I robot possono aiutare anche nello spostamento di letti, diminuendo notevolmente gli sforzi richiesti dal personale sanitario. Esistono, inoltre, tecnologie disposte di una particolare telecamera: il medico la sfrutta per poter vedere all’interno del corpo del paziente. I macchinari robotici possono anche sostituire parti del corpo.

smartworld.it

Conclusioni

I riscontri positivi vengono confermati anche dai trenta mila interventi eseguiti fino ad ora su scala mondiale, i quali risultati sottolineano l’importanza degli avanzamenti tecnologici in campo medico. L’avvento della Tecnologia e delle Biotecnologie, ci ha consentito di rivoluzionare il mondo medico, permettendo di staccarci dalla medicina classica così come noi la conosciamo.

Con la tecnica gli uomini possono ottenere da sè quello che un tempo chiedevano agli dei. Umberto Galimberti

 Dario Gallo

Per approfondire:

Robotica nel settore sanitario: il futuro dell’assistenza medica –… (intel.it)

Chirurgia vertebrale, al Papardo un sistema robotico rivoluzionario (insanitas.it)

Il braccio robotico del DARPA controllato con il pensiero (video) | SmartWorld

Paralizzati: tornano a camminare grazie ad elettrodi nel midollo spinale

L’energia del futuro: in esclusiva per UVM il Prof. Aldo Di Carlo dalla conferenza “Innovative Materials for Future”

Durante l’evento Innovative Materials for Energy, promosso dalla Prof.ssa Giovanna D’Angelo del dipartimento MIFT dell’Università di Messina, si cerca di rispondere alla domanda “qual è l’energia del futuro?” Nella conferenza del 20/11 i relatori: la Prof.ssa Giulia Grancini ed il Prof. Aldo Di Carlo hanno mostrato un resoconto dei materiali e delle tecnologie più innovative che ci permettono di compiere un salto concreto nel futuro.

La Prof.ssa Grancini, docente del dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia, ricorda le motivazioni che spingono la ricerca in questo campo, ovvero la necessità di trovare soluzioni alternative all’utilizzo dei combustibili fossili, considerando che i livelli di CO2 atmosferici sono fra i più alti nella storia (>400ppm nel 2019) e ciò è dovuto per oltre l’80% all’attività dell’uomo. Discute quindi le sue ricerche sull’energia solare di nuova generazione, per le quali è vincitrice del premio internazionale USERN 2019. Spiega che i moduli fotovoltaici convertono l’energia solare in energia elettrica senza alcun impatto ambientale. I suoi studi vertono in particolar modo intorno alla stabilizzazione della perovskite che, grazie al suo basso costo, alla facile processabilità e all’alta efficienza (raggiungendo picchi del 23%) si propone di rivoluzionare il campo del fotovoltaico, soppiantando il più costoso e meno efficiente silicone che ha dominato per anni questo mercato.

Minerale di perovskite

Risposte concrete, quindi, ma anche nuove sfide da affrontare, delle quali abbiamo avuto la possibilità di parlare con il Prof. Aldo Di Carlo, direttore del Polo solare organico della Regione Lazio (Chose), a Roma, e coordinatore del Laboratorio per l’energia solare avanzata, a Mosca.  

Professore, quali novità dobbiamo aspettarci nei prossimi anni dall’industria energetica?  

L’utilizzo di energia si sposterà sempre più verso il rinnovabile. Invece, sul lungo termine, un campo di studio emergente che suscita interesse è quello che si occupa della fusione tra energia e informazione. Questi due termini, apparentemente estranei e difatti per lungo tempo distanti, stanno convergendo verso il concetto di smart: smart energy, smart city. Avere informazione significa ridurre entropia e utilizzare meglio e con più efficienza l’energia. 

Quanto al rinnovabile, come può essere gestito in futuro lo stoccaggio dell’energia elettrica, elemento essenziale per l’accumulo di energia ottenuta da fonti rinnovabili? 

L’immagazzinamento dell’energia è un problema importante, perché le attuali soluzioni sono parziali e lo storage elettrochimico limitato non riesce a rispondere a tutte le esigenze. Tuttavia si stanno sviluppando grandi progetti: lo stoccaggio industriale attraverso l’idrogeno è fra i più promettenti.  

Inoltre l’energia rinnovabile è pervasiva: con una migliore efficienza energetica (come la si ottiene col perovskite) e una introduzione capillare del rinnovabile, anche una centralizzazione dello stoccaggio potrebbe essere qualcosa di cui fare a meno. Sicuramente è un progetto a lungo termine, ma ancora una volta la chiave potrebbe essere la digital energy, ovvero l’integrazione di energia e informazione: è questo il concetto emergente che diventerà veramente importante. 

La Digital Energy promette massima efficienza grazie alla gestione dei dati

In una società dominata dalla logica del profitto, con le agenzie dei combustibili fossili che non vogliono abbandonare questo mercato e adeguarsi alle policies del rinnovabile, considerata anche la sempre più stringente minaccia del global warming, come possiamo favorire la transizione all’utilizzo del rinnovabile? 

Il cambiamento climatico antropogenico è un dato di fatto di cui si sta acquisendo sempre più coscienza. Noi osserviamo una cosa: il mondo dell’informazione (ICT) si muove velocemente e tende a produrre efficienza. Invece le modifiche nel campo energetico avvengono con tempi biblici. Nel momento in cui Energia entrerà in ICT, il cambiamento diventerà veloce e potrà avvenire la transizione di cui parli. Ad ogni modo le società stanno già facendo forti investimenti per non perdere terreno nel campo delle rinnovabili, ma tale transizione sarà graduale soprattutto perché ancora non abbiamo delle densità di energia tali da rendere il rinnovabile indipendente dalle altre forme di energia. Per accelerare questo processo è necessario un breakthrough che deve venire dai giovani. 

Proprio riguardo i giovani, cosa si sente di dire alla nuova generazione di scienziati che si affacciano per la prima volta al mondo della ricerca per motivarli?  

Il futuro del mondo dipende dai giovani: solo da loro possono giungere nuove soluzioni. D’altronde Galois apportò la sua innovazione alla matematica ancora adolescente. Sono loro che fanno la differenza, e in questo momento storico serve un disruptive breakthrough che dipende solo dai giovani sia per la coscienza che hanno sviluppato (vedasi il fenomeno Greta) sia per la creatività e l’innovazione che possono apportare alle attuali tecnologie. 

Mattia Porcino

È possibile diagnosticare un tumore con un prelievo di sangue?

Una delle maggiori problematiche della medicina moderna è la diagnosi precoce dei tumori maligni: identificarli in uno stadio iniziale corrisponde a dare ottime chance di guarigione al paziente. I metodi oggi a disposizione per ottenere tale scopo sono essenzialmente 2 ed entrambi presentano grossi limiti:

  1. Metodiche di imaging: ecografia, radiografia, TC (ex TAC), risonanza magnetica e altre, che ci permettono di visualizzare strutture all’interno del corpo umano. Tuttavia, neoplasie molto piccole sfuggono costantemente a queste metodiche, nonostante un tumore sia considerato tale già quando composto da poche cellule.
  2. Dosaggio di marcatori tumorali: sostanze che se rilevate su un campione di sangue in quantità elevate indicano la presenza di un tumore. Esempio noto è il PSA (Antigene Prostatico Specifico) per il cancro della prostata. Tuttavia questi markers mancano spesso sia di specificità (ovvero si riscontrano elevati anche in patologie benigne) sia di sensibilità (anche se è presente una neoplasia sono a livelli normali).

Moderna TC

Inoltre, per evitare indagini inutili e costose, l’utilizzo di entrambi deve essere mirato a quei soggetti che seppur sani presentano dei fattori di rischio (condizioni ambientali o ereditarie/familiari) che aumentano la possibilità di sviluppare un cancro.

In altre parole: sarebbe impensabile sottoporre annualmente tutta la popolazione a TC total-body nel tentativo di evidenziare una neoplasia, considerando anche che questa metodica usa radiazioni ionizzanti e quindi è potenzialmente dannosa se usata indiscriminatamente.

Ma veniamo al dunque: è possibile identificare tumori con tecniche non invasive per il paziente e allo stesso tempo efficaci?

Da qualche anno ormai si sta puntando sulla cosiddetta biopsia liquida. Questa tecnica non è altro che un prelievo di sangue, adeguatamente processato in laboratorio. Permette di rilevare molecole rilasciate dal tumore (ccDNA, DNA circolare circolante) e in alcuni casi cellule neoplastiche.

Comporta per il paziente un disagio minimo (per coloro i quali hanno timore del prelievo ancora la scienza non offre molte alternative), se confrontata alla biopsia classica. Questa consiste nel prelevare mediante un ago un campione di tumore, presenta rischio di complicanze e certamente chiunque preferirebbe fare un prelievo sanguigno piuttosto che vedere un ago abbastanza lungo bucare la propria pelle.

Se fino ad ora vi è sembrata una metodica promettente, è inutile sottolineare che -come tutte le cose belle- presenta notevoli difficoltà (soprattutto tecniche). Pertanto ad oggi più che per la diagnosi è usata per monitorare i pazienti con una neoplasia già nota, evitando l’esecuzione di più biopsie invasive.

Ma come è possibile isolare componenti del tumore in mezzo a tutte le altre cellule del sangue?

E se in quel campione specifico non fossero presenti?

A questi problemi ha provato a dare delle risposte il team di ricerca italiano dell’Università degli studi di Catanzaro, guidato dalla dottoressa Malara, in uno studio pubblicato su Nature (sezione oncologia di precisione) nel novembre 2018. Lo studio si concentra non sulla rilevazione di cellule o ccDNA, ma ha un approccio totalmente nuovo: la valutazione delle modificazioni del secretoma. Sicuramente ognuno di voi avrà sentito parlare di genoma, l’insieme di tutti geni presenti nel nostro DNA. Il secretoma non è altro che l’insieme di tutte le proteine secrete, ovvero immesse nei liquidi al di fuori delle cellule, dalle cellule stesse. In particolare, in caso di neoplasia è stato riscontrato un aumento della protonazione, ovvero della quantità di protoni legati a tali proteine.

Questa variazione è spiegata dalla predilezione delle cellule neoplastiche per la glicolisi , via metabolica che ha come risultato:

  1. La produzione di sostanze che rilasciano protoni che quindi si legheranno alle proteine secrete.
  2. La produzione di sostanze che alterano la struttura delle proteine, facilitando il legame ai protoni

In breve: cellula tumorale → glicolisi esclusiva → più protoni → proteine secrete maggiormente protonate. La tecnica prevede una biopsia liquida (5 ml di sangue), la successiva eliminazione delle cellule del sangue (globuli rossi e bianchi, piastrine) e la coltura del materiale rimanente per 14 giorni.

Dalle cellule rimanenti, che nel tempo si moltiplicano, si estrae il campione per l’analisi del secretoma: questo verrà analizzato da un dispositivo all’avanguardia facente parte delle nanotecnologie. È stato inoltre confrontato il campione così ottenuto con campioni estratti direttamente dal tessuto tumorale: le componenti sono risultate essenzialmente identiche, convalidando l’ipotesi che anche da piccole quantità di sangue si possa risalire alla presenza di una neoplasia.

Nei 36 soggetti sottoposti allo studio, alcuni dei quali con neoplasia maligna nota ma non trattata e altri sani, è stata ritrovata una corrispondenza del 100% tra aumento protonazione e cancro.

Non solo: di due pazienti con valori intermedi di protonazione ,uno ha poi effettivamente sviluppato un melanoma (tumore maligno della cute).

Tra gli svantaggi di questa tecnica ci sono la laboriosità ed il costo. Inoltre un risultato positivo indica soltanto la presenza di un tumore, ma non il tipo e la localizzazione. Tuttavia, studiando il singolo soggetto è possibile valutare il rischio personale cancerogenico ed eventualmente approfondire con altre tecniche diagnostiche.

Questa interessante metodica può rappresentare un punto di svolta nella diagnosi precoce di cancro.

In fondo basta solo un po’ di sangue!

Emanuele Chiara

I tre motivi per cui non puoi non conoscere il FabLab Messina se sei uno studente universitario

Nella città dello Stretto ci sono molto ottime iniziative di cui nessuno (o quasi) ne sa niente. Particolari eventi che ridanno valenza culturale al territorio, associazioni che operano a contatto con il tessuto sociale più a rischio e tante altre ottime realtà che hanno difficoltà a portare il loro messaggio ai messinesi.

Una di queste splendide iniziative che spesso ingiustamente passa in sordina è quella del FabLab Messina. Il nome, per i meno addetti ai lavori, potrebbe dire nulla o quasi. La domanda sorge quindi spontanea: cosa sono i FabLab? 

“I FabLab sono dei laboratori locali connessi tra loro in un network globale, che permettono la realizzazione di progetti o invenzioni dando l’accesso a strumenti per la fabbricazione digitale” (definizione riadattata dal “The Fab Charter”)

Questa è una definizione, per così dire, ufficiale anche se forse un poco troppo rigida. In parole più povere un FabLab è uno spazio in cui le persone che hanno un oggetto, un progetto materiale da voler realizzare possono farlo. Come? I FabLab sono dotati di numerosi macchinari che spaziano da stampanti 3D a Laser Cut.

Non a caso quelli che frequentano i FabLab vengono definiti artigiani 2.0 o makers, poiché sfruttano le tecnologie digitali per creare qualcosa di materiale che può essere una scultura, un sistema di video sorveglianza e chi più ne ha più ne metta.

Sarebbe però riduttivo parlare solo di questi aspetti. I FabLab infatti non mettono solo a disposizione i macchinari, ma creano reti e comunità al cui interno si possono trovare le più disparate competenze e conoscenze. Gli associati ai FabLab spaziano da fotografi e designer a ingegneri meccanici, tutte persone con voglia di fare e di buttarsi su nuove idee da realizzare.

citazione-open-source

La filosofia che fa muovere tutto è quella del DIY (Do It Yourself), ma anche quella dell’Open Source. Sono molti infatti i learning group che poi vengono condivisi anche con i non associati. Oltre a questi gruppi di apprendimento spesso si organizzano anche workshop su argomenti vari. Uno degli ultimi che è stato realizzato dal FabLab Messina verteva sul visual mapping. Avete presente quando quest’estate c’è stato il Kernel Festival dove venivano proiettate cose fantastiche sul Duomo della nostra città? Ecco, quei pazzi del FabLab Messina hanno fatto un workshop in cui insegnavano a farlo.
Ma quindi perché non si può non conoscere il FabLab Messina?

1) Perché è un luogo in cui puoi migliorarti. Chi si ferma è perduto, a maggior ragione nel 2016 dove chi rimane nella propria nicchia starà a galla per poco. Qualunque siano le tue competenze e le tue conoscenze al FabLab puoi migliorarne, acquisirne di nuove e perché no, condividere quelle che già hai acquisito. Tutto questo non stando sui libri, ma mettendo tutto in pratica su cose concrete.

2) Perché potrai “toccare” le tue idee. Come detto al FabLab Messina ci sono persone dai più differenti background, con cui confrontarsi, con cui scambiare idee e pareri, con cui crescere come individuo e magari anche a livello lavorativo. Attraverso questo incontro e grazie ai macchinari messi a disposizione dal FabLab (sono tanti e di molti non ne conosco manco il nome) potrai realizzare qualsiasi, o quasi, oggetto che ti passa per la testa!

3) Perché collaborano con UniMe. Il FabLab Messina è fortemente addentrato nel territorio messinese e certo non potevano non aver collaborato in qualche modo con la nostra università. In particolare hanno collaborato con #SmartMe, uno spin-off di UniMe che, detto banalmente, si occupa di rendere la nostra città di più intelligente attraverso l’erogazione di tutta una serie di servizi.

 

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Per saperne di più vi invito a passare dalla loro pagina facebook o a fare un salto direttamente al FabLab in Via S.Paolo dei disciplinanti 21!

 

Pietro Di Chio